Questo è un libro di storia e d'amore. Ci fa immergere in un mondo lontano e affascinante, condotti dal filo della nostra curiosità. Cerca di rispondere alle domande più frequenti e insolite sull'amore e il sesso al tempo dei romani. "Amore e sesso nell'antica Roma" unisce il piacere di lettura di un romanzo all'accuratezza di un saggio storico. Per ricostruire un quadro completo e scrupoloso, e scovare le notizie più sorprendenti, ci si è basati su scoperte nei siti archeologici, dati di laboratorio, una ricchissima bibliografia di testi antichi e studi moderni, e centinaia tra reperti nei musei, affreschi, statue, graffiti di Pompei ed Ercolano. Com'era possibile unire tutte queste scoperte in un unico, coinvolgente viaggio? Immaginate di ritornare indietro nel tempo e di trovarvi in una piazza di Roma antica. Davanti a voi ci sono delle persone che passeggiano normalmente: una fanciulla e un ragazzo innamorati, un gladiatore che lancia uno sguardo a una giovane nobildonna, un padre che accompagna il figlio alla sua "prima volta", una prostituta d'alto bordo... Guardate bene queste persone: basterà seguirle nella loro giornata e ci faranno scoprire gli intriganti segreti dell'amore e del sesso ai tempi dell'antica Roma. E quanto il loro modo di amare somigliasse incredibilmente al nostro.
Primo maggio 2011: il Re del Terrore è morto. Osama bin Laden, l'uomo che per un decennio ha tenuto l'Occidente nella morsa della paura, è stato ucciso. Per la prima volta la più importante ed eclatante operazione di intelligence degli ultimi anni viene raccontata attraverso le clamorose rivelazioni di uno dei diretti protagonisti, un ex appartenente al Team Six dei SEAL (le forze speciali della Marina statunitense) che per primo ha fatto irruzione nell'ultimo rifugio di Bin Laden. Sotto lo pseudonimo di Mark Owen, l'autore ripercorre la sua esperienza nei corpi speciali, a cominciare dall'agognato ingresso nei SEAL, passando per il salvataggio del capitano Richard Phillips, rapito dai pirati somali nell'Oceano Indiano, fino alla guerra ai talebani sulle montagne afghane e all'assalto del compound di Abbottabad, in Pakistan, dove si nascondeva il leader di al Qaeda. Per due settimane gli uomini della squadra vengono addestrati ad affrontare il compito più importante della loro vita: la caccia a Bin Laden, nell'operazione denominata Lancia di Nettuno. Per Owen e i suoi compagni il successo della missione, oltre che dovuto alla partecipazione a centinaia di operazioni in tutto il globo, è frutto di anni di addestramento durissimo, teso a portare ai limiti massimi la resistenza psicofisica, una preparazione che consente loro di affrontare qualsiasi genere di evento e di imprevisto, qualsiasi tipologia di nemico. Il raid nel quartier generale segreto di Bin Laden è raccontato nei minimi dettagli...
La ragazza che al fidanzato in mostruoso e reiterato ritardo risponde con nonchalance: «Oddio, scusami, non sono ancora pronta, mi dai cinque minuti?» sta affermando la superiorità dell’essere umano su quello che gli capita. In poche parole, sta facendo dell’ironia invece di usare un qualunque oggetto contundente. È molto più pulito, dignitoso e decisamente liberatorio.Lella Costa, liquidatrice del suddetto fidanzato e oggi, non per caso, signora dell’ironia, ci racconta come mai questa arte dello sguardo obliquo sia indispensabile per affrontare con leggerezza gli sgambetti della vita. Attingendo ai classici della letteratura e della musica, da Socrate all’immenso Shakespeare, da Lewis Carroll al Signor Bonaventura, da Paolo Conte a De André, e dal proprio repertorio, ci fa scoprire che l’ironia è un filo rosso, probabilmente il vero talismano che nei secoli ha protetto l’umanità da adolescenze inquiete, cuori infranti, rughe precoci, su su fino a guerre, dittature vere e democrazie da operetta. E benché l’ironia sia difficile da spiegare (esistono fior di saggi per quello), forse impossibile da insegnare e da imparare (diffidare di chi si autoproclama ironico), si può pur sempre viralizzare, sin dalla più tenera età. Anche il sorriso, come lo sbadiglio, è contagioso.
Il vino scese dal Caucaso, intorno al terzo millennio. La sua espansione nel mondo, dopo i momenti trionfanti dei simposi di Grecia e di Roma, presto sposò il Cristianesimo, che eliminò nell'uso del vino l'abbandono, minaccioso disvelarsi del mistero insondabile del divino. Unici ostacoli al viaggio del vino e del Cristianesimo verso il Pacifico furono il Corano e il riso. Altre forme di ebbrezza s'imposero per altre religioni: la birra, il saké, il vino di palma. Il legame del sacro con le bevande fermentate appare, allo sguardo storico e geografico di questo libro, inevitabile: per l'ebbrezza che è il suo dono, e anche per il mistero della fermentazione. L'autore, Jean-Robert Pitte, geografo, è preside alla Sorbona.
Utopia come anelito all'inesistente, al modello ideale. Ma utopia anche, e soprattutto, come stimolo al miglioramento, forza propulsiva e superamento di un difficile presente. La sociologa Lella Mazzoli e il giornalista Giorgio Zanchini hanno interrogato alcuni protagonisti del panorama culturale italiano, chiedendo di proporre, ognuno dal proprio osservatorio, una definizione di utopia, per contribuire così a tracciare una mappa ideale del futuro. Le voci di Dorfles, La Porta, Sinibaldi e degli altri autori creano così un fitto dialogo tra arti figurative, filosofia, narrativa, critica sociale, teatro, tecnologia e storia dell'industria. Un affresco del contemporaneo che offre strumenti originali per leggere con intelligenza la nostra società e le sue possibili evoluzioni.
Quando Wilma Montesi viene trovata morta a Torvajanica la Questura di Roma tenta di archiviare il caso in tutta fretta come "morte accidentale". Ma lo scandalo scoppia lo stesso, e si espande fino a lambire la politica: tra i presunti colpevoli c'è infatti Piero Piccioni, figlio di Attilio, erede designato di De Gasperi. Il processo infiamma la stampa e dalle gallerie di Via Margutta ai locali di Via Veneto, tra nobili, attori, paparazzi e avventuriere si moltiplicano mezze testimonianze e "sensazionali rivelazioni". Con il piglio narrativo di un romanziere, o di un regista, Stephen Gundle ricostruisce il caso e i suoi colpi di scena sullo sfondo dell'Italia della Dolce vita: una storia ancora viva nella memoria nazionale, come una sinistra avvisaglia di molti mali a venire.
Ammirato in tutto il mondo per il genio imprenditoriale e dipinto da alcuni come un despota aziendale, Bill Gates ha avuto un impatto indiscusso sull'ascesa dell'economia digitale negli ultimi 30 anni. Anche i suoi critici più severi devono riconoscerne il ruolo essenziale: ha contribuito a dare inizio a una delle più grandi rivoluzioni dell'industria moderna afferrando l'importanza del software nell'ascesa del personal computer e trasformando una tecnologia arcana e specialistica in uno strumento comune in ufficio e a casa. Considerato per molto tempo l'anti-Jobs, non solo per la competizione delle reciproche aziende ma soprattutto per le differenze caratteriali spesso ingigantite dai media (l'uno attaccato alla realtà, l'altro visionario, l'uno "industriale", l'altro con il genio del design), oggi che è rimasto "solo" può essere apprezzato senza pregiudizi nella sua grandezza. Grandezza che gli ha permesso di mettere almeno uno dei suoi prodotti in tutte le nostre case, ma anche di riconoscere i meriti dell'avversario, se per esempio nel 2012 ha dichiarato: "Il Macintosh - di tutte le macchine che ho visto - è l'unica che ha creato un nuovo standard". In questa raccolta di riflessioni, battute e intuizioni, il creatore di Microsoft è ritratto "in presa diretta", senza filtri, per evidenziarne la complessa personalità e trarre ispirazione dai pensieri che ne hanno fatto uno degli imprenditori e filantropi di maggior successo del nostro tempo.
Pressati da vent’anni di campagne mediatiche da parte di una destra ostile e di una sinistra che sembra unita solo nell’appoggio alla magistratura, pensiamo che l’amministrazione della giustizia sia oggi votata al controllo dei poteri forti e resti a volte l’unico argine di fronte all’arroganza della politica: abbiamo sotto gli occhi maxi processi di mafia, inchieste sulla corruzione, indagini sulle condizioni di lavoro... Ma forse si tratta solo di un’illusione. In quest’analisi lucida e senza sconti Livio Pepino, protagonista di quarant’anni di magistratura nel nostro Paese, spiega come, a dispetto di quanto ci viene raccontato, i risultati della giustizia nel contrasto dei poteri forti sono in realtà assai ridotti e, nell’ultimo decennio, in costante diminuzione. Al contrario, nel generale disinteresse, le carceri continuano a riempirsi delle fasce più deboli della società: migranti, tossicodipendenti, manifestanti senza copertura politica. Una deriva autoritaria che sembrava superata e che sta invece tornando con forza. Pepino lancia così un allarme di estrema serietà: perché si può e si deve immaginare una giustizia davvero uguale. È un obiettivo che riguarda tutti noi.
Livio Pepino, magistrato fino al 2010, è stato sostituto procuratore, giudice minorile e consigliere della Corte di Cassazione. Già presidente di Magistratura democratica e componente del Consiglio superiore della magistratura, è oggi responsabile delle Edizioni Gruppo Abele, direttore della rivista “Questione giustizia” e presidente dell’Associazione studi giuridici Giuseppe Borrè.
Non un'autobiografia, né un libro di memorie, ma molto di più. "Ho visto cose..." è una raccolta di aneddoti a volte seri, altre divertenti e appassionati, una ricchissima galleria di storie e personaggi vissuti e raccontati in prima persona da Clemente Mimun, direttore del Tg5. Una vita incredibile, cominciata come fattorino all'agenzia Asca nel 1971, e poi evoluta nel giornalista che detiene il record italiano di direzioni di telegiornali: Tg2, Tg1, Tg dei servizi parlamentari e Tg5. In Rai dall'83 al '92 e di nuovo dal '94 al 2007, Mimun ha visto tutto e incontrato tutti, vivendo l'Italia che conta in pubblico e in privato: Berlinguer a Botteghe Oscure e allo stadio, Pertini al bar di Montecitorio fino agli stucchi del Quirinale. In udienza privata da papa Wojtyla, che si ritira nella sua stanza roteando il bastone come Charlot. Da Roberto Benigni sul set di Pinocchio agli incontri con Woody Alien, per ritrovarsi di fronte a Jerry Lewis seduto alla sua scrivania, o assieme a Vasco Rossi alle prese con una dieta terrificante, o accanto alla squadra del cuore, la Lazio, da tifoso e da dirigente. Ha attraversato la Prima e la Seconda Repubblica - di cui qui ripesca politici e giornalisti (da Andreotti a Berlusconi e Craxi, da Mentana a Frajese) -, ha litigato con colleghi illustri (Indro Montanelli, Marco Travaglio) e con direttori generali della Rai, ha conosciuto giornalisti fannulloni e talenti precari (Enrico Lucci)...
"Se torno per qualche giorno in Italia, mi sento subito ingombrante. A 56 anni ho l'età sbagliata? Governi, imprese, esperti descrivono i miei coetanei come un "costo". Guadagniamo troppo, godiamo di tutele anacronistiche, e quando andremo in pensione faremo sballare gli equilibri della previdenza. Per i trentenni e i ventenni, invece, siamo "il tappo". Ci aggrappiamo ai nostri posti, non li facciamo entrare. Non importa se ci sentiamo ancora in forma, siamo già "gerontocrazia". Nessuno trova una soluzione a questa crisi, ma molti sembrano d'accordo nell'individuarne la causa: il problema siamo noi, i baby boomer. Siamo nati nell'ultima Età dell'Oro, quel periodo (1945-1965) che coincise con un boom economico in tutto l'Occidente ed ebbe un effetto collaterale forse perfino più importante: l'esplosione delle nascite. Come se non bastasse, poi, lo straordinario allungamento della speranza di vita ci ha resi una delle generazioni più longeve. E di questa nostra inusitata sopravvivenza si parla quasi come di una sciagura annunciata, un disastro al rallentatore. Ma un evento individualmente così positivo - vivere di più - può trasformarsi in una calamità? No, noi baby boomer siamo un'enorme risorsa anche adesso che diventiamo "pantere grigie". La sfida, di cui s'intravedono i contorni in America, è quella di inventarci una nuova vita e un nuovo ruolo, per i prossimi venti o trent'anni."
"Ops... stanno finendo i terroni. Ma come, già? E così, da un momento all'altro?" Così Pino Aprile inizia, nel modo provocatorio che gli è congeniale, questo suo pamphlet, che affronta l'annosa e scontata Questione meridionale da un'angolatura completamente diversa. In un mondo che sta cambiando a incredibile velocità, ha ancora senso definire la realtà in base a criteri geografici, come quelli di Nord e Sud, che nell'interpretazione dei più portano con sé una connotazione meritocratica ormai superata? E possibile utilizzare ancora definizioni di questo tipo quando internet, la Rete, sta tracciando una mappa che non tiene più conto dei vecchi confini, anzi se ne è liberata per ridisegnare uno spazio davvero globale, senza Sud e senza Nord, di cui fa parte la nuova generazione, tutta, figli dei "terroni" compresi? No, dice Aprile, tutto questo è irrimediabilmente finito, passato, travolto dal vento delle nuove tecnologie che, spinto da molte volontà, sta creando un futuro comune, un futuro che unisce, invece di dividere. Forse i padri non se ne sono ancora accorti, ma i figli sì, lo sanno, così come sanno che quella che hanno imboccato è una strada di non ritorno. "Il Sud è un luogo che non esiste da solo, ma soltanto se riferito a un altro che lo sovrasta." Ma nello spazio virtuale, lo spazio dei giovani di tutti i paesi, le direzioni non esistono più.
"'Carta straccia' non è un pedante trattato sui media. È un libro carogna, un racconto all'arma bianca, sornione e beffardo, pieno di ricordi. Mette in scena una quantità di personaggi, tutti attori di una recita alla quale ho partecipato anch'io: l'informazione stampata e televisiva, di volta in volta commedia o tragedia. Sono un signore che ha trascorso cinquant'anni nei giornali, lavorando in molte testate con incarichi diversi. Che cosa ho capito della mia professione? All'inizio pensavo che avesse la forza di un gigante, in grado di vincere su chiunque. Poi ho cambiato opinione: in realtà, il nostro è un potere inutile, serve a poco, non conta quasi nulla rispetto a quello politico, economico e giudiziario. Il perché lo spiego in 'Carta straccia'. Dopo un'occhiata al passato, la mia prima macchina per scrivere e l'apprendistato ferreo imposto da direttori senza pietà, vi compaiono i capi delle grandi testate di oggi. E i misfatti delle loro truppe. La faziosità politica dilagante. Gli errori a raffica. Le interviste ruffiane. Le vendette tra colleghi. Lo schierarsi in due campi contrapposti, divisi da un'ostilità profonda. Il centrodestra, dove si affermano Maurizio Belpietro e Vittorio Feltri, con le campagne di stampa condotte senza guardare in faccia a nessuno. E il centrosinistra, dominato dalla potenza guerrigliera di Ezio Mauro e dalle ambizioni politiche di Carlo De Benedetti, nemici giurati di Silvio Berlusconi." (Giampaolo Pansa)