
Un piccolo villaggio, i fratelli, gli amici, le corse nei campi, il bagno in un fiume limpido: questa è la storia vera di Leon, quella di un mondo spazzato via all'improvviso dall'invasione dei nazisti. Quando nel 1939 l'esercito tedesco occupa la Polonia, Leon infatti ha soltanto dieci anni. Ben presto lui e la sua famiglia vengono confinati nel ghetto di Cracovia insieme a migliaia di ebrei. Con coraggio e un pizzico di fortuna Leon riesce a sopravvivere in quello che ormai sembra l'inferno in terra e viene assunto nella fabbrica di Oskar Schindler, il famoso imprenditore che riuscì a salvare e sottrarre ai campi di concentramento oltre milleduecento ebrei. In questa testimonianza rimasta a lungo inedita, Leon Leyson racconta la propria storia straordinaria, in cui grazie alla forza di un bambino l'impossibile diventa possibile. Età di lettura: da 10 anni.
"La storia ha una sua natura sfuggente ed elusiva, tende a non dichiarare le proprie leggi. Individuare i momenti nei quali Napoleone avrebbe potuto indirizzare in modo diverso la sua avventura, incanalandola verso un esito migliore, rischia di risultare arbitrario. Ma il tentativo non è inutile in vista della comprensione politica e umana di una delle vicende più affascinanti della storia moderna." Sergio Valzania ci invita a questo "azzardo storico" isolando dieci errori (ma il numero è evidentemente arbitrario e pretestuoso) commessi da Napoleone a partire dalla ripresa della guerra contro l'Inghilterra nel 1804, iniziale e rovinoso sbaglio della carriera politica e diplomatica dell'imperatore, fino alla battaglia di Waterloo, che mette la parola fine all'avventura bonapartista con una disfatta senza eguali. Napoleone fu sempre innanzitutto un militare: l'aver appreso alla perfezione il proprio mestiere, essere un valoroso soldato, gli procurò le maggiori soddisfazioni, ma lo portò anche a scegliere sempre le vie della guerra a scapito di una più promettente politica diplomatica. Le sue capacità di tattico sono fuori discussione: a determinare la sua sconfitta fu piuttosto l'incapacità di comprendere i fenomeni della geopolitica e della grande strategia, i rapporti di forza sottostanti ai conflitti maggiori, le tensioni prodotte "dalle impalpabili volontà dei popoli" che non la forza militare di un avversario più capace di lui sul suo terreno d'elezione.
Diviso tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, il Kurdistan rappresenta probabilmente uno degli scenari geopolitici più caldi del Medio Oriente. È il territorio di un popolo, i curdi, che vanta più di trenta milioni di persone la più grande "nazione" senza Stato - e che si sta rivelando un attore cruciale della regione. Nelle recenti crisi mediorientali, infatti, il "fattore curdo" si è rivelato una costante fondamentale: dalle guerre in Iraq sotto Saddam Hussein alla lotta contro il cosiddetto Stato Islamico, dal ruolo nei delicati equilibri politici turchi al conflitto siriano. Senza dimenticare che il Kurdistan è una delle regioni più ricche di petrolio. Conoscere i curdi, distinguere le loro istanze autonomiste o indipendentiste, le priorità che ne guidano l'operato nei diversi contesti statali in cui si trovano a vivere, è quindi fondamentale per comprendere cosa stia avvenendo oggi. In questo volume si offre un primo approccio globale alla "questione curda" grazie all'apporto di studiosi internazionali e alla curatela dell'lSPl, uno dei più importanti istituti di ricerca europei.
Il mondo islamico, che spesso tende a essere presentato come un universo monolitico, nasconde in realtà una cultura estremamente variegata ed eterogenea. L'esempio lampante è rappresentato dalla storica divisione interna tra sunniti e sciiti, le cui origini risalgono a ben 14 secoli fa, ai tempi della successione al profeta Muhammad. Un filo rosso che ha percorso secoli, fino ad assumere nuovo, esplosivo significato nel 1979, con la rivolta islamica sciita di Khomeini in Iran. Tuttavia, più che come scontro teologico-dottrinale, fin dall'inizio tale «scisma» si è configurato soprattutto come una lotta per l'egemonia politica ed economica... Una questione delicata e complessa che riguarda il mondo musulmano e rappresenta uno dei nodi cruciali dell'attuale scenario internazionale.
Il terrorismo - lo dice la parola stessa - basa tutta la sua potenza sul terrore e la guerra che stiamo combattendo a partire dagli attacchi del settembre 2001 non è una guerra normale. È una guerra incentrata sulla paura e sulla necessità di liberarsi dalla paura. Quali sono gli obiettivi nascosti degli americani? E quelli di al-Qaida? Soprattutto, quanto gravi sono i rischi di destabilizzazione globale? A queste domande cerca di rispondere Fabio Mini, Capo di Stato Maggiore del Comando Forze Alleate Sud Europa, attualmente comandante dell'operazione di peace keeping Nato in Kosovo e parte del comitato scientifico della rivista "Limes".
Inverno 1944, la direzione centrale dei campi di concentramento invia una richiesta all'ufficio della Gestapo di Buchenwald chiedendo del deportato Jorge Semprún, di anni venti, matricola numero 44.904. I comunisti prigionieri nel campo intercettano il messaggio e decidono di nascondere il giovane dietro l'identità di un altro detenuto agonizzante. Il ricordo di questa sostituzione serve all'autore per raccontare, dall'interno, non solo l'orrore, la sofferenza e la morte in un campo nazista, ma anche i rapporti di potere tra i detenuti, i tradimenti o gli atti di solidarietà, il ruolo del partito, l'atmosfera di una Parigi occupata, il suono di un nome, il sorriso di una donna, l'aria di una canzone, di una poesia che aiuta a vivere.
K. S. Karol, dopo aver scritto tutta la vita raccontando gli eventi del mondo, qui scrive di sé, ricostruendo la propria storia di ragazzo quindicenne, che nel 1939, allo scoppio della guerra mondiale, attraversa le linee polacche per andare a combattere nell'Unione Sovietica con l'Armata Rossa. Già ferito, gli succederà prima di essere deportato nella Siberia occidentale, di fuggirvi poi e di seguire un reparto speciale di aviazione nella battaglia del Caucaso. Sarà ferito nuovamente, passerà tredici mesi in un campo di lavoro forzato prima in Armenia e poi nel Volgalag, infine liberato trascorrerà l'ultimo anno di guerra in una fabbrica di Rostov sul Don. Dopo la vittoria rientrerà in Polonia. I grandi avvenimenti politici e la natura della società sovietica sono lo sfondo di una vicenda durata sette anni, come è stata vissuta da un gruppo di giovani: fatiche, speranze, illusioni, compromessi e amori.
Il racconto di Vittorio Foa - protagonista e testimone delle vicende italiane di questo Novecento - ci accompagna dai primi anni del secolo attraverso due guerre e una lunga pace difficile, arrivando fino all'Italia degli anni novanta. Il filo che unisce tutto il libro è la politica, vista come scelta responsabile che comprende il pensiero e l'azione; come capacità di sostenere le proprie ragioni di parte, tenendo conto al tempo stesso delle ragioni dell'altro. Tenace avversario del nazionalismo, nel quale vede la malattia del secolo e la causa continua di violenze e barbarie, Foa afferma tuttavia il valore del sentimento nazionale, dell'identità dell'Italia unita. E alla fine il senso appassionato della memoria di un secolo che scompare diventa la proposta ai nuovi lettori - anche giovani e giovanissimi - di pensare il passato alla luce della propria memoria, delle domande che la vita pone oggi a ciascuno di noi. Questa edizione propone una introduzione dell'autore.
Eugenio Scalfari - protagonista di una straordinaria iniziativa giornalistica e politica dell'Italia del dopoguerra, dal "Mondo" all'"Espresso" a "Repubblica" - ci accompagna in un viaggio nella memoria della nostra storia collettiva: la Torino di Valletta e la Milano di Benedetti e di Camilla Cederna; la Roma di Papa Pacelli e gli anni del centro sinistra; le piazze del '68 e gli anni di piombo. E attraverso la frequentazione dell'Italia "nobile" ci si rivelano nei loro aspetti quotidiani e nella loro statura intellettuale e morale figure come Mario Pannunzio, Ernesto Rossi, Adriano Olivetti, Ugo La Malfa, Raffaele Mattioli. E poi Nenni e Togliatti, Moro e Berlinguer. Accomunati, come tratto quasi antropologico, dalla vocazione a "cavalcare la frontiera" e insieme a non disperdere gli elementi più autentici della tradizione illuministica e liberale, i liberals sono stati i protagonisti di mirabili battaglie politiche. Ma se il tempo della memoria è la cifra di queste pagine, il loro sapore non si esaurisce nella rievocazione: mentre il tempo passa, esse assumono il valore di un bilancio civile e politico di trent'anni della nostra storia.
"Opera di grande giornalismo e di intensa testimonianza morale, 'ROma 1943' pubblicato per la prima volta nel 1945 - resta un modello inarrivabile di cronaca autentica, di verità essenziale che poco o nulla ha a che vedere con la tradizione spesso dissimulatrice del giornalismo italiano. Ne era consapevole lo stesso Monelli: 'Mi pare che da questa cronaca pur scarsa e lacunosa esca già una lezione terribile per tutti noi: spesso, scrivendo, mi pareva di fare un doloroso esame di coscienza'". Così, nella introduzione, Lucio Villari ci ricorda che questa consapevole onestà intellettuale è stata fondamentale per fare di "Roma 1943", a cinquant'anni dalla prima pubblicazione, un vero libro di storia. E, per il piacere del lettore, l'autore non dimentica, nel far cronaca, il gusto per l'ironia, senza lasciarsi sfuggire le situazioni paradossali che sempre si accompagnano ai drammi.
"Voglio trattare della scoperta che l'io fa dell'altro". Nel secolo che segue il primo viaggio di Cristoforo Colombo, le regioni dei Caraibi e del Messico sono lo scenario di avvenimenti fra i più sconvolgenti della storia degli uomini. Tzvetan Todorov ripercorre quelle vicende, leggendole attraverso le più famose cronache e relazioni di Cortés, Las Casas, Duràn, Sahagùn, non tanto quanto incontro-scontro fra due civiltà, quanto come scoperta e impatto.
Nel 1915, in piena Guerra mondiale, il regime dei Giovani Turchi fece deportare la gran parte degli armeni di Turchia nelle lontane terre dell'Anatolia orientale. Quasi il quaranta per cento della popolazione armena morì nel corso di poche settimane, tra marce forzate, massacri e brutalità di ogni genere. Da allora gli armeni di ogni paese ricordano quel tragico avvenimento come il primo genocidio del XX secolo. Guenter Lewy, celebre storico del nazismo, ha ricostruito la vicenda attraverso un imponente lavoro su archivi riservati e sulle testimonianze dei sopravvissuti. Il risultato è il primo, vero lavoro di storia su una delle pagine piú discusse del Novecento.