
Grazie a numerose illustrazioni, il volume racconta le feste e i luoghi di un'Italia da scoprire: feste di paese e di città, feste religiose, civili, storiche, folkloriche, patronali rivivono per testimoniare l'identità del nostro paese, delle sue tradizioni e dei suoi costumi. Il percorso di scoperta delle tradizioni, ma anche delle forme di aggregazione e di incontro, è organizzato secondo il ritmo delle stagioni, ognuna ricca di occasioni per celebrare la voglia di divertirsi, di condividere emozioni, di ritrovare la propria identità di popolo. L'album, curato da Valerio Castronovo, è introdotto da un saggio di Natalia Aspesi.
Non si può capire lo sviluppo economico dell'Italia post-unitaria guardando solo all'Italia stessa. L'Italia è già allora parte di un mondo più vasto, all'interno del quale circolano, oltre ai beni, gli uomini, le idee, il denaro. Dal 1861 al 1913 l'Italia si dota di infrastrutture moderne, sviluppa l'industria, il tenore di vita si innalza. La produzione complessiva cresce senza particolari discontinuità, ma con ampi movimenti ciclici le cui alterne fasi dipendono dai mercati finanziari internazionali. L'economia italiana prospera quando i capitali del centro nordeuropeo si riversano nei paesi periferici, ristagna o retrocede quando questi se ne ritirano; la stessa ascesa giolittiana è parte di una ripresa mondiale.
La 'forma' di questo saggio di amplissimo respiro cronologico e geografico è determinata dalla convinzione che il 'Grande Racconto' tradizionale del periodo compreso tra la nascita del cristianesimo nell'impero romano e la conversione del mondo scandinavo, otto secoli più tardi, debba essere ampiamente rivisto. E prima di tutto, per Peter Brown, è necessario mettere l'Europa occidentale sullo sfondo di un mondo più vasto e partire dal fatto che il cristianesimo 'europeo' rappresenta semplicemente la variante più occidentale di un mondo cristiano amplissimo, il cui baricentro era situato originariamente nel Mediterraneo orientale e nelle grandi capitali dell'impero d'Oriente: sono Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, e non Roma, a trovarsi allo snodo di un cristianesimo di portata mondiale. Con la nascita poi dell'islam e la sua conquista del Medio Oriente e del Nordafrica -e per mezzo millennio anche della Spagna meridionale - una barriera si interpose fra il mondo cristiano occidentale e un mondo cristiano più antico, che aveva compreso tanta parte dell'Oriente.
Bobbio, Calamandrei, Einaudi, Galante Garrone, Olivetti, Parri, Salvemini, Scalfari, Silone, Spinelli e molti altri. Sono loro i destinatari delle lettere, qui raccolte, di Ernesto Rossi, tra gli intellettuali impegnati nella fondazione della democrazia italiana alla fine del fascismo. Con immediatezza, franchezza di giudizio e libertà di espressione, Ernesto Rossi discute con i suoi interlocutori, maestri e amici di impegno civile e culturale, delle speranze di una società italiana senza più guerre né nazionalismi, di federalismo, di ricerca di un'alternativa laica ai modelli democristiano e comunista. Lironia, l'irriverenza per i "padroni del vapore" e per i politici di lungo corso punteggiano il profilo di un intellettuale che non fa sconti a nessuno, neanche a se stesso.
II Rinascimento è l'età d'oro dei ritratti: non più soltanto i potenti, ma anche personaggi dei ceti medio-alti come mercanti, banchieri e letterati chiedono ai pittori di rappresentare loro stessi, la donna amata o un amico. La popolarità dei ritrattisti è tale che, nella Venezia del Cinquecento, un intellettuale potente e alla moda come l'Aretino si lamenta della concorrenza sleale dei pittori e li accusa di oscurare la fama e il prestigio degli scrittori. Le sue lagnanze hanno il pregio di evocare una storia lunga, fatta di collaborazione e di conflitto, in cui poesia e pittura si confrontano ad armi pari sul terreno comune del ritratto. A cominciare da Petrarca, che dedicò due famosi sonetti al dipinto di Laura firmato dall'amico Simone Martini, per arrivare a Lorenzo de' Medici, Bembo, Della Casa, Castiglione, Tasso, Marino e moltissimi altri, l'epoca rinascimentale offre un illustre parterre di testimonianze dell'attenzione tutta speciale riservata dai poeti all'arte del ritratto, forma pittorica divina perché capace di dar vita all'immagine, di addolcire il dolore dell'assenza, di consolare i bisogni del desiderio. Questo libro offre una significativa scelta di testi poetici dedicati al ritratto, affiancati alle immagini a cui sono legati, fino ai ritratti che compaiono nei frontespizi dei libri. Testi e dipinti vengono inquadrati criticamente nella tradizione poetica e nella stagione pittorica di riferimento e i legami tra loro sono analizzati nella loro complessità.
Sulla scia dei numerosi storici che nel corso dei secoli, con esiti naturalmente assai diversi, si sono posti lo scopo di scrivere la storia del proprio tempo, Massimo L. Salvadori in questo saggio ricostruisce le vicende che dall'avvento del governo di Margaret Thatcher in Gran Bretagna e della presidenza di Ronald Reagan negli Stati Uniti e dal profilarsi della crisi strutturale culminata nel crollo dell'impero guidato dall'Unione Sovietica giungono ai giorni nostri. Un quarantennio che, in un quadro segnato dalle accelerate trasformazioni provocate sia dagli straordinari progressi scientifici e tecnologici sia dalla globalizzazione dell'economia, ha dato un nuovo volto alla storia del mondo. Caratteristica precipua del secolo XX è stata infatti la rapidità dei mutamenti in ogni settore dell'attività umana: senza precedenti per quantità e qualità. Si è assistito a radicali sconvolgimenti, poi a guerre e rivoluzioni che hanno ridisegnato in maniera profonda la mappa geopolitica, la dislocazione della potenza politica, economica, militare degli Stati e delle alleanze tra di essi. La fine della guerra fredda aveva suscitato negli Stati Uniti l'illusione che al grande scontro epocale potesse seguire una globalizzazione politica posta sotto il segno della democrazia liberale e da una globalizzazione economica ispirata ai principî del capitalismo, entrambe sotto la tutela di quella che nell'ultimo decennio del secolo si presentava come l'unica superpotenza. Ma la «globalizzazione democratica» ha fallito, e anche quella economica, dopo un primo periodo di successo, è entrata in una fase involutiva. Un grande libro di scenario, necessario più che mai in un momento come quello attuale, per comprendere come le vicende geopolitiche degli ultimi quarant'anni abbiano condotto a una nuova recrudescenza dello scontro tra due blocchi, e come l'Europa abbia in larga parte mancato la sua funzione storica di unione e di pace.
"La cultura europea incomincia con l'Iliade e con l'Odissea, i due poemi epici in ventiquattro canti ciascuno che la tradizione consolidatasi nel mondo greco attribuiva a un autore chiamato Omero. E incomincia con la rissa per il possesso di una schiava...". Dalle prime espressioni poetiche dell'epica omerica alla chiusura della Scuola di Atene nel 529 d.C.: l'autore ripropone le opere e gli autori della letteratura più famosa del mondo in un racconto unitario, in una vasta ricostruzione di insieme che esce dai canoni tradizionali e restituisce alla storia lo straordinario lascito della letteratura greca. Canfora racconta l'intero processo storico-culturale che ha determinato la grandezza e la varietà della cultura greca. Pensiero scientifico, filosofico, politico si intrecciano alla creazione letteraria consegnandoci tutti i contenuti della civiltà ellenica. Emergono così sullo sfondo della loro storia le individualità poetiche, i tragici, gli storici, che hanno fatto quella letteratura della quale siamo tutti debitori. La nuova edizione comprende anche una nuova sezione con i riassunti di tutte le opere prese in esame, cosi da avere un agile strumento di consultazione.
Dopo il crollo dell'impero romano d'Occidente, dal V al X secolo, sullo sfondo di un'Europa ampia che va dall'Irlanda a Costantinopoli e alla Russia, dalla Scandinavia a tutta l'area mediterranea, si incontrano, si scontrano, si organizzano popoli diversi come i Goti, i Franchi, i Vandali, i Bizantini, gli Arabi, i Vichinghi. Sono loro i protagonisti dell'Occidente post-romano, dell'impero bizantino e degli imperi d'Oriente, dell'impero carolingio e post-carolingio. Saranno loro a dare una nuova forma al mondo dopo Roma: tutti si dovranno confrontare con la sua eredità, mediandola, traendone spunto, rinnegandola. Solo dopo sei secoli dal tracollo dell'impero, l'ombra di Roma comincerà così lentamente a scomparire. L'alto Medioevo è stato spesso ridotto dalla storiografia tradizionale a puro intermezzo temporale tra l'impero romano e l'alba del Rinascimento, o all'opposto esaltato come origine quasi mitica delle identità nazionali europee. Per la prima volta un grande storico restituisce la complessità, i cambiamenti sociali, politici, culturali di un pezzo di storia spesso trascurato, dove l'Europa odierna affonda le sue radici.
Dalla polemica contro le credenze, le pratiche devozionali e i culti superstiziosi al rifiuto radicale di ogni iconografia religiosa, fino ai fenomeni di iconoclastia che ne scaturirono anche al di qua delle Alpi. Dall'uso di immagini come strumenti di lotta antipapale, propaganda e proselitismo ai casi di pittori processati dall'Inquisizione. Sono molti i temi presi in considerazione in questo libro. Ma l'attenzione è soprattutto puntata su opere e artisti variamente segnati da matrici e sensibilità difformi dall'ortodossia cattolica, di volta in volta inseriti negli specifici contesti politici e religiosi di città come Napoli, Firenze, Roma, Venezia, Ferrara, Mantova, durante i decisivi decenni tra il sacco di Roma del 1527 e la conclusione del concilio di Trento nel 1563. Ne emerge una trama di immagini capaci di sottrarsi ai vincoli della tradizione iconografica, della committenza, della sorveglianza inquisitoriale per esprimere orientamenti dottrinali, inquietudini religiose, speranze di rinnovamento, appartenenze identitarie non più compatibili con l'ortodossia cattolica. A esserne coinvolti furono pittori e scultori minori e minimi, così come grandi maestri del tardo Rinascimento, da Lorenzo Lotto a Iacopo Pontormo, da Sebastiano del Piombo a Baccio Bandinelli, fino ai sommi Michelangelo e Tiziano. Il che contribuisce a spiegare perché la questione del controllo delle immagini diventasse cruciale per i padri tridentini e la Chiesa della Controriforma.
L’Ottocento è il secolo dell’Europa. Il secolo in cui il Vecchio continente ha dominato il resto del mondo come mai prima e mai dopo. Il secolo di rivoluzioni e repressioni, ma anche di appassionate lotte per l’uguaglianza e per i diritti, della nascita dell’industria, di uno straordinario fermento scientifico e culturale. Il secolo che ci ha reso ciò che siamo.
Maestoso. Il diario di un secolo turbolento e confuso scritto con chiarezza e passo narrativo. I temi sociali, politici e culturali si intrecciano in un grande dipinto di straordinario fascino e dettaglio. Siamo di fronte a un esempio eccelso di storia di un continente attraverso i suoi paesi.
“The Times”
Il secolo che va dalla battaglia di Waterloo allo scoppio della Prima guerra mondiale è stato una fase decisiva per la storia del mondo. In questi cento anni l’Europa ha allargato il proprio dominio a tutto il pianeta e ha tracciato un solco al cui interno ancora ci muoviamo: dalla nascita della civiltà industriale alla volontà di controllo sulla natura, dalle lotte dei lavoratori a quelle delle donne, dalle sfide degli artisti alle accademie sino alle rivolte dei servi contro i padroni. Questo affresco affascinante ci raccontal’Europa del XIX secolo, intrecciando storia politica, economica e culturale, a partire dai rapporti di forza interni ed esterni al continente. Particolare attenzione è dedicata alla ricostruzione della dimensione umana di questa storia, per cui ogni capitolo si apre con la vita di una persona, ognuna di un paese europeo diverso.
«Verso l’inizio degli anni Trenta dell’Ottocento, lo scalpellino Jakob Walter si mise a scrivere le sue memorie. Era stato un soldato semplice nella Grande Armée dell’imperatore Napoleone Bonaparte, arrivando fino a Mosca. Dell’unica occasione in cui vide Napoleone scrive: “Osservava passare il suo esercito, che era in condizioni disastrose. Impossibile immaginare cosa provasse. Il suo aspetto esteriore sembrava indifferente riguardo al miserabile stato dei suoi soldati; solo l’ambizione poteva fare effetto sul suo cuore.”».