Il volume indaga i tempi, le forme e gli sviluppi della transizione storica che l'Italia ha affrontato nei primi anni del secondo dopoguerra. Quella compresa tra il 1945 e il 1948 fu un'età costituente che rimodellò in profondità la vita politica, sociale, economica e culturale di un Paese sospeso tra l'elaborazione di un passato da superare e la costruzione di un futuro ancora tutto da immaginare. Le ricerche qui presentate ruotano attorno a quattro nodi tematici: «i conti con il passato», «la gestione del presente», «la continuità nella rottura», «la costruzione del futuro». Si tratta di quattro livelli di analisi che consentono di mettere a fuoco alcuni dei fenomeni intorno a cui storicamente si sviluppa -attraverso cui può essere reinterpretata - la transizione da un sistema politico a un altro. È una lettura che scompone per temi e problemi il frastagliato paesaggio istituzionale, politico e sociale dell'Italia che si appresta a farsi Repubblica. Emerge il quadro di un'epoca caratterizzata da forti tensioni, in cui il governo del presente implica al tempo stesso una presa di posizione sul passato e uno sguardo sul futuro.
"Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?". Siamo nel febbraio del 1969: Bruce Chatwin ha rassegnato da tre anni le dimissioni da Sotheby's e ha appena deciso di abbandonare gli studi di Archeologia. Nonostante l'iniziale entusiasmo e il talento dimostrato in entrambi i campi, si è convinto che "il cambiamento" sia "l'unica cosa per cui valga la pena vivere"; per questo scrive una lettera all'editore Tom Maschler in cui abbozza le sue idee per una storia del nomadismo - argomento che sente quanto mai affine. Il titolo è già pronto: "L'alternativa nomade". Da questo momento in poi Chatwin consacrerà la sua esistenza al viaggio e alla scrittura. Una vita in perpetuo movimento, che avrà come corollario una corrispondenza smisurata, per la gran parte raccolta in questo libro curato dall'amico Nicholas Shakespeare e arricchito dalle note laconiche, affilate e amorevoli della moglie Elizabeth. Scritte a partire dai sette anni, destinate ai genitori, alla moglie e agli amici, le lettere di Chatwin svelano sul loro autore molto più di quanto lui fosse disposto a lasciare affiorare nei suoi libri. Ma non compongono propriamente un'autobiografia involontaria: leggendole si ha semmai l'impressione di seguire in presa diretta la voce di un narratore naturale, di un cercatore di storie, che seppe fare del suo impulso al mutamento e della sua inappagabile avidità di conoscenze un'opera d'arte.
Il periodo tra il 1943 e il 1948 è stato uno dei più convulsi della storia italiana e internazionale, e ha sollevato molte questioni nel dibattito storiografico e pubblicistico. Novacco ritiene che il passaggio cruciale si sia verificato tra settembre e novembre 1947, allorché una commissione elaborò il progettto costituzionale poi approvato dall'Assemblea costituente nel dicembre 1947. La Costituzione italiana in ragione della scarsa chiarezza di principi e della natura ibrida di alcuni istituti generali avrebbe finito per frenare la vita democratica del paese. L'auspicio dell'autore per il futuro non è altro che uno stato di diritto, dove il parlamento legiferi, il governo emani i decreti, la magistratura pronunci le sentenze.
Un paio di decenni fa Iosif Brodskij ebbe a scrivere di Walcott: «Per quasi quarant’anni, senza sosta, i suoi versi pulsanti e inesorabili sono arrivati nella lingua inglese come onde di marea, coagulandosi in un arcipelago di poesie senza il quale la mappa della letteratura moderna assomiglierebbe, di fatto, a una carta da parati». Un arcipelago al quale, da allora, non hanno mai smesso di aggiungersi nuove isole, ma le cui coordinate sono rimaste immutate: dalle promesse giovanili di In una notte verde – imparare «a soffrire in giambici accurati», «lodare finché amore duri, i vivi e i morti bruni» – alle riflessioni sull’arte e sulla vecchiaia del Prodigo. Una dedizione totale alla poesia e una preoccupazione per la condizione umana nate dalla volontà di rimanere fedele a un’epifania precoce – magistralmente narrata nel poema autobiografico Un’altra vita – che, alla maniera di Dante, ha segnato e continua a segnare il corso di un’intera esistenza. Ripercorrere l’avventura letteraria di Walcott significa assistere al dispiegarsi di un dono poetico capace, come forse nessun altro ai nostri giorni, di coniugare il lampo lirico dell’istante «in cui ogni sfaccettatura» è «còlta in un cristallo di ambiguità» con il gesto aperto e impersonale dell’epica. Il risultato, sulla pagina, è un’opera di straordinaria versatilità formale, magnificenza linguistica e precisione metaforica, costantemente illuminata da una compassione ampia, come nei grandi poeti di ogni tempo.
«I vinti, le forze cioè della sinistra, sconfitte il 18 aprile, hanno, più dei vincitori, contribuitoad offrire una immagine complessiva di quegli anni,una immagine che è diventata elemento di cultura media che è filtrata fin nei rapidi accenni che si leggono alla fine dei manuali scolastici nelle poche pagine dedicate all'Italia del secondo dopoguerra». (Pietro Scoppola)
«Noi comunisti ci siamo accorti che saremmo stati probabilmente sconfitti alle elezioni del 18 aprile quando, nel mese di febbraio, abbiamo visto scendere in campo i Comitati Civici e svolgere quel lavoro capillare che fino ad allora avevamo fatto soltanto noi». (Massimo Caprara)
Queste due citazioni, rispettivamente di un cattolico democratico, storico e senatore dc, e dell'ex segretario di Palmiro Togliatti, per decenni deputato comunista prima di approdare alla fede dopo un lungo itinerario spirituale e intellettuale, danno la misura di quanto è avvenuto dopo il 18 aprile 1948, quando in Italia si svolsero le elezioni politiche più importanti nella storia del Paese, che segnarono la volontà del popolo di appartenere alla civiltà occidentale, democratica e cristiana.
Ma il libro curato da Marco Invernizzi - che riunisce gli atti di un convegno organizzato a Milano dall'Istituto per la Storia dell'Insorgenza e per l'Identità Nazionale - ci porta all'interno dell'evento, esaminandone le forze protagoniste, sia religiose e culturali, sia politiche, offrendo la possibilità al lettore di farsi una prima impressione del significato di quella giornata elettorale e aprendo uno squarcio su alcune verità taciute per decenni da una storiografia succube degli interessi politici, come il ruolo dei Comitati Civici, l'opera svolta dal cardinale Schuster, le vicende del mondo azionista (pp. 360).
La fede intesa come dramma e lotta spirituale, la ragione che si scontra con la fede, la solitudine e l'emarginazione, il silenzio di Dio ma la sua presenza costante: questi e altri i temi che compongono questo canzoniere di frate David Maria Turoldo.
La storia dell'Italia repubblicana comincia nel caos. La fine della guerra ha lasciato dietro di sé un paese logorato e diviso, ma soprattutto ha fatto emergere le fratture di lungo periodo che il fascismo aveva oscurato a colpi di propaganda e di retorica nazionalista. Nel 1945 il paese è costretto a fare i conti con le profonde differenze che lo attraversano da nord a sud. C'è uno squilibrio economico, infrastrutturale e demografico, ma anche una forte contraddittorietà nel modo di reagire alla fine del conflitto: la guerra non è stata vissuta da tutti allo stesso modo. Chi si muove con energia, come gli operai del Nord, che dopo il rapporto con il Pci consolidato durante la guerra vogliono impadronirsi delle fabbriche, abita di fianco a chi torna da reduce e si ritrova improvvisamente senza riferimenti e senza lavoro. Dopo "La Resistenza perfetta", Giovanni De Luna sottopone i primi anni di vita della Repubblica italiana a un'indagine acuta e rigorosa. Cominciando con una domanda: è vero che la Resistenza aveva sostanzialmente fallito "l'occasione storica" di rinnovare profondamente le strutture portanti del paese? Per dipanare la complessità di questo periodo decisivo, De Luna costruisce una narrazione corale, fatta delle voci di una grande galleria di testimoni, a partire dalla storia personale di chi torna dalla guerra o va a cercare fortuna negli Stati Uniti, fino ai grandi scenari della politica, che hanno per protagonisti Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti, Ferruccio Parri e Pietro Nenni. E ci costringe a riflettere sulla nostra identità e sul nostro passato, spingendoci a fare i conti con uno dei capitoli più difficili, ma anche appassionanti, della nostra storia nazionale.
Dagli inizi del Novecento e in particolare dopo il secondo conflitto mondiale, la coscienza del mondo cristiano si è progressivamente scossa dal torpore secolare che le faceva accettare come irrimediabile la divisione in confessioni e Chiese tra loro indifferenti o nemiche. Il tentativo di superare le divisioni, giudicate diametralmente opposte al comando divino della carità e dell'unità nella testimonianza, costituisce l'essenza del movimento ecumenico. Ma se gli anni del ventesimo secolo possono essere indicati come un'alta stagione del sentimento unitario fra i cristiani, i tempi antecedenti, in cui le divisioni si produssero e si consolidarono, ne sono stati un lungo esempio di gestazione, di intermittenti ma significative anticipazioni, di indagini in qualche modo preparatorie. La Storia del movimento ecumenico, costituita di contributi di grande valore, osserva la crescita del cristianesimo nella storia dal punto di vista della ricerca dell'unità; la convinzione degli autori è che nel cammino millenario delle Chiese si possono scorgere i segni, talvolta apparentemente labili e talvolta più vigorosi, della speranza di essere testimoni e seguaci di un Cristo indiviso.
Dagli inizi del Novecento e in particolare dopo il secondo conflitto mondiale, la coscienza del mondo cristiano si è progressivamente scossa dal torpore secolare che le faceva accettare come irrimediabile la divisione in confessioni e Chiese tra loro indifferenti o nemiche. Il tentativo di superare le divisioni, giudicate diametralmente opposte al comando divino della carità e dell'unità nella testimonianza, costituisce l'essenza del movimento ecumenico. Ma se gli anni del ventesimo secolo possono essere indicati come un'alta stagione del sentimento unitario fra i cristiani, i tempi antecedenti, in cui le divisioni si produssero e si consolidarono, ne sono stati un lungo esempio di gestazione, di intermittenti ma significative anticipazioni, di indagini in qualche modo preparatorie. La Storia del movimento ecumenico, costituita di contributi di grande valore, osserva la crescita del cristianesimo nella storia dal punto di vista della ricerca dell'unità; la convinzione degli autori è che nel cammino millenario delle Chiese si possono scorgere i segni, talvolta apparentemente labili e talvolta più vigorosi, della speranza di essere testimoni e seguaci di un Cristo indiviso.
La storia dell'Italia repubblicana comincia nel caos. La fine della guerra ha lasciato dietro di sé un paese logorato e diviso, ma soprattutto ha fatto emergere le fratture di lungo periodo che il fascismo aveva oscurato a colpi di propaganda e di retorica nazionalista. Nel 1945 il paese è costretto a fare i conti con le profonde differenze che lo attraversano da nord a sud. C'è uno squilibrio economico, infrastrutturale e demografico, ma anche una forte contraddittorietà nel modo di reagire alla fine del conflitto: la guerra non è stata vissuta da tutti allo stesso modo. Chi si muove con energia, come gli operai del Nord, che dopo il rapporto con il Pci consolidato durante la guerra vogliono impadronirsi delle fabbriche, abita di fianco a chi torna da reduce e si ritrova improvvisamente senza riferimenti e senza lavoro. Dopo "La Resistenza perfetta", Giovanni De Luna sottopone i primi anni di vita della Repubblica italiana a un'indagine acuta e rigorosa. Cominciando con una domanda: è vero che la Resistenza aveva sostanzialmente fallito "l'occasione storica" di rinnovare profondamente le strutture portanti del paese? Per dipanare la complessità di questo periodo decisivo, De Luna costruisce una narrazione corale, fatta delle voci di una grande galleria di testimoni, a partire dalla storia personale di chi torna dalla guerra o va a cercare fortuna negli Stati Uniti, fino ai grandi scenari della politica, che hanno per protagonisti Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti, Ferruccio Parri e Pietro Nenni. E ci costringe a riflettere sulla nostra identità e sul nostro passato, spingendoci a fare i conti con uno dei capitoli più difficili, ma anche appassionanti, della nostra storia nazionale.
Il volume intende analizzare la struttura e l'organizzazione della Democrazia cristiana in area veneta tra Liberazione e 1948, vale a dire in un periodo storico difficile e controverso, segnato da cambiamenti politici e istituzionali, da tensioni sociali e, non ultimo, dalle sofferenze economiche di una popolazione appena uscita dalla guerra. L'indagine riguarda non solo l'apparato amministrativo-burocratico del Partito, ovvero le normative e le pratiche che ne regolarono il funzionamento, ma pure le concrete figure di dirigenti, amministratori e propagandisti operanti a livello provinciale e comunale, nei capoluoghi così come nelle piccole comunità di pianura e di montagna. Grazie all'ausilio di un corposo materiale d'archivio inedito è stato possibile ridisegnare nelle sue linee generali il processo di organizzazione e crescita del Partito scudocrociato in zone sub-regionali strategiche, quali Belluno, Padova, Rovigo, Venezia e Vittorio Veneto. L'attenzione è rivolta anche alla ricognizione del ruolo della Chiesa e delle associazioni collaterali (Acli, Azione cattolica, Coltivatori diretti). Il volume è corredato da una solida appendice di testi e di documenti.