
Le fotografie dell'emigrazione regionale in Belgio, reperite nell'Archivio Multimediale della Memoria dell'Emigrazione Regionale (AMMER) o fornite dalle comunità gemellate del Friuli Venezia Giulia e della Vallonia, si riferiscono in prevalenza al secondo dopo-guerra. Il volume si apre con un contributo metodologico sulla fotografia di famiglia e di emigrazione e prosegue con una presentazione dei temi della mostra e un approfondimento storico. Il catalogo dell'esposizione itinerante raccoglie fotografie che documentano l'ambiente della miniera ed altri luoghi di lavoro. Completano il percorso le immagini dell'intimità familiare e quelle dei momenti d'incontro fra corregionali emigrati.
Il presente volume intende essere uno strumento didattico utile a contestualizzare e approfondire una vicenda che, pur costituendo un’eccezione durante la Shoah, offre un importante esempio di riflessione e speranza soprattutto per le giovani generazioni. Si tratta della testimonianza dei fratelli Eugenio e Giacomo Sonnino, salvati dal Prof. Giuseppe Caronia che, tra il 1943 e il 1944, diresse la Clinica di Malattie Infettive del Policlinico di Roma. Quell’incarico, lungi dall’essere un riconoscimento alla sua carriera, era la conseguenza della persecuzione subita fin dai primi anni del fascismo, che gli costò il trasferimento dalla Clinica pediatrica, centro delle sue ricerche, e la perdita della cattedra all’Università di Roma. Caronia usò il suo reparto come rifugio per sottrarre alla deportazione del 16 ottobre 1943 e dei successivi rastrellamenti un centinaio di persone: ebrei, antifascisti, disertori. Dopo la Liberazione fu rettore dell’Università di Roma, membro dell’Assemblea costituente, deputato per la Democrazia cristiana e consigliere comunale della capitale. Morì nel 1977. Nel 1998 gli fu conferita l’onorificenza di ‘Giusto tra le Nazioni’. In questo contesto, rilevante è la testimonianza dei figli di Eugenio e Giacomo Sonnino, Mara ed Eliseo, che leggono e interpretano il passato con lo sguardo rivolto al futuro. Completa il volume il documentario Non dovevamo essere qui, frutto dell’intervista ai fratelli Sonnino e ultimo impegno di Eugenio dettato dall’urgenza di trasmettere un lascito affinché la testimonianza del salvataggio della loro famiglia non andasse perduta.
Sono raccolti in questo volume gli atti del Convegno sui distretti industriali, organizzato nel 1997 presso la Facoltà di Economia dell'Università di Udine. L'incontro, aperto sia ai contributi teorici che alle testimonianze di operatori economici e istituzionali, ha permesso di comprendere meglio i vantaggi competitivi ancora presenti nei distretti industriali friulani e di delineare possibili coerenti interventi di sostegno allo sviluppo della struttura industriale della regione.
Parlare della storia messenica significa evocare, fatalmente, la vicenda del popolo ebraico la diaspora, l'agognato ritorno nella terra dei padri. Quella precisa identità culturale che è tuttavia riconosciuta facilmente ai figli di Sion, è si direbbe, altrettanto facilmente negata ai Messeni. Tre ininterrotti secoli di sottomissione alla potente Sparta, durante i quali la storia, in Messenia, si esaurisce in alcuni tentativi di ribellione all'invasore, appaiono evidentemente un tempo troppo lungo per aver consentito una reale preservazione della propria identità e della propria cultura. Quello che però sembrava un tentativo votato al fallimento (ricongiungere fra loro la Messenia libera dell'età micenea e oscura con la Messenia liberata da Epaminonda) si rivela, nell'arco di queste pagine, impresa possibile; e la cosiddetta "deculturazione" dei Messeni ci appare piuttosto un'identità culturale sommersa e silenziosa, quasi racchiusa in un bozzolo, che attende soltanto il momento di riaprirsi alla storia. "
Il volume considera alcuni aspetti significativi della storia economica e demografica del Friuli tra la caduta della Repubblica di Venezia e la fine della dominazione austriaca. Le linee essenziali di questa complessa fase storica sono ormai note, ma numerose e vaste restano le zone d'ombra. I contributi raccolti nel volume suggeriscono nuove piste di ricerca, segnalano fonti documentarie ancora in parte inesplorate e offrono numerosi elementi di riflessione critica per il dibattito storiografico.
I contributi raccolti nel volume forniscono alcune tessere per ricostruire il complesso mosaico della storia demografica del Friuli tra XVI e XIX secolo: Marco Breschi, "Linee di ricerca per una storia della popolazione del Friuli fra XVI e XIX secolo"; Alessio Fornasin, "Diffusione del mais e alimentazione nelle campagne friulane del Seicento"; Alessandra Peruzzi, "La demografia del patriziato friulano"; Marco Breschi, Aleksej Kaltz e Elisabetta Navarra, "I friulani a Trieste (sec. XVIII)"; Marco Breschi e Nicola Serio, "Case e famiglie a Udine nell'anno 1809"; Nicola Serio, "Demografia e territorio nel Friuli del XIX secolo"; Marco Breschi, Giovanna Gonano e Claudio Lorenzini, "Il sistema demografico alpino". "La popolazione della Carnia", 1775-1881; Daniela Marino, "Mortalità infantile in una comunità di montagna. Treppo Carnico (1834-67)"; Matteo Manfredini e Francesca Morassi, "Matrimonio e comportamento nuziale in un villaggio carnico. Cercivento", 1867-1900.
Lo spirito familiare nello Stato e nella società apparso nel 1910 a Lille con il titolo L'Esprit Familial dans la Maison, dans la Cité et dans l'Etat, è tratto dal secondo volume de Il problema dell'ora presente: Antagonismo di due civiltà, una grande opera che espone la teologia della storia di mons. Delassus, pubblicata nel 1904, con una lettera di elogio del cardinale Rafael Merry del Val.
Nel quadro dell'attacco crescente alla famiglia e alla società intera, le Edizioni Fiducia propongono un'edizione critica dell'opera di mons. Delassus, curata da Fabio Fuiano e preceduta da un'introduzione di Roberto de Mattei, per mettere a disposizione dei lettori un vero e proprio tesoro della letteratura cattolica del XX secolo.
Marc Cooper viveva in Cile all'epoca del golpe militare che ha sovvertito il governo di Salvador Allende, per il quale lavorava come traduttore. A venticinque anni dagli avvenimenti che lo hanno costretto alla fuga, Cooper torna in Cile, descrive un paese che è solo in apparenza democratico, osserva con uno sguardo memore del passato una società che ha subito fortissimi traumi, ancora non rimarginati. "Io e Pinochet" racconta i momenti decisivi del governo di Allende, il terrore del golpe, la delusione di una pseudodemocrazia fino all'arresto di Pinochet.
Due uomini a confronto. Rithy Panh, regista scampato al genocidio dei Khmer rossi, e il boia Duch, pezzo grosso del regime di Pol Pot, capo del centro di tortura e sterminio S21. Partendo dal suo lavoro di documentarista impegnato a cercare la verità e conservare la memoria, Rithy Panh racconta questo incontro allo scrittore Christophe Bataille, coautore del libro. Figlio di un funzionario del ministero dell'Educazione del vecchio regime, dunque "popolo nuovo" (da rieducare e perseguitare) secondo la sinistra denominazione della Kampuchea democratica, Rithy Panh ha vissuto la deportazione, la malattia, gli stenti. Nel giro di pochi mesi ha visto morire di fame suo padre, i suoi nipotini, e poi, man mano, tutta la sua famiglia, sterminata silenziosamente insieme a milioni di altri cambogiani. Il racconto della sua infanzia, della sua preadolescenza, è la materia di questo libro prezioso per il valore di testimonianza. Stile asciutto ed emozionante, rigoroso come il suo manifesto poetico: "Grazie al cinema, la verità salta fuori: il montaggio sconfigge la menzogna". Menzogna sempre in agguato fra negazionismi, complicità, errori e imbarazzi dell'Occidente. "L'eliminazione" è dunque un libro di storia, è un libro di formazione, è un libro di indagine sull'uomo torturatore e sull'uomo sopravvissuto, ed è anche un libro di "avventura". L'avventura di un ragazzino che ce la fa e che racconta, dolorosamente ma senza risparmiarsi: è nostro dovere ascoltarlo e imparare.
Nell'agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l'Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi. Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illude che "prima che le foglie cadano" il conflitto sarà finito. Invece non finisce. E quando come un'epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell'oblio, schiacciato dall'epopea di Verdun e del Piave. Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerra mondiale, come se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria. Paolo Rumiz comincia da lì, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica. E da lì continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell'Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina. Alla celebrazione Rumiz contrappone l'evocazione di quelle figure ancestrali, in un'omerica discesa nell'Ade, con un rito che consuma libagioni e accende di piccole luci prati e foreste, e attende risposta e respira pietà - la compassione che lega finalmente in una sola voce il silenzio di Redipuglia ai bisbigli dei cimiteri galiziani coperti di mirtilli. L'Europa è lì, sembra suggerire l'autore, in quella riconciliazione con i morti che sono i veri vivi, gli unici depositari di senso di un'unione che già allora poteva nascere e oggi forse non è ancora cominciata.

