Nel 1942 Simone Weil consegna al filosofo e amico Gustave Thibon una borsa piena di carte, pregandolo di "leggerle e averne cura durante il suo esilio". Sono il suo diario intimo, nel quale, sotto forma di brevi riflessioni e aforismi, si delinea la visione mistica di un mondo in cui il bene e il male sono inestricabilmente intrecciati. Prima opera di Simone Weil tradotta in italiano, L'ombra e la grazia fu pubblicato nel 1951 dalle Edizioni di Comunità e fece conoscere al nostro paese la figura straordinaria di un'intellettuale coerente fino alle estreme conseguenze con il proprio pensiero, che ha consegnato al nostro tempo idee e suggestioni dalle quali è difficile non essere attratti.
Partorita nel 1943, nella sanguinosa temperie della Seconda Guerra mondiale, l'opera si presenta come una riflessione organica sulle cause che hanno condotto l'Europa al collasso, sino ad un ripensamento complessivo intorno alle fondamenta stesse della modernità occidentale. La retorica dei diritti, le storture del capitalismo, l'abominio del nazismo tedesco e del comunismo sovietico, il declino delle comunità, il dominio della tecnica, la perdita della trascendenza, l'idolatria dello Stato e della forza bruta sono solo alcuni dei fenomeni connessi alla "malattia" dello sradicamento. Magistralmente offerti al lettore quale potente affresco di una intera vicenda umana, nel Radicamento Simone Weil tenta di mettere a punto un progetto di modernità alternativa, costruita sul rispetto della dignità di tutti, sulla responsabilità personale, sul dovere verso l'essere umano, sull'empatia con il prossimo, sulla rinuncia alla forza.
Una filosofa di fronte a Cristo. Questo libro contiene le "investigazioni filosofiche e spirituali" della grande scrittrice e mistica sul Vangelo. Una giovane donna attraversa un'epoca di guerre e totalitarismi armata della sua fragilità, della sua intelligenza luminosa, della sua febbrile passione per l'amicizia, la fraternità e la trascendenza. In ognuna di queste pagine vibra una profonda universalità, fondata sulla certezza che il comandamento dell'amore può trasformare gli individui, l'umanità e il mondo. In Simone Weil la fede cristiana fu una tentazione perenne, ma anche una lacerazione interiore, ansia protesa verso una verità superiore raggiungibile soltanto con la generosità, il distacco, la passione per tutto ciò che è povero, debole e folle.
Il nostro tempo ha negato la tensione di ogni uomo verso qualcosa di più grande, e forse di irraggiungibile, sostituendola con una cultura degradata e ristretta dove i diritti universali sono privi di concretezza e la libertà è intesa come semplice cancellazione di qualsiasi dovere. Ancora più dei diritti, sono invece proprio i doveri, verso se stessi e verso gli altri, ad ancorare l’uomo alla realtà e alla società in cui vive, evitando il rischio di sentirsi sradicati e in balia degli eventi. Secondo Simone Weil, voce inascoltata e profetica del XX secolo, interessarsi davvero del destino dell’uomo significa, quindi, prima di tutto aggrapparsi saldamente e rimanere fedeli alle proprie radici. Potrebbe sembrare un banale richiamo alle tradizioni; invece non è così, perché le radici dell’uomo hanno origine oltre la sfera temporale, nell’eterno e umanissimo desiderio di verità e di bene.
Proprio del bellissimo saggio della Weil sull'Ilia-de si presenta qui una nuova versione commentata, oltre allo scritto su Israele e i gentili, al capitolo "Israele" de La pesanteur et la grâce e a tre importanti lettere, inedite in italiano, sulla questione ebraica.
Scritto durante l'esilio londinese, il saggio muove da una riflessione critica sulla parola "persona" che aveva fondato la corrente del personalismo di Emmanuel Mounier. Il testo è però molto più che l'espressione di una rivendicazione semantica: è una luminosa meditazione filosofica sulla nozione di "diritto", di "democrazia", di "giustizia", di "male" e di "bellezza". Weil riflette sul fondo nascosto, impersonale, di ciascuno di noi, da cui risale la domanda: "Perché mi si fa del male?", l'unica in grado di dare fondamento al rispetto dovuto a ogni essere umano e alla sua esigenza di giustizia. Il "grido muto" che riaffiora in queste pagine, nella sua semplice immediatezza, smantella i cardini dell'intera riflessione politica dell'Occidente: il primato dei diritti individuali, il culto delle idee astratte, il predominio del linguaggio razionale su qualsiasi altro.
Tre motivi per leggerlo: Perché è un appassionante viaggio nell'antichità gli eroi di Omero, la Grecia classica, il cristianesimo eretico - alla ricerca di risposte fondamentali per la nostra vita. Perché racconta della violenza di chi ama sentirsi sempre dalla parte del giusto, del bene, della verità. Perché Simone Weil è un esempio unico di coerenza e determinazione. Introduzione di Mario Bonazzi.
Il periodo trascorso a Marsiglia tra il 1940 e il 1942, in attesa di imbarcarsi per gli Stati Uniti, rappresenta per Simone Weil una stagione di fioritura delle amicizie e un momento di straordinaria ricchezza e fecondità del pensiero e della scrittura. Il numero di lettere inviate a familiari e amici è impressionante, ma quel che più stupisce è la maniera in cui la sincerità degli affetti si coniuga con la ricerca della verità, che si va facendo sempre più pura e assoluta. Di questa continua vibrazione interiore dà testimonianza la prima parte di questo libro che ricostruisce la complessa esperienza culturale e sentimentale vissuta a Marsiglia, proponendo le lettere che Simone invia a due amici, con i quali la parola scritta si offre come l'unico strumento di conoscenza reciproca. Sono Joë Bousquet, il poeta di Carcassonne, paralizzato in seguito alle ferite riportate durante la Prima Guerra Mondiale, e Antonio Atarés, contadino anarchico aragonese, prima rinchiuso nel campo d'internamento del Vernet e poi spedito a Djelfa, sull'altopiano algerino. Il volume si chiude con la nuova traduzione di alcune pagine, tratte da Le forme dell'amore implicito di Dio, in cui si condensa la splendida, vertiginosa concezione dell'amicizia elaborata e concretamente vissuta da Simone Weil.
L'incontro tra Simone Weil e alcuni testi della Grecia antica, innanzitutto l'Iliade, Platone, i pitagorici e i tragici, ha segnato uno dei picchi del secolo scorso. Nulla di quanto la luce della sua mente ha raggiunto è rimasto immutato. In particolare i Vangeli, come se la via regale per capirli non passasse da Gerusalemme, ma da Atene. Il verbo come mediatore, il sovrannaturale e l'innaturale, la bellezza del mondo, il giusto punito, la sventura: sono alcuni dei temi che Simone Weil tratta in questi scritti, non più nella forma altamente condensata dei quaderni, ma in una trattazione distesa, come chiarendo in primo luogo a se stessa le sue abbaglianti intuizioni.