Pubblicato per la prima volta in Francia nel 1966, "Le parole e le cose" costituisce uno spartiacque decisivo per la cultura e la filosofia del Novecento, una delle opere che più ha segnato il nostro modo di interpretare l'uomo e la società. In un percorso che parte dal Rinascimento per arrivare alla disarticolazione del sapere operata dalle scienze umane nel XX secolo, Michel Foucault si interroga sui codici fondamentali che definiscono lo nostra concezione della realtà: quali criteri governano i nostri schemi interpretativi, i nostri valori e le nostre azioni? Che cosa è possibile o impossibile pensare in una certa fase storica? Come si trasformano le forme del sapere nel passaggio da un'epoca alla successiva? Attraverso l'indagine di molteplici discipline - arte, storia naturale, grammatica, economia, biologia, filosofia, linguistica, antropologia, psicoanalisi - Foucault penetra i meccanismi che nel tempo determinano lo struttura e i confini del modo di pensare delle diverse società. E fa emergere le implicazioni pratiche e filosofiche connesse all'inevitabile transitorietà dei nostri sistemi di inquadramento del mondo: "Tentando di riportare alla luce questo profondo dislivello della cultura occidentale, non facciamo altro che restituire al nostro suolo silenzioso e illusoriamente immobile, le sue rotture, la sua instabilità, le sue imperfezioni".
In quel preciso momento, un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, si è deciso il nostro destino. In un universo in cui materia e antimateria si equivalevano, e che quindi avrebbe potuto, in ogni istante, tornare a essere pura energia, può essere bastata una leggerissima preferenza del bosone di Higgs per la materia anziché per l'antimateria ed ecco che si è prodotto il mondo che abbiamo sotto gli occhi. "Ecco qua il minuscolo difetto, la sottile imperfezione da cui è nato tutto. Un'anomalia che dà origine a un universo che può evolvere per miliardi di anni." Se tutto nasce da lì, dobbiamo capire in ogni dettaglio quel momento cruciale, ricostruirlo fotogramma per fotogramma, al rallentatore e da diverse angolature. Per questo al Cern di Ginevra è stato realizzato Lhc, l'acceleratore di particelle più potente del mondo, il posto più simile al primo istante di vita dell'universo che l'uomo sia stato in grado di costruire. Per questo da anni i migliori fisici del mondo lavorano giorno e notte, ai quattro angoli del pianeta. È così che è stata catturata la "particella di Dio". Ed è per questo che si studia ancora, per capire di più su come tutto questo è nato e su come andrà a finire la nostra storia: se nel freddo e nel buio o in una catastrofe cosmica, che ci darebbe il privilegio di un'uscita di scena assai più spettacolare.
"'Tutto ciò che resterà della mia vita è quello che ho scritto.' Qualcuno l'ha detto pensando a se stesso, però sono parole che si adattano anche a me. Ho sempre voluto scrivere. Alla fine della scuola media, andavo per i tredici anni, mio padre Ernesto mi regalò una macchina Underwood di seconda mano, dicendo: 'Vedi un po'se la sai usare'. Mia madre Giovanna mi mandò a una scuola di dattilografia. Ma dopo un paio di lezioni, chi la dirigeva le spiegò: 'Giampaolo ha imparato subito quanto gli serve. Non butti via i suoi soldi'. Ho cominciato a scrivere nell'estate del 1948 e da allora non ho più smesso. Nell'ottobre 2015 di anni ne ho compiuti ottanta. E ho deciso che potevo permettermi questo libro. Non oso definirlo un'autobiografia, parola pomposa. Allora dirò che è il racconto personale di un vecchio ragazzo destinato a fare il giornalista. Non venivo da una famiglia di intellettuali. Mio padre era operaio del telegrafo. Mia madre aveva cominciato a lavorare a dieci anni ed era stata così brava da aprire un negozio di mode. La mia nonna paterna, Caterina, era analfabeta. Rimasta vedova con sei bambini da crescere, aveva vissuto nella miseria più nera. Troverete qui le loro storie, insieme a quelle di mio nonno Giovanni Eusebio, un bracciante strapelato, e di uno zio paterno, Paolo, un muratore morto a New York in un cantiere. I miei antenati sono questi. E se esiste un aldilà, guarderanno stupiti questo figlio che si è guadagnato il pane scrivendo.'" (G. P.)
Il design, l'architettura e l'arte fanno parte della nostra vita quotidiana: ne vediamo degli esempi negli oggetti che ci circondano, per le strade della città in cui abitiamo, nelle nostre passioni e abitudini. Quello che forse non abbiamo mai notato è come l'universo artistico sia profondamente legato a quello matematico: vi siete mai domandati, ad esempio, da quale posizione sia meglio osservare una statua? O perché abbiamo l'impressione che le ballerine di danza classica sconfiggano la forza di gravità? O ancora, vi siete mai chiesti che rumore fa il silenzio? Con la consueta abilità nell'analizzare la realtà che ci circonda nei suoi aspetti apparentemente più incomprensibili, il grande matematico John D. Barrow dimostra come numeri e arte non siano poi così distanti tra loro, e lo fa attraverso una serie di esempi divertenti, formule, aneddoti bizzarri e curiosità per guidarci alla scoperta dei legami tra queste discipline: un tour di cento tappe che ci introduce ai misteri delle più disparate forme d'arte, dalla scultura alla letteratura, dall'architettura alla danza, dalla pittura al design, spiegandoci come la matematica ne possa svelare le segrete dinamiche. Capiremo così perché i diamanti brillano, perché un soprano può spaccare un bicchiere di cristallo senza toccarlo e perché la cabina doccia è il posto in cui si canta meglio. Rivisitando il quotidiano con un'ottica inedita, questo saggio arricchisce la nostra comprensione sia degli oggetti matematici sia degli oggetti artistici.
In un mondo dagli equilibri stravolti e diviso non più tra Oriente e Occidente o tra Nord e Sud, ma tra paesi dominati dal risentimento e paesi dominati dalla paura, è necessario riprendere in mano la riflessione sulla possibile convivenza con il diverso: l'altro, che provenendo da una cultura differente finiamo per classificare semplicemente come "barbaro". L'Europa, in particolare, oggi preda della paura nei confronti dell'islam, rischia di reagire in modo violento, provocando un duplice paradosso: da una parte "la paura dei barbari rischia di trasformare noi stessi in barbari"; dall'altra "rende il nostro avversario più forte e noi più deboli". Attraverso una riflessione che ripercorre la storia della cultura europea, Tzvetan Todorov chiarisce le nozioni di barbarie e civiltà, di cultura e d'identità collettiva, per interpretare i conflitti che oppongono oggi i paesi occidentali e il resto del mondo. Una lezione magistrale di storia e di politica, una vera e propria cassetta degli attrezzi per decifrare la reale posta in gioco del nostro tempo.
Il filo rosso dei saggi è la scoperta che "non esiste una cultura asessuata". Un Simmel "riformista" applica la sua ontologia dualistica del maschile e del femminile ai problemi della donna nel mondo moderno, rivolgendo l'attenzione ai loro aspetti sociali, politici, sessuali e psicologici. Simmel trova una lingua filosofica per la concretezza di una situazione storica. Ciò rivela i suoi meriti e i suoi limiti, ma soprattutto ne fonda l'attualità nel dibattito attuale, femminista e non, sulla condizione femminile, non priva di valore morale: "Ogni volta che un uomo compra una donna, va perduto un pezzo del rispetto per l'umanità".
La cultura oggi è assimilabile a un reparto di un grande magazzino di cui fanno esperienza persone trasformate in consumatori. È fatta di offerte, non di divieti; di proposte, non di norme. È impegnata ad apparecchiare tentazioni e ad allestire attrazione, ad allettare e sedurre, non a dare regolazioni normative. Si può dire che, nell'epoca liquido-moderna, la cultura sia plasmata per adeguarsi alla libertà individuale di scelta e alla responsabilità individuale nei confronti di tale scelta. Inoltre si può dire che la sua funzione sia quella di garantire che la scelta debba essere e sempre rimanga una necessità e un dovere inderogabile di vita, mentre la responsabilità della scelta e le sue conseguenze restano là dove la condizione umana liquido-moderna le ha poste: ovvero sulle spalle dell'individuo, adesso chiamato al ruolo di amministratore capo della "politica della vita" e suo unico funzionario.
Dopo i fatti di Charlie Hebdo, una nuova e più sanguinosa strage jihadista fa vacillare i valori fondamentali della Repubblica francese rischiando di innescare una deriva autoritaria in tutta l'Europa; questo mentre la coalizione contro l'ISIS si allarga pericolosamente facendo emergere complicità per troppo tempo ignorate e acuendo le tensioni tra gli Stati coinvolti nella crisi siriana. Nel Corano si predica la pace o al contrario si inneggia alla guerra? Ha senso ritenere che l'Islam, in quanto tale, sia incompatibile con la cosiddetta civiltà occidentale? Ciò a cui stiamo assistendo non è forse il prodotto di un conflitto planetario scatenato più di un decennio fa in nome del profitto, un conflitto che ha armato la mano di coloro che oggi minacciano la nostra incolumità e che quasi ogni giorno seminano terrore e morte in tutto il mondo arabo? Michel Onfray, partigiano del libero pensiero che non ammette compromessi, cerca di rispondere a queste domande cruciali affidandosi alle armi della critica e all'analisi delle fonti, in un libro "vietato" in Francia, dove il dibattito pubblico si sta progressivamente omologando alla narrazione imposta dalle autorità e alle semplificazioni dei media.
L’Isis stringe l’Occidente nella morsa del terrore. È ormai una banalità dirlo; quel che non è banale è comprendere che genere di fenomeno sia e, di conseguenza, come potremmo contrastarlo o almeno contenerlo. Dopo aver studiato approfonditamente le vite e i profili degli autori di tutti gli attentati in Nord America e in Europa, da quello della metropolitana di Londra ai fatti recenti di Parigi, Alessandro Orsini, uno dei massimi esperti in materia, ci offre una visione lucidissima e destinata a rovesciare molte idee consolidate. Parte da una tesi sconvolgente: l’Isis è l’organizzazione terroristica più fortunata al mondo. Perché? Quanto a forza militare, non è in grado di competere con l’Occidente. Eppure è potuta diventare man mano più temuta e pericolosa perché le potenze che avrebbero dovuto combatterla sono venute a trovarsi in una sorta di paralisi, dovuta alla paura o a miopi giochi di equilibrio politico. L’altro grande punto di forza dell’Isis è il fenomeno, sempre più pervasivo, della radicalizzazione: come può accadere che tanti giovani, di diversa estrazione, in Medio Oriente e nel ricco Occidente, si trasformino in inafferrabili, sanguinari soldati della Jihad? Illuminandoci i loro oscuri percorsi biografici, svelandoci i veri volti di individui come i fratelli Kouachi che hanno massacrato la redazione di «Charlie Ebdo», Orsini ci permette di entrare negli schemi mentali che muovono l’Isis. Solo così possiamo tentare di dare una risposta alle domande che più ci turbano: dobbiamo avere paura? ci sono dei modi per placare l’ondata terroristica? l’Occidente e il suo benessere saranno inesorabilmente spazzati via?
Un libro che "nasce da una sofferta crisi personale che nel 2005 mi ha investito sconvolgendo salute, relazioni, lavoro, amicizie e ideali. Effimero e inefficace ogni tentativo di uscirne. Poi, quasi all'improvviso, ho scoperto il perdono. In genere questa parola fa pensare alla religione o alla psicoterapia. Nel libro che avete tra le mani, invece, si parla del perdono come di un valore universale dell'umanità, svincolato da qualsiasi appartenenza che non sia alla vita stessa. Il perdono fa parte di una nuova educazione alla consapevolezza e alla felicità; una strategia evolutiva che ha effetti positivi sulla salute, il benessere e la qualità della vita. Questo libro è un viaggio dentro il significato più autentico del perdono, attraverso le storie di chi la propria vita l'ha cambiata davvero, di chi ha guarito la sofferenza più profonda, ha imparato ad amare, ha ottenuto successo, ha riscoperto gli affetti. Gli approfondimenti scientifici, la formazione, la pratica possono costituire una premessa per la ricerca di una nuova via alla felicità, un invito a scoprire il senso perduto del perdono, una chiave che può aprire le porte del cuore e far ritrovare equilibri e armonie, fino a guarire relazioni, pensieri, emozioni, corpo e anima".
Un bambino si può trasformare in un piccolo filosofo, basta osservarlo con attenzione mentre esplora il mondo. Basta ascoltarlo mentre con le sue prime parole semplici si interroga su ciò che lo circonda. Ogni sua domanda è un modo per dare un significato alle cose, e ne rivela quel lato stupefacente che da adulti purtroppo si dimentica. Un bambino non sa cosa sia la verità eppure la cerca sempre con ostinazione, facendoci riscoprire con i suoi dubbi il piacere e la felicità di quella ricerca. E ci costringe a capovolgere valori e direzioni, a osservare la realtà con uno sguardo diverso, più ingenuo, capace di illuminarla. Perché se il pensiero è l'esercizio continuo della meraviglia allora i veri filosofi sono i bambini. Vittoria Baruffaldi ci mostra, con intelligenza e leggerezza, tutta la gioia di essere madre, lasciando che ogni affanno si dissolva nello stupore degli occhi grandi e curiosi dei nostri figli.
Mai come oggi, in momenti di crisi drammatica per l'Europa comunitaria, ci si è interrogati sull'esistenza e il carattere di un'identità europea. Questo libro affronta il tema in una prospettiva di lungo periodo, delineando il mutevole rapporto tra le sue diverse componenti, nonché l'alterno gioco tra richiamo al passato e distacco dal passato. Lo fa senza indulgere all'abusato mito delle "radici" o di un'"essenza" europea. Al contrario l'autore mostra come l'Europa sia sempre stata il prodotto di processi molteplici, e come nel tempo la sua identità sia venuta configurandosi diversamente: lungi dall'essere qualcosa di stabile, è destinata a mutare anche in futuro, cosi come è mutata, e profondamente, nel corso dei secoli.