L'istituzione a Palermo, con decreto del 9 novembre 1831, dell'Istituto d'Incoraggiamento e delle Società economiche, una per ogni capovalle, segna l'avvio di una nuova politica riformistica del governo borbonico contrassegnata da una serie di iniziative, tra cui la fondazione della Direzione Centrale di Statistica, volte ad aprire nuove prospettive politiche e sociali nel rispetto dei principi di libertà ed autonomia anche, ove necessario, con soccorsi e privilegi. Tali riforme traevano spunto da modelli, già positivamente sperimentati nel resto d'Europa, in grado di riunire le diverse esigenze della classe dirigente isolana nonché le richieste locali di natura produttiva, sociale, culturale, e si inserivano nel clima di riformismo politico creatosi con l'ascesa al trono di Ferdinando II nel 1830.
Nel 1974 nei pressi della città cinese di Xian alcuni contadini stavano scavando un pozzo quando, sotto i loro occhi, apparvero alcune figure di terracotta di straordinaria fattura. Ebbe inizio così una delle più clamorose scoperte archeologiche di sempre, quella dell'esercito di terracotta: seimila statue a grandezza naturale di guerrieri con i loro cavalli, ciascuna diversa dalle altre. Una vera armata spirituale messa a guardia del mausoleo del Primo Imperatore cinese Qin Shi Huang Di, il conquistatore di popoli, il costruttore della Grande Muraglia, il grande legislatore tormentato dal sogno dell'immortalità che alla sua morte, nel 210 a.C., si dice si sia fatto seppellire con un favoloso tesoro mai ritrovato. Unendo le sue conoscenze storiche e l'esperienza diretta dei suoi viaggi in Oriente, John Man narra la vicenda della creazione delle statue, ci fa conoscere l'uomo per il quale furono modellate, ci fa rivivere l'emozione della loro scoperta e ci spiega quali meraviglie potrebbero ancora celarsi attorno alle spoglie del Primo Imperatore.
Dalle notti madrilene squarciate dalle bombe della Guerra civile spagnola, nel 1936, alle guerre in America Latina degli anni novanta, percorrendo le paludi del Vietnam e battendo i deserti del Medio Oriente, "I volti della guerra" narra le storie - di ferocia, amore e sofferenza - dei despoti e delle vittime dei conflitti del secolo scorso. Martha Gellhorn - antesignana delle corrispondenti di guerra, tra i primi a testimoniare l'orrore del campo di concentramento di Dachau - ha raccontato, con i suoi reportage, i fronti più caldi del XX secolo. Una scrittura immediata e realistica - sensibile ai suoni, agli odori, alle parole, ai gesti dei luoghi visitati - e un'infallibile capacità di cogliere e custodire l'estrema varietà di esperienze vissute hanno dato forma alla "visione umana del mondo" della grande reporter. Questo libro è ormai un classico del giornalismo moderno. Martha Gellhorn l'ha scritto non perché fosse interessata ai generali e ai politici, ma perché coltivava un forte impegno nei confronti della gente normale che dalle guerre viene schiacciata.
Pochi intellettuali si opposero al regime fascista; pochi protestarono apertamente contro le leggi razziali. Furono molti, invece, quanti si formarono all'interno delle istituzioni fasciste di cultura e che poi, con il 1943, abbracciarono gli ideali dell'antifascismo e della resistenza, vivendo questa svolta come un'esperienza di "redenzione". Mirella Serri ricostruisce, anche sulla base di documenti inediti, segmenti della biografia dei molti intellettuali italiani che non furono "dissimulatori onesti", e neppure "voltagabbana", ma uomini che "vissero due volte" e che rappresentano il doloroso processo di maturazione di un'Italia democratica all'interno di un regime totalitario messo in crisi dalla guerra mondiale.
Il libro si basa su documenti statunitensi di varia provenienza (Dipartimento di Stato, Cia, Casa Bianca, biblioteche e fondi presidenziali: Johnson, Nixon, Ford, Carter) che contribuiscono a ricostruire le relazioni tra i due paesi. La dialettica non è solo tra le due sponde dell'Atlantico ma condiziona i due campi, attraversa i protagonisti, divide le diverse istituzioni coinvolte. Sintetizzare il confronto riconducendolo alle espressioni "gli Usa, l'Italia" o "il governo degli Stati Uniti, il governo italiano" rischia di semplificare un quadro di voci articolato e plurale, composto da differenti funzioni e responsabilità, da uomini coinvolti all'interno di organismi complessi e segnati dalla logica bipolare. Vengono meno le lenti deformanti di una contrapposizione ideologica e manichea tra ingerenza statunitense - talvolta declinata con le categorie dell'eterodirezione o della dietrologia - e autonomia delle classi dirigenti italiane, a difesa di una presunta peculiarità nel panorama dell'Europa post bellica. Gli anni Settanta rappresentano un fecondo punto di osservazione della rottura di rapporti consolidati, della crisi dei modelli di riferimento e della ricerca di nuove strade.
I Templari, l'ordine religioso-militare più potente del Medioevo, con tutta probabilità per un certo periodo custodirono la sindone oggi conservata a Torino. Venerato nel più rigido segreto e conosciuto nella sua reale natura solo dai maggiori dignitari dell'ordine, il telo era conservato nel tesoro centrale dei Templari, che avevano fama di essere autorità nel campo delle reliquie. In un'epoca di confusione dottrinale diffusa in gran parte della Chiesa, la sindone per i Templari rappresentava un potente antidoto contro il proliferare delle eresie. Seguendone l'itinerario nel corso del Medioevo l'autrice procede anche a ritroso nel tempo, fino agli albori dell'era cristiana, aprendo una prospettiva nuova sulla controversa reliquia.
Barbara Frale, storica ed esperta di documenti antichi, è ufficiale dell'Archivio Segreto Vaticano. Studiosa dei Templari e delle crociate, ha scritto "L'ultima battaglia dei Templari" (Viella, 2001), "Il papato e il processo ai Templari" (Viella, 2003) e "I Templari" (Il Mulino, 2004; trad. inglese, francese, spagnola, portoghese, polacca e ceca).
Quali furono le cause e i meccanismi della catastrofe demografica seguita alla scoperta dell'America? La documentazione giunta fino a noi è straordinariamente ricca: conquistadores, religiosi, uomini di legge, funzionari e mercanti scrivevano memorie e rapporti, stilavano atti, svolgevano inchieste, emettevano sentenze. Il mondo indigeno, per parte sua, ha lasciato eloquenti tracce degli eventi e molte testimonianze dirette dello spietato soggiogamento perseguito dagli europei. Facendo parlare queste fonti, Livi Bacci dimostra che il rovinoso declino degli indios non fu la conseguenza inevitabile del contatto con gli europei, ma un risultato cui contribuirono sia i modi della Conquista, sia la natura delle società sottomesse.