Il volume presenta un bilancio della ricerca in Pedagogia Speciale in prospettiva inclusiva: un orientamento di indagine teorico-pratica sempre più affermato a livello nazionale e internazionale. Cresce infatti l'attenzione ai diritti universali e alla realizzazione delle aspirazioni di ogni persona, anche con bisogni educativi specifici e con disabilità, nonché all'accoglienza di tutti nella società. L'opera presenta il complesso e variegato campo della cultura pedagogica sull'integrazione delle diversità attraverso più vertici di osservazione: dalle questioni epistemologiche e storiche, al focus sugli aspetti personali - i disturbi più diffusi, le fasi evolutive, la famiglia, la relazione di cura, l'autonomia lavorativa, il supporto delle tecnologiche assistive - al ruolo strategico della scuola per il progetto di Vita Indipendente. La sezione antologica stimola il contatto diretto con i testi di importanti studiosi e protagonisti del passato e dell'attualità.
Esta obra tiene como base una hipótesis, que, por otra parte, se encuentra en el juego de palabras que compone el título, «Dios es (entrega) y se entrega», y a lo largo de estas páginas se trata de mostrar que esta se da como realidad en Hilario de Poitiers. Al estudiar las obras de Hilario se halla en él una clave fundamental: el misterio divino es en sí mismo donación o entrega, y se entrega a lo largo del tiempo. A esta benignidad divina, esencial en el mismo ser de Dios y entregada en la historia de la salvación, se refiere Hilario normalmente cuando habla de dispensatio. Lo que se pretende, por tanto, es conocer en profundidad esta noción de Hilario, y de qué formas diversas está presente a lo largo de su pensamiento e influye en su teología.
José Manuel Llamas Fortes nació en El Tarajal, un barrio de las afueras de Málaga, en 1976. Fue ordenado sacerdote en 2002. Después de servir en las parroquias de Sierra de Yeguas, Campillos, María Madre de Dios y San Fernando, estas dos últimas en la ciudad de Málaga, marchó a Roma, donde, a lo largo de seis años, estudió Patrística en el Institutum Patristicum Augustinianum. Desde 2018 es párroco en la parroquia San Pablo, en el barrio de la Trinidad de Málaga, y profesor de Patrología y Mariología en el Instituto Superior de Ciencias Teológicas y en el Centro Superior de Estudios Teológicos de la diócesis de Málaga.
Oro, che per la prima volta viene presentato e tradotto in italiano e in una lingua europea, è l'ultimo testo scritto dal matematico, filosofo e teologo russo Pavel Florenskij e per questa posizione terminale nella sua produzione letteraria si può considerare un vero e proprio «poema testamentario». L'opera è dedicata al figlio minore Mik (Michail 1921-1961) e si configura come un'istruzione ricavata appositamente per lui, che nella finzione poetica è incarnato da un ragazzo di nome Oro, l'unico discendente di una famiglia di oroceni, un popolo di etnia mongola dell'estremo oriente siberiano che derivava il proprio nome da «oro», che nella lingua locale sta per «renna», un animale sacro per quelle genti. Oro è il canto di un padre, chiuso in un lager sovietico dal quale non uscirà mai più, per il giovane figlio che si affaccia alla vita, quasi nel presentimento che questi sarebbe rimasto orfano, e insieme un invito ad affrontare l'esistenza con gli strumenti umani della curiosità, della concretezza, dell'attenzione per trovare soluzioni e vie d'uscita alle difficoltà di fronte alle quali inevitabilmente l'esistenza lo avrebbe posto.
Terrorismo internazionale, sconvolgimenti climatici, nuove malattie, sfruttamento dei popoli, crisi della fede e delle religioni, perdita dei valori... In questi tempi di grande incertezza e di paure collettive, la guerra nel cielo pare essersi trasferita sulla terra.
Di fronte a tutto questo, il messaggio di santa Ildegarda di Bingen è sempre vivo e attuale e può essere fonte di chiarezza per capire dove sta andando il mondo nel terzo millennio.
Credevamo di essere onnipotenti e sbagliavamo. Credevamo di aver capito tutto e non avevamo capito niente. Gli anni della pandemia hanno costituito un grande reset, per tante certezze e tante convinzioni, e il risultato è un trauma collettivo di cui oggi viviamo le conseguenze: una situazione di gravissimo contrasto sociale, patologie psicologiche diffuse in forme acute soprattutto tra i giovani, un'incertezza generale sul futuro. Dobbiamo ritrovare un filo di Arianna in ciò che abbiamo vissuto e usarlo per ricucire la trama della nostra convivenza, se vogliamo sopravvivere come specie. E questo filo è fatto di pensiero e di resistenza: alla disinformazione, alle tentazioni del controllo sociale, a un'«era dello squalene» segnata da sopraffazione e sfruttamento, alla deriva del transumanesimo che minaccia innanzitutto la nostra medicina. Una concezione aberrante secondo cui le persone non sono unioni irripetibili di corpo e anima ma solo oggetti da trattare, da riempire di pillole e vaccini, fino all'estremo di sopprimerle quando non più «funzionali». Susanna Tamaro tesse in queste pagine una riflessione sulla natura e sul nostro posto nel mondo, dando voce ai dubbi di molti, non solo sulla gestione passata della pandemia ma sulle intenzioni future di una scienza e di una politica che sembrano aver contratto il virus più pericoloso: la cecità di fronte alla verità della vita. Questo libro suona le trombe di Gerico e sgretola il muro dei pregiudizi, delle polemiche e dell'arroganza: uno sguardo che si alza libero e ci offre una prospettiva nuova, come un volo di rondini.
Ritraducendo il greco del testo neotestamentario nella lingua d'origine, Pinchas Lapide ricostruisce l'ambiente in cui venne pronunciato il più dirompente dei discorsi di Gesù, facendone emergere la pregnanza e l'attualità. Il Gesù del discorso della montagna è il Gesù che chiama a fare: fare la volontà del Padre, fare le parole di Gesù. È un Gesù che prende posizioni politiche, che chiama alla trasformazione radicale di qualsiasi struttura di dominio allo scopo di sostituire i vincoli antichi con una forma assolutamente nuova di comunità umana. Amare il nemico non è solo un tema da predica domenicale: è un principio imposto con urgenza da una strategia dell'equilibrio e della distensione, poiché l'alternativa è semplice: eliminare la guerra o esserne eliminati.