La capacità individuale e collettiva di trovare soluzioni ad alcune delle patologie tipiche delle Organizzazioni a Movente ideale. Nelle Organizzazioni a Movente Ideale, religiose e laiche, un elemento cruciale è il rapporto tra i fondatori, gli ideali e i membri delle comunità o organizzazioni. In tale rapporto, identitario e necessario, si nascondono insidie che diventano spesso delle vere e proprie malattie. È il caso, ad esempio, della produzione ideologica che si sviluppa necessariamente attorno all'ideale originario, fino a soffocarlo, se non si ha il coraggio di iniziare un doloroso processo di separazione dell'ideologia dall'ideale. Malattie di tal sorta possono risultare molto gravi, perché in genere non sono percepite come patologie ma come salute. Bruni propone l'auto-sovversione - intesa come capacità, individuale e collettiva, di criticare e sfidare le proprie certezze passate e rimettersi in cammino poveri e liberi - come cura preventiva o antidoto di molte delle patologie tipiche delle Organizzazioni a Movente Ideale.
Ottimista globale, utopista impaziente, riluttante imperatore contemporaneo - per censo e per influenza -, Bill Gates dedica ormai da anni le sue risorse, economiche e intellettuali, a cercare di risolvere i problemi del mondo. Il padre di Microsoft Corporation si racconta in questa conversazione con Massimo Franco, ripercorrendo le tappe significative della sua vita e tratteggiando la sua filosofia di intellettuale organico della globalizazzione. Gates è il figlio naturale di quella Silicon Valley estesa fino a Seattle, vera costola della nostra modernità e della ricchezza americana: una realtà che ostenta una posa minimalista ma che è in grado di forgiare lo stile di vita, i modelli di lavoro e il modo di pensare di miliardi di persone. Durante la lunga intervista Bill Gates non smette mai di dondolarsi sulla sedia in velluto del Four Seasons di Parigi: è il suo modo personalissimo di concentrarsi, da quando era bambino. E con la sua voce nasale, quasi metallica, analizza le sfide dirimenti dei prossimi anni: dalle migrazioni alle crisi finanziarie, dalle guerre alle grandi emergenze umanitarie. Delinea le ragioni profonde delle sue numerose imprese, come la creazione della Bill & Melinda Gates Foundation e poi del Global Fund, una rete di miliardari mossi dalla determinazione a migliorare le sorti delle zone più svantaggiate del pianeta. Con le loro generose e a volte anche controverse iniziative vantano di aver salvato venti milioni di vite in quindici anni, scongiurando centinaia di migliaia di nuove infezioni e coinvolgendo governi e istituzioni sovranazionali. "Sono un ottimista globale" tocca questioni di assoluta rilevanza. Affronta problemi ineludibili. Interpreta i segni della contemporaneità e tenta di delineare le sfide strategiche dell'Occidente attraverso le riflessioni di uno dei personaggi più influenti del nostro tempo: un visionario dell'era digitale e un fuoriclasse del software che, con sforzi anche economici straordinari, sta provando a riprogrammare il destino del mondo.
La cittadinanza - il "diritto ad avere diritti", come l'ha definita Hannah Arendt - è oggigiorno preclusa a milioni di persone sulla terra: profughi, rifugiati, apolidi e altri "illegali". Per pochi fortunati, al contrario, i passaporti sono dei beni di lusso da collezionare come gli oggetti d'arte, per viaggiare liberamente e pagare meno tasse. Questo reportage ci mostra com'è cambiato il concetto di "cittadinanza" nell'era delle grandi migrazioni e della privatizzazione degli Stati. Da un lato, gli ultraricchi, che si sono impossessati del titolo di "cittadini del mondo" e sono gli unici a godersi, con i loro capitali, un pianeta senza frontiere. Dall'altro, le nazionalità svendute, come l'inverosimile accordo siglato da uno dei paesi più poveri al mondo, le isole Comore, e gli Emirati Arabi che, per regolare lo status delle popolazioni apolidi ancora presenti sul loro territorio, hanno comprato all'ingrosso migliaia di passaporti comoriani.
La sua esperienza umana e scientifica, unita a quella delle persone incontrate e amate, i successi e gli insuccessi professionali costituiscono tutto il filone narrativo del libro, che si presenta come un bilancio dell'operato dell'autrice.
I risultati raggiunti da Raffaele Guariniello nei processi sulle morti alla ThyssenKrupp e sul caso Eternit hanno segnato uno straordinario passo in avanti nella sicurezza sul lavoro. Sono solo i due capitoli più recenti della carriera in magistratura, dedicata principalmente alla salute dei cittadini e dei lavoratori, che Guariniello rievoca in questo libro tanto sconvolgente quanto importante. Il racconto di episodi clamorosi - dalla prima intuizione di un decesso per amianto all'incontro con un Pantani già "dopato" molti anni prima della tragica fine; al sopralluogo alla Thyssen la notte stessa del rogo - si alterna alle lucide riflessioni sui princìpi di diritto e di umanità che lo hanno condotto a scontrarsi con i poteri forti in nome di una missione: quella di porre la salute cittadino al di sopra di qualsiasi altro interesse.
"In qualunque altro Paese si sarebbe dimesso". In Italia invece la responsabilità individuale, nelle sue dimensioni politiche ed etiche, è l'oggetto di multiformi tecniche di elusione e di stratificati (e autodifensivi) aggiustamenti che fanno sì che chi sbaglia non paghi. Incolpevoli, inconsapevoli, prigionieri, revisionisti: Alessandra Sardoni individua e analizza le diverse e variegate tipologie degli irriducibili irresponsabili nostrani attraverso alcune delle vicende più significative degli ultimi anni. Il racconto degli eventi del tragico G8 di Genova diventa così emblematico dell'irresponsabilità che deriva dal consociativismo e dall'opacità della catena di potere, e la conseguenza è che gli imputabili "incolpevoli" ottengono addirittura posizioni di maggior prestigio. Le vicende parallele di Maurizio Lupi e del ministro Cancellieri rappresentano invece le trappole e le opportunità del cosiddetto "doppiopesismo", che ha portato il primo, non indagato, alle dimissioni, e la seconda, indagata, a mantenere la carica. E poi ancora l'irresponsabilità che deriva dalla delega delle scelte politiche alla magistratura e quella che trae il suo alimento dalle teorie "complottiste", che trasformano i fatti accaduti in senso autoassolutorio. Senza dimenticare i "capri espiatori", potente strumento di deresponsabilizzazione attraverso l'attribuzione della colpa ad altri. "Scartare la responsabilità individuale è funzionale alla conservazione del potere, qualunque esso sia" scrive Alessandra Sardoni. Eppure, in questo labirinto di irresponsabilità italiane emerge con chiarezza anche lo spazio per affermare "leadership trasparenti, efficaci, consapevoli di sé e soprattutto adulte". L'importante è ricordarsi che non basta "metterci la faccia", occorre anche accettarne le conseguenze.
Da oltre un secolo la fisica teorica sembra progredire in una marcia inarrestabile di trionfi. Dopo le grandi rivoluzioni della relatività einsteiniana e della meccanica quantistica, la ricerca del Santo Graal di una Teoria del Tutto ha prodotto frutti clamorosi: il modello cosmologico standard ci ha permesso di definire l'evoluzione dell'universo dal Big Bang fino ai suoi possibili destini ultimi, mentre l'imponente architettura matematica della teoria delle stringhe ci offre una visione elegante della struttura essenziale della materia e dello spaziotempo. Tutto bene, dunque? Roger Penrose ci mostra le cose non stanno esattamente così. Quanto l'indiscutibile eleganza della teoria delle stringhe e la sua conseguente popolarità impediscono di dedicare le nostre ricerche a ipotesi forse meno spettacolari ma più solide? Quale base reale hanno i voli di fantasia delle teorie cosmologiche attuali, erette sul dogma del modello inflazionario? E la precisione straordinaria delle predizioni della meccanica quantistica giustifica la fede cieca nell'affidabilità dei suoi traballanti fondamenti concettuali? In questo suo saggio Penrose ci fornisce uno spaccato profondo e sorprendente del valore e delle debolezze della nuova scienza fondamentale.
Magistrati, avvocati, funzionari di Stato: 147 nomi finiti nel mirino del criminale che ha messo sotto scacco l'intero Paese.
Tra i tavolini di via Veneto o nei teatri posa di Cinecittà, in piazzetta a Capri o al Lido di Venezia, uno sguardo attento e ironico illumina i riti dell'Italia della dolce vita. Oriana Fallaci, giovane scrittrice allora impegnata come corrispondente dell'Europeo, coglie lo spirito di quegli anni e di chi li abita: intellettuali, gente di cinema, ma anche viveur, nobili decaduti, borghesi in cerca di gloria. In un grande affresco, scanzonato e senza preconcetti, si ritrovano, con i loro tic, speranze e aspirazioni, gli attori famosi - da Sordi a Gassman, da Gina Lollobrigida a Sofia Loren -, i registi - Visconti, Rossellini, Fellini, Antonioni -, gli scrittori, i grandi produttori e le stelline in cerca di gloria che hanno fatto la fortuna del cinema italiano nel mondo e hanno saputo rappresentare, forse più che in qualsiasi altra epoca, le caratteristiche del "genio italico". Oriana Fallaci li osserva, li incontra, li intervista, qualche volta ne diventa amica, a volte si fa odiare, ma sempre ce li restituisce vividi e umani, cogliendone i punti deboli e le grandezze, le idiosincrasie e le passioni.
L'esistenza è destinata a rimanere un enigma incomprensibile? Siamo condannati al vuoto della solitudine? Se c'è un Dio, perché tace? Sono le domande radicali che si pone l'uomo contemporaneo. La società postmoderna in Europa si è allontanata dal cristianesimo che non è più, sociologicamente, la religione civile dominante, «ma non è detto - scrive il cardinale Scola - che sia venuto il tempo del "Postcristianesimo". Ancora oggi ci sono donne e uomini che continuano ad attendere l'Altro che venga loro incontro, liberandoli da se stessi e restituendoli a se stessi, continuando a salvarli con la sua esistenza. A questa tenace attesa si deve la forma interrogativa del titolo, perché è proprio con quell'attesa che il cristianesimo vuole entrare in dialogo, per poter offrire una speranza per l'oggi e per il domani». Da qui un percorso di ricerca che attraverso le pagine di questo libro affronta molte questioni cruciali del nostro tempo: il rapporto con Dio, la paradossale libertà che ci paralizza, il valore che oggi assume la testimonianza dei cristiani.
Il conflitto tra la civiltà islamica e quella occidentale è davvero così inevitabile come molti vogliono farci pensare? La religione è necessariamente un ostacolo alla sopravvivenza di uno Stato pluralista e democratico? Si può essere musulmani e, al contempo, europei? Tariq Ramadan - una delle voci più forti e più controverse nel dibattito sull'integrazione dell'Islam in occidente - e Riccardo Mazzeo - intellettuale eclettico e coautore di numerose opere insieme a nomi del calibro di Bauman, Morin, Benasayag e Heller. Due forti personalità, che in queste pagine si incontrano in un denso dialogo che dà voce alla possibilità di una "coesistenza positiva" tra musulmani e occidentali. "Va da sé che il conflitto è insito nella natura umana: si tratta ora di gestirlo virtuosamente affinché non diventi mai guerra ma occasione di fattivo confronto e arricchimento di tutti gli attori." (Dalla Prefazione di Roberto Hamza Piccardo)
Perché le persone invecchiano in modo così diverso l'una dall'altra? Perché alcune arrivano alla terza età con la mente lucida, fisicamente sane e piene di energia, mentre altre, magari più giovani, mostrano precocemente i segni e gli acciacchi tipici della vecchiaia? E, soprattutto, si può fare qualcosa per ritardare gli effetti più invalidanti della terza età? Elizabeth Blackburn, biologa molecolare premio Nobel per la medicina, ed Elissa Epel, psicologa della salute, si confrontano con questi interrogativi alla luce dei risultati di una loro recentissima, e per molti aspetti rivoluzionaria, ricerca, che ha identificato i principali «responsabili» dell'invecchiamento degli esseri umani nei telomeri, le minuscole porzioni di DNA che rivestono le parti terminali dei cromosomi, proteggendoli dal deterioramento del materiale genetico. Con il passare del tempo, infatti, i telomeri tendono ad accorciarsi e, quindi, a perdere di efficacia nella loro azione di prevenzione del deperimento cellulare. La velocità con cui la loro lunghezza si riduce, però, non è costante e uguale per tutti, ma cambia da individuo a individuo, e dipende tanto da fattori genetici (come alcune malattie, fortunatamente rare) quanto dall'equilibrio psichico e dallo stile di vita. La buona notizia - ed è questa la straordinaria scoperta delle due autrici - è che tale processo non è affatto irreversibile, anzi ciascuno di noi può fare qualcosa per bloccarlo o, addirittura, invertirne la direzione. Le numerose evidenze scientifiche raccolte da Blackburn ed Epel hanno infatti dimostrato che nutrirsi in modo sano e naturale, praticare una corretta attività fisica, affrontare le situazioni stressanti senza lasciarsene sopraffare, e persino prendersi cura dell'ambiente in cui si vive, sono armi efficacissime non solo per contrastare l'accorciamento dei telomeri, ma anche per favorirne la crescita, in modo che possano continuare a svolgere al meglio la loro funzione.