
In breve
È l’unico a essersi fatto rinchiudere volontariamente ad Auschwitz e tra i pochi a essere riuscito a evadere. Ha combattuto il nazismo ed è finito stritolato tra le fauci dello stalinismo. Questa è la storia del ‘più coraggioso tra i coraggiosi’.
Il tenente di cavalleria Witold Pilecki nel 1940 ha 38 anni. Sotto falso nome si lascia arrestare, come fosse per caso, nel corso di una retata della Gestapo ed entra ad Auschwitz per raccontare al mondo cosa accade: il suo è il primo documento dai campi arrivato agli alleati. È abile, astuto e fortunato. Evade rocambolescamente nel 1943, poi si batte nell’insurrezione eroica e disperata di Varsavia del 1944, ma finisce nuovamente prigioniero dei tedeschi fino alla fine della guerra. Quando torna in Polonia, sa già che gli ideali per i quali ha speso i suoi anni e i suoi affetti non hanno trovato terreno fertile nella sua patria. È il tempo dell’Armata Rossa e dell’indottrinamento sovietico: tutto quello che Pilecki ha fatto non conta nulla per le autorità comuniste. È un uomo scomodo, un ‘traditore’, un ‘agente imperialista’, un ‘nemico del popolo’ da eliminare. Il suo destino è segnato: condannato tre volte a morte, viene giustiziato il 25 maggio 1948. Su di lui e su quello che ha fatto cala il silenzio. La damnatio memoriae è assoluta, vietato persino pronunciare il suo nome. Ancora oggi, a venti anni dalla caduta del Muro di Berlino, i familiari ignorano dove sia sepolto.
Indice
Introduzione - Ringraziamenti - I. Per la patria - II. Per la speranza - III. Per la libertà – Epilogo - Appendice - Bibliografia ragionata - Indice dei nomi
In breve
Molto si è scritto sull’epopea dell’emigrazione che dall’ultimo scorcio dell’Ottocento allo scoppio della prima guerra mondiale ha svuotato le campagne e dislocato oltreoceano milioni di nostri connazionali. Minore attenzione ha riscosso l’esodo del secondo dopoguerra, forse meno spettacolare e certo meno mitizzato dell’altro. Identico fenomeno, molte analogie, ma anche molte differenze. Andreina De Clementi descrive la nuova mappa delle mete dell’emigrazione italiana nei primi dieci anni del secondo dopoguerra, la trasformazione da avventura individuale a impresa controllata dalle burocrazie statali, l’inedita domanda di mano d’opera femminile. Discostandosi da un approccio storiografico consolidato, l’autrice delinea una vicenda complessa e problematica, che affonda le sue radici nel più generale contesto economico-politico dell’epoca.
Indice
I. Introduzione - II. Le molte vie dell’emigrazione - III. I paesi emergenti - IV. Giovani e sole - V. Protezionismi - VI. ...ma a tutto c’è un limite - VII. Smottamenti - Conclusioni - Bibliografia
In breve
Dai racconti sulla nascita di Milano al suo divenire una delle capitali dell’impero romano; dalla fine dell’indipendenza del ducato milanese - sotto il dominio prima spagnolo, poi austriaco e francese - alla vivacità della cultura milanese testimoniata da “Il Caffè”, il più prestigioso periodico dell’Illuminismo italiano, e all’incoronazione di Napoleone Bonaparte nel Duomo; dalle Cinque Giornate del marzo 1848, anno di rivolte e di speranze, fino al 25 aprile 1945, la Liberazione, con Milano che insorge contro il nazifascismo, memore di sé e della sua storia.
Indice
Nota dell’editore - 1. I miti di fondazione di Eva Cantarella - 2. 7 dicembre 374 Ambrogio vescovo di Milano di Franco Cardini - 3. 29 maggio 1176 Barbarossa sconfitto a Legnano di Alessandro Barbero - 4. 9 febbraio 1498: Il «Cenacolo» svelato di Pietro C. Marani - 5. 1° novembre 1535-19 dicembre 1548: Dagli Sforza agli Asburgo di Spagna di Giuseppe Galasso - 6. 1° giugno 1764: La nascita del «Caffè» di Marco Meriggi - 7. 26 maggio 1805: Bonaparte incoronato in Duomo di Antonino De Francesco - 8. 18-22 marzo 1848: Le Cinque Giornate di Ernesto Galli della Loggia - 9. 28 aprile 1906: L’Esposizione internazionale di Giuseppe Berta - 10. 25 aprile 1945: La Liberazione di Sergio Luzzatto - Gli autori
In breve
Perché ancora un libro sull’Italia e la Seconda guerra mondiale? Perché nuovi strumenti interpretativi e documenti finora inediti gettano una luce nuova sulle relazioni fra Italia e Usa, l’influenza sovietica, il passaggio dal fascismo alla democrazia. In questo volume «gli autori non si sono proposti di cambiare gli ‘eroi’ e i protagonisti del pantheon degli italiani che guidarono il paese dalla crisi del fascismo e della guerra sino alla ripresa democratica. È cambiato il modo in cui essi sono investiti da luci diverse, che mettono in ombra alcuni aspetti e ne illuminano altri, prima meno visibili. Nelle pagine del libro poco spazio hanno trovato le masse, le loro lotte, le loro sofferenze, le loro speranze. Si doveva cambiare registro e cercare di comprendere come e perché la gente comune fosse costretta a subire le regole di una gabbia costruita attorno a sé e di capire come questo involucro prendesse forma sino a diventare un limite invalicabile se non sporadicamente, con ripetuti tentativi per allentare le maglie della rete o di uscire dalla ‘muraglia cinese’ costruita attorno. Perciò in queste pagine ha trovato posto quasi soltanto l’azione di uomini: alcuni geniali, molti normali, altri mediocri, altri ancora pessimi». Ma tutti protagonisti della continuità strutturale dell’Italia in quegli anni che vanta un’anomalia: il fascismo, la guerra e la monarchia passarono lasciando meno cicatrici, e meno profonde, che in altre parti d’Europa, a dimostrazione che lo Stato nazionale era pronto a cambiare forma, non a dissolversi.
Indice
Introduzione - Parte prima La gabbia alleata: I. Usa e Italia: dalla «non guerra» ai progetti di «pace separata» - II. Equivoci e inganni di un armistizio - III. La carta sovietica - IV. Riscossa diplomatica - V. La leggenda della «svolta di Salerno» - Parte seconda Il ritorno dell’Italia sulla scena internazionale - VI. Il governo Bonomi e gli Stati Uniti - VII. Liberazione o resa tedesca? - VIII. La tentazione neutralista e Trieste italiana - Note - Indice dei nomi
IL LIBRO
Bisogna convenire con Luca Ceci, che ha fatto ampi e fortunati scavi documentari, che tutti i tentativi operati da Pio XI per impedire a Mussolini di realizzare il suo folle progetto di aggredire e conquistare uno stato sovrano come l'Etiopia furono velleitari e con scarse possibilità di essere presi in considerazione. Noi sappiamo per certo che egli giudicava come assurda e criminale la guerra all'Impero millenario e cristiano di Haile Sellassie. Ma sappiamo anche che mai denunciò pubblicamente l'aggressione fascista, perchè ogni volta che maturava un'iniziativa di pace, al minimo ostacolo subentravano in lui la prudenza e il timore di incrinare i rapporti privilegiati stabiliti con il governo di Mussolini.
Lucia Ceci racconta come la Chiesa cattolica ha affrontato il conflitto italo-etiopico, il fascismo e l’Impero. Una storia fatta di parole e di silenzi,di canali ufficiali e di vie ufficiose, di discorsi letti e mai pubblicati, molti dei quali recuperati grazie all’apertura nel 2006 dell’Archivio Segreto Vaticano. Una storia che si svolge nei palazzi e nelle piazze, sulle ambe etiopiche e nelle missioni, nei santuari e al cinematografo. Una storia che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone in Italia e conta più di trecentomila morti etiopici.
INDICE
Prefazione di Angelo Del Boca - Introduzione - I. Il conflitto italo-etiopico: una guerra giusta? - II. Il papa: dalla condanna al silenzio - III. I cattolici italiani: dalla prudenza all’esaltazione patriottica - IV. Apoteosi e devozioni clerico-imperiali - V. Il Vaticano e la guerra: silenzi pubblici, percorsi riservati - VI. Le missioni cattoliche italiane, la guerra e l’Impero - Epilogo - Note - Nota dell’Autrice - Referenze iconografiche - Indice dei nomi
Uno straordinario libro sulla vita e la morte in un campo di lavoro nazista, viste con gli occhi dei sopravvissuti. Questo libro diverrà un classico.
Saul Friedländer, Premio Pulitzer 2008
In un'aula di tribunale di Amburgo, l'8 febbraio 1972, Walther Becker, agente di polizia in pensione, attende il suo verdetto. È sotto processo per il ruolo svolto nella liquidazione del ghetto ebraico di Wierzbnik in Polonia il 27 ottobre 1942, nel corso del quale circa 4.000 ebrei sono stati mandati a morte nelle camere a gas di Treblinka, 60-80 uccisi sul posto e circa 1.600 inviati in tre campi di lavoro nella vicina Starachowice. Decine di sopravvissuti testimoniano la partecipazione di Becker all'operazione nazista. È stato visto uccidere, picchiare numerosi ebrei e ordinare che altri venissero ammazzati. In sua difesa, l'anziano signore dichiara che si è trattenuto per quarantacinque minuti nella piazza del mercato, dove gli ebrei sono stati rastrellati e caricati sul treno, per poi allontanarsi senza far nulla.
Il giudice crede a lui. I testimoni oculari sono secondo il giudice poco attendibili. Non hanno le caratteristiche di un teste «'ideale', ossia di un osservatore 'indifferente, attento e intelligente' che guarda agli eventi in modo 'disinteressato e distaccato'». Il verdetto decreta l'assoluzione e Becker esce dal tribunale da uomo libero.
«Fu un marchiano errore giudiziario, amplificato dalla ricusazione di tutte le testimonianze giudicate secondo forzati e irragionevoli parametri di perfezione, ad attirare la mia attenzione sugli ebrei di Wierzbnik e sui campi di lavori forzati industriali di Starachowice. Se Becker era sfuggito alla giustizia tedesca, sentivo che almeno meritava di finire nell'inferno degli storici».
Il caso Tobagi, le Brigate Rosse, il sequestro di Abu Omar, la ’ndrangheta al Nord: alcune delle inchieste più scottanti raccontate da un magistrato che le ha dirette in prima persona. È il momento di ripercorrere gli ultimi trent’anni di storia giudiziaria italiana e descrivere la tempesta che, tra ambiguità e silenzi, si sta abbattendo sulla nostra giustizia.
«Come è potuto accadere che a due pubblici ministeri, sino a quel momento oggetto di denunce sporte solo da mafiosi e terroristi da loro inquisiti, siano state attribuite condotte costituenti gravi reati dal presidente di un governo di centro-sinistra il cui programma elettorale prevedeva la strenua difesa della legalità? E, soprattutto, come è potuto accadere che due governi di diverso orientamento politico abbiano uno dopo l’altro apposto il segreto di Stato su notizie già universalmente note perché da tempo circolanti sul web? I fatti possono essere finalmente raccontati, in modo rispettoso tanto dei limiti di questo anomalo segreto di Stato, quanto dei diritti degli imputati». Parliamo della vicenda Abu Omar che, grazie all’indipendenza della magistratura italiana e all’obbligatorietà dell’azione penale, volute dai Costituenti e oggi seriamente a rischio, ha portato sul banco degli imputati, caso unico al mondo, appartenenti ai servizi segreti americani e italiani. Armando Spataro, che è stato protagonista dell’inchiesta insieme a Ferdinando Pomarici, la racconta in dettaglio. Come le altre importanti indagini svolte lungo 34 anni di attività professionale, da quelle sui brigatisti rossi e Prima Linea a quelle sulla ’ndrangheta trapiantata in Lombardia, per finire con il terrorismo internazionale. Una storia popolata di ricordi dolorosi e di facce ambigue, ma anche di passione civile e di persone amate.
Indice
Un libro a sessant’anni? - I. Segreti e bugie - II. A Taranto - III. Imputato Curcio. La Procura di Alessandrini - IV. Il sequestro di Abu Omar/1: dal 17 febbraio 2003 all’incriminazione della Cia - V. Guido Galli e il codice in mano - VI. Il sequestro di Abu Omar/2: dall’incriminazione della Cia a quella del Sismi - VII. Il caso Tobagi - VIII. Il sequestro di Abu Omar/3: il governo Prodi e le prime reazioni all’indagine sul Sismi - IX. I falsi misteri di via Monte Nevoso - X. Il sequestro di Abu Omar/4: governi diversi, identiche scelte - XI. Gli arresti di Moretti e Segio, i pentiti e la fine degli anni di piombo - XII. Il sequestro di Abu Omar/5: il mondo vuole sapere - XIII. La mafia in Lombardia - XIV. Da Società civile al Movimento per la Giustizia - XV. Il sequestro di Abu Omar/6: le inchieste della Procura di Brescia - XVI. Il Consiglio superiore della magistratura - XVII. Il ritorno alla Procura di Milano e l’impegno civile - XVIII. Il sequestro di Abu Omar/7: segreti e conflitti - XIX. La lotta al terrorismo internazionale - XX. Secret Service - XXI. Il sequestro di Abu Omar/8: il dibattimento - XXII. Il disastro ambientale/1 - XXIII. Presidenti degli Stati Uniti d’America - XXIV. Il disastro ambientale/2: la giustizia non trova pace - XXV. Il sequestro di Abu Omar/9: la sentenza della Corte Costituzionale e la conclusione del dibattimento - XXVI. La fine della storia - Appendice - Indice dei nomi
Essere un uomo politico nell'Atene del V secolo significava senz'altro essere presente tanto nell'assemblea che in guerra. Ma se Aristide, Temistocle, Cimone, Pericle, Nicia e Alcibiade sono diventati uomini illustri è anche perché hanno saputo costruire un'immagine pubblica in cui i loro stili di vita erano parte del loro agire politico. Plutarco ci racconta come sono cresciuti nella fama, sono stati amati, celebrati, invocati: Cimone, dopo una gioventù dissipata, apre i suoi giardini al popolo di Atene e diventa uno dei leader della vita politica. Alcibiade ama giovinetti e fanciulle in uguale misura, seduce l'assemblea, conduce la flotta e guida le processioni. Sono comportamenti che, se ora ci sorprendono, erano perfettamente integrati in un'immagine complessiva del politico dalle molte sfaccettature, spesso emotive. La storia politica della Grecia antica considera, nelle fonti antiche relative ai leader, solo alcune delle loro attività: i discorsi all'assemblea, la gestione della guerra, le proposte di legge, i conflitti con gli altri leader per l'esercizio del potere. L'autore studierà i loro costumi, o meglio: i modi in cui si comportavano, nascevano, crescevano, abitavano, pregavano, si vestivano, mangiavano, si sposavano, morivano.
Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento nasce una forma letteraria nuova che si impone come il canone contemporaneo: il romanzo. La sua invenzione coincide con il passaggio dalla lettura orale e collettiva a quella silenziosa e individuale. E trasforma il nostro modo di pensare la realtà: da quel momento il racconto diventa lo stesso universo mentale degli uomini occidentali. La storia di una trasformazione essenziale per la nostra civiltà che coinvolge tutti i lettori di romanzi ma non solo.
Indice
I. Leggere - II. La lettura ha una storia - III. I racconti e la voce - IV. Il romanzo inventato - V. Forma simbolica - Note - Ringraziamenti - Indice dei nomi
Questo volume disegna un ponte tra l’antico regime e la modernità: il lungo Ottocento, il periodo tra le rivoluzioni (americana e francese) e la prima guerra mondiale. È il luogo di formazione delle nostre idee e del nostro mondo, di cui però non va nascosto il carattere antico, in cui vanno riconosciute tutte le incrostazioni di una storia secolare. La scintilla dell’industrializzazione genera soggetti sociali nuovi, anche se al centro della scena rimangono protagonisti che poco hanno a che fare con essa: aristocratici, proprietari fondiari, professionisti, contadini, artigiani. Si affermano le idee di libertà, democrazia, diritti individuali, ma persistono imperi antichi e se ne formano di nuovi. Nel momento in cui l’eguaglianza viene posta a fondamento della vita collettiva, viene con altrettanta forza giustificata l’ineguaglianza, a tutela delle gerarchie che regolano il funzionamento della società. Prospettive diverse, in apparenza incompatibili, si sovrappongono formando un mix complesso che tocca ancora al nostro tempo sciogliere.
I saggi raccolti in questo volume delineano il percorso intellettuale attraverso il quale Rosario Villari ha contribuito, con opere fondamentali come La rivolta antispagnola a Napoli e Elogio della dissimulazione, a una nuova ricostruzione della storia d'Italia tra XVI e XVII secolo.
Il filo conduttore è la convinzione che, nel confronto con la maggiore potenza del mondo, il popolo italiano non fu allora passivo, come un diffuso luogo comune sostiene, e che la collaborazione critica e i movimenti di opposizione e di riforma coinvolsero ampi strati della società.
L'influenza dell'opera di Rosario Villari sulla visione generale della storia europea è ampiamente riconosciuta. Lo studioso americano Eric Cochrane ha paragonato il suo racconto di alcuni momenti storici alle più belle pagine di Guicciardini.
«Da più di mezzo secolo – ha scritto John H. Elliott, professore emerito di Storia moderna a Oxford – Rosario Villari è un'importante presenza nel rinnovamento della storia europea della prima età moderna e merita la nostra gratitudine».
«I patrioti italiani, che un paio di secoli fa cominciarono a sognare di trasformare una penisola attraversata da nettissime linee di divisione politiche e culturali in uno Stato unitario, sapevano che si sarebbe trattato di un compito enormemente difficile. Che si riuscisse a realizzare questo Stato nel 1861, appena quattordici anni dopo che il principe di Metternich aveva sprezzantemente parlato dell'Italia come di una mera 'espressione geografica', apparve agli occhi di molti contemporanei poco meno di un miracolo.»
Da quando è nata tra alti clamori – mandando all'aria l'equilibrio geopolitico europeo – la più giovane delle grandi nazioni occidentali è una fucina di ambizioni e frustrazioni, slanci e sconfitte, un amalgama esplosivo che la rende, ancora oggi, un autentico vaso di Pandora.
Christopher Duggan segue la lunga scia tracciata dall'idea di 'nazione' dall'Unità di Mazzini, Garibaldi e Cavour fino al principio del nuovo millennio e rintraccia quel filo rosso del destino italico che ha spinto verso l'unificazione un paese segnato da contraddizioni apparentemente insormontabili.
La lettura di queste pagine, dense e scorrevolissime, è illuminante per la sagacia con la quale l'autore sa individuare e isolare alcune insistenti linee di tendenza che, dai primi moti risorgimentali, arrivano fino ai giorni nostri.
Corrado Augias, "il Venerdì di Repubblica"
Un bel libro da cui esce il profilo storico di un'Italia con un senso precario della nazione e dello Stato.
Guido Gentili, "Il Sole 24 Ore"
La storia firmata da Christopher Duggan dà sicuramente da pensare e da penare. Un libro di fascinosa leggibilità, che diventa racconto dell'idea di Italia.
Alessio Altichieri, "Corriere della Sera"
Christopher Duggan ha uno stile brillante e colto e l'occhio dell'osservatore esterno, non velato dalla diatriba ideologica che da sempre condiziona ogni sforzo di elaborare una narrazione unitaria del paese più diviso d'Europa.
Mauro Calise, "Il Mattino"
Un saggio brillante, che spiega sia il successo ottenuto dal movimento nazionale nel costruire l'Italia, sia la lunga serie di smacchi politici che è seguita.
David Gilmour, "The Spectator"
Un'indagine esaustiva che abbraccia due secoli di storia italiana. Un vero piacere per la lettura.
"The Daily Telegraph"

