Nel Ventesimo secolo, e specialmente negli ultimi decenni, la vita delle persone è cambiata come mai in precedenza; valori, comportamenti, stili di vita, oggetti che ci accompagnavano da secoli sono andati in soffitta. Una rivoluzione. Abbiamo gli antibiotici che ci guariscono, l'acqua corrente e il riscaldamento, il frigidaire e il minipimer. Abbiamo il treno, la bicicletta, scooter, l'automobile per viaggiare e far vacanza; il cinema, la radio e la televisione. Abbiamo imparato a leggere e scrivere; a lavarci e a portare le mutande; a uscire con la morosa senza metterla incinta; a infilare soldino nel juke box e a "downlodare" le hit preferite per le playlist del nostro iPhone; a far la spesa al supermercato; a stare connessi al telefono e al computer, a girare il mondo imbucando cartoline e postando selfie. Marta Boneschi propone un catalogo ragionato delle cose che ci hanno fatti ciò che siamo: in immagini e in parole, un album divertente e acuto della vita e del costume contemporanei, un museo vivente di cui siamo protagonisti noi stessi, il cammino breve e pure precipitoso che ci separa dalla vita dei nostri nonni, dei nostri genitori, dagli anni stessi della nostra infanzia.
Se è vero che l'uomo è un essere che crea visioni e non semplicemente un animale che fabbrica utensili, possiamo dire che il termine spiritualità, al di là delle appartenenze religiose o dei contesti storici, esprime l'idea che la vita umana vada oltre la biologia. È la nostra natura di esseri umani a farci ricercare non solo la soddisfazione materiale o il primato intellettuale, ma un livello più profondo di significato e di realizzazione. Nell'attuale declino delle forme di religione tradizionali, il libro si propone di indagare l'importanza delle pratiche spirituali per la "fioritura umana".
Rispondere al cellulare mentre guidiamo l'auto, mandare sms mentre camminiamo per strada, leggere e nel frattempo ascoltare musica, scrivere una mail e parlare a chi ci sta di fronte: spesso, non senza correre qualche rischio, facciamo molte operazioni contemporaneamente. In un mondò saturo di sollecitazioni e informazioni, come funziona l'attenzione? Gli autori ce lo raccontano, illustrando i meccanismi che la regolano, sfatando il mito del multitasking, rivelando i segreti di chi vuole catturarla a scopi più o meno manipolativi. E attirano - è il caso di dire - la nostra attenzione sui "superstirnoliartificiali di cui si nutrono arte e pubblicità.
In politica come nella vita cambiare idea è inevitabile. E forse anche giusto, in un'epoca come la nostra caratterizzata da mutamenti così profondi e rapidi. In Italia però cambiare orientamento politico, in specie passare da destra a sinistra o viceversa, è sempre stato altamente problematico: chi lo fa si attira l'accusa di essere un trasformista o peggio un voltagabbana e un traditore. Aguzzo e scomodo come sempre, Galli della Loggia racconta come il cambiamento/tradimento è stato vissuto, interpretato e concettualizzato nella storia politica italiana. Poi mette in campo se stesso, ripercorrendo i momenti-chiave della propria esperienza e le molte polemiche che lo hanno coinvolto nei principali passaggi della vicenda ideologica del Paese: uno sguardo severo sulla storia intellettuale e culturale italiana, colta nei suoi inconfessati cambiamenti di fronte, le sue quasi sempre tacite abiure, i suoi pregiudizi, le sue bugie.
Questo non è l'ennesimo libro sulla felicità, completo - come tanti altri che affollano le librerie - di istruzioni per l'uso. Risultato di un lungo lavoro e di un'intensa discussione tra filosofi di diverse generazioni, non dà consigli per essere felici, né cerca di definire cosa sia la felicità. Si chiede invece dove la si cerca. In particolare, in quali ambiti la cercano gli italiani. In diciassette brevi saggi viene presentato un campionario, non esaustivo ma accuratamente selezionato, di ciò che oggi ci rende felici. Dall'amore alla religione, dalla moda alla politica, dal cibo allo smartphone, dalla casa agli psicofarmaci, per citare solo alcuni dei temi affrontati, il libro offre uno scenario prismatico delle nostre aspettative di felicità che, tra stereotipi e novità, si rivela non privo di sorprese.
A lungo l'umanità si è considerata perfetta, attribuendo le proprie eventuali défaillances all'alienazione portata dalla tecnica o all'azione di entità arcane e malvage come il Capitale e l'Europa. Ma sarebbe bastato un esame di coscienza per capire che il problema era un altro: l'imbecillità, dentro e fuori di noi. L'imbecillità è una cosa seria, a cui sinora non si è dato che uno sguardo distratto, come fosse una cosa per pochi e, soprattutto, per altri. Non è così, e, appena ce ne accorgiamo, i conti tornano, nell'economia, nella società e nella storia. Parte da qui l'irresistibile riflessione del filosofo su questa imbarazzante caratteristica dell'umano. Ce n'è per chiunque: per i titani del pensiero, per i giganti indiscussi della letteratura, per i protagonisti della storia universale. L'umano, insomma, è essenzialmente (e non accidentalmente) un imbecille. Ed è di qui, solo di qui, dal sentirci tutti lambiti dalla grande ala dell'imbecillità, che ha origine il progresso, la lunga avanzata dell'umanità verso il bene - ossia, la sua fuga senza fine dall'imbecillità.
"La forma di una città cambia più in fretta - ahimè - del cuore degli uomini": già Baudelaire avvertiva come ogni inevitabile trasformazione del paesaggio urbano si accompagni a struggimento e perdita. Ma forse non è impossibile ritrovare il senso di un'armonia fra noi e i volti delle città italiane maggiormente rappresentative di quella luminosa civiltà che, nelle epoche passate, è stata un faro per il mondo intero. Guardiamole con occhi nuovi, come fanno queste pagine, e lasciamo che a venirci incontro siano immagini originali e inedite, consegnate a noi dalle testimonianze letterarie o artistiche di visitatori illustri che ne hanno saputo cogliere lo spirito autentico. Da arcaiche forme insediative risalenti alla notte dei tempi, quelle città sono diventate nel corso dei secoli capitali di signorie e di principati generatori entrambi di un'autonoma, altissima civiltà; e prima ancora sono state orgogliosi, liberi comuni o repubbliche marinare gelose del loro prestigio e della loro indipendenza. I luoghi che visiteremo grazie a questo libro esigono di essere considerati alla stregua di creature viventi, con le fisionomie, i caratteri, le personalità loro. Saranno occasione di conquista e scoperta personale, da cui usciremo profondamente arricchiti.
Il manuale presenta i fondamenti della psicologia sociale. Dopo un inquadramento storico, sono affrontate, oltre agli argomenti tradizionali della disciplina, tematiche legate a fenomeni attuali, quali la migrazione, l'esclusione sociale, l'intercultura, l'educazione scolastica e la formazione degli insegnanti. Nell'intento di illustrare la continuità e la complessità delle ricerche psicosociali sì evocano sia gli esperimenti classici della psicologia sociale sia i contributi più recenti.
Che cosa definisce l'essere "buoni genitori" in un mondo diventato sempre più incerto nelle sue regole e confini? Ed è proprio vero che solo il rapporto di coppia fondato su una chiara distinzione di genere garantisce il benessere dei figli? Intorno a questi temi si assiste a un accavallarsi spesso cacofonico a vagamente colpevolizzante di nostalgie del buon tempo antico, evocazioni di un ritorno alla natura e furori tecnologici. Il libro guarda al mestiere di genitore e alle sue sfide attuali partendo dall'esperienza concreta di madri e padri, smontando stereotipi e ricette troppo facili e riflettendo sui dilemmi posti dalle nuove tecnologie riproduttive.
"Sono Odisseo, figlio di Laerte, noto agli uomini per tutte le astuzie, la mia fama va fino al cielo": la figura che ha letteralmente afferrato l'immaginario occidentale sino a plasmarne le fondamenta culturali è inafferrabile. Ulisse, l'eroe dal multiforme ingegno, continua ad affascinarci proprio per questo. Nel suo lungo errare durante il viaggio di ritorno a Itaca va incontro ad avventure strabilianti, in parte subite in parte ricercate, ponendosi come il campione dell'intelligenza, della conoscenza, dell'esperienza, della virtù etica e della sopravvivenza. Ma la vera attrazione magnetica che ancora oggi il personaggio mitico continua a esercitare su di noi è quella delle sue metamorfosi nel tempo (una su tutte: il folle volo dantesco), delle sue "ombre" che si allungano nel cinema, nella poesia, nel romanzo, nell'arte, così come nella scienza e nella filosofia. Ulisse è ovunque, il suo vero viaggio è senza fine.
La fiducia è in primo luogo un legame originario: solo perché abbiamo ricevuto amore e sicurezza ne diveniamo capaci. La sperimentiamo quotidianamente nei legami parentali, amicali, sociali, come pure nelle istituzioni, che rendono possibili patti di lealtà anche fra persone estranee. E infine si ha fiducia quando la si ha - in una potenza altra, Dio, a cui ci si affida in ragione d'una promessa di salvezza. Di fronte a un'impossibile autosufficienza, fidarsi, anzitutto come atto di generosità, è un rischio che dobbiamo correre.
Fra il Rinascimento e l'età napoleonica, in Europa e nei paesi mediterranei la schiavitù ha riguardato sei-sette milioni di persone: neri africani, turchi, arabi, italiani, spagnoli, portoghesi, francesi, ma anche greci, ebrei, slavi, magiari, e persino ucraini, moscoviti, tedeschi, inglesi, olandesi, scandinavi. Attingendo a una ricchissima documentazione, questo libro narra la loro storia, dagli scontri e dalle catture per mare e per terra alla presenza di schiavi e schiave nella vita domestica e in quella pubblica, in Europa come sull'altra sponda del Mediterraneo: costretti al remo o ad altre fatiche sulle navi, sfruttati in cantieri e miniere, ma anche impegnati in proprio come barbieri, sarti, gestori di botteghe; oppure, in un rapporto che non escludeva l'affetto, servitori, governanti, concubine. Una storia in larga parte dimenticata che queste pagine riportano con efficacia in vita sotto gli occhi del lettore.