Se la letteratura nasce quando qualcuno urla al lupo e il lupo non c'è, e la fisica comincia quando qualcuno capisce come accendere il fuoco strofinando le pietre, la matematica quando nasce? La matematica nasce perché gli esseri umani sono impazienti. Torneranno i lupi, saranno più di noi? Quanto ci vuole per accendere il fuoco con i sassi? Gli esseri umani hanno bisogno di segnare il tempo, un prima un dopo. E per segnare il tempo si sono inventati i numeri: allineare sassolini uno dietro l'altro, annodare un filo, stabilire una successione. È questa la storia avvincente e vertiginosa che ci racconta Chiara Valerio, attraverso le vite di sette matematici - sei veri e uno finto. Perché la matematica è una forma di immaginazione che educa all'invisibile, e allora ripercorrere le vite di chi ha così esercitato la fantasia ci permette di capire quella grammatica che descrive e costruisce il mondo ricordandoci costantemente che siamo umani. Per capire come János Bolyai, matematico, abbia risolto il problema delle parallele, bisogna tornare indietro di una vita, a Farkas Bolyai, suo padre, matematico. Senza Mauro Picone, giovane matematico, sull'altopiano della Bainsizza - lo stesso di Emilio Lussu - l'esercito italiano non avrebbe mai potuto fare la guerra. Se Alan Turing, il risolutore di Enigma, desiderava ardentemente essere una macchina, Norbert Wiener, il padre della cibernetica, non avrebbe mai e poi mai voluto essere un bambino prodigio: entrambi tuttavia progettavano automi.
All'origine del pensiero politico moderno, "Il principe" di Machiavelli è un libro di duplice testimonianza. Disegna l'aurora della speculazione politologica sul potere e, in parallelo, ritrae l'età crepuscolare repubblicana a Firenze. "Il principe" è la codificazione di norme e regole politiche, di modelli, sistemi e strategie di potere finalizzate alla ricerca della stabilità di governo. Tra la filosofia, la teoria e la prassi della storia, tra la passione per la Realpolitik e l'utopia sull'unità nazionale italiana, l'elemento moderno de "Il principe" risiede nella scienza politica elevata a interpretazione deIla storia.
Un uomo di molti mestieri è incaricato di un delicato restauro. La statua del crocifisso contiene segreti che si rivelano solo al tatto. Bisogna risalire a diverse nudità per eseguire. C'entra una città di mare e un villaggio di confine, un amore d'azzardo e una volontà di imitazione.
Saverio Lamanna è un giornalista disilluso, passato alla comunicazione politica. Si trova a suo agio nella Roma dei flirt occasionali e dei locali alla moda, nell'abito elegante del quarantenne disimpegnato. Ma un inciampo professionale fa crollare il suo castello di carte. Licenziato dal sottosegretario di cui era il portavoce, è costretto a tornare nella sua Sicilia e a rifugiarsi nella villetta di famiglia sul mare di Màkari. In questo approdo provvisorio, Lamanna ritrova Peppe Piccionello, esemplare locale in mutande e infradito, carico di una saggezza pratica e antica. E nel paradiso sul mare trapanese conosce Suleima, una ragazza che potrebbe farlo perfino felice. Nato e cresciuto in quattro racconti inclusi in altrettante raccolte di questa casa editrice, Lamanna ha la battuta pronta, idiosincrasia ai luoghi comuni e soprattutto ai pregiudizi, perfino quelli positivi, che ruotano attorno ai siciliani. Per campare si inventa piccoli mestieri, decide addirittura di farsi scrittore di gialli. La minuta celebrità locale gli procura qualche lavoretto atipico. Una ricca signora lo assolda per tenere d'occhio la sorella minore, dietro il paravento di ufficio stampa di una produzione cinematografica. Così Saverio Lamanna, con l'improbabile spalla Piccionello, fa irruzione alla Mostra del Cinema di Venezia: entrambi si muovono con disinvoltura tra star americane, registi famosi e tappeti rossi.
Fin dal primo romanzo "L'esclusa" (1901), i personaggi della narrativa pirandelliana tracciano il grafico della solitudine e dell'alienazione dell'individuo di fronte a una realtà contraddittoria, inafferrabile, inconoscibile, priva di punti di riferimento. Ciscuno a suo modo esemplifica o denuncia la sconcertante inquietudine, lo scacco, la sconfitta che nascono dall'impossibilità di sapere, di prevedere, di dominare. E l'autore delinea questa accidentata geografia di naufragi esistenziali con quella "pietà spietata" che rappresenta l'ingrata ricchezza della sua visione umoristica, in cui convivono dolore e riso, partecipazione e distacco.
Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino e vive in perfetta simbiosi con il suo iPod. Le ore passate a scuola sono uno strazio, i professori "una specie protetta che speri si estingua definitivamente". Così, quando arriva un nuovo supplente di storia e filosofia, lui si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva. Ma questo giovane insegnante è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno. Leo sente in sé la forza di un leone, ma c'è un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il bianco è l'assenza, tutto ciò che nella sua vita riguarda la privazione e la perdita è bianco. Il rosso invece è il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Perché un sogno Leo ce l'ha e si chiama Beatrice, anche se lei ancora non lo sa. Leo ha anche una realtà, più vicina, e, come tutte le presenze vicine, più difficile da vedere: Silvia è la sua realtà affidabile e serena. Quando scopre che Beatrice è ammalata e che la malattia ha a che fare con quel bianco che tanto lo spaventa, Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande.
Il Turista è un serial killer perfetto, diverso da ogni altro. Tanto per cominciare, non "firma" i suoi omicidi e non lancia sfide ai detective, perché farsi catturare è l'ultimo dei suoi desideri. È un mago del camuffamento, non uccide secondo uno schema fisso e mai due volte nella stessa città o nello stesso Paese: per questo lo chiamano il Turista. In più, non prova empatia né rimorso o paura, esercita un controllo totale sulla propria psicopatia. In altre parole, è imprendibile, l'incubo delle polizie di tutta Europa. Anche il più glaciale degli assassini, però, prima o poi commette un passo falso che lo fa finire in gabbia. Succede a Venezia - il territorio di caccia ideale per qualunque assassino - e la gabbia non è un carcere: è una trappola ben più pericolosa, tesa da qualcuno che in lui ha scorto la più letale delle opportunità. Anche Pietro Sambo ha fatto un errore, uno solo ma pagato carissimo. Adesso, ex capo della Omicidi, vive ai margini, con il cuore a pezzi. Poi arriva l'occasione giusta, quella per riconquistare onore e dignità. Ma per prendere il Turista dovrà violare di nuovo le regole, tutte, rischiando molto più della propria reputazione. Massimo Carlotto ci ha abituato a spingere i confini dei generi dove nessuno è mai arrivato. Per scrivere il suo primo thriller ha fatto saltare ogni paradigma, costruendo una macchina narrativa che non offre certezze se non quella dell'adrenalina che mette in circolo.
È la sera giusta, per Elias. Dopo la partita a calcetto e le lezioni all'università di Cagliari, è impaziente di partecipare alle prove del coro, dare un passaggio verso casa a Violetta e, vincendo la timidezza, confessarle il proprio amore. È la sera sbagliata, invece. Perché dopo averla lasciata davanti al portone, incapace di parlare, lui risale in macchina e va incontro a un destino buio. Quella notte, infatti, investe una giovane donna che muore sul colpo. E anche il suo futuro si spezza. Dopo l'incidente il senso di colpa è troppo grande: si chiude in camera, non vede più nessuno. Non parlare, non muoversi, sperando di sentire il meno possibile, sono gli imperativi del suo giudice interiore. Elias si infligge un percorso ascetico in fondo al proprio dolore, che pare senza uscita. Due anni. Finché, un passo alla volta, decide di abbandonare la Sardegna e cercare una sua strada, altrove... Ed è così che succede: il vento soffia di nuovo inarrestabile, e porta con sé un presente da reinventare e il coraggio di affrontare tutto ciò che verrà.
Isa è ossessionata dal suo aspetto fisico che non le piace e le impedisce di accorgersi di quanto accade nella sua vita. Tutto è troppo poco per lei, poco per placare l'inquietudine che la accompagna negli anni e nelle scelte importanti. Trascorre così molto tempo, fino a che accadrà qualcosa che incrinerà la bolla di risentimento nella quale è chiusa da sempre, facendole scorgere un modo nuovo di guardarsi e di guardare tutto. Saprà cogliere, Isa, questa possibilità? Potrà finalmente essere libera?
Novembre 1510. Piove da giorni e il Po è in procinto di allagare le terre che circondano la casupola di frate Berardo, isolandolo completamente, quando alla sua porta si presenta un cavallo sfiancato, che porta con sé un neonato. Berardo, che vive solo e conosce le virtù delle piante curative, lo accoglie e gli insegna tutto ciò che sa: gli effetti prodigiosi della medicina naturale, i segreti della caccia e della pesca e i trucchi della navigazione sul Po. Ma soprattutto gli insegna ad avere rispetto per il Grande Fiume, ad amare ogni essere vivente, a vivere in armonia con ciò che lo circonda. Nella vicina Cittastella, intanto, regna il duca Filippo, sovrano sanguinario che trascorre le proprie giornate tra astrologhi, giullari e buffoni, mentre i sudditi reclamano pane e giustizia e i nobili locali tramano per spodestarlo. Quindici anni dopo, il bambino che conosce tutti i recessi del bosco ma non ha mai sperimentato la frenesia e i pericoli della città è diventato un ragazzo vivace e sicuro di sé, legato a Berardo da un affetto profondo. Sarà l'amore per la bellissima Eleonora che porterà Ruggero a Cittastella, su cui incombe una profezia che sta per avverarsi. Tra la minaccia della peste, il tradimento dei compagni di viaggio e il prezioso aiuto dell'amico Francesco, Ruggero si troverà a compiere scelte importanti per la propria vita e il destino del regno.
Il volume raccoglie l'intero corpus epistolare di un uomo che fu al centro delle questioni culturali, artistiche e politiche nei primi, decisivi decenni del Cinquecento.
È autunno a Trieste, la città dalla scontrosa grazia, e la polizia deve fare i conti con due casi che sembra impossibile risolvere. Mentre il mare agitato muta colore, e da azzurro diventa plumbeo come il cielo che rispecchia, il commissario Benussi della Mobile è costretto a una vacanza forzata da un malore che lo lascia senza forze. A dirigere le indagini, quindi, sono chiamati gli ispettori Elettra Morin e Valerio Gargiulo, che da Ettore Benussi hanno imparato una lezione impagabile: mai arrendersi. Eppure la tentazione è forte, perché l'omicidio di Annabel Alexander, innocua turista americana, e l'aggressione ai danni di Julija, ragazza ucraina scampata miracolosamente alla morte, sembrano davvero inspiegabili. Morin e Gargiulo seguono con caparbietà due piste nebulose, confuse da testimonianze contraddittorie e da tracce che qualcuno ha voluto nascondere a tutti i costi. E sono due piste che portano, indietro nel tempo, a un punto d'incontro di tragica fatalità. Dove la signora dai modi amichevoli e la giovane donna in cerca di un nuovo inizio si riveleranno ben diverse da come sembrano.