
Nel 1912 Giovanni Giolitti raccomandava "molta prudenza nell'aprire gli archivi del nostro Risorgimento", perché "non è bene sfatare leggende che sono belle". Comprensibile, forse, in un Paese ancora giovane e fragile. Purtroppo, per molti aspetti, il suo monito è stato preso alla lettera per un secolo intero e l'effetto si è esteso ben oltre i confini del racconto (epico) dell'Unità d'Italia. Così, pur con qualche virtuosa eccezione, la storiografia ufficiale e, per ricaduta, la divulgazione scolastica hanno spesso preferito accontentarsi di una versione edulcorata dei fatti, che nulla spiega di cosa sia poi diventato il nostro Paese. Eppure la dittatura dei poteri forti, il ricorso all'assassinio politico, gli usi impropri e deviati dei servizi segreti, la "trattativa" con la criminalità organizzata e altri vizi italici contemporanei hanno radici e precedenti proprio in quel pezzo del nostro passato. In questo libro gli autori hanno ricostruito alcuni fra i più interessanti misteri d'Italia, lungo un arco di sessant'anni dai giorni dell'Unità, attingendo a documenti inediti, atti giudiziari mai consultati dagli storici e preziosi archivi stranieri. Dalla "morte per salasso" di Cavour alle trame oscure dietro il regicidio di Umberto I, dall'avventura coloniale in Libia voluta dai poteri economici fino alla strage del teatro Diana a Milano, la storia d'Italia rivive in un succedersi di eventi che hanno proiettato le loro ombre inquietanti fino a oggi.
Se il buon nome e il successo della monarchia britannica dipendessero dalla gloria degli antenati, Elisabetta II rischierebbe di trovarsi a mal partito: nessuno infatti ha lavorato più alacremente di molti suoi predecessori per demolire l'immagine della dinastia. Seguendo a ritroso l'albero genealogico dell'attuale regina, ci si imbatte in una serie di veri campioni di dissipatezza e follia. Donnaioli incalliti ricattati dalle amanti come Edoardo VIII, che abdicò per sposare l'americana Wallis Simpson, o Edoardo VII, al quale la madre - la solida e severa regina Vittoria - indirizzava inutilmente accorati richiami al dovere. Genitori sadici come Giorgio I, il re arrivato all'inizio del 1700 dal principato di Hannover, che sfrattò il figlio e la nuora separandoli dai loro bambini. Scialacquatori di ricchezze come Giorgio IV, in gioventù bello e raffinato quanto il principe delle favole, che per ripianare i suoi debiti fu costretto alle nozze con una donna che gli ripugnava. Per fortuna, fra sordide guerre dinastiche e scandali di letto spuntarono anche matrimoni fortunati e figure capaci di garantire la stabilità e il successo della monarchia: come quella di Elizabeth Bowes-Lyon, l'indimenticabile Regina Madre - volontà di ferro dietro il sorriso soave che conquistò non solo il cuore del balbuziente e incerto Giorgio VI, ma anche l'affetto dell'intera nazione.
Quando, nel 1943, le armate di Hitler occuparono l'Italia, misero le mani sui più importanti tesori artistici dell'umanità. Come avevano già fatto in tutta Europa, si dedicarono al saccheggio sistematico delle bellezze del nostro Paese: capolavori del Rinascimento, tesori vaticani, preziosi manufatti antichi. Alla vigilia dell'invasione alleata, il generale Dwight Eisenhower incaricò della protezione di questo immenso patrimonio una nuova tipologia di soldato. Erano nati i Monuments Men. Nel maggio del 1944 due improbabili eroi statunitensi, l'artista Deane Keller e lo storico dell'arte Fred Hartt, partirono da Napoli per la più grande caccia al tesoro della storia. Le truppe tedesche in ritirata verso Nord, agli ordini del generale Karl Wolff, avevano infatti l'ordine di trasportare quante più possibili opere d'arte entro i confini del Reich. Giocando contro il tempo e i rischi che minacciavano i capolavori e la loro stessa vita, Keller e Hartt guidarono la loro piccola task force sulle tracce del bottino di guerra dei nazisti: reperti di età romana, tele, capolavori di Michelangelo, Donatello, Tiziano, Caravaggio e Botticelli. Un patrimonio inestimabile che strapparono al nemico con diplomazia, intelligenza e determinazione. Ricostruito con minuziose ricerche, "Monuments Men: missione Italia" conduce il lettore in un viaggio emozionante lungo lo Stivale, da Milano, dove il Cenacolo vinciano si salvò per miracolo dai bombardamenti, al cuore del Vaticano.
Alice è appena morta, lasciandosi dietro un'esistenza faticosa, segnata dalla malattia, dall'alcolismo e da un matrimonio infelice. Eppure i suoi bellissimi occhi azzurri non hanno mai perso una luce speciale. Il funerale ha riunito la famiglia, ma Tyler, il figlio minore, quello più amato, si sente un estraneo tra i fratelli che si spartiscono le posate d'argento e i pochi ninnoli. A lui, la madre ha lasciato un'eredità ben più preziosa: la "Vera Cosa Bella" della sua vita, una vecchia scatola, dove per quarant'anni ha conservato gelosamente un album consunto e un pacchetto di lettere d'amore. Ricordi di un altro tempo, il 1941, quando Alice, la debuttante più incantevole di Montreal, incontrò Jens, un giovane pilota norvegese, scampato all'invasione nazista e arrivato in Canada per completare l'addestramento. Prima di partire per l'Europa, le giurò che nulla gli avrebbe impedito di tornare da lei e le chiese di aspettarlo. E quando venne catturato dai tedeschi, pur di mantenere fede a quella promessa, prese parte alla "Grande fuga", la stessa portata al cinema da Steve McQueen, che fu l'evasione più coraggiosa e drammatica mai tentata in un campo nazista: settantasei uomini coinvolti, cinquanta fucilati e solo tre che riuscirono a fuggire... Seguendo la traccia delle lettere tra il Canada e la Norvegia, Tyler Trafford ha ricostruito la storia di questo amore puro e ostinato, che non ha ascoltato le ragioni della convenienza e della guerra, e ha riportato alla luce un'epoca mai dimenticata.
La letteratura sulla Grande guerra è così ampia che tutto sembra sia già stato scritto. Invece Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, superando le secche delle ricostruzioni ufficiali e delle celebrazioni per il centenario, hanno scoperto nuovi, interessanti elementi avventurandosi su un fronte poco esplorato se non, addirittura, segreto: quello dell'intelligence civile, militare e diplomatica, che ha combattuto una "guerra nella guerra", inserendosi nel gioco geopolitico delle nazioni più potenti. Per la prima volta, in uno scontro militare è indispensabile conoscere il nemico e indirizzare l'opinione pubblica. Ecco perché, anche in Italia, nella delicata fase della neutralità, si sviluppano lo spionaggio e il controspionaggio, con la loro rete di agenti segreti, agenti d'influenza e infiltrati. Gli autori ricostruiscono alcune delle storie più interessanti della nostra intelligence, quelle degli irredentisti che lavorano clandestinamente per strappare il Trentino agli austriaci, degli ambasciatori di ingegno capaci di spostare gli equilibri politici, dei "corvi" del Vaticano che congiurano a favore degli imperi centrali. La loro inchiesta, basata su informative riservate, diari privati e memorie dei personaggi più o meno noti che si muovono sul palcoscenico, conduce il lettore nelle trincee e nei palazzi del potere, nei tribunali e negli uffici dove si studiano i cifrari. Una cronaca che fa riemergere gli episodi più oscuri e le pagine censurate della nostra Storia...
In una tiepida sera di fine estate, nel cortile di una cascina a Monte Sole, un vecchio mostra al nipote un tesoro fatto di fotografie ingiallite, mappe militari consunte, cartine geografiche, carte processuali segnate dall'uso. Testimonianze e ricordi di una storia avvenuta settant'anni fa, di cui il nonno, nella sua comunità, è diventato il custode. È la storia di una lunga estate di sangue, quella del 1944: per contrastare l'avanzata delle truppe alleate, i tedeschi rinforzano le difese lungo la linea Gotica e intanto pianificano una persecuzione spietata delle brigate partigiane. Il compito è assegnato a una divisione speciale delle SS combattenti, che viene lanciata contro i "banditi" come su un fronte di guerra: i borghi in cui si nascondono i ribelli devono essere rasi al suolo, la popolazione eliminata come complice. Nei piccoli paesi dell'Appenino fra Toscana ed Emilia - Sant'Anna di Stazzema, Bardine, Vinca, Casaglia, Marzabotto - il beffardo suono di un organetto annuncia l'arrivo dei militari della divisione assassina e dà inizio al martirio di centinaia di vecchi, donne e bambini. Il nonno ha ancora negli occhi l'orrore conosciuto nella sua infanzia, ma il suo racconto ha la lucidità di chi per decenni si è dedicato a ricostruire i fatti e individuare le responsabilità dei singoli, a seguire i processi e denunciare i silenzi e le omissioni di giudici e politici.
A quasi quarant'anni dal ritrovamento del cadavere dello statista democristiano in una R4 rossa, il caso Moro resta una pagina aperta, scritta e riscritta innumerevoli volte. Nuove rivelazioni, denunce e smentite hanno acceso ripetutamente i riflettori sull'assassinio che ha determinato il destino politico del Paese, disseminando il quadro investigativo di interrogativi ed enigmi. C'erano davvero personaggi estranei alle Brigate Rosse nel commando in azione in via Fani, e come si spiega la presenza sul posto del colonnello del Sismi Camillo Guglielmi? Qual è stato il ruolo dello psichiatra statunitense Steve Pieczenik, presunto artefice della strategia dell'intransigenza, e quale significato si deve attribuire agli errori e alle goffaggini dell'unità di crisi del Viminale? È esistita una centrale organizzativa del terrorismo a Parigi, ed è fondata la congettura di un complotto internazionale per impedire l'entrata dei comunisti nel governo italiano? Cercando di ricomporre il complesso mosaico di quanto accadde fra il 16 marzo e il 9 maggio 1978, Pino Casamassima ha messo a confronto il racconto dei brigatisti, le dichiarazioni processuali, le testimonianze dei politici e i risultati delle indagini. Ha liberato la lettura dei fatti dalle interferenze, le manipolazioni, le contraddizioni che hanno ostacolato il raggiungimento della verità e smontato pezzo per pezzo le varie tesi, più o meno plausibili o fantasiose, che si sono susseguite sulla vicenda...
Nella storia d'Italia, le zone oscure sono presenti fin dalle origini, dall'Unità. A fronte di un Risorgimento celebrato retoricamente dalla storiografia ufficiale, i documenti raccontano degli aiuti dati a Garibaldi dalla massoneria, del ruolo delle potenze straniere, della "guerra sporca" combattuta dall'esercito piemontese contro le popolazioni meridionali. Altrettante ombre si allungano sulla morte di Cavour, l'assassinio di Umberto I, le bombe del 1922 che spianarono la strada alle Camicie nere. Con i due volumi qui riuniti, "1861" e "Intrighi d'Italia", gli autori iniziano a demolire le leggende e le menzogne di Stato e a scrivere una cronistoria meno lacunosa e opaca.
Quando c'era Lui, il Duce, non solo i treni arrivavano in orario, ma si poteva lasciare aperta la porta di casa, perché l'ordine e la legalità erano così importanti da valere persino il sacrificio della libertà... L'immagine di un potere incorruttibile, costruita da una poderosa macchina propagandistica, ha alimentato fino a oggi il mito di un fascismo onesto e austero, votato alla pulizia morale contro il marciume delle decrepite istituzioni liberali. Ma le migliaia di carte custodite nei National Archives di Kew Gardens raccontano tutta un'altra storia: quella di un regime minato in profondità dalla corruzione e di gerarchi spregiudicati dediti a traffici di ogni genere. A Milano, Mario Giampaoli, segretario federale del Fascio, e il podestà Ernesto Belloni si arricchiscono con le mazzette degli industriali e con i lavori pubblici per il restauro della Galleria, coperti dall'amicizia col fratello di Mussolini. Il ras di Cremona Roberto Farinacci conquista posizioni sempre più importanti tramite una rete occulta di banchieri, criminali e spie. Lo squadrista fiorentino Amerigo Dumini tiene in scacco il governo con le carte sottratte a Giacomo Matteotti dopo averlo assassinato - che provano le tangenti pagate alle camicie nere dall'impresa petrolifera Sinclair Oil. Utilizzando i documenti della Segreteria Particolare di Mussolini e quelli britannici desecretati di recente, gli autori ricostruiscono l'intreccio perverso tra politica, finanza e criminalità nell'Italia del Ventennio.
Auschwitz, maggio 1944: sulla lunga banchina affiancata alle porte dei forni crematori, affollata di migliaia di ebrei appena arrivati dall'Ungheria, un militare osserva due bambine vestite di un identico abitino rosso, strette alle mani della madre. «Sono gemelle?» chiede. Avuta la risposta affermativa, le trascina via. Eva si salva così dalla camera a gas, destinata, con Miriam, a diventare una cavia umana nel laboratorio dove Josef Mengele compie i suoi esperimenti genetici. Ha dieci anni e molta paura. Per sei mesi, insieme ad altre coppie di gemelli, subisce test, trasfusioni, iniezioni di virus e medicinali. Vede i suoi compagni morire a seguito di operazioni e amputazioni. Ma è determinata a tornare a casa e riesce, insieme alla sorella, a sopravvivere fino all'arrivo degli Alleati. A sedici anni è in Israele, a ventisei negli Stati Uniti: gli incubi notturni sono scomparsi, ma non l'odio per gli aguzzini, la costante sensazione di essere indifesa e impotente, la sofferenza causata dai ricordi, che vengono sepolti in un angolo della memoria. Finché l'incontro con un ex nazista fa riemergere il dolore, ma mostra a Eva una nuova strada, il perdono, che libera dal peso del passato non i carnefici, come si crede, ma le vittime, rendendo loro il potere sulla propria vita. L'odio la incatenava agli abusi subiti, il perdono le permette di andare avanti, senza dimenticare quel che è stato. Di guardare quella bambina fotografata dietro il filo spinato del campo di sterminio senza essere sopraffatta dall'angoscia. Di ottenere che due criminali ammettano pubblicamente le proprie colpe.
Sul finire dell'ottobre 2001, una telefonata da Padova conduce Giampaolo Pansa a conoscere una signora quasi ottantenne: Alba M., pediatra in pensione. Dall'incontro nasce questo libro, la storia di uno dei giovani che, nell'autunno 1943, scelsero di combattere nell'esercito della Repubblica sociale. L'autore racconta le vicende di Bruno A., uno studente di Parma scaraventato nel mattatoio della guerra civile, seguendo, giorno dopo giorno, il suo viaggio dentro l'incendio italiano.
La cornice in cui si inserisce la ricostruzione dei tanti eventi ripercorsi nel volume vede Giampaolo Pansa confrontarsi con Livia, una brillante funzionaria della Biblioteca Nazionale di Firenze, che a suo tempo aveva svolto ricerche sui fatti sanguinosi dell'immediato dopoguerra. Assieme a lei, l'autore si avventura su un terreno minato, socchiudendo porte che ancora oggi molti vorrebbero tenere sbarrate: l'accusa di revisionismo è sempre in agguato per chi, pur condividendo le stesse posizioni dei vincitori, vuole scrivere tutta intera la storia. Pansa non se ne cura e indaga nelle pieghe di episodi e circostanze che videro migliaia di italiani vittime delle persecuzioni e delle vendette di partigiani e antifascisti.