
Per molto tempo gli storici hanno dato per scontato ciò che era evidente ai testimoni dell'epoca: che la rivoluzione francese fu causata dalle idee radicali dell'Illuminismo. Negli ultimi decenni gli studiosi hanno invece cominciato a sostenere che la rivoluzione venne portata avanti dalle forze sociali, dalla politica, dall'economia o dalla cultura; da quasi tutto insomma, escludendo però i concetti astratti di libertà e uguaglianza. In questo libro, uno dei maggiori storici dell'età dell'Illuminismo restituisce alla storia intellettuale della Rivoluzione la sua legittima centralità. Attingendo copiosamente a fonti di prima mano, Jonathan Israel ricostruisce il gigantesco dibattito intellettuale che produsse e accompagnò le varie fasi della Rivoluzione francese, dimostrando come tali idee divisero i capi rivoluzionari in blocchi ideologici violentemente opposti, e come questi conflitti sfociarono infine nel terrore. Nella rivoluzione culminarono gli ideali di emancipazione e di democrazia dell'Illuminismo, se si concluse diversamente è solo perché tali idee vennero tradite.
Nel 1945, all'indomani della liberazione, i militari sovietici che controllavano il campo per ex prigionieri di Katowice, in Polonia, chiesero a Primo Levi e a Leonardo De Benedetti, suo compagno di prigionia, di redigere una relazione dettagliata sulle condizioni sanitarie del Lager. Il risultato fu il "Rapporto su Auschwitz": una testimonianza straordinaria, uno dei primi resoconti sui campi di sterminio mai elaborati. La relazione, pubblicata nel 1946 sulla rivista scientifica "Minerva Medica", inaugura la successiva opera di Primo Levi testimone, analista e scrittore. Nei quattro decenni seguenti, Levi non smetterà mai di raccontare l'esperienza del Lager in testi di varia natura, per la maggior parte mai raccolti in volume. Dalle precoci ricerche sul destino dei propri compagni alla deposizione per il processo Eichmann, dalla "lettera alla figlia di un fascista che chiede la verità" agli articoli apparsi su quotidiani e riviste specializzate, "Così fu Auschwitz" è un mosaico di memorie e di riflessioni critiche dall'inestimabile valore storico e umano. Una raccolta di testimonianze, indagini e approfondimenti che, grazie alla coerenza, alla chiarezza dello stile, al rigore del metodo, ci restituiscono il Primo Levi che abbiamo imparato a riconoscere come un classico delle nostre lettere.
"Questo volume costituisce una sorta di ricognizione, una storia dell'arte in Italia e dell'arte prodotta da artisti italiani all'estero lungo due secoli, a partire dal 1400. Abbiamo puntato alla completezza piuttosto che all'enciclopedismo; abbiamo fatto scelte e fissato limiti, in modo da poterci concentrare su singoli oggetti e monumenti. Il testo è stato organizzato secondo una sequenza cronologica neutrale, piuttosto che per capitoli costruiti intorno alle carriere dei singoli artisti, anche per sottolineare i limiti dell'approccio biografico e per indicare possibili alternative. La scrittura storica è la costruzione di una narrazione e si possono narrare storie differenti su ognuna delle opere prese in considerazione: la vita del suo autore, l'interesse del compratore, o committente, la tradizione che sta dietro a quel soggetto, la risposta del pubblico e così via. Ogni capitolo intende mettere in risalto le circostanze e le aspettative che definiscono i momenti storici in cui l'opera venne eseguita, nonché i temi e i problemi condivisi da oggetti coevi anche piuttosto diversi fra loro. Così, al singolo capitolo corrisponde un tema che le opere realizzate in un particolare decennio si prestano particolarmente bene a esplorare. La produzione di immagini nella cultura del Rinascimento fu guidata dalla memoria di immagini precedenti e controllata da supposizioni spesso taciute circa il formato, lo stile, la tipologia..."
Tra XI e XIII secolo, nel Regno di Sicilia, in virtù di una realtà storica e culturale arricchita da una circolazione particolarmente intensa di uomini e idee, acquista evidenza esemplare il progressivo declino dell'antica concezione del mondo, che considerava l'armonia di uomo e natura come regolata da forze inviolabili, alle cui leggi ogni essere vivente doveva fatalmente soggiacere. Analizzando scrupolosamente la struttura fisica del territorio, degli impianti urbani, delle strutture edilizie, Tramontana va in cerca dei rapporti specifici che legano gli uomini del tempo all'ambiente, agli animali e alle piante. Ne risulta un vasto spaccato antropologico-culturale che indaga ogni aspetto della vita umana, ricostruita a partire da vicende e ruoli, mentalità, norme della convivenza quotidiana, bisogni e desideri, abitudini alimentari e sessuali, paure e strategie di sopravvivenza. Dominare la natura, infatti, non era più un peccato, ma un miracolo. E credere nei miracoli era il primo passo per renderli possibili, e per strappare il mondo dalla sua tradizionale immutabilità.
"Ci sono luoghi", ha scritto il poeta Iosif Brodskij, "che, esaminati su una mappa, ti fanno sentire per un breve istante un'affinità con la Provvidenza, luoghi in cui la storia è inevitabile, luoghi in cui la geografia provoca la storia". Il bacino del Mediterraneo è costellato di simili luoghi e per millenni ha prodotto alcune delle più sorprendenti vicende storiche e culturali del pianeta. Questo libro è la più completa e aggiornata sintesi interpretativa dell'evoluzione del Mediterraneo, dai primi insediamenti umani e l'origine dell'agricoltura e della metallurgia fino al sorgere delle antiche civiltà: egizia, levantina, minoica, micenea, fenicia, etrusca, greca arcaica. Il Mediterraneo possiede requisiti non comuni che ne spiegano il precoce sviluppo: è il più grande mare interno del mondo ed è prossimo al nucleo fluviale nei pressi del quale si sono diffuse le prime civiltà. Non c'è quindi da meravigliarsi se le società che vi si affacciavano si siano rivelate eccezionali, e che, come importanti campagne archeologiche hanno evidenziato, il "Mare di mezzo" custodisca le fonti più ricche e preziose per lo studio delle culture antiche.
Questo breve scritto, ormai considerato un classico della letteratura post-clandestina, racconta della retata nazista nel Ghetto di Roma, che nel volgere di una mattina si concluse con la deportazione di mille ebrei. Lettori e critici lo hanno giustamente accostato ai primi capitoli della "Storia della Colonna Infame" per la qualità dello stile che si accompagna al valore documentario. Con una prefazione di Natalia Ginzburg.
"Dal 13 marzo 2013 siede sull'antica cattedra di Pietro un pontefice che, primo nella storia, ha scelto il nome di Francesco, il santo che ancora oggi tutti associano all'amore nei confronti dell'ancor più antico miracolo della natura creata e dei suoi animali. Certo, i tempi cambiano, e l'enciclica Laudato si' del 2015 è stata debitamente definita 'ecologista' dai media per le novità che contiene. Ma in realtà, papa Francesco si riallaccia a una tradizione, tanto remota quanto ininterrotta, che associa animali e pontefici in un rapporto simbolico e metaforico di stupefacente coerenza, pur nell'estrema varietà dei messaggi. Una storia, anzi un insieme di storie per narrare le quali nessuno strumento ci è parso altrettanto opportuno della più veneranda delle enciclopedie: un bestiario. Nel corso delle pagine che seguiranno, cercheremo di costruirne uno assai particolare, popolato di colombe, draghi, cavalli, asini e cammelli, pappagalli, fenici e pavoni, aquile, leoni, leopardi, corna di ceraste e corni di unicorni, oltre che di orsi ed elefanti, allo scopo di comprendere in qual modo tutti questi animali abbiano contribuito a creare e poi accompagnato - talvolta senza soluzione di continuità e per molti secoli - l'autoaffermazione simbolica del papato nel suo divenire storico e istituzionale; oppure, al contrario, siano stati usati per criticare o delegittimare il pontefice e la Chiesa".
Nel 1915, in piena Guerra mondiale, il regime dei Giovani Turchi fece deportare la gran parte degli armeni di Turchia nelle lontane terre dell'Anatolia orientale. Quasi il quaranta per cento della popolazione armena morì nel corso di poche settimane, tra marce forzate, massacri e brutalità di ogni genere. Da allora gli armeni di ogni paese ricordano quel tragico avvenimento come il primo genocidio del XX secolo. Guenter Lewy, celebre storico del nazismo, ha ricostruito la vicenda attraverso un imponente lavoro su archivi riservati e sulle testimonianze dei sopravvissuti. Il risultato è il primo, vero lavoro di storia su una delle pagine piú discusse del Novecento.
Con le guerre civili si concludono i sette secoli della repubblica e comincia la nuova storia dello stato romano che dominerà l'area europea e mediterranea fino al v secolo. Ricostruendo le fondamentali tappe dell'evoluzione dell'Impero l'autore si sofferma in particolare sul ruolo strutturale svolto dalle legioni romane dislocate nelle varie province, a partire dal momento in cui l'esercito divenne permanente. A esse, infatti, gli imperatori dovranno tre fondamentali aspetti del loro potere: il mantenimento della pace all'interno dei territori e la sicurezza dei confini attraverso il ricorso, sovente, a brutali pratiche di repressione di ogni focolaio o movimento di resistenza che rischiasse di rimettere in discussione la pax romana-, un'importante funzione di controllo e approvvigionamento delle risorse, di interventi di natura fiscale e rimessa finanziaria; e infine, ,una funzione di intermediazione culturale, se è vero che, al seguito delle legioni, fu la cultura romana in tutte le sue espressioni - da quella architettonica e ingegneristica a quella politica e letteraria, da quella religiosa e istituzionale a quella artistica e filosofica - a raggiungere popoli lontani e diversi, che venivano cosi progressivamente incorporati all'interno di un sistema di valori e riferimenti unitario e omogeneo.
Questo libro offre una ricostruzione d'insieme del periodo compreso tra il in e il vii secolo, dall'ascesa al trono di Diocleziano alla nascita dell'Islam. Si tratta di una delle epoche più complesse e decisive per le sorti dell'Europa e del bacino del Mediterraneo, nel corso della quale avvengono fenomeni fondamentali, come la definitiva consacrazione della Chiesa romana in quanto istituzione avviata a dare il cambio, sul piano del governo delle popolazioni, allo stesso Impero romano, le grandi crisi politico-economiche, le invasioni barbariche con le loro devastanti conseguenze demografiche e sociali, l'affermazione del diritto dal codice teodosiano a quello di Giustiniano, la nascita dei regni romano-barbarici, preludio dell'età medievale. Epoca dunque di convulsioni, sconvolgimenti, trasformazioni e crisi, nel corso della quale, avvengono, o almeno cominciano a impiantarsi, fenomeni e processi religiosi, culturali, intellettuali, artistici ed economico sociali, che risulteranno decisivi per il mondo che verrà poi. L'autore non trascura infatti pagine solitamente collocate in secondo piano, come il tentativo di restaurazione del paganesimo in veste filosofica a opera di Giuliano l'Apostata, le varie risorgenze intermittenti dei culti orientali e il lavoro di sintesi svolto dalle correnti gnostiche, o la diffusione delle scuole filosofiche di matrice ellenistica in tutto il bacino del Mediterraneo, fino alla definitiva chiusura della scuola di Atene.
"I racconti sulle origini di Roma erano già antichi quando i primi autori della letteratura latina - storici come Fabio Pittore o poeti come Nevio provvidero a fissarli per la prima volta in forma scritta, nella seconda metà del III secolo a.C, e nei secoli successivi hanno continuato senza sosta a evolversi, modificarsi, arricchirsi. È solo il naufragio di questa amplissima produzione letteraria, della quale possediamo oggi soltanto una manciata di frammenti, ad aver artificialmente semplificato il quadro, inducendo l'erronea opinione che la variante infine affermatasi come standard fosse anche l'unica elaborata dalla cultura latina. In realtà, su quel segmento della propria vicenda più remota i Romani avevano lavorato per secoli: e come sempre accade nel caso del mito, questo lavoro aveva prodotto una miriade di varianti, di sviluppi rimasti isolati o invece di tradizioni parallele che convivevano fianco a fianco." (dall'introduzione di Mario Lentano)
Come ogni dramma teatrale, ciò che manteneva alta la tensione degli spettatori era l'incertezza dell'esito. Erano in gioco due vite, quella del corpo e quella dell'anima e tutte e due rimanevano in pericolo fino alla fine: una fine che si prolungava oltre l'esecuzione, quando il corpo rimaneva esposto alla folla, talvolta squartato e infilzato sulle picche talvolta pendente dalla forca, talvolta ancora "sparato" dai chirurghi nel rito della "notomia" pubblica. La sorte del corpo e quella dell'anima entrarono a far parte dei dialoghi che si svolsero tra il condannato e la folla per incanalarsi poi all'interno del confronto tra il condannato e gli esperti nell'arte del conforto, i membri di confraternite che si specializzarono in questa funzione e che, fiorite inizialmente nell'Italia centrosettentrionale fra Trecento e Quattrocento, si diffusero in seguito in tutta Europa.