La storia è tornata e ha riportato la guerra. Dal momento in cui è stata immaginata come Stato nazionale fino all'atto della sua nascita, durante le campagne del Risorgimento, i conflitti mondiali e la lotta partigiana, la storia dell'Italia unita sembra un'unica narrazione di uomini in armi, sacrificio, guerre e combattimenti. Certo, a conti fatti a essere tramandate sono più sconfitte e ritirate che vittorie gloriose. Ma ciò non toglie che da oltre un secolo le memorie degli italiani siano state affollate soprattutto dall'esperienza della morte sul campo di battaglia. La morte temuta, la morte inferta, la morte per la collettività, la morte per poter immaginare un futuro democratico, la morte onorevole. Marco Mondini rilegge questo lungo racconto in un viaggio attraverso l'immaginario e il ricordo delle guerre. E oggi? Armi e morte sono tornate a occupare il nostro spazio quotidiano sfidando la tentazione di distogliere lo sguardo.
Durante il periodo dominato dal determinismo biologico di Cesare Lombroso, l'Italia creò un nuovo sistema carcerario, che cercava di coniugare la criminologia con la costruzione della nazione e con una nuova concezione della cittadinanza. Grazie a un approccio innovativo e interdisciplinare, Mary Gibson analizza l'intersezione tra diritto, genere e criminalità, mettendo al centro della narrazione non solo la popolazione carceraria maschile, ma anche quella di donne e fanciulli. Attraverso l'utilizzo di una grande varietà di fonti primarie finora trascurate, questo studio getta luce anche sulla vita quotidiana dei detenuti e delle detenute in età liberale e sul ruolo svolto dalla riabilitazione nello sviluppo di una nuova identità nazionale.
17 marzo 1861. Concluso il tempo delle battaglie risorgimentali e dell'epopea, l'Italia trova espressione in un Parlamento che è insieme istituzione e prassi politica, cassa di risonanza per dibattiti infuocati ed espressione unanime della scommessa unitaria. A dar voce alla Nazione in fieri c'è anche Matteo Raeli, avvocato di Noto, reduce da una convinta adesione al liberalismo che lo ha portato a sperimentare la sconfitta della rivoluzione del 1848 e la solitudine dell'esilio. I suoi discorsi parlamentari sono l'espressione di questo impegno costante in direzione dello State e del Nation building, la testimonianza di una carriera di respiro "italiano" che non dimentica la centralità del Mezzogiorno, la rappresentazione più autentica di un uomo che affronta da protagonista le questioni cruciali della politica nazionale, senza mai smarrire la difesa della libertà e la coerenza ideologica e morale.
Nel Risorgimento convissero due diverse idee di nazione, una romantica e una liberale, Mazzini e Cavour. L'idea liberale fu però presto minoritaria: prevalsero il nazionalismo, poi il socialismo, poi il fascismo. Solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale potè rinascere un'idea di democrazia liberale, ma lo scontro ideologico conseguente alla guerra civile che si era combattuta e alle contrapposizioni della guerra fredda hanno ostacolato l'educazione politica degli italiani in senso liberale. Dopo centocinquant'anni, abbiamo lo Stato ma gli italiani non hanno ancora imparato ad essere cittadini.
Il libro racconta, attraverso le alterne vicende di due ragazzi il grande romanzo dell’Unità d’Italia nel periodo che va dall’aprile del 1859 al marzo del 1861.
Iano è un ragazzino palermitano figlio di un rivoluzionario che partecipa agli scontri della Gancia nell’aprile 1859. Il moto viene soffocato nel sangue e il padre di Iano è costretto a fuggire a Milano. Il ragazzino rimane a Palermo con la madre, che aspetta un bambino. È legato a una coetanea,Agata, figlia di un poliziotto. La loro amicizia sta diventando qualcosa di più profondo ma la ragazza, messa in guardia dal padre, prima gli nega il saluto e poi sparisce.
Nel frattempo Iano si aggrega ai garibaldini sbarcati a Marsala, mentre la madre trova ricovero, grazie ad amici del padre, a Salemi. Quando i garibaldini entrano a Palermo, Iano ritrova Agata: ora è sola, la madre è morta, il padre scomparso. La ragazza lo segue nella spedizione. Agata si improvvisa infermiera, mentre Iano combatte come un vero soldato, rimanendo ferito gravemente. Curato amorevolmente dalla ragazza, sopravvive, e insieme i due decidono di lasciare i garibaldini per andare a ricongiungersi con il padre di Iano, a Milano.Ancora qualche mese al Nord per mettere insieme i soldi necessari al lungo viaggio e poi arriva il momento in cui la famiglia, con i tanti amici incontrati durante la lunga avventura, si ricongiunge a Palermo, proprio nel giorno (17 marzo 1861) in cui a TorinoVittorio Emanuele II viene proclamato re d’Italia.
Punti forti
L'evento: nel 2011 ricorrono i 150 anni dell’unità d’italia. La storia è appassionante e coinvolgente, e si presta ad avvicinare i ragazzi a una pagina essenziale della nostra storia nazionale.
Destinatari
Ragazzi dagli 8 agli 11 anni, insegnanti, bibliotecari, quanti sono interessati a far conoscere queste vicende storiche ai più giovani.
Autori
Annalisa Strada si occupa di servizi editoriali, scrive libri per bambini e da qualche anno ha ripreso a insegnare lettere nella scuola media di Adro (Brescia). Gira l’Italia per animazioni, incontri nelle scuole, laboratori di scrittura creativa.Tra i suoi tanti libri: la collana Laboratori Scientifici Mastino Macchiavelli (San Paolo 2010) che ha appena vinto il premio Gigante delle Langhe, Evviva la Costituzione... e Co-operiamo. La nostra Costituzione... (Il Segno dei Gabrielli 2008-10). Per la nostra collana ha scritto Gli inventori botanici (2007).
Gianluigi Spini, marito della Strada, si occupa di servizi editoriali e ha scritto numerosi manuali. Ha recitato a lungo in teatro e si è occupato per molti anni di animazione nelle scuole. Ha recitato nel film Quando sei nato non puoi più nasconderti di MarcoTullio Giordana e nel 2010 gli è stato conferito il premio alla carriera assegnato dal Toscolano Maderno Festival.
illustratore Luca Salvagno, di Chioggia (VE), ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti a Venezia. Nel 1988 è arrivato al Messaggero dei Ragazzi dove tutt’oggi lavora. È l’erede ufficiale di Benito Jacovitti, e disegna per il Giornalino Cocco Bill. Insegna in un liceo e realizza illustrazioni per varie case editrice tra cui Mondadori. Per la nostra collana ha illustrato L’Ala nera del falco (2007).
I due anni, dal 1859 al 1861, in cui l’Italia, divisa per secoli, è diventata una nazione, sono stati memorabili anche per la storia dell’arte, in particolare per la pittura, chiamata a testimoniare questa straordinaria vicenda.
Artisti come Giovanni Fattori, il pittore soldato Gerolamo Induno, Federico Faruffini, Eleuterio Pagliano, Michele Cammarano s’impegnarono a narrare la dinamica e lo spirito delle celebri battaglie della Seconda guerra di indipendenza ma anche a rendere la passione che animò Garibaldi e le sue leggendarie Camicie rosse, trovando toni e forza espressiva originali e innovativi, in opere, prive di ogni retorica celebrativa, dove i veri protagonisti sono gli umili soldati, spesso travolti dalla storia. È ancora la vita del popolo a risaltare nei dipinti, in cui i macchiaioli Fattori, Silvestro Lega, Odoardo Borrani, ma anche i romantici lombardi Francesco Hayez, Domenico e Gerolamo Induno, o il siciliano Giuseppe Sciuti, hanno saputo rappresentare i riflessi di quegli eventi storici all’interno delle mura domestiche componendo l’altro volto del Risorgimento, quello intimo e privato, in capolavori unici per intensità emotiva o drammatico pathos.
Dal giorno dell'Unità d'Italia fino alla notte di Natale del 2015, l'elenco completo dei momenti nei quali il pensiero scientifico dell'uomo ha permesso all'umanità di progredire, di rendere la propria vita diversa. Tutto spiegato con precisione scientifica e ricchezza di dati ma anche con la semplicità della divulgazione intelligente. Un libro che insegna senza annoiare, che racconta la nostra storia da un punto di vista inconsueto, che regala insieme distrazione e saggezza. Mirella Delfini, tra le più note e amate divulgatrici scientifiche, conduce per mano i giovani e i meno giovani sul lungo percorso che va dal Big Bang fino a oggi, arrivando a una conclusione: l'essere umano non è sapiens sapiens, ma stupidus stupidus. Una cronologia completa e appassionante sul progresso umano. Un libro di storia, un saggio scientifico, un inconsueto, divertente, inclassificabile libro reference.
Ripercorrere le vicende dell'Italia unita dalla nascita e lungo un sessantennio che, pur tra crisi significative, conducono il giovane Stato nazionale a divenire una potenza continentale: questo è il senso del presente volume. In tale quadro, demografia, economia, partecipazione popolare, cultura, politica coloniale, alleanze internazionali, partiti e movimenti, fino alla prova decisiva della Grande Guerra, sono altrettanti tasselli di un processo storico ricostruito in una prospettiva sempre attenta alla comparazione con la realtà europea. I primi passi, le difficoltà, infine il successo del fascismo, il suo confronto con socialisti, liberali, popolari, nazionalisti, comunisti, monarchia, costituiscono i momenti di un percorso il cui svolgimento fa emergere le condizioni, le circostanze e le responsabilità che consentono a Benito Mussolini di conquistare la guida del governo.
Con questo volume conclusivo la grande ricostruzione di Rosario Romeo giunge alla fase culminante della vita e dell'opera politica di Cavour. Messo in crisi dalla guerra di Crimea il sistema di alleanze uscito dal congresso di Vienna, la diplomazia cavouriana si inserì nel varco così prodottosi, dapprima sulla scia della politica revisionista di Napoleone III e poi aprendosi un proprio autonomo spazio di manovra. In tal modo fu resa possibile la nascita del nuovo Stato italiano, sostanzialmente imposta al mondo della conservazione europea e alle stesse grandi potenze occidentali. Tutto ciò sullo sfondo di un serrato confronto del liberalismo cavouriano con la democrazia mazziniana e garibaldina, rimasto di esito incerto sino all'autunno 1860. Il nuovo regno non fu solo una costruzione politico-territoriale più vasta ma anche l'avvio a un generale processo di modernizzazione di tutta la vita della società italiana, via via diventato più celere nei decenni successivi. Tuttavia, nel riesame del proprio passato e della propria identità nazionale al quale si è dedicata l'Italia del secondo dopoguerra è stata anche coinvolta l'opera e la personalità del conte di Cavour. Alle indiscriminate esaltazioni di un tempo si sono talora sostituite demolizioni facili e incontrollate. A centocinquant'anni dall'Unità italiana vi è ormai spazio per una considerazione più distaccata, come quella alla quale Rosario Romeo ha voluto giungere in quest'opera.
Da tempo, Andrea Bisicchia utilizza categorie particolari per tracciare la storia del teatro in maniera personale; lo ha fatto con il sacro, con la scienza, l'economia, la lingua della scena. Con "Teatro e mafia" analizza 150 anni (quanto quelli dell'Unità d'Italia) di storia del teatro legata ad autori - come Rizzotto, Verga, Pirandello, Don Sturzo, Cesareo, Viviani, Eduardo, Sciascia, Fava, Luzi, Saviano - e a testi che hanno portato sulla scena il tema della violenza mafiosa in ambito sociale e politico. Il tutto con rigore scientifico e con apparati bibliografici che fanno riferimento sia alla storiografia teatrale che a quella del fenomeno mafioso.
Dall'evoluzione dell'Italia unita dalle origini fino ai primi anni Novanta del XX secolo emergono tre principali caratteristiche reciprocamente correlate in un contesto che ha visto il succedersi di tipi di Stato e di regimi politici (il liberale, il fascista, entrambi monarchici, e il democratico-repubblicano) opposti per le loro caratteristiche politiche e istituzionali. La prima è che la contrapposizione delle forme di governo ha impresso alla storia dello Stato un segno di profonda discontinuità. La seconda è che in ciascuno dei tre tipi di Stato le forze di opposizione d'impronta radicale sono state costantemente considerate dalle forze di governo come pericolosi soggetti «anti-sistema», ai quali occorreva sbarrare la strada al potere; e che le forze escluse dall'area del potere hanno individuato in quelle dominanti gli strumenti di classi dirigenti oppressive. Conseguenza è stata che per oltre centotrent'anni i sistemi politici hanno protratto la propria esistenza in una condizione di «eccezionalità »: l'impossibilità per l'opposizione di accedere alla guida del Paese. La terza caratteristica è che le classi politiche di governo e i ceti più elevati hanno sistematicamente reagito arroccandosi in blocchi di potere oligopolistici (nei casi del regime liberale monarchico e di quello democratico-repubblicano) o monopolistici (nel caso del regime fascista) contro le forze ritenute non legittimate a governare. Il venir meno dei blocchi di potere agli inizi degli anni Novanta e il formarsi di schieramenti in competizione non ha prodotto né stabilità né la necessaria innovazione istituzionale.