Giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, ripercorrere i racconti del nostro presente che quotidianamente Mattia Feltri con il suo Buongiorno dispone come tessere di un mosaico o elementi di un affresco è come sfogliare un romanzo popolare a puntate, in cui piccoli e grandi personaggi si alternano senza soluzione di continuità a storie minime o eventi straordinari. Dalla politica all'antipolitica, dal giustizialismo al sempiterno dibattito sulla memoria condivisa del Novecento, dallo spettacolo della nostra cultura millenaria alla cultura dello spettacolo di Tv e social media, fino ad arrivare a fenomeni epocali come l'emigrazione di massa e il femminismo, Feltri prende spunto da episodi di cronaca che fanno eco agli stessi, eterni vizi degli italiani, ed è capace di rileggerli con sguardo diverso e leggero, fornendo ogni volta una chiave di lettura spiazzante. E lo fa sempre con lo stesso obiettivo: spingere il lettore a riflettere, senza incattivirsi o scadere nell'indignazione fine a se stessa, e produrre così un moto di cambiamento innanzitutto individuale e, in seconda battuta, collettivo. A caccia di particolari sempre nuovi e rivelatori della nostra identità, questo libro è un viaggio avvincente attraverso le contraddizioni di un Paese in cui tutto si trasforma in un Italian derby, e ogni giorno può capitare di chiedersi: «Si può essere tifosi del Toro e di buonumore anche dopo il solito derby perso?». Ma soprattutto: «Era rigore o no?».
Brani della Bibbia e preghiere spontanee per camminare insieme a Gesù e scoprire ogni giorno che lui è la lampada che illumina i nostri passi, la torcia accesa che guida il nostro sentiero.
In questo libretto, insieme a pensieri di altissima spiritualità della santa abadessa benedettina, vengono anche proposti molti dei suoi consigli terapeutici. Alla fine della lettura del pensiero quotidiano spirituale o terapeutico consigliamo la recita di qualcuna delle preghiere composte da santa Ildegarda e riportate in appendice al testo.
Nessuna creazione umana è eterna: le grandi opere, le istituzioni e persino le costruzioni politiche degli uomini sono destinate, un giorno, a sparire senza lasciar traccia di sé. Quello che però, spesso, dimentichiamo è che ciò riguarda anche la realtà a cui siamo abituati e l'Unione Europea, come l'Impero asburgico dissoltosi nel volgere di poco tempo dopo l'assassinio di Francesco Ferdinando, come l'Unione Sovietica che sembrava solida ai suoi cittadini nei giorni che ne precedevano il collasso, rischia oggi di essere vicina alla propria fine. Messa alla prova dalla sfida di nazionalisti e populisti, divisa su questioni cruciali come la crisi migratoria, contestata nei tratti salienti della propria ragion d'essere (la democrazia liberale, la libera circolazione di beni e persone), l'Unione è oggi vista con sospetto da molti dei suoi stessi cittadini ed è chiamata a rispondere alla minaccia esistenziale che si trova ad affrontare. Ivan Krastev, che ha vissuto sulla sua pelle il disfacimento del blocco comunista, non ha paura di svelare in questo libro le contraddizioni e le debolezze di un continente che, dalla fine della Guerra Fredda a oggi, è sembrato procedere in direzione inversa a quella che il 1989 sembrava promettere. "Gli ultimi giorni dell'Unione" è, al tempo stesso, una lucida analisi degli errori commessi e dei gravi pericoli che il futuro imminente porta con sé, e l'accorato appello a riconsiderare le proprie posizioni, mettendo in dubbio ciò di cui siamo più convinti, per non ritrovarci un giorno a fissare con occhi increduli le macerie di un sogno, quello dell'Europa "libera e unita", forse mai diventato del tutto realtà. Prefazione di Francesco Saraceno.
Il volume ricostruisce percorsi storiografici dall'età del Risorgimento al periodo post-unitario, dalla crisi della modernità al fascismo, dal secondo dopoguerra agli anni del post-Concilio, fino agli sviluppi più recenti, presentando le più significative figure di storici cattolici.
Un volume che parte dagli scenari storici dei diritti personali e delle responsabilità sociali in ambito scolastico per individuare le principali linee di tendenza dell'educazione del futuro, con qualche incursione verso la politica dell'educazione e il dibattito civile sui temi dell'istruzione e della scuola.
Una semplice ma efficace proposta di riflessione a partire da pensieri vari, che possono essere letti un po’ a caso, per cominciare bene la giornata, perché se – come dice il proverbio – «A ogni giorno la sua pena», si possa sperimentare come è altrettanto vero che ogni giorno può portare con sé una piccola o grande gioia, capace di condizionare in positivo i tanti aspetti e momenti della vita.
Una opportunità per affrontare la realtà quotidiana con il desiderio di andare in profondità, valorizzando i suggerimenti proposti, alcuni tratti dal Vangelo, altri dall’esperienza personale dell’Autore, indicazioni anche pratiche per fare entrare un raggio di luce nelle nostre giornate e portare consolazione e pace alle persone che incontriamo.
Punti forti
Piccolo strumento per la riflessione, per dare colore alla vita di ogni giorno.
Questa è la nuova edizione di un libretto che ha avuto un discreto successo per il taglio immediato e comunicativo.
Destinatari
Tutti, in particolare quanti cercano qualche spunto per un momento di riflessione quotidiana.
In guerra non «spari garofani. Spari pallottole, bombe, e uccidi innocenti». E anche in tempo di pace la guerra è sempre in agguato, in ogni sua forma. L'odio che Oriana Fallaci prova nei confronti della guerra è nato molto presto, quando era bambina e ha imparato a correre sotto i bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Lei, che dalla prima linea ha raccontato carneficine ed eccidi, non si è mai arresa alla logica di «fracassare e uccidere per ritrovare dignità», a cominciare da quella che doveva essere una corrispondenza di pace e si è trasformata invece in una delle sue prime corrispondenze di guerra: Oriana voleva entrare a Budapest e descrivere la rivolta del 1956, ma i carri armati sovietici l'hanno fermata al confine. Era la fine di un sogno. Passano poco più di dieci anni e un altro sforzo fallisce, quello di «mettere insieme le razze, ricavarne un popolo unito». Questa volta è Detroit che brucia per le rivolte razziali, come bruciano molte altre città degli Stati Uniti. Oriana Fallaci vuole capire, la sua coscienza è tormentata dal dubbio. È per questo che parte per il Vietnam, che incontra i fedayn in lotta contro gli israeliani, che incide con la sua penna senza risparmiare nessuno, nemmeno gli ipocriti generali di un conflitto dimenticato, come quello tra India e Pakistan nel 1971. Vent'anni più tardi, alla prima guerra del Golfo, mentre i pozzi petroliferi sono in fiamme, riconosce il primo round di una crociata destinata a dividere due sistemi di vita, due civiltà. Con la sua nota veemenza rifiuta l'arrendevolezza dell'Occidente, e in una pagina inedita qui pubblicata per la prima volta tuona: «Io non voglio morire neanche da morta». Ogni giorno per lei è quello giusto per combattere, qualche volta arrendendosi, come nell'attimo in cui l'amore per Alekos Panagulis la colpisce come un proiettile che le si conficca nel cuore.