
Un innovativo strumento realizzato per rispondere alla crescente richiesta di conoscere la storia delle nostre regioni. Lo spazio produttivo, politico e culturale pugliese tende a riproporre, nel suo ciclico costruirsi e disfarsi, alcune caratteristiche visibili ancora oggi nonostante gli sconvolgimenti della seconda metà del secolo scorso. Il territorio si presenta disarticolato in segmenti di dimensioni consistenti, dotati di un livello alto di omogeneità interna e altrettanto fortemente differenziati fra loro: spazi contigui che creano in osservatori e viaggiatori la sensazione di attraversare, passando dall'uno all'altro, un confine lineare che separa mondi diversi.
I militari di professione non hanno mai riscosso grandi fortune nella storia dell'Italia unita. Ma mai come nel primo dopoguerra essi sono stati al centro di una trama politica fatta di sospetti e congiure che li ha resi oscuri protagonisti dell'avvento del fascismo. La Grande Guerra aveva rappresentato per le forze armate italiane un'occasione di riscatto e di affermazione. La vittoria finalmente conquistata sembrava ai più mutilata, svilita e demonizzata. Fu questa esperienza traumatica a spingere la società militare a mobilitarsi contro le sinistre 'antinazionali', abbandonando la propria tradizionale apoliticità e giocando un ruolo decisivo nella crisi del regime liberale.
«Donne in procinto di partorire, cani ancora attaccati alla catena… Ecco le memorabili immagini della vita quotidiana di una città romana, improvvisamente interrotta nel suo corso normale. Ce ne sono molte altre: le pagnotte trovate in un forno, abbandonate durante la cottura; la squadra di pittori che scapparono nel bel mezzo del restauro di una stanza, lasciandosi dietro i recipienti del colore e un secchio di calce fresca. Ma andando più in profondità si scopre che la storia di Pompei è più complicata e intrigante di così. La Pompei dell'antichità non equivale affatto al vascello fantasma dell'Ottocento, che misteriosamente abbandonato dal suo equipaggio continua a solcare i mari. Pompei non è una città romana semplicemente congelata dalla colata lavica.»
Che città fu Pompei? Che cosa ci dice oggi riguardo alla sua vita, dal sesso alla politica, dal cibo alla religione, dalla schiavitù alla sua cultura? Un gran numero di miti sono crollati: la vera data dell'eruzione, avvenuta probabilmente alcuni mesi dopo quella generalmente considerata; o il leggendario numero di postriboli, che probabilmente era uno solo; come l'alto numero dei morti, forse meno del 10 per cento della popolazione. In ogni angolo troviamo prove illuminanti di quanto Pompei fosse una città multiculturale, vivacissima e ben organizzata: il sistema stradale a senso unico svelato dai solchi del selciato, i vasi di colore abbandonati dai decoratori, le 153 tavolette di cera che testimoniano le registrazioni finanziarie di un banchiere e banditore di aste locale; una statuetta d'avorio di una divinità indiana; un tavolo che appartenne a uno degli assassini di Cesare.
Distrutta e messa sottosopra, evacuata e depredata, Pompei serba i segni (e le cicatrici) di storie d'ogni genere, che sono alla base di quello che potremmo chiamare 'il paradosso di Pompei': ovvero che della vita antica che vi si svolgeva sappiamo contemporaneamente molto più e molto meno di ciò che crediamo. È questa la materia dello straordinario racconto di Mary Beard.
Prima del fuoco è la brillante dimostrazione che l'erudizione può essere un'avventura emozionante, da leggere tutta d'un fiato.
Con l'intelligente e tutto britannico empirismo che gli è proprio, Trevor-Roper evita di addentrarsi nel fitto ginepraio dei massimi problemi e delle categorie astratte, per calarsi invece nella realtà e spaziare a piacer suo dalla Venezia della prima metà del '400 all'Inghilterra di Elisabetta e dei primi Stuart; dall'età di Massimiliano I d'Asburgo e di Tommaso Moro alla grande catastrofe della guerra dei Trent'anni. L'autore riesce così offrire un immagine non univoca, ricca e sfaccettata del Rinascimento. (Massimo Firpo)
Le truppe fasciste concentrate a nord di Roma per l'attacco alla capitale sono stanche, bagnate e affamate quando si diffonde la notizia che Mussolini è stato nominato capo del governo. Ma l'entrata a Roma non coincide con la sua conquista, anzi in quei giorni la città continua a respingere i fascisti come nessun'altra, e gli scontri si fanno durissimi. Inizia così un nuovo racconto della marcia su Roma che finalmente spiega il ruolo giocato dalla violenza, il motivo per cui la classe dirigente politica non ha compreso subito la gravità degli avvenimenti, il modo in cui lo Stato liberale è crollato. E che mostra come la marcia non sia stata solo quella degli squadristi su Roma.
Pubblicato una prima volta nel 1955, in occasione del decennale della Liberazione, "Uomini e città della Resistenza" è il testo fondatore della nostra epica resistenziale. Raccoglie testi ed epigrafi composti in ricordo di figure eroiche come i fratelli Rosselli e i fratelli Cervi, e di città martiri come Cuneo, Ferrara, Firenze. Piero Calamandrei (1889-1956), giurista, scrittore e uomo politico, fu tra i fondatori del Partito d'Azione e tra gli artefici della Costituzione repubblicana. Nel 1945 fondò a Firenze la rivista "Il Ponte", animando il dibattito politico, culturale e civile del primo decennio della Repubblica. Prefazione scritta da Carlo Azeglio Ciampi.
La storia d'Italia è legata a doppio filo a quella del ruolo giocato dalle classi dirigenti che l'hanno guidata. Interrogarsi su quel ruolo è tanto più urgente oggi, quando quelle classi si dimostrano incapaci di porre fine a una transizione che si prolunga ormai da un quindicennio, e rischia di innescare un vero e proprio declino. Questo volume, frutto della collaborazione di studiosi diversi tra loro per studi e provenienza, non si interessa tanto alle 'filosofie' sottese all'azione delle classi dirigenti nella storia italiana, quanto alle questioni concrete che non hanno potuto o voluto risolvere.
Alla fine del Novecento, fu annunciata in Italia la 'morte della patria'. Oggi assistiamo alla rinascita del culto della nazione, mentre molti temono tuttora una perdita dell'identità nazionale. Gli italiani, in realtà, non hanno mai avuto una comune idea di nazione, anche se fin dal Risorgimento il mito di una Grande Italia ha influito sulla loro esistenza. Sono state molte le Italie degli italiani, divisi da ideologie antagoniste, sfociate talvolta in guerra civile. Emilio Gentile narra la storia del mito nazionale nelle sue varie versioni fino a spiegare le ragioni per le quali la nazione è scomparsa dalla vita degli italiani per riapparire nell'Italia d'oggi, con un incerto futuro.
Donne, vecchi e bambini, provenienti prevalentemente da città come Udine, Treviso e Venezia: dopo la rotta di Caporetto dell'ottobre 1917, seicentomila civili furono costretti ad abbandonare improvvisamente il territorio invaso o minacciato da vicino dall'esercito austro-ungarico, dando vita alla più grande tragedia collettiva che interessò la popolazione durante la grande guerra. Anche l'Italia conobbe così, come gli altri paesi coinvolti nel conflitto, il fenomeno dei profughi di guerra, divisi dal dilemma se fuggire di fronte al nemico o subirne l'occupazione. Il libro ricostruisce le dinamiche di questa fuga di massa parallela alla ritirata dell'esercito e le condizioni di vita, le immagini, le autorappresentazioni degli 'esuli in patria'.
Sanzioni, obblighi, espulsioni, privazioni, fino all'internamento e alla deportazione: l'Italia non fu seconda a nessuno per la meticolosità e la severità delle misure imposte agli ebrei. Enzo Collotti, già professore ordinario di Storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze, è membro del direttivo dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia.
Perché proprio Hitler? In che modo è stato possibile che un individuo così mediocre, un signor nessuno, sia arrivato ad esercitare un influsso tanto drammatico sui destini di uomini e nazioni, a scatenare un secondo conflitto mondiale e istigare il più terribile genocidio di tutti i tempi? In questo libro Ian Kershaw si interroga sulla natura e sui meccanismi del potere dittatoriale di Hitler e analizza la straordinaria forza carismatica che dapprima fece di lui il tamburino delle masse nazionaliste, l'uomo capace di offrire a più di tredici milioni di tedeschi la speranza della salvezza nazionale, e infine Io trasformò nel Führer.

