
Il Caino di Koffka, dramma espressionistico sulla colpa
La lotta tra il bene il male, la violenza e il dolore e la domanda di giustizia...
Il dubbio sulla colpa, e la sensazione di un'incolmabile scissione che attraversa l'essere umano
Scritto nel 1907 e rappresentato per la prima volta ai "Kammerspiele" di Max Reinhard nel 1918, il Caino di Friedrich Koffka resta di sconcertante attualità: Caino, scuro, minaccioso e tormentato, e Abele, biondo, solare e sicuro di sé, s'indagano a vicenda in un faccia a faccia denso e inquietante che mette in discussione la tradizionale e troppo spesso indubitata scissione tra male e bene.
Vittima di quel morso alla mela dell'albero della conoscenza, Caino mostra la duplicità delle cose del mondo e porta il peso di uno sguardo maledetto, che non riesce a salvare e perdonare ciò che vede, mentre Abele, sguardo indiviso e integro, non può vedere il male, neanche là dove lo compie: due metà di una stessa condizione umana (Eloisa Perone).
Enumerare, scegliere, elencare, classificare. Compilare una lista, dice Umberto Eco, che alla lista e alla sua vertigine cognitiva ha dedicato un libro, è un metodo usato per conoscere, per fare ordine, per dare una immagine, fornire un metodo di studio e di conoscenza. Questa lista di venti grandi fotografi non fa eccezione: sono altrettanti nomi uniti insieme per una necessità, forse caotica (direbbe ancora Eco), di fornire al lettore un panorama ampio di cosa è stata la fotografia dal '900 in poi. Questi venti autori, con le loro storie e le diverse esperienze, hanno tutti segnato tappe fondamentali non solo nella storia della fotografia ma delle arti visive in genere e rappresentano altrettanti punti di passaggio, snodi da cui non è più possibile prescindere. Un catalogo parziale? Forse. La lista può quindi essere una descrizione aperta ai cambiamenti, come quando gli elenchi si concludono con un semplice ma indicativo "eccetera" che fa prefigurare infinite possibilità e varianti. E allora, anche noi vogliamo concludere questa lista con un possibile, ideale eccetera che possa aprire ad altri nomi da raccogliere, altre esperienze fotografiche da studiare. Altre liste da compilare.
Heinrich von Kleist (1777-1811) poeta e drammaturgo tra i più grandi della letteratura tedesca, condusse una vita inquieta ed errabonda negli anni in cui la Prussia crollava sotto le armate napoleoniche. Morì suicida, sulle rive del Wannsee, insieme a Henriette Vogel.
Stefan Klein, sulla base delle testimonianze più autorevoli e di una lettura attenta dei suoi scritti, entra con prosa avvincente nei dettagli della sua vita di uomo e di scienziato infiammato dal desiderio di conoscenza. Se c'è un personaggio storico che merita di essere definito «genio universale», nessun dubbio che esso sia Leonardo da Vinci, semplicemente un gigante. Leonardo è stato a tutti gli effetti il primo visionario della storia, ha inventato un nuovo modo di pensare e ha rivoluzionato ogni campo della conoscenza a cui si è applicato. Progettò i primi automi funzionanti, immaginò i computer digitali, affrontò i primi studi accurati di anatomia, inventò le prime macchine volanti, rivoluzionò l'ingegneria militare. Noi celebriamo giustamente Leonardo come il pittore che ha rivoluzionato l'arte del Rinascimento, l'artista del Cenacolo e della Gioconda, ma in realtà i suoi contemporanei lodavano e corteggiavano in lui più l'ingegnere, l'architetto, l'inventore di marchingegni terribili e portentosi, colui che impersonava una nuova era grazie alle sue scoperte meravigliose.
"L'artista [...] è incaricato del compito di creare un'immagine atemporale e distaccata, in contatto con il cielo piuttosto che con l'umanità, un'immagine in grado di rispecchiare, come attraverso un riflesso diretto, il suo divino o santo archetipo e, inoltre, di servire come veicolo di forze divine, come ricettacolo della divina sostanza. Autosufficiente in relazione allo spettatore, l'immagine deve allo stesso tempo configurarsi in modo "aperto" nei confronti del cielo. Ciò che l'artista è chiamato a creare è un guscio, privo di forma e di senso in quanto tale, pronto a ricevere potenza • vita dall'alto, dallo Spirito Santo che lo coprirà della sua ombra, dalle entità celesti che vi eleggeranno la propria dimora."
La nascita avventurosa di un prodigio
dell’architettura e del genio che lo ideò.
“Quale uomo, per quanto duro di cuore o geloso, non elogerebbe l’architetto Filippo al vedere qui una costruzione tanto enorme da ergersi sopra i cieli, abbastanza grande da fare ombra all’intera popolazione della Toscana, e realizzata senza l’ausilio di travi o eleborati supporti lignei?”
– Bernardo di Chiaravalle
Per costruire Santa Maria del Fiore i fiorentini avevano abbattuto intere foreste per ricavare il legname delle travi, raso al suolo vecchie chiese e quartieri, esumato i morti dalle tombe attorno al battistero di San Giovanni. La prima pietra era stata posata nel 1296, e nel 1418 mancava un solo particolare: la cupola. Sarebbe stata la più grande mai costruita e doveva levarsi verso il cielo senza sostegni visibili. Fu indetto un concorso e a vincerlo fu un orafo e scultore che sarebbe diventato un genio del Rinascimento: Filippo di ser Brunellesco. Un saggio in cui le vicende della costruzione della cupola e del brillante Brunelleschi, orgoglioso delle sue invenzioni e ossessionato dalle macchinazioni dei rivali, si intrecciano alla narrazione degli eventi – guerre, epidemie, lotte politiche – e dei fermenti intellettuali di un’epoca straordinaria. La creazione di un capolavoro, capace di resistere ai fulmini, ai terremoti, al passare dei secoli, che oggi incanta chiunque lo osservi da lontano o salga lungo le sue strutture; incarnando, ai nostri occhi, lo spirito del Rinascimento e di Firenze.
Nel 1508 papa Giulio II affidò a Michelangelo Buonarroti, allora celebre scultore ma con poca esperienza come pittore, un compito immane: affrescare la grande volta della Cappella Sistina, le cui pareti erano già state dipinte da grandi pittori del secolo precedente come Botticelli, Ghirlandaio, Perugino. Dopo quattro anni di fatiche, scontri, esperimenti, Michelangelo stupì il mondo con la Creazione, la Caduta di Adamo ed Eva, il Diluvio, le Sibille, i Profeti, gli Ignudi, oscurò la gloria dei suoi predecessori e fu consacrato, a trentasette anni, come il più grande artista del suo tempo. Il libro di Ross King racconta da vicino quei quattro anni.
Tra il 1494 e il 1495 Leonardo da Vinci, pictor et ingeniarius ducalis presso la corte di Ludovico il Moro a Milano, riceve l'incarico di realizzare un grande affresco nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie. Il soggetto, l'Ultima Cena di Nostro Signore, è tradizionale, ma l'opera - in cui Leonardo sperimenta tecniche di pittura murale a secco per eludere i limiti coloristici e di composizione posti dalla rapida esecuzione sull'intonaco fresco - segnerà un punto di svolta nella storia dell'arte. Ross King scava nei misteri del Cenacolo vinciano dipingendo a sua volta un affresco colorato e vividissimo della vita e delle vicende politiche di Milano e dell'Italia all'alba dell'era moderna, tra intrighi di potere, guerre e profondi sommovimenti politici. Attingendo a una grande messe di documenti noti e meno noti, alla sua competenza di esperto di arte rinascimentale e alla verve stilistica che ne ha fatto un apprezzato romanziere, King ci conduce insieme a Leonardo per le vie della Milano dell'ultimo decennio del Cinquecento a caccia di volti espressivi per i suoi apostoli e di libri appena giunti dalle stamperie di Venezia; sul ponteggio nel refettorio di Santa Maria delle Grazie ad applicare strati su strati di colori alla ricerca della tonalità perfetta; nei suoi alloggi in Corte Vecchia a parlare di matematica con Luca Pacioli e di architettura col Bramante, a progettare macchine volanti e a tenere a bada Gian Giacomo Capretti, il suo garzone di bottega.
Tra il 1494 e il 1495 Leonardo da Vinci, pictor et ingeniarius ducalis presso la corte di Ludovico il Moro a Milano, riceve l'incarico di realizzare un grande affresco nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie. Il soggetto, l'Ultima Cena di Nostro Signore, è tradizionale, ma l'opera - in cui Leonardo sperimenta tecniche di pittura murale a secco per eludere i limiti coloristici e di composizione posti dalla rapida esecuzione sull'intonaco fresco - segnerà un punto di svolta nella storia dell'arte. Ross King scava nei misteri del Cenacolo vinciano dipingendo a sua volta un affresco colorato e vividissimo della vita e delle vicende politiche di Milano e dell'Italia all'alba dell'era moderna, tra intrighi di potere, guerre e profondi sommovimenti politici. Attingendo a una grande messe di documenti noti e meno noti, alla sua competenza di esperto di arte rinascimentale e alla verve stilistica che ne ha fatto un apprezzato romanziere, King ci conduce insieme a Leonardo per le vie della Milano dell'ultimo decennio del Cinquecento a caccia di volti espressivi per i suoi apostoli e di libri appena giunti dalle stamperie di Venezia; sul ponteggio nel refettorio di Santa Maria delle Grazie ad applicare strati su strati di colori alla ricerca della tonalità perfetta; nei suoi alloggi in Corte Vecchia a parlare di matematica con Luca Pacioli e di architettura col Bramante, a progettare macchine volanti e a tenere a bada Gian Giacomo Capretti, il suo garzone di bottega.
Per i viaggiatori che si fermavano sul bordo della strada a sbirciare i fiori o che allungavano il collo dai finestrini del treno per scorgere un angolo dello stagno, il giardino di Monet a Giverny era una visione paradisiaca. "Un Paradiso dove, all'ombra di alcuni alberi, i fiori variopinti giocano sul prato illuminati dal sole che filtra a chiazze tra le fronde mosse dalla brezza" scrisse un giornalista. Eppure quel luogo ameno era lo stesso in cui Monet, lottando con le sue tele, contemplava quello che il suo primo critico definì "il nulla insondabile": le ninfee - "silenti e misteriose più di ogni altro fiore" - ossessione decennale di un artista che inseguiva il sogno della forma e del colore fin quasi all'autodistruzione. "Ho intrapreso qualcosa di impossibile. Non dormo più per colpa loro", confessò Monet al suo amico Georges Clemenceau. Ma dietro ogni fiore c'è forse una donna? Una donna inaccessibile, proibita? Ross King ricostruisce lo scenario che fa da sfondo al "folle incantamento" di Monet e alla realizzazione di questi dipinti sfuggenti e misteriosi, in cui - forse più che in ogni altra opera dell'impressionismo - possiamo scorgere la scintilla della modernità.