
Giovanni Gentile non è stato soltanto l'insigne filosofo dell'«atto puro», autore della «storica» riforma scolastica e direttore dell'"Enciclopedia Italiana". Sin dal 1922, subito dopo la Marcia su Roma, si rivelò anche uno dei più influenti intellettuali dell'Italia littoria. Animato da un forte protagonismo politico e da un malcelato desiderio di potere, ricoprì innumerevoli incarichi e ruoli apicali negli anni cruciali della stabilizzazione del consenso al regime: ministro della Pubblica istruzione, senatore, membro del Gran Consiglio del fascismo, estensore del Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925, ideatore del giuramento di fedeltà imposto ai professori universitari nel 1931, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, fondatore e presidente dell'Istituto nazionale fascista di cultura. Pronto a mettere al servizio del duce la sua vasta cultura e abilità di divulgatore, Gentile diventa un suo fidato consigliere, lo smanioso organizzatore di iniziative editoriali a sfondo propagandistico, l'ideologo di guerre a cui non prende parte. A causa di un itinerario così compromettente, perderà per strada molti tra colleghi, amici, discepoli ed estimatori. Oltre a Benedetto Croce - che gli contrapporrà il Manifesto degli intellettuali antifascisti -, Piero Gobetti, Guido De Ruggiero, Gaetano Salvemini, per citarne alcuni. Gentile rimane al fianco di Mussolini anche dopo il 25 luglio 1943 e la caduta del fascismo. Fino al 15 aprile 1944, quando viene ucciso da un gruppo di partigiani comunisti nei pressi della sua villa di Firenze. Da decenni, sulla natura di questo «delitto politico», s'infittiscono polemiche giornalistiche e storiografiche, spesso viziate da ricostruzioni d'impianto dietrologico che hanno fatto ricadere ogni responsabilità sul PCI di Togliatti, su centri occulti interni e stranieri, senza mettere in adeguato rilievo il clima di «guerra civile» in cui precipitò l'Italia nel 1943-45. Il documentato libro di Franzinelli fa chiarezza su questo e altri aspetti oscuri della biografia gentiliana. Lo sconcertante quadro che ne emerge fa riflettere su come uno stimato intellettuale possa mutare le proprie idee fino a snaturarle, compiendo precise scelte di campo che, di fatto, contribuirono a rafforzare la dittatura mussoliniana. A pagarne il prezzo più alto fu il popolo italiano. E lo stesso Gentile.
«Questo libro è un viaggio nel grande paradosso di una sfida planetaria. Vi racconto una faccia della Cina troppo nascosta e inquietante, che l'élite occidentale ha deciso di non vedere. Rivelo il gioco dei corsi e ricorsi, tra due superpotenze che si studiano e si copiano a vicenda. E spiego il Nuovo Grande Esperimento Americano, che tenta di invertire il corso della storia prima che sia troppo tardi». Federico Rampini racconta una sfida fatta anche di contaminazione reciproca, perché alcuni problemi sono simili: dalle diseguaglianze sociali allo strapotere di Big Tech, dalla crisi ambientale e climatica alla corsa per dominare le energie rinnovabili. Rampini mette a nudo gli aspetti meno noti della Cina di Xi Jinping, con un viaggio insolito nella cultura etnocentrica e razzista degli Han, le abitudini di vita dei Millennial, l'imperialismo culturale nella saga cinematografica del Guerriero Lupo, la letteratura di fantascienza come stratagemma per aggirare la censura, la riscoperta di Mao, le mire aggressive, il militarismo. Senza sottovalutare il groviglio di sospetti che ancora circondano le origini del Covid. L'Esperimento Biden vuole opporre all'espansionismo aggressivo di Pechino un modello socialdemocratico ispirato a Roosevelt e Kennedy. Si scontra però con le divisioni interne all'America. Il capitalismo americano dei Trenta Tiranni ha stretto un patto diabolico con Pechino. Mezza società americana, inclusa «la meglio gioventù», denuncia il proprio paese come l'Impero del Male, vede nell'Uomo Bianco un persecutore da processare per tutte le ingiustizie della storia. Per fermare Pechino le democrazie occidentali non possono contare sulla coesione, sul nazionalismo e sull'autostima che animano i cinesi. Il rischio che la competizione degeneri fino allo scontro militare è più alto di quanto crediamo. L'Europa è un terreno di conquista per le due superpotenze, perché questa è un'altra sorpresa: sia l'America che la Cina sono uscite rafforzate dalla pandemia. La resa dei conti diventa ancora più affascinante, inquietante, drammatica. Una grande inchiesta nel cuore delle due nazioni che hanno in mano il nostro futuro, firmata da un giornalista e scrittore «nomade globale», con una vita condivisa tra Oriente e Occidente.
«Cent'anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l'aveva messo al mondo». Comincia così il racconto di Aldo Cazzullo su Mussolini. Una figura di cui la maggioranza degli italiani si è fatta un'idea sbagliata: uno statista che fino al '38 le aveva azzeccate quasi tutte; peccato l'alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra. Cazzullo ricorda che prima del '38 Mussolini aveva provocato la morte dei principali oppositori: Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, don Minzoni, Carlo e Nello Rosselli. Aveva conquistato il potere con la violenza - non solo manganelli e olio di ricino ma bombe e mitragliatrici -, facendo centinaia di vittime. Fin dal 1922 si era preso la rivincita sulle città che gli avevano resistito, con avversari gettati dalle finestre di San Lorenzo a Roma, o legati ai camion e trascinati nelle vie di Torino. Aveva imposto una cappa di piombo: Tribunale speciale, polizia segreta, confino, tassa sul celibato, esclusione delle donne da molti posti di lavoro. Aveva commesso crimini in Libia - 40 mila morti tra i civili -, in Etiopia - dall'iprite al massacro dei monaci cristiani -, in Spagna. Aveva usato gli italiani come cavie per cure sbagliate contro la malaria e per vaccini letali. Era stato crudele con tanti: a cominciare da Ida Dalser e dal loro figlio Benitino. La guerra non fu un impazzimento del Duce, ma lo sbocco logico del fascismo, che sostiene la sopraffazione di uno Stato sull'altro e di una razza sull'altra. Idee che purtroppo non sono morte con Mussolini. Anche se Cazzullo demolisce un altro luogo comune: non è vero che tutti gli italiani sono stati fascisti. E l'antifascismo dovrebbe essere un valore comune a tutti i partiti e a tutti gli italiani.
Questo volume contiene il romanzo La dinastia segreta, pubblicato nel 2019, incentrato sulle figure di Lucio Tarquinio e di Servio Tullio, e l'inedito La vera storia del Superbo, che racconta le vicende del settimo re di Roma facendo chiarezza sulla leggenda nera che gli è stata costruita attorno nei secoli.
Tarquinia, sei secoli prima di Cristo. Lucumone, giovane e ambizioso mercante etrusco, si invaghisce della nobile Tanaquil, indovina e abile interprete dei segni degli dèi. Contro ogni previsione, riesce a sposarla e i due decidono di tentar miglior fortuna in una città vicina in forte e inarrestabile espansione, Roma. Qui Lucumone, divenuto Lucio Tarquinio, diventa presto l'indispensabile consigliere del re Anco Marcio, pronto a prenderne il posto. Dalla sua discendenza nascerà anche l'ultimo sovrano di Roma: quel Tarquinio passato alla storia come "il Superbo" che fece costruire i più grandiosi monumenti e soprattutto fece uscire l'Urbe dalla dimensione di città-Stato, avviandola verso l'egemonia mediterranea e il suo destino di Città Eterna.
«Io sono solo, Rachele, e vedo che tutto è finito.» Così Mussolini nell'ultima telefonata alla moglie, a poche ore dall'arresto e dalla morte. «L'Ucraina non esiste» disse Putin. «E, se esiste, è una colonia russa.» «Mario, che fai? Mi lasci sola?» Giorgia Meloni si aggrappò con una battuta a Mario Draghi che il 23 ottobre si congedava da Palazzo Chigi, dopo le consegne alla nuova padrona di casa. Sapeva quanto enorme fosse il compito affidatole dagli elettori in uno dei momenti più difficili del dopoguerra. Guerra civile, rilancio tragico di un conflitto che ci sembrava impossibile nel cuore dell'Europa del XXI secolo. E una donna di 45 anni, alla quale nessuno ha regalato niente, chiamata all'appuntamento con la Storia: prima presidente del Consiglio della nostra Repubblica, prima capo di governo di destra. Una «grande tempesta» che attraversa un secolo di storia italiana e internazionale. Bruno Vespa rende contemporanei i tre avvenimenti raccontandoli, come d'abitudine, in presa diretta. L'ultimo atto della storia del fascismo, che si apre con l'arresto di Mussolini a villa Savoia e si chiude con la macabra esposizione del suo cadavere a piazzale Loreto, è denso di retroscena insospettabili per il lettore comune. Re Vittorio Emanuele III e il maresciallo Badoglio non sanno dove sistemare l'ex Duce, e l'ex Duce s'illude di ritirarsi da pensionato alla Rocca delle Caminate. Sa, fin dal momento della liberazione sul Gran Sasso, di essere prigioniero di Hitler e quindi si adatta a guidare la repubblichetta di Salò sperando che le truppe d'occupazione nazista riservino all'Italia un trattamento migliore che alla Polonia. Ma Salò significa guerra civile, narrata in queste pagine anche negli aspetti meno frequentati dagli storici, fino al suo tragico epilogo. Solo un altro dittatore crudele e cinico come Vladimir Putin poteva riportare la guerra in Europa a ottant'anni dalla fine del secondo conflitto mondiale. Vespa ne ha parlato con Volodymyr Zelensky e con sua moglie Olena, ha avuto vivaci discussioni con l'ambasciatore russo a Roma Sergej Razov e con Vladimir Solov'ëv, il principale anchorman della televisione russa, ma entrando nelle chiese di Leopoli si è convinto che il popolo ucraino non si arrenderà mai, nonostante le minacce nucleari di Putin. Il conflitto in Ucraina ha avuto pesanti conseguenze sulla politica e sull'economia italiana, trovatesi nella «grande tempesta» di elezioni anticipate che hanno sconvolto il panorama politico nazionale. Vespa racconta i dietro le quinte della conferma di Sergio Mattarella al Quirinale e dell'improvvisa crisi di governo del luglio 2022. Si è confrontato con tutti i leader dei partiti di maggioranza e opposizione, svelando i retroscena della formazione del nuovo esecutivo, e ha avuto lunghe conversazioni con Giorgia Meloni, che si è detta decisa a cambiare profondamente la Nazione. «Altrimenti vado a casa» ha confidato all'autore.
Scrivere una storia d'Italia prima che Cesare passasse il Rubicone e Augusto realizzasse la pax romana può sembrare un'impresa azzardata. Fino alla battaglia di Sentino e alla vittoria su Pirro, infatti, Roma non aveva ancora un ruolo predominante nel Mediterraneo e la ricostruzione di una storia della nostra penisola è stata tentata solo raramente. In realtà, molto ci sarebbe da dire su questi secoli poco esplorati, ricchi di testimonianze che riecheggiano ancora oggi. Dalle leggende su Enea e Diomede, che riportano ai secoli attorno al Mille a.C., alle imprese dell'etrusco Tarconte o a Servio Tullio, il sesto re di Roma, alle gesta di personaggi storici come Furio Camillo, Dionigi il Grande di Siracusa o Annibale, protagonista dell'ultimo disperato tentativo di fermare l'avanzata romana. È in questa cornice che prendono vita le vicende dei popoli italici e delle loro imprese mediterranee, che suggeriscono come la storia del nostro paese sia tanto complessa quanto interconnessa. Valerio Massimo Manfredi e Luigi Malnati tornano a raccontare insieme la Storia in una nuova veste, con un approccio sia da storici dell'antichità che da scrupolosi archeologi. Un viaggio alla scoperta della nostra penisola prima del dominio romano, un racconto che fa luce su un'epoca ancora poco indagata, che rivela come l'idea di unitarietà geografica sia in realtà molto più antica di quanto pensassimo.
I tragici capricci della storia rendono, questo, un libro singolare. Ancora una volta Bruno Vespa intreccia presente e passato, narrato però in presa diretta, come fosse attualità. Assistiamo così alla lentissima costruzione di un idillio che avrebbe portato l'Europa alla catastrofe e, subito dopo, osserviamo il mondo d'oggi, che segue con il fiato sospeso le due guerre in atto (Ucraina e Medio Oriente) sperando che prevalga il buonsenso. Le vite parallele di Hitler e Mussolini ci mostrano due uomini segnati da un'infanzia difficile e da una giovinezza tormentata, e il rapidissimo precipitare della grave crisi che portò nel 1922 il Duce al potere e - un decennio dopo - il Führer a munirsi delle formidabili milizie private che nel 1933 furono alla base della conquista «democratica» del Reich. Vespa racconta i due dittatori anche nella loro opposta intimità. Hitler, forse omosessuale, circondato da bellissime donne che spinse alla disperazione e al suicidio. Mussolini, seduttore seriale, sedotto a sua volta dalla personalità di Margherita Sarfatti, che non gli perdonerà l'alleanza con il Führer e verrà abbandonata per la giovanissima Claretta Petacci. Tutto questo nella cornice di due nazioni che, sciaguratamente, ricorrono alla dittatura come cura salvifica. Dittature diverse, in cui al gradualismo autocratico di Mussolini si contrappone l'immediata ferocia totalitaria di Hitler. E l'Italia di oggi? Invoca inutilmente, come il resto dell'Occidente, ragionevolezza nell'Ucraina che brucia e nel Medio Oriente, dove l'uccisione dei due leader del terrorismo arabo, Hassan Nasrallah (Hezbollah) e Yahya Sinwar (Hamas), da parte di Israele non ha spento il conflitto. E Guido Crosetto espone i problemi dell'Italia a riarmarsi dopo un lungo periodo di pace. Nonostante nei primi due anni di governo il consenso di Giorgia Meloni sia cresciuto, nel paese e all'estero, e abbia portato Raffaele Fitto ai vertici europei (successo di cui si rivelano i retroscena), il premier racconta a Vespa le difficoltà a gestire l'immigrazione per l'opposizione dei giudici alla soluzione albanese e i provvedimenti presi per superarle, e di come abbia dovuto richiamare alla responsabilità ministri e dirigenti del suo partito dopo il caso Sangiuliano. Antonio Tajani illustra la nuova vita di Forza Italia, Matteo Salvini il neocostituito fronte europeo con i Patrioti, Roberto Vannacci il ruolo di esterno-interno alla Lega. Quattro governatori si confrontano sull'autonomia. E poi, Elly Schlein spiega la sua strategia per un'opposizione unitaria, messa in discussione da Giuseppe Conte, il quale annuncia qui la sepoltura politica di Beppe Grillo. Matteo Renzi parla dell'accordo con la Schlein, e Carlo Calenda di come ridare impulso ad Azione dopo il fallimento del Terzo Polo. Pagine appassionanti in cui la storia rivive e la cronaca incalza.
Un libro illustrato dedicato a chi voglia entrare nel mondo della litografia, ripercorrendone la sua storia, conoscendone le tecniche. Il volume contiene immagini dalle opere di artisti come Goya, Géricault, Daumier e Toulouse-Lautrec, Renoir e Picasso. Nei saggi monografici studiosi internazionali guidano alla scoperta del fascino della litografia e insegnano a riconoscere i capolavori e gli artisti che li hanno eseguiti.
Fu davvero l'imperatore Nerone a incendiare Roma? Il filologo classico Carlo Pascal (1866-1926) lo mette in dubbio in questo intrigante e documentato libro che ha già fatto scandalo. Fuori dalle librerie da molti anni, questa edizione rende di nuovo disponibile un racconto denso di aneddoti e forte di prove. Con le cronache del tempo sotto mano, ecco emergere il profilo dei veri colpevoli: furono i cristiani gli attori della più grande e abominevole congiura incendiaria di tutti i tempi. Per gli appassionati della storia raccontata in presa diretta è un libro fondamentale, ma soprattutto godibile nel suo stile investigativo. Capace di penetrare i racconti e i luoghi comuni, Pascal mostra il potere di una vecchia scienza a torto considerata neutrale. La filologia può restituirci una storia che scende dal piedistallo per tornare viva e continuare ad appassionare.
A 150 anni dall'unità, l'Italia vive la sua parte, di una grave crisi mondiale. Alla fine del 2011 il governo Berlusconi si dimette, per il Paese si chiude un ciclo ventennale iniziato nel 1991, con la fine della Prima Repubblica. Sarebbe stata una buona occasione per un bilancio, per capire come, attraverso una serie di difficoltà, l'Italia era passata dal regno di Vittorio Emanuele II al regime del signore di Arcore. Non più dantesca signora di provincia, ma una dei "pigs" d'Europa, incompiuta e in crisi.
Che relazione c'è tra guerra e capitalismo? Storicamente la guerra è stata considerata figlia del capitalismo. È il caso della concezione materialistica della storia nell'ottica dell'imperialismo come fase suprema del capitalismo. Ma la guerra è anche, se non soprattutto, madre del capitalismo. Innovando completamente lo scibile sociologico dell'epoca come quello dei nostri giorni, e invertendo l'ordine della relazione tra i due fenomeni, con questa opera Werner Sombart documenta tutti i processi sociali che hanno portato il mondo militare ad essere una delle fonti principali del capitalismo. Unica nel suo genere per intuizioni originali e capacità di dimostrazione dei relativi assunti, allora come oggi quest'opera costituisce un riferimento imprescindibile per comprendere la storia economica e militare di tutte le società moderne (se non la modernità tout court) e sopratutto le origini del capitalismo. L'analisi minuziosa di un patrimonio enorme di dati rende inoltre il lavoro uno tra i più autorevoli studi classici della (allora nascente) sociologia, quale scienza sociale empirica.