L’Ideologia tedesca è l’opera più misteriosa di Marx ed Engels. Composta tra il 1845 e il 1846 ai fini di una «autochiarificazione» e subito abbandonata alla «critica roditrice dei topi» delle cantine in cui rimase sepolta fino all’anno della pubblicazione (1932), essa rappresenta il luogo della «rottura epistemologica» (Althusser) tra il «primo Marx», umanista e filosofo hegeliano, e il «secondo Marx», scienziato dei modi di produzione. Nell’Ideologia tedesca si colloca, nelle intenzioni dei suoi autori, la «resa dei conti» con la filosofia tradizionale, liquidata impietosamente come santificazione contemplativa dell’esistente, e l’abbozzo di una nuova scienza rivoluzionaria, la «concezione materialistica della storia». In un perenne oscillare tra l’al di qua e l’al di là della filosofia, viene prendendo forma una scienza che, contro ogni tentazione ideologica, non muove dalle illusioni che gli uomini elaborano intorno alla propria esistenza. Al contrario, essa prende le mosse dagli uomini empirici realmente operanti all’interno della produzione materiale e delle costellazioni di potere e di dominio economico e, per questa via, rende anche conto degli echi ideologici del processo di esistenza e di produzione. Di qui, appunto, la necessità di sostituire la critica del «cielo» delle idee filosofiche con la critica della «terra» delle condizioni materiali di esistenza e di produzione. Ne scaturisce una forma di sapere ambigua, enigmaticamente sospesa tra il trascendimento della filosofia e, in maniera del tutto contraddittoria, il permanere saldamente nel quadro di una scienza filosofica in senso hegeliano. Sul piano politico, un simile rovesciamento materialistico di prospettiva implica l’abbandono di ogni conservatorismo conciliante e l’approdo a una visione rivoluzionaria, sporgente sull’avvenire e in perenne contrasto con l’ordine esistente.
Il sofisma economicistico e I due significati di «economico», brevi scritti di Karl Polanyi pubblicati qui parzialmente in una versione ripresa dalla rivista francese MAUSS, rappresentano un mirabile esempio di sintesi critica e insieme di profondità di analisi, un’analisi che approda alla convinzione, centrale nel pensiero di Polanyi, del disastro antropologico e sociale causato non solo dal liberismo, ma ancor di più dalla fallacia di un intero sistema di pensiero, la scienza economica, che cerca di giustificarlo e di sorreggerlo.
A supporto delle interessanti pagine di Polanyi, utili sia ai frequentatori abituali del suo pensiero sia ai neofiti, il presente volume ha il pregio di proporre due contributi, rispettivamente di Alain Caillé con Jean-Louis Laville e di Jérôme Maucourant, che, oltre a presentare rapidamente la biografia intellettuale del filosofo ungherese, chiariscono l’estrema attualità della sua critica al capitalismo e alla società dei mercati.
Polanyi emerge così come economista dalle solide basi storiche e antropologiche che, con la sua opera, ha saputo smontare l’edificio apparentemente saldo dell’economia classica per svelarne l’essenza ingannevole: quella di un vasto apparato teorico che attribuisce validità universali a una precisa contingenza storica, il laissez-faire liberista dell’Europa ottocentesca. Eppure con questa insistita proiezione dei meccanismi propri dell’economia borghese su uno sfondo di regolarità assolute, il sofisma economicistico ha saputo incantare il mondo definendo una disciplina vincente nella gerarchia dei saperi occidentali, incidendo concretamente nella realtà storica delle economie europee e poi globali, in breve giocando un ruolo determinante nell’affermazione su scala planetaria del modo di produzione capitalistico. È dunque urgente - e a questo compito la presente pubblicazione intende offrire un contributo agile - riscoprire e attualizzare la figura di Karl Polanyi, atipica ma centrale nel panorama intellettuale del XX secolo.
Ricordate il mito della caverna, l'uomo che si libera dalle catene del conformismo, oppure la metafora dell'auriga, del cavallo nero e del cavallo bianco, utilizzata per spiegare la tripartizione dell'anima; o ancora l'importanza del filosofo in una società perfetta o le prime riflessioni sull'eguaglianza tra gli uomini e sul comunismo? "Repubblica" è l'opera di Platone che più ha influenzato la politologia e il pensiero moderno, che più ha infiammato studiosi e statisti di ogni epoca. Una sorta di summa nella quale il filosofo, deluso dalla politica ateniese del tempo, si rifugia in un'analisi sullo Stato ideale e sui valori che muovono la società, sulle gerarchie che dovrebbero guidarla e sul rapporto tra le esigenze del singolo e il bene comune. "Repubblica" resta un'opera indispensabile per chiunque voglia conoscere le radici dei concetti di democrazia, oligarchia e tirannia, la genesi dello Stato come forma collettiva di organizzazione e, sfidando la natura transitoria dell'essere umano, comprendere le ragioni più profonde del suo essere. Presentazione di Luciano De Crescenzo; con un saggio di Francesco Adorno.
«La metafisica, ossia il tentativo di concepire il mondo come un tutto per mezzo del pensiero, si è sviluppata fin dall’inizio grazie all’incontro e al conflitto di due impulsi umani diversissimi, uno dei quali spinge gli uomini verso il misticismo, l’altro verso la scienza. Alcuni hanno raggiunto la grandezza attraverso uno solo di questi impulsi, altri attraverso l’altro. Ma i più grandi filosofi hanno sentito la necessità sia della scienza sia del misticismo: il tentativo di armonizzare le due cose ha riempito la loro vita; ed è ciò che, in tutta la sua ardua incertezza, fa sì che tanti considerino la filosofia qualcosa di superiore sia alla scienza sia alla religione.» La visione spregiudicata del mondo e delle sue leggi, l’aspirazione a una conoscenza senza limitazioni. Questa, in sintesi, la lezione di intelligenza e di civiltà impartitaci, attraverso i saggi qui raccolti, da uno dei più originali pensatori del nostro secolo. Un grande esempio di divulgazione scientifica e filosofica.
La lettura dei Diari - una miniera di intuizioni folgoranti, pensieri, preghiere, polemiche e spunti argomentativi - restituisce la complessità non sistematica ma edificante del pensiero filosofico e teologico di Søren Kierkegaard. Questa ultima edizione, di molto ampliata e rivista, riprende la versione del suo maggiore studioso italiano, Cornelio Fabro, svolta sull'integrale danese (20 voll., 1909-1948), pubblicata da Morcelliana nel 1948 e più volte ristampata. Ma l'attento spoglio compiuto dai curatori sulle carte postume, le lettere, i documenti e le opere complete, nel confronto fra la prima e i volumi già disponibili della nuova edizione critica danese, rende quest'opera del tutto originale nella traduzione e nelle note. Un classico, queste pagine dei Diari parlando del mondo si mettono in dialogo con Dio, la morte, l'amore, e toccano tonalità affettive come la noia, l'inquietudine, la pazienza e l'impazienza, l'angoscia... Un esercizio di pensiero quotidiano in cui traluce, sotto vari registri, la teoria dei tre stadi dell'esistenza estetico, etico e religioso.
Questo corso di Istituzioni di Filosofia, pubblicato in forma di dispensa nel 1968, rappresenta uno degli ultimi momenti dell'insegnamento di Emanuele Severino all'Università Cattolica di Milano, dalla quale si allontanerà nel 1970 per passare all'Università di Venezia. È un ciclo di lezioni contemporaneo alla stesura dei saggi Il sentiero del Giorno (1967), La terra e l'essenza dell'uomo (1968), Risposta ai critici (1968), in cui Severino approfondisce la svolta iniziata con Ritornare a Parmenide, e che culminerà con la raccolta di questi e altri saggi nel libro Essenza del nichilismo (Paideia, 1972). Ripensando a queste lezioni, Salvatore Natoli, allora assistente di Severino, ha scritto: "Severino [...] mi ha costretto a dare consistenza alle mie argomentazioni filosofiche, a fornire giustificazioni adeguate alle mie tesi e direi che mi ha definitivamente vaccinato dai vizi delle mode filosofiche". Rigore dell'argomentazione e attenzione al variare del significato delle categorie e dei problemi costitutivi della filosofia (identità, contraddizione, dialettica, verità, realismo, idealismo...): questo in sintesi il contenuto del libro.
Questa raccolta è l'incompiuta, ma pure compiutissima sinfonia della morale di Pietro Piovani.
Il pitagorismo antico si può considerare la prima forma di scienza del pensiero occidentale. Questa edizione raccoglie i tre volumi dedicati ai Pitagorici e costituisce la raccolta più completa dei frammenti e delle testimonianze di Pitagora e della sua scuola. Testi greci a fronte
Nel 2001-2002, Derrida proseguiva le sue ricerche intorno alla sovranità dello Stato-nazione e del suo fondamento onto-teologico-politico. Un’ampia riflessione -testimoniata nel primo volume de La bestia e il sovrano- che da questo momento si sarebbe rivolta verso le grandi questioni della vita animale: quella dell’uomo «animale politico », diceva Aristotele, e quella delle «bestie» - e del trattamento, dell’assoggettamento della «bestia» da parte dell’«uomo». In questo secondo volume tale lavoro giunge alle sue estreme conclusioni modulandosi in una paziente lettura di due testi qualificati come «più eterogenei possibili»: da una parte Robinson Crusoe, l’opera di finzione di Daniel Defoe, e, dall’altra, il seminario tenuto da Martin Heidegger nel 1929- 1930 "Concetti fondamentali della metafisica. Mondo - finitezza - solitudine".
Questo volume di Silvano Petrosino, a quasi vent'anni dalla sua prima edizione, è ormai un classico degli studi sull'esperienza della luce e sul fenomeno ad essa connessa dell'invidia. All'origine di questo studio vi è la convinzione che interrogarsi sull'esperienza visiva è altra cosa dall'indagare la propagazione e la ricezione della luce a partire dalle scienze, ad esempio dall'ottica o dalla psicologia della percezione. Il tema dell'esperienza è infatti essenzialmente connesso alla figura del soggetto, e quest'ultimo è drammaticamente in scena non solo come corpo senziente e come coscienza riflessiva e riflettente, ma anche e soprattutto come soggetto al/del desiderio.