
Frutto di un decennio di ricerche, il libro ricostruisce per la prima volta integralmente l’itinerario biografico e intellettuale del filosofo e storico delle idee Isaiah Berlin (1909-1997) e svela, grazie anche a fonti inedite, l’importanza che vi ebbero gli eventi e i confronti con alcune tra le maggiori personalità del Novecento: da Weizmann a Ben-Gurion, da Churchill a Thatcher, da T.S. Eliot a Wittgenstein. Emergono così l’attenzione verso la dimensione dell’appartenenza e l’impegno sionista, la critica ai nazionalismi aggressivi e l’interesse per il pluralismo culturale, che rendono ancora attuale la proposta filosofica berliniana. La rilettura finale delle riflessioni di Berlin sul liberalismo e sul pluralismo fa dell’opera una rigorosa, ma accessibile, introduzione al suo pensiero.
Personaggio fascinoso, che la letteratura ha contribuito a mitizzare, Costanza d'Altavilla, regina di Sicilia e imperatrice del Sacro romano impero, deve molta della sua fama al figlio, quel Federico II protagonista, nel duecento, delle lunghe e sanguinose lotte fra impero e papato. La sua storia è carica di tanti interrogativi e di altrettanti misteri ai quali, anche per pregiudizi ideologici, si sono date delle risposte spesso approssimate. A tali interrogativi e ai relativi misteri l'autore, seguendo un rigoroso percorso di ricerca, in questa biografia offre delle risposte e delle chiavi interpretative che ci restituiscono un'immagine nuova e non convenzionale di una donna, tradizionalmente raccontata come capace di dominare gli eventi ma, in realtà, estremamente fragile che, suo malgrado, è stata costretta a essere attore non secondario della storia del Meridione d'Italia.
Sulle orme de "I conquistatori" di Francesco Perri, "I fatti di Casignana" - opera pubblicata per la prima volta nel 1974 - narra le vicende della lotta contadina all'indomani della Grande guerra in un paese alle pendici dell'Aspromonte per il rispetto della legge Visocchi, secondo cui ai reduci di guerra era concesso di sfruttare i terreni incolti. A Casignana, feudo della principessa di Roccella, i contadini iniziano a bonificare la foresta Callistro ma, un mese prima della marcia su Roma, la concessione delle terre viene revocata; i contadini, guidati dal sindaco socialista Filippo Zanco, occupano pacificamente la foresta; il prefetto intima lo sgombero, le forze dell'ordine attaccano e si consuma la tragedia. A fomentare la dura repressione ci pensano i figli di don Luigi Nicota, il ricco e arrogante proprietario del paese. Un romanzo in cui, con estrema obiettività e realismo scevro da ogni retorica populista, Mario La Cava indaga sulle cause della sconfitta del movimento contadino, mette in luce il contrasto di interessi tra contadini e pastori, denuncia la complicità del potere economico e politico, smaschera l'ambiguità dei traditori, si compenetra nella sofferenza dei sopravvissuti, racconta la solitudine di chi non era riuscito a guidare il suo popolo alla vittoria. Prefazione di Goffredo Fofi.
Come mai la corruzione ha così lunga vita nella storia del nostro paese? Come mai resiste ad ogni epoca e ad ogni regime politico? Come mai in questo campo non si riesce a trovare niente di veramente dissuasivo, niente che provi ad estirparla nel costume, nel comportamento, nell’atteggiamento degli attori coinvolti?
Come mai questo tratto di continuità nella storia d’Italia, questo elemento costante, capillare, quasi costitutivo del funzionamento delle istituzioni nel nostro paese, non si riesce ad interromperlo? Perché ciò che è accaduto nel passato continua ad accadere oggi? A queste domande, ricostruendo alcuni dei principali scandali dal 1861 ad oggi, provano a rispondere gli autori di Storia dell’Italia corrotta partendo dal presupposto che non c’è altro comportamento criminale che scardina di più la percezione dello Stato e ne distrugge credenza e legittimazione, al punto da definirlo “reato di corrosione e di fragilità di Stato”, perché commesso da rappresentanti dello Stato su funzioni e compiti dello Stato. La corruzione per gli autori “ha assunto nel corso della storia italiana essenzialmente il volto delle istituzioni”, non è dunque un problema della morale singola del cittadino ma della concezione dello Stato di una parte delle classi dirigenti del paese, che hanno reso l’abuso e la profittabilità del loro potere un fatto consuetudinario e diffuso, una normale modalità di esercitare la funzione politica, burocratica e imprenditoriale. Si potrebbe quasi parlare di “banalità” della corruzione in Italia.
Rocco Petrone fu il direttore del lancio dell'Apollo 11 da Cape Kennedy il 16 luglio 1969: l'uomo del «go» alla missione che avrebbe portato i primi uomini sulla Luna. Figlio di contadini lucani che avevano cercato fortuna in America, era nato a Amsterdam, New York, nel 1926. Non aveva ancora sei mesi quando il padre morì in un terribile incidente, travolto da un treno. Lo attendeva una vita di sacrifici ai quali non si sottrasse. Imponente nel fisico e vivace nell'intelligenza, si pagò gli studi lavorando. A diciassette anni fu ammesso all'Accademia militare di West Point, dove fece parte della squadra vincitrice del campionato nazionale di football. Diventato ufficiale dell'esercito americano, completò gli studi al Massachusetts Institute of Technology e divenne uno dei maggiori esperti di missili e rampe di lancio. Voluto alla Nasa da von Braun, lavorò alla costruzione del Saturno V e della mitica rampa di lancio 39 da cui partirono gli astronauti verso la Luna. Poi fu promosso direttore del programma Apollo e, al culmine della carriera, divenne il numero tre della Nasa. Mori a ottant'anni a Palos Verdes Estates, una cittadina costiera della California, dove si era ritirato per dedicarsi ai suoi amati studi sulla guerra civile americana. Prefazione di Tito Stagno.
La storia dei Florio, prestigiosa famiglia siciliana del secondo Ottocento e dei primissimi anni del Novecento, con collegamenti con i più alti vertici della finanza e dell'industria internazionale e rapporti con regnanti di tutta Europa, è espressa molto bene dal sarcastico aforisma degli americani nei confronti di quelle famiglie di immigrati «che iniziarono in maniche di camicia e, nel corso di tre generazioni, si ritrovarono in maniche di camicia». È purtroppo così! Oggi il loro nome in Italia e all'estero è ricordato soltanto da una marca di liquori e da una corsa automobilistica su strada, la Targa Florio, tra le più antiche d'Europa. Ma per l'immaginario collettivo siciliano e meridionale in genere i Florio da tempo sono entrati nella leggenda e nel mito. Rappresentano gli uomini simbolo delle capacità imprenditoriali del Sud, i tempi nostalgicamente sempre rievocati in cui anche al sud fiorivano iniziative industriali vincenti. Allora, nella seconda metà dell'Ottocento, il nome Florio equivaleva nel campo della navigazione mercantile a quelli, nei decenni successivi, degli Agnelli nell'industria automobilistica o di Berlusconi nel settore televisivo. Ed era noto in Italia e all'estero, perché i loro cento piroscafi solcavano tutti i mari del mondo e i loro prodotti (vini e tonno in scatola) conquistavano i mercati italiani e stranieri. Cancila ricostruisce le vicende della famiglia Florio da storico, senza nessuna concessione agiografica né indulgenza regionalistica, ma con rigore scientifico e rifuggendo da interpretazioni romanzesche. E tuttavia, sebbene si avvalga di una ricchissima documentazione d'archivio, più che un'opera storica, la sua sembra la storia romanzata di una famiglia, una favola antica cui manca soltanto il lieto fine.
La corte del re Luigi XVI sta per essere travolta dallo scandalo del secolo, passato alla storia come "l'affare della collana". L'intrigo, ordito da una nobildonna decaduta, assetata di denaro e bramosa di scalare i vertici dell'alta società parigina e di avere un ruolo a corte, coinvolge nelle sue trame l'ambizioso cardinale Rohan, il sedicente mago e alchimista Cagliostro, fidatissimo amico dell'alto prelato, e la stessa regina Maria Antonietta, spianando la strada alla Rivoluzione dell'89. L'affare della collana non resta confinato fra le mura dei tribunali, ma diventa subito di pubblico dominio. Le arringhe degli avvocati vanno a ruba come bestseller, molti scrittori si arricchiscono con pamphlet scandalistici venduti in migliaia di copie. La Francia si appassiona alla vicenda e si divide fra innocentisti e colpevolisti. Ma il debole re Luigi non ne coglie appieno la portata e lascia che le cose seguano il loro corso, accelerando così il tramonto e la fine della monarchia francese.
Alighiero Tondi, professore gesuita della prestigiosa Università Pontificia Gregoriana, nell'aprile del 1952 abbandona improvvisamente la Chiesa per entrare nel Partito Comunista Italiano. La sua clamorosa abiura, che tanto scalpore suscitò nell'opinione pubblica, è da sempre rimasta avvolta da un alone di mistero. Chi era realmente Tondi? Quali ragioni stavano dietro la decisione di aderire al marxismo, di predicare l'infondatezza della religione, di scrivere libri controversi che denunciavano le infiltrazioni in Vaticano da parte dell'estrema destra portandolo a diventare un acclamato tribuno che infiammava le piazze italiane? Ma i misteri su Tondi non finiscono qui. Negli anni Sessanta il Partito Comunista lo emargina completamente, abbandonandolo a se stesso, senza fornire alcuna spiegazione. Una situazione inaspettata che lo conduce ad un lungo periodo di riflessione che si conclude con un nuovo colpo di scena: il ritorno al sacerdozio. L'autore ricostruisce l'enigmatico ingresso nel Pci del 1952 e le successive rocambolesche vicende.
Il 9 dicembre 2019 si è avviata, presso l'Istituto Luigi Sturzo, alla presenza del Presidente della Repubblica e sotto l'alto patrocinio del Parlamento europeo un percorso di studi per un'attenta e doverosa rivisitazione dell'opera di Emilio Colombo. L'incontro ha rappresentato, altresì, l'occasione per presentare l'archivio personale di Emilio Colombo, recentemente acquisito da parte dell'Istituto Sturzo, e per il cui riordinamento è stata, contestualmente all'evento, firmata una Convenzione con l'Istituto Universitario Europeo di Firenze (Archivi Storici dell'Unione europea). Colombo era uno di quei giovani che a soli 26 anni entrò in Assemblea Costituente per rimanere in Parlamento fino al 1992. Operò perché la DC adeguasse i suoi comportamenti alle rapide trasformazioni della società e alle rinnovate esigenze di giustizia sociale. Fervente europeista operò in ogni occasione, e in modo concreto, per il coinvolgimento pieno nelle responsabilità sociali e politiche di ognuno dei paesi membri dell'Unione.
Pur trascorsi centocinquant'anni dalla "breccia di Porta Pia", la questione di Roma, quale Capitale dell'Italia unita, rimane attualissima. Una città che vive una pluralità di identità, essendo sede del Vaticano, dei massimi organi costituzionali italiani, di importanti organismi internazionali; una città che vive tutte le contraddizioni dei moderni agglomerati metropolitani, altamente popolati, connessi strettamente con ampie aree periferiche, con servizi pubblici (dalla sanità ai trasporti) tarati per il fabbisogno di una popolazione ben più ampia di quella residente. È chiaro come il governo di questo complesso sistema debba essere dotato di strumenti ordinamentali, amministrativi e giuridici, ma anche finanziari e urbanistici, speciali e adeguati. Il presente volume si pone proprio l'obiettivo di riaprire un dibattito organico sulla città, interpellando accademici con le più diverse competenze (giuristi, storici, economisti, urbanisti), proprio al fine di immaginare un progetto di sviluppo a lungo termine che riesca a tenere insieme capacità e contraddizioni di Roma.
In questa brillante ricostruzione della storia della civiltà, G.K. Chesterton sfida le concezioni materialistiche ed evoluzioniste del suo tempo, in particolare quelle di H.G. Wells, per affermare l'unicità dell'essere umano quale privilegiato destinatario.
Il totalitarismo nero e rosso sconfitto nel XX secolo è ricomparso nel XXI, se pure in altre forme. In Antitotalitari d'Italia Massimo Teodori si chiede come mai il termine "antitotalitario" sia stato bandito dal linguaggio storico e politico italiano mentre si parla molto di fascismo e antifascismo, elevati a concetti generali che pretendono di esaurire tutte le tendenze ideali. Con la pratica dello storico e la passione dell'intellettuale l'autore propone una memoria dei leader, dei gruppi e dei movimenti che nella Repubblica hanno animato la scena politica: liberali e socialisti, radicali e cristiani, conservatori e riformatori. Tra i precursori spiccano Croce, Salvemini e don Sturzo, tra i politici si incontrano De Gasperi, Einaudi, Sforza e Silone, quindi Saragat, Malagodi, Spinelli, Pannella e Craxi, e tra gli intellettuali Montale e Sciascia. Infine si ricordano Nicola Chiaromonte della Libertà della cultura e George Orwell di 1984, due tra le figure più significative dell'antitotalitarismo internazionale a cui durante la Guerra fredda furono rivolte le sprezzanti critiche di Togliatti.

