In breve
Tragedia, malessere giovanile e musica degli Smiths fanno da sottofondo a questo che è uno dei primi romanzi di Jonathan Coe. Veloce, scanzonato e irresistibilmente british, Questa notte mi ha aperto gli occhi è preceduto da una breve introduzione nella quale Coe confessa tutto il suo amore per la musica, ed è seguito da un racconto inedito dove troviamo il protagonista del romanzo cinque anni dopo.
Il libro
William è un ventenne frustrato: fa il commesso in un negozio di dischi (non è il massimo avendo in testa di fare il musicista), trova che Londra sia una città detestabile e Madeline, la sua ragazza, adora i musical e un bacio sulla guancia le sembra il limite estremo della passione. Cosa c’è che non va? C’è che William fatica a capire come gira il mondo, non ce la fa. Suona con gli Alaska Factory che gli deturpano la musica che scrive, si lascia ignorare dai camerieri ed entra in scena quando sarebbe meglio sparire. Come la sera in cui si trova davanti a un cadavere – quello del leader degli Unfortunates (un nome, un destino) – e diventa suo malgrado testimone del delitto. La caccia agli assassini lo porterà a una sorprendente scoperta, ma gli consentirà anche di ripensare alle scelte di vita compiute e di aprire finalmente gli occhi. Un romanzo brillante, di una vitalità e uno humour travolgenti. Le vicende di William procedono al ritmo della musica degli Smiths e il risultato è un’atmosfera dolcemente disperata, romantica e ironica.
In breve
Mario è un uomo svuotato, malinconico, deluso. Ha creduto con passione di cambiare il mondo e, dopo quasi dieci anni, non si è ancora rassegnato al crollo degli ideali in cui ha creduto. L’incontro occasionale con Sonja, una giovane pianista russa lo risucchia in una storia tragica e misteriosa che di donna in donna risale verso il tassello mancante.
Il libro
“Non immagino nessuno che possa leggere queste righe, le affido a una donna che domani uscirà, le cucirà nell’orlo della gonna. Se andranno a finire in un tombino e l’inchiostro si scioglierà all’acqua e alla neve, le mie parole, in ogni caso, non andranno perdute. Esiste già chi le pensa” “Non immagino nessuno che possa leggere queste righe, le affido a una donna che domani uscirà, le cucirà nell’orlo della gonna. Se andranno a finire in un tombino e l’inchiostro si scioglierà all’acqua e alla neve, le mie parole, in ogni caso, non andranno perdute. Esiste già chi le pensa”
Mario è stato comunista e non riesce a capacitarsi del fatto che nessuno condivida la sua ossessione: che cos’è stato il comunismo? Perché nessuno di quelli che ci avevano creduto vuole farci veramente i conti? Qual era l’illusione del bene covata dentro i fallimenti storici? Dentro i morti. Dentro i silenzi. Oltre il Muro ormai crollato. Dobbiamo subire la Storia o cercare di darle delle risposte? Nemmeno le dinamiche del fallimento del suo rapporto coniugale gli sono molto chiare: l’amore che lo lega ai tre figli rimane dunque l’unica certezza della sua vita. L’incontro occasionale con Sonja, giovane pianista russa che vive con l’altera nonna e la figlia di pochi anni, lo risucchia in una storia tragica e misteriosa che di donna in donna risale verso il tassello mancante, verso quel buio di domande senza risposta che è diventato il suo tormento. In compagnia dell’ultimo figlio, Mario si mette sulle tracce della madre di Sonja, prima a Budapest e poi in una sperduta cittadina dell’ex Unione Sovietica.
In breve
Polonia 1941. I genitori di Peter vengono uccisi e il ragazzo mandato in orfanotrofio a Varsavia. Peter, biondo con gli occhi azzurri, sembra il ragazzo ritratto nel manifesto della gioventù hiltleriana... La Seconda Guerra Mondiale in Germania raccontata da una prospettiva diversa.
Il libro
“In mezzo a questa gente sarebbe sempre stato uno straniero – un ausländer. Ma nel suo cuore Peter sentiva di avere ragione. Qualcosa dentro di lui gli impediva di accettare, la cieca fede che loro nutrivano nei confronti di Hitler e del nazismo”
Polonia 1941. I genitori di Peter vengono uccisi e il ragazzo mandato in orfanotrofio a Varsavia. Peter, biondo con gli occhi azzurri, sembra il ragazzo ritratto nel manifesto della gioventù hiltleriana e può essere adottato da una famiglia importante. Così avviene: Il professor Kattelbach e sua moglie sono entusiasti di accogliere nella loro famiglia un giovane dall’aspetto così ariano. Ma Peter non è il ragazzo tipico della gioventù hitleriana, Peter non vuole essere un Nazista e decide di correre un rischio… il rischio più grande che si può correre a Berlino nel 1943.
Chi è il misterioso signor Hyde? Come è riuscito a conquistare la fiducia del dottor Jekyll? Quale segreto lega due uomini così diversi? Sono le domande che ci accompagneranno fino all'ultima pagina, una passeggiata per le vie di Londra, alla ricerca della verità sullo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. Cn CD MP3.
«A te, che non mi hai mai conosciuta»: è questa l'intestazione della lettera che, nel giorno del suo compleanno, riceve un romanziere viennese, un quarantenne di bell'aspetto a cui la vita ha offerto i suoi doni più ambìti: la ricchezza, la fama e un fascino «morbido e avvolgente» a cui è impossibile resistere. «Ieri il mio bambino è morto»: così esordisce la misteriosa scrivente, e continua: «adesso al mondo mi sei rimasto solo tu, tu che di me non sai nulla». Quando lui leggerà quelle righe, lei sarà già morta: per questo, solo per questo, concede a se stessa di raccontargli la propria vita - la vita di una creatura che per più di quindici anni (prima bambina, poi adolescente, e poi donna) gli ha votato, «con la dedizione di una schiava, di un cane», un amore «disperato, umile, sottomesso, attento e appassionato», senza mai rivelargli il proprio nome, senza mai chiedere nulla, ottenendo in cambio solo poche notti d'amore e portandosi dentro un unico, struggente desiderio: che incontrandola, almeno una volta, la riconoscesse. Ma quasi sempre il volto di una donna rappresenta per l'uomo «solo lo specchio di una passione, di un gesto infantile, di un moto di stanchezza, e svanisce altrettanto facilmente di un'immagine allo specchio». E il destino di lei è stato di non essere mai riconosciuta. Con la consueta maestria Zweig ci trascina nel labirinto di un amore assoluto, regalandoci lo straordinario ritratto di una donna viva, vera e appassionata che è al tempo stesso una «creatura invisibile», immateriale «come una musica lontana».
Una densa, autobiografia, anzi molto di più. Vittorio Emiliani racconta la stona di un gruppo di amici padani che, negli anni cinquanta, si impegnano m politica, creano un settimanale per rimuovere, da riformisti, a volte giacobini, le ingessature della società. Lo scenario è al centro del triangolo industriale: Voghera, "capitalina" di frontiera dell'Oltrepò, in cui già emerge lo scrittore Alberto Arbasino, Pavia, nordica e universitaria, ricca di talenti e di baroni, e la Milano del primo boom economico, unica città "europea" di quell'Italia semirurale in tumultuoso cambiamento, che si mette in scena fra il Piccolo Teatro e la Scala degli anni d'oro, le case editrici, la novità del "Giorno", riviste come "Comunità", i circoli culturali, Brera, il Giamaica. Una narrazione veloce, diretta, che però fa luce anche su squilibri ed esclusioni crudeli. I protagonisti sembrano a volte cugini dei vitelloni felliniani, impegnati tuttavia a battersi per città più moderne e avanzate, per atenei non più classisti, per un paese fuori dall'autarchia provinciale. In questa folgorante foto di gruppo compaiono anche sorelle e fratelli maggiori: Camilla e Antonio Cederna, Paolo Grassi, Italo Pietra, Elio Vittorini, Renzo Zorzi, Arrigo Benedetti, Eugenio Scalfari, Ugo Mulas, Nazareno Fabbretti e tanti altri, aperti e protettivi. Oltre mezzo secolo dopo cosa resta di quelle esperienze, soprattutto di quel contesto? Emiliani tira le somme di una generazione. Un bilancio a volte amaro, mai però sfiduciato.