Con le guerre civili si concludono i sette secoli della repubblica e comincia la nuova storia dello stato romano che dominerà l'area europea e mediterranea fino al v secolo. Ricostruendo le fondamentali tappe dell'evoluzione dell'Impero l'autore si sofferma in particolare sul ruolo strutturale svolto dalle legioni romane dislocate nelle varie province, a partire dal momento in cui l'esercito divenne permanente. A esse, infatti, gli imperatori dovranno tre fondamentali aspetti del loro potere: il mantenimento della pace all'interno dei territori e la sicurezza dei confini attraverso il ricorso, sovente, a brutali pratiche di repressione di ogni focolaio o movimento di resistenza che rischiasse di rimettere in discussione la pax romana-, un'importante funzione di controllo e approvvigionamento delle risorse, di interventi di natura fiscale e rimessa finanziaria; e infine, ,una funzione di intermediazione culturale, se è vero che, al seguito delle legioni, fu la cultura romana in tutte le sue espressioni - da quella architettonica e ingegneristica a quella politica e letteraria, da quella religiosa e istituzionale a quella artistica e filosofica - a raggiungere popoli lontani e diversi, che venivano cosi progressivamente incorporati all'interno di un sistema di valori e riferimenti unitario e omogeneo.
Questo libro offre una ricostruzione d'insieme del periodo compreso tra il in e il vii secolo, dall'ascesa al trono di Diocleziano alla nascita dell'Islam. Si tratta di una delle epoche più complesse e decisive per le sorti dell'Europa e del bacino del Mediterraneo, nel corso della quale avvengono fenomeni fondamentali, come la definitiva consacrazione della Chiesa romana in quanto istituzione avviata a dare il cambio, sul piano del governo delle popolazioni, allo stesso Impero romano, le grandi crisi politico-economiche, le invasioni barbariche con le loro devastanti conseguenze demografiche e sociali, l'affermazione del diritto dal codice teodosiano a quello di Giustiniano, la nascita dei regni romano-barbarici, preludio dell'età medievale. Epoca dunque di convulsioni, sconvolgimenti, trasformazioni e crisi, nel corso della quale, avvengono, o almeno cominciano a impiantarsi, fenomeni e processi religiosi, culturali, intellettuali, artistici ed economico sociali, che risulteranno decisivi per il mondo che verrà poi. L'autore non trascura infatti pagine solitamente collocate in secondo piano, come il tentativo di restaurazione del paganesimo in veste filosofica a opera di Giuliano l'Apostata, le varie risorgenze intermittenti dei culti orientali e il lavoro di sintesi svolto dalle correnti gnostiche, o la diffusione delle scuole filosofiche di matrice ellenistica in tutto il bacino del Mediterraneo, fino alla definitiva chiusura della scuola di Atene.
All'inizio del Novecento, il lungo processo di sedimentazione della civiltà borghese, fatta di contenimento degli istinti, rispettabilità e precise regole di comportamento, sembrava aver raggiunto il culmine. Allo stesso tempo, però, la professione militare, l'orgoglio nazionale e la retorica bellica occupavano un posto fondamentale, e di lì a poco quella società sarebbe caduta nel baratro della prima guerra mondiale, con le trincee, i gas, la violenza e lo choc di una disumanizzazione di massa come non se ne erano mai viste. Lorenzo Benadusi indaga questo apparente paradosso tra "civilizzazione" (seguendo Norbert Elias) e "brutalizzazione" (seguendo George Mosse) nell'Italia monarchica, coloniale e poi impegnata nella Grande Guerra, puntando l'attenzione sull'educazione del maschio borghese, sul ruolo degli ufficiali e sulla compenetrazione tra virtù civili e valori militari. Dalle avventure coloniali ai massacri del Carso, dalla missione nazionalizzatrice e civilizzatrice delle armi e delle armate italiane al contraccolpo della smobilitazione e della "vittoria mutilata", tutta una costellazione di pratiche, miti, retoriche della mascolinità, dell'onore e dell'eroismo veniva a formarsi, in una fucina che in parte forgerà anche l'ideale dell'uomo nuovo fascista.
Descrizione dell'opera
Quasi milleduecento anni di riflessione sulla fede e la dottrina della Chiesa per comprendere, dalle origini della teologia a Bernardo di Chiaravalle, il laborioso passaggio dal kérigma alle definizioni dogmatiche, le eresie, le formulazioni dei concili e i grandi temi che hanno orientato il pensiero cristiano.
Il rapporto con la filosofia, l’incontro con la cultura classica, la riflessione scolastica e monastica consentono di comprendere il modo in cui le comunità cristiane hanno illustrato per dodici secoli il messaggio di Gesù di Nazaret e gli sforzi per comprendere il mistero della storia come rivelazione e salvezza.
La nuova collana ospita opere importanti a prezzi contenuti.
Sommario
Introduzione generale. Piano generale dell’opera. Abbreviazioni. Elenco collaboratori del primo volume. I. Gli inizi fino a Nicea. 1. La prima teologia cristiana: dal Nuovo Testamento ai Padri apostolici (G. Visonà). 2. Gli apologisti: elaborazione teologica in funzione propositiva e polemica (M. Rizzi). 3. Gli scritti antieretici: la teologia tra ortodossia ed eresia (G. Visonà). 4. La scuola alessandrina: da Clemente a Origene (M. Rizzi). 5. Gli Africani: Tertulliano Cipriano Arnobio Lattanzio (G. Azzali Bernardelli). 6. La cristologia prenicena (M. Simonetti). 7. Esegesi biblica e teologia tra Alessandria e Antiochia (M. Simonetti). II. Da Nicea a Calcedonia. 8. I quattro concili: le grandi controversie trinitarie e cristologiche (A. Amato). 9. L’Oriente greco: dai Cappadoci allo Pseudo Dionigi l’Areopagita (S. Lilla). 10. L’Occidente latino: da Ilario a Leone Magno (F. Gori). 11. Agostino (G. Lettieri). III. Dalla patristica alla scolastica. 12. Gregorio Magno e la conclusione dell’età patristica in Occidente: l’antropologia soprannaturale e la contemplazione (V. Recchia). 13. Da Boezio a Eriugena (P. Gilbert). 14. Anselmo d’Aosta (P. Gilbert). 15. Bernardo di Chiaravalle e la sua eredità (P. Gilbert). Conclusione. La figura del teologo (E. dal Covolo). Indice degli autori.
Note sul curatore
Enrico dal Covolo, vescovo di Eraclea, ha conseguito il dottorato in Teologia e Scienze Patristiche presso l’Istituto Patristico Augustinianum di Roma ed insegnato alla Facoltà di Lettere cristiane e classiche dell’Università Pontificia Salesiana, di cui è stato preside-decano e in seguito vicerettore della medesima università. Dal 2010 è rettore della Pontificia Università Lateranense.
Raramente una guerra ha lasciato tracce così tanto indelebili sul paesaggio come il primo conflitto mondiale in Italia. Le battaglie combattute tra il 1915 e il 1918 sono visibili ovunque. Non solo nella natura ma anche nelle città, bombardate, occupate, a volte completamente distrutte e ricostruite dalle fondamenta (come Asiago, rasa al suolo nel 1916 e rifatta da capo negli anni venti). E nelle opere d'arte, a volte perse per sempre, a volte solo ferite e recuperate - il duomo di Padova, la chiesa degli Scalzi di Venezia, la gipsoteca di Possagno, con i modelli originali delle sculture di Antonio Canova, centrata da una granata nel 1918. Questo volume delinea un itinerario, dalle montagne ai fiumi alle città, tra i teatri della guerra italiana.
Questo volume non intende presentare tanto una storia della città di Costantinopoli quanto una sorta di immaginaria visita alla città condotta nell'anno 1200, cioè prima del disastroso sacco del 1204 che segnò l'inizio della sua decadenza: com'era fisicamente questa città leggendaria, che cosa sapevano o dicevano i bizantini della sua storia. Quindi una descrizione della città quale sarebbe apparsa agli occhi di un visitatore del tempo, e un esame della sua storia di città santa fondata da Costantino, così come veniva trasmessa e com'era in effetti, le difese e il mito dell'invincibilità, il potere, la chiesa, le ricchezze, la vita urbana dei ricchi e dei poveri. I capitoli finali raccontano poi il sacco della città a opera dei crociati nel 1204 e la progressiva decadenza fino alla conquista ottomana del 1453. L'epilogo è una breve descrizione di ciò che resta della città bizantina nella Istanbul di oggi.
In questo libro, l'autore traccia un personalissimo percorso attraverso le infinite testimonianze, scritte e no, lasciate dagli italiani sulle guerre che hanno combattuto, da quelle d'indipendenza alla seconda guerra mondiale. Per cento anni la guerra è stata, per l'italiano comune, il punto d'incontro con la grande Storia: per cento anni ogni generazione ha avuto la sua guerra da combattere, da descrivere, da ricordare. Isnenghi propone un viaggio all'interno di questo infinito discorso sulla guerra, suddividendolo non secondo la cronologia, ma secondo il genere di testimonianze: i comizi, i proclami, i canti, i giornali, la letteratura, le immagini, le lettere dei soldati, i monumenti, i musei, i nomi delle vie.
Il volume raccoglie quanto fu scritto da Braudel per un libro che preparò sul finire della prigionia in Germania, nell'autunno 1944, a partire da un ciclo di lezioni tenuto in campo di concentramento. Sono lezioni sul senso della storia dedicate non a un pubblico di studiosi o studenti, ma di uomini comuni riuniti da una vicenda storica non comune. L'edizione italiana si correda di una introduzione redatta dalla moglie di Braudel, che sulla base di testimonianze e carte inedite ricostruisce le vicende della prigionia dell'autore in Germania.
Il 4 ottobre 1965, Paolo VI visita le Nazioni Unite. È il primo Papa a compiere questo passo aprendo la strada ai suoi successori. In quel 1965, in un tempo di guerra fredda, ciò rappresenta davvero una grande novità. Papa Montini è consapevole della svolta e dei nuovi scenari che si aprono. Nel saggio introduttivo, l'autore sottolinea come la visita fosse un'occasione per rivolgere il messaggio della Chiesa non solo ai governanti ma al mondo. Da allora, il rapporto fra il Pontefice e i governi delle nazioni non sarà più lo stesso. Paolo VI parla all'ONU a nome del Concilio, allora aperto a Roma, in un momento di profondi cambiamenti per il cattolicesimo contemporaneo. Il messaggio centrale del discorso del Papa alle Nazioni Unite, ancora attualissimo, è il "no alla guerra". L'esile uomo in bianco ritiene di avere questa autorità: "siamo esperti di umanità", dice, e propone con determinazione la Pace. In appendice completano il volume il discorso manoscritto del Papa, la trascrizione con le correzioni diplomatiche e, infine, il testo ufficiale.
Nell'età moderna, dopo la data fatidica del 1492, la mondializzazione è stata in massima parte un'europeizzazione e in seguito un'occidentalizzazione del mondo intero. La globalizzazione dei nostri giorni, negli ultimi decenni, è l'esito finale di questi eventi. Ma questa stessa globalizzazione ha mutato la collocazione e il ruolo dell'Europa: ormai essa non è più il centro, bensì una semplice provincia del mondo. E tuttavia, proprio in questa sua nuova condizione di apparente debolezza, l'Europa può trovare nuove possibilità per il suo futuro: divenire un laboratorio di creatività, di innovazione, di convivenza, di messa in relazione del- le diversità culturali, nazionali, etniche, religiose. Solo in questo modo l'Europa, diventata provinciale, può diventare davvero globale, perché può offrire al mondo la sua esperienza particolare: proprio perché è passata attraverso i peggiori conflitti e le peggiori catastrofi l'Europa ha iniziato a scoprire la democrazia, i diritti umani, la libertà religiosa, la valorizzazione dell'altro. È un contributo che deve essere a tutt'oggi difeso, approfondito e reso patrimonio della "Terra patria" tutta intera.
Che relazione c'è tra guerra e capitalismo? Storicamente la guerra è stata considerata figlia del capitalismo. È il caso della concezione materialistica della storia nell'ottica dell'imperialismo come fase suprema del capitalismo. Ma la guerra è anche, se non soprattutto, madre del capitalismo. Innovando completamente lo scibile sociologico dell'epoca come quello dei nostri giorni, e invertendo l'ordine della relazione tra i due fenomeni, con questa opera Werner Sombart documenta tutti i processi sociali che hanno portato il mondo militare ad essere una delle fonti principali del capitalismo. Unica nel suo genere per intuizioni originali e capacità di dimostrazione dei relativi assunti, allora come oggi quest'opera costituisce un riferimento imprescindibile per comprendere la storia economica e militare di tutte le società moderne (se non la modernità tout court) e sopratutto le origini del capitalismo. L'analisi minuziosa di un patrimonio enorme di dati rende inoltre il lavoro uno tra i più autorevoli studi classici della (allora nascente) sociologia, quale scienza sociale empirica.
A mezzanotte del 31 dicembre 1925, i cittadini della neonata Repubblica turca celebrarono il nuovo anno, acconsentendo per la prima volta a utilizzare un calendario e un'ora unificata per tutto il paese. Eppure a Istanbul, antico crocevia tra Oriente e Occidente, la gente guardava incerta al futuro. Mai del tutto turca, Istanbul era da sempre stata casa per generazioni di greci, armeni ed ebrei, oltre che naturalmente musulmani. L'immensa metropoli accoglieva nobili della Russia bianca in fuga dalla rivoluzione, killer bolscevichi sulle tracce di Lev Trockij, professori tedeschi, diplomatici inglesi e imprenditori americani: una panoplia di faccendieri, poeti, benefattori e perdigiorno. Durante la Seconda guerra mondiale, migliaia di ebrei fuggivano attraverso Istanbul verso la Palestina, anche grazie all'impegno del futuro papa Giovanni XXIII. Nella hall del Pera Palace, l'hotel più lussuoso dell'epoca, punto d'arrivo del celebre Orient Express, si aggiravano così tante spie che il direttore fu costretto ad apporre un cartello che le invitava a lasciare il posto agli ospiti paganti. Nella sua prosa elegante e suggestiva, questo libro ridà vita a un'epoca tragica e fantastica in cui l'antica capitale dell'impero ottomano si ritrovò nel giro di pochi anni sbalzata dal Medioevo al mondo moderno.