Oggi i nonni non hanno il bastone, né storie avventurose da raccontare o mestieri da trasmettere, ma giocano a tennis, viaggiano, studiano, guidano l'automobile, vivono da soli. Serve quindi un cambiamento culturale che consenta di scoprire ciò che la vecchiaia può significare oggi: una fase di libertà, di liberazione dal lavoro, dal peso delle responsabilità, dagli impegni, tutta da inventare e progettare, lasciandosi alle spalle la sclerosi dell'età adulta. In quest'ottica vanno ridiscusse molte cose: l'approccio medico, il sistema assistenziale, la politica del lavoro, l'organizzazione sociale. Il libro fa il punto su tutti questi cambiamenti, restituendoci un'immagine dell'invecchiare che non coincide con quella statica di un tempo.
Braudel dispiega la sua insuperata capacità di tracciare le grandi linee di uno sviluppo storico individuando le nervature dei processi. Si dedica al "lungo Cinquecento", i quasi due secoli che vedono il primo sviluppo del capitalismo europeo e la formazione di un'economia mondiale: processo interrotto a metà Seicento e riavvito un secolo dopo. Braudel illustra dapprima le tendenze generali del periodo, poi analizza gli episodi particolari, infine il lungo e frastagliato riflusso che frena lo sviluppo europeo nella prima metà del Seicento.
Nel loro libro Tullio De Mauro, linguista e grande conoscitore del mondo della scuola, e Paolo Legrenzi, psicologo, spiegano agli studenti e alle loro famiglie come nasce, come si svolge, come si affronta la nuova maturità. Dall'esperienza pluriennale degli autori emerge chiaramente che la capacità di esprimere correttamente quanto appreso, la preparazione di scritti e orali, la pianificazione di tempi e modalità di studio, il controllo dello stress, il rapporto con professori ed esaminatori, possono essere migliorati attraverso un allenamento fatto di studio e buona organizzazione. Se adeguatamente affrontata, la maturità si trasforma quindi da prova "terribile" e sconosciuta in verifica impegnativa ma perfettamente superabile.
Può essere spiacevole per chi la vive, ma assolve una funzione fondamentale nell'evoluzione della specie. I timidi sono attenti e sensibili, a volte possono esagerare con la cautela, ma raramente si sbagliano a percepire il pericolo. Per questo non si sono mai "estinti". La loro prudente ritrosia compensa la sventata audacia dei coraggiosi e l'arroganza dei sicuri di sé. Del resto non tutte le culture penalizzano la timidezza, e in alcuni periodi storici essa è stata considerata una virtù. Su questo tema, cui di recente la psicologia ha dedicato molti studi, fa il punto questo libro.
Il volume, apparso nel 1950, contiene molte intuizioni anticipatrici: le analisi del rapporto genitori-figli, della dipendenza dal gruppo, dell'influenza ambigua dei mass-media, della dialettica tra lavoro e tempo libero. Al centro dell'analisi è il "carattere sociale" americano (ma poi anche, in larga misura, di tutto l'Occidente sviluppato) quale si è formato nella società di massa. Introduzione di Alessandro Cavalli.
Sarajevo, 28 giugno 1914: l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell'impero austro-ungarico, viene assassinato. Quell'attentato scatenò la prima guerra mondiale. Ma la Grande Guerra, a sua volta, innescò una tragica "guerra civile europea", che si concluse nel 1945 o, secondo alcuni, addirittura nel 1990. Da Sarajevo partì insomma una ondata distruttiva che costò almeno 70-80 milioni di morti e segnò la fine dell'Europa come centro indiscusso della politica e dell'economia mondiale.
Sabato 30 maggio 1925 i soldati inglesi schierati a difesa della colonia internazionale di Shanghai sparano su una manifestazione di studenti, lasciando sul terreno quattro morti, dodici moribondi e una ventina di feriti. L'incidente è modesto, eppure innesca la cosiddetta "grande rivoluzione" (1925-1927), il violento periodo di proteste da parte delle masse urbane guidate dagli studenti, con una marcata impronta comunista.
Il 15 novembre 1975, nel castello di Rambouillet vicino a Parigi, si incontrano per un vertice economico i capi del governo dei sei Paesi più industrializzati: Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Francia, Giappone, Italia. Il vertice tra le potenze economiche mondiali diventerà un appuntamento fisso, rendendo evidente quanto oramai i sistemi economici dei diversi Paesi siano interdipendenti e quanto nel governo dell'economia si rendano necessari un coordinamento e una cooperazione internazionali. Comincia allora la lunga strada dell'economia verso il mercato globale.