
La storia ebraica non è solo la storia degli ebrei, ma anche una parte della storia dei paesi nei quali si sono stabiliti dopo la diaspora. Nel caso dell'Italia, la presenza giudaica ha contribuito a una storia d'eccezione, essendosi radicata in tutto il territorio dall'età romana ai giorni nostri, sia pure fra alterne vicende: ora nel segno della pacifica convivenza, ora attraversando fasi critiche di discriminazione e di separazione. Dopo una prima integrazione, la cristianizzazione dell'Impero ne segna la marginalizzazione dal corpo sociale, con un netto ridimensionamento di spazi e di autonomie. La ridefinizione di status non ne arresta però la crescita e sia le fonti sia una ricca documentazione archeologico-epigrafica – qui ripercorsa regione per regione, fra catacombe, sinagoghe e vari manufatti – mostrano come gli ebrei d'Italia siano rimasti sul territorio con una nuova fisionomia, che vede infine, fra l'altro, il recupero liturgico e letterario dell'ebraico, parte essenziale della propria antica eredità culturale.
Contrabbando, edizioni pirata, concorrenza sleale, perenni difficoltà finanziarie, censura, interferenze del governo... per le case editrici e per i librai la fine dell'Ancien Régime fu un periodo burrascoso e rappresentò il tramonto di un mondo ricco e spietato, che l'autore ricostruisce attraverso il giro d'affari di un commesso viaggiatore per la Francia e la corrispondenza dei suoi clienti con la casa editrice svizzera STN, i cui preziosi archivi sono miracolosamente sopravvissuti fino ai giorni nostri.
Attraverso la storia dell'ascesa della famiglia Kaunitz dalla nobiltà provinciale ai ranghi più elevati dell'aristocrazia e della politica imperiali, Grete Klingenstein ripercorre le vicende della trasformazione dei ceti nobiliari nell'area austro-boema tra XVII e XVIII secolo, illuminando così quella stessa dell'Impero. Le vicende che ebbero per protagonisti il giudice provinciale Leo Wilhelm, il vicecancelliere Dominik Andreas e il governatore di Moravia Maximilian Ulrich, padre del futuro gran cancelliere, di Maria Teresa e Giuseppe II, vengono illustrate dall'autrice per sciogliere gli intricati nodi politici e familiari che tra Sei e Settecento legarono un ristretto gruppo di famiglie aristocratiche alla corte asburgica e ai dicasteri più importanti di un impero che si avviava ad assumere il ruolo di grande potenza europea. La radicata presenza di una mentalità di stampo mercantilista nell'area boemo-morava negli anni a cavallo tra XVII e XVIII secolo e la diffusione di un forte sentimento di ammirazione per il modello olandese, di cui i Kaunitz furono convinti sostenitori, aiutano poi a comprendere quanto sia stata aggiornata e peculiare, pur entro la cornice della tradizionale educazione aristocratica ampiamente e accuratamente illustrata nel testo, la formazione del futuro cancelliere, illuminando così anche la cultura dei vertici della amministrazione imperiale a metà Settecento.
La pubblicazione intendere mettere meglio a fuoco la figura e l'opera di un personaggio che non soltanto è stato antesignano della tutela del nostro patrimonio artistico ma che con la sua opera maggiore, ossia la "Storia delle belle arti friulane" pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1819, ha posto le basi della moderna storiografia artistica del Friuli. Il volume, oltre ad offrire un notevole contributo alla conoscenza della personalità del di Maniago e del contesto storico e culturale nel quale egli si è mosso, risponde anche all'esigenza di aggiungersi e fare da contrappunto alla pubblicazione della "Storia delle belle arti friulane", importante iniziativa editoriale che ripropone il testo preparato dall'autore per una terza edizione.
Parlare della storia messenica significa evocare, fatalmente, la vicenda del popolo ebraico la diaspora, l'agognato ritorno nella terra dei padri. Quella precisa identità culturale che è tuttavia riconosciuta facilmente ai figli di Sion, è si direbbe, altrettanto facilmente negata ai Messeni. Tre ininterrotti secoli di sottomissione alla potente Sparta, durante i quali la storia, in Messenia, si esaurisce in alcuni tentativi di ribellione all'invasore, appaiono evidentemente un tempo troppo lungo per aver consentito una reale preservazione della propria identità e della propria cultura. Quello che però sembrava un tentativo votato al fallimento (ricongiungere fra loro la Messenia libera dell'età micenea e oscura con la Messenia liberata da Epaminonda) si rivela, nell'arco di queste pagine, impresa possibile; e la cosiddetta "deculturazione" dei Messeni ci appare piuttosto un'identità culturale sommersa e silenziosa, quasi racchiusa in un bozzolo, che attende soltanto il momento di riaprirsi alla storia. "

