
Le donne che fecero parte dell'Assemblea Costituente furono solo 21. Eppure non tutti sanno che il loro contributo alla stesura della carta fu fondamentale, anche perché seppero esprimere con consapevolezza la novità della partecipazione femminile alla politica. Ancor più importante, però, è il contributo che le donne hanno dato, in oltre settant'anni, a far sì che la Costituzione diventasse realtà. Gli esempi sono innumerevoli: l'autrice ci racconta di figure come Tina Anselmi (prima donna ministro), Giulia De Marco (tra le prime 8 vincitrici del concorso per accedere alla magistratura, nel 1965), Maria Gabriella Luccioli (prima donna presidente della Cassazione), Marta Cartabia (prima donna presidente della Corte Costituzionale), E, oltre alle istituzioni, c'è la società civile: Franca Viola (la prima donna a opporsi al matrimonio riparatore con l'uomo che l'aveva violentata) e Tina Lagostena Bassi (che lottò contro la colpevolizzazione delle vittime di violenza), Luisa Spagnoli (imprenditrice), Francesca Sèrio (prima donna a denunciare reati di mafia), Bianca Piccinino (prima donna a condurre un TG), Emma Carelli (prima donna a dirigere un teatro dell'Opera), Rita Levi Montalcini (prima donna italiana a vincere il Nobel per la medicina), Lidia Beccaria Ricolfi (prima donna a testimoniare l'orrore dei campi di concentramento). Prefazione di Rosy Bindi.
Pubblicato per la prima volta alla fine del 1936, Il Vangelo della forza è a tutt'oggi una delle più lucide analisi dell'ideologia nazista. Secondo Robert d'Harcourt, fervente cattolico, la logica essenziale del nazismo si basa sulla sua volontà di sostituire lo Spirito con la Forza: è come una nuova religione che con i suoi atti di fede, la sua liturgia e i suoi riti, combatte in Germania il cristianesimo. Ad aderire con maggiore entusiasmo al progetto di Hitler sono i giovani, tanto da far scrivere a d'Harcourt che "il nazionalsocialismo si incarna nella gioventù e si confonde con essa. Le deve la sua nascita; le deve la sua durata". La fede personale nel Fürher, caratteristica generale del Terzo Reich, raggiunge il suo apice nei ragazzi e lo fa con l'assoluto candore di cui essi solo essi sono dotati. Quello dello storico non è però una condanna verso la gioventù perché, continua: "Le hanno messo un falso dio fra le braccia. Sono i suoi maestri, e non essa, i responsabili del fervore con il quale essa abbraccia un idolo, con il quale essa recita il credo del sangue e della razza".
La Rosa Bianca è il nome con cui si firmava, durante la seconda guerra mondiale, un gruppo di giovani tedeschi di diversa estrazione sociale e culturale. Di ispirazione cristiana e accomunati dal medesimo desiderio di libertà e dalla forte tensione morale, si opposero al regime nazista con pericolose azioni clandestine. Nel giugno del 1942 il gruppo diffuse un volantino ciclostilato che incitava alla ribellione e alla resistenza al nazismo in nome della libertà, della giustizia e della concordia tra i popoli. A questo volantino ne seguirono altri cinque, fino a quando, il 18 febbraio 1943, due dei giovani vennero arrestati all'interno dell'università di Monaco. La Gestapo, che aveva già incominciato a indagare, individuò anche gli altri componenti del gruppo. All'arresto seguiranno il processo e l'esecuzione capitale. In queste pagine è ripercorsa la storia di Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst e di tutti i membri della Rosa Bianca che si opposero alla barbarie del nazismo a prezzo della loro vita. Il loro ricordo - a ottant'anni dall'uccisione - è più vivo che mai.
Don Gilberto Pozzi, con l'aiuto del maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Cortile e di Nella Molinari, diede vita a Clivio (VA) a una cellula partigiana che combatté una guerra senza armi, procurando false identità a ebrei, profughi e persone invise ai nazifascisti, permettendogli così di scampare alla deportazione. Fu tra i fondatori della cellula O.S.C.A.R. (Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati), che favorì l'espatrio clandestino in Svizzera di ex prigionieri e dissidenti, e collaborò con le "Aquile Randagie", un movimento scout clandestino nato durante il Ventennio fascista. Definito lo "Schindler di Clivio", Pozzi venne imprigionato nel carcere di San Vittore a Milano e liberato grazie all'intervento del cardinale di Milano Alfredo Ildefonso Schuster; mentre il maresciallo Cortile morì nel campo di Mauthausen-Melk. Don Gilberto proseguì il suo ministero sacerdotale anche dopo la guerra e per la sua attività umanitaria ricevette l'encomio del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano.
I corridoi umanitari sono uno strumento di ingresso legale in Europa offerto a persone vulnerabili, in fuga da guerre, persecuzioni, fame. Salvano soprattutto famiglie con bambini, soggetti con disabilità, donne sole, anziani, malati. Rappresentano una grande speranza malgrado la sproporzione numerica tra i beneficiari e quanti languono in lunghi esodi tra mari, montagne, deserti. Non sono un lasciapassare per chiunque, ma poiché debolezza e patimento sono la realtà di pressoché tutti i profughi e i migranti, i corridoi hanno un significato universale. Promossi dalla società civile con l'appoggio dello Stato, i corridoi sottraggono persone sradicate ai trafficanti delle rotte illegali, ai barconi di fortuna delle traversate mediterranee, alle violenze delle rotte balcaniche, ai soprusi dei paesi canaglia, ai rovinosi rimpatri forzati. Nella forma sperimentata in Italia, hanno la caratteristica d'integrare efficacemente i beneficiari nelle comunità locali d'approdo, in un processo di sponsorship e di autofinanziamento focalizzato sulla società civile.
Pubblicato in Francia nel 1946, quando la guerra era terminata e il nazismo sconfitto, questo libro aveva uno scopo ben preciso, che non ha perso di attualità. D'Harcourt riteneva che lasciarsi alle spalle con superficialità il pericolo appena scampato fosse un grave rischio: perché l'ideologia totalitaria non tornasse mai più, bisognava invece comprenderla bene nei suoi argomenti e nelle sue motivazioni. La voce del Partito nazista risuona in queste pagine in tutta la sua lineare "razionalità-: poste alcune premesse (primato della razza, selezione naturale applicata alla società, esaltazione della forza, culto della nazionalità), ogni scelta di Hitler e dei suoi complici era solo una conseguenza.
«Sulla prima linea del fronte non ci sono atei», dice monsignor Jan Sobilo, vescovo ausiliare della diocesi di Kharkiv-Zaporizhzhia. In questo libro l'autrice, inviata di «Famiglia Cristiana» in Ucraina, ha raccolto le storie di uomini e donne, laici e religiosi, che raccontano la fede cattolica vissuta al tempo della guerra, sotto i bombardamenti: vescovi e sacerdoti, profughi, soldati, studenti, insegnanti, operatori sociali, politici e amministratori locali, compresa la voce di semplici cittadini, anche di fede ortodossa, a proposito del dramma che stanno vivendo. Da Zaporizhzhia, città del Sudest ucraino sede della centrale nucleare più grande d'Europa, a Chernihiv, vicina al confine con la Bielorussia; da Leopoli, frontiera dell'Europa e culla del cattolicesimo ucraino, alla capitale Kyiv, un viaggio nell'Ucraina devastata dalla guerra.
Sullo sfondo delle crociate, si stagliano le figure di tre eroi dello spirito, che diedero vita a uno dei movimenti più conosciuti nella storia della Chiesa: il monachesimo cistercense. San Roberto, fedele e ribelle; sant'Alberico, umile e radicale; santo Stefano Harding, razionalista e inflessibilmente leale: sono questi i padri dei monaci bianchi, cistercensi e trappisti, che applicarono in tutto il suo rigore la Regola di san Benedetto. La loro intensa esperienza spirituale rivive in queste pagine dove la biografia si sposa al romanzo. In uno stile inconfondibile, M. Raymond offre la possibilità di conoscere le radici di questo fenomeno e di scoprire il senso e la missione dei monaci silenziosi che, a più di un millennio di distanza, fanno rivivere sotto i nostri occhi l'entusiasmo e l'impegno dei loro fondatori.
Ogni volta che si cita il nome di Aldo Moro il pensiero va alle tragiche, complesse, inquietanti circostanze della sua prigionia e della sua morte. Ma questo padre e protagonista assoluto della nostra Repubblica merita di esser ricordato per quel che è stato e per il sacrificio della vita che questo suo impegno ha comportato. Questo libro racconta Moro a chi lo ricorda poco e male e a chi non lo conosce: Moro e la sua famiglia, Moro giusnaturalista, Moro padre costituente, Moro penalista, Moro uomo di governo, Moro e la Contestazione, Moro in ascolto dei giovani, Moro e i nuovi movimenti, Moro Ministro degli esteri e uomo di pace, Moro antigiustizialista, Moro vittima del terrorismo e ispiratore di una seria riflessione sulla giustizia riparativa. Tanti aspetti uniti dalla centralità della persona che ha caratterizzato la sua vita, quanto la sua azione politica e di docente, dopo averne fatto il punto centrale della nostra Costituzione. Liberiamo Moro dal "caso" che lo tiene ancora imprigionato e che ci impedisce di avvalerci della sua attualissima lezione di uomo e di cattolico, prima ancora che di politico.
8 agosto 1956: nell'aria si diffonde il suono angosciante delle sirene che annunciano un incidente alla miniera Bois du Cazier, a Marcinelle. In quel momento non si sa ancora, ma è una strage: 262 morti, di cui 136 italiani. La tragedia innesca una serie di riflessioni sulla sicurezza e accende i riflettori sulle condizioni lavorative e di vita dei minatori: sono in prevalenza stranieri che hanno lasciato i loro Paesi per fuggire dalla povertà. Qui in Belgio si sono ritrovati a svolgere un lavoro pericoloso e per cui spesso non erano qualificati, e che avrebbe poi portato tanti di loro alla morte per silicosi. A distanza di molti anni, Maria Laura Franciosi intervista i sopravvissuti e le loro famiglie, ma anche tanti altri minatori emigrati in seguito all'accordo uomo-carbone con l'Italia, e confeziona un volume prezioso che parla di miniere e lavoro, certo, ma anche di sacrificio, amore, integrazione, razzismo, malattia, speranze, passato e presente. Le vicende narrate in questo libro si intrecciano a più riprese con la storia delle Acli, le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani che, prima e dopo la tragedia, da oltre ottant'anni sono state sempre al fianco degli italiani emigrati, sostenendoli in ogni aspetto della vita professionale e quotidiana.
La saga del popolo Longobardo, dal 433 al 787 d.C. Scritta da Paolo Diacono dal 787 al 789, l'Historia Langobardorum narra fra mito e storia le vicende del suo popolo dalla partenza dalla Scandinavia all'arrivo in Italia. Il testo viene presentato in una nuova traduzione che vuole rendere leggibile il testo come un romanzo. Il libro si compone di tre parti: 1) una biografia di Paolo Diacono. Cristiano e longobardo, Paolo Diacono è il maggior intellettuale di quel popolo e le sue opere s'inseriscono nel filone storiografico ad indirizzo nazionale romano (Historia Romani) e ad indirizzo nazionale germanico (Historia Langobardorum). Universale e particolare stanno alla base della cultura europea e pertanto Paolo Diacono ne è uno dei fondatori. Non solo, ma il suo rapporto con Carlo Magno lo pone come uno dei fondatori di quella che viene chiamata rinascita carolingia. 2) la nuova traduzione dell'Historia Langobardorum. 3) Note di carattere storico in numero limitato e come guida al lettore per la lettura del testo di Paolo Diacono.
In questo libro l'autore espone il suo lavoro di ricerca sulla storia dell'Università di Reggio Emilia dal Settecento fino ai nostri giorni. L'interesse di Carlo Cipolli è rivolto soprattutto ad un periodo storico, il Settecento, oltremodo ricco di fermenti culturali ed educativi per l'Università Reggiana.