
Mussolini non è morto nell'aprile del 1945. Il corpo esposto in piazzale Loreto non era il suo. Grazie a una fuga rocambolesca con scambio di persona, è riuscito a rifugiarsi in Svizzera sotto mentite spoglie. Lì ha ricominciato una seconda vita trovando lavoro come giornalista (la sua prima passione) per un piccolo quotidiano ticinese. Dopo i primi pungenti articoli, il direttore lo manderà inviato in Italia per una serie di reportage, che racconteranno il nostro paese dalla ricostruzione al '68, dal rapimento di Moro all'ascesa di Berlusconi, fino alle vicende del governo Letta e della condanna del Cavaliere. Con questo stratagemma narrativo, Roberto Gervaso compone una storia irriverente del nostro Paese, dal trattato di Versailles ai giorni nostri, e ci accompagna in una cavalcata lungo il secolo che ci ha resi quel che siamo.
Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Cavour di fronte alla costruzione dello stato unitario; l'approdo dei cattolici di Sturzo alla politica; Mussolini e l'ascesa del fascismo, l'entrata in guerra dell'Italia e la diffìcile pace; Aldo Moro, Berlinguer e il compromesso storico; Craxi e la fine della prima repubblica; Berlusconi e la sua discesa in campo; D'Alema che porta al potere gli ex comunisti: sono le tappe fondamentali della politica dell'Italia unita, tutte segnate da memorabili discorsi, spesso citati ma difficilmente reperibili. In questo volume un esperto giornalista e politologo ne raccoglie ventuno tra i più importanti offrendo al pubblico la testimonianza storica sui momenti nodali del nostro recente e recentissimo passato.
All'indomani dell'armistizio l'Italia si presenta divisa in due: a Nord quel che resta del fascismo, con la Repubblica sociale, e a Sud il Regno, con un governo fantoccio imbastito dagli americani. Il nemico di ieri è divenuto il liberatore di oggi, mentre l'esercito alleato si è trasformato in occupante. Romano Bracalini ricostruisce, grazie anche a documenti inediti e articoli di giornale dell'epoca, i quasi due anni di occupazione militare alleata al Centro e al Sud del nostro paese. Quello che ne esce è un quadro di devastazione materiale e morale. All'iniziale entusiasmo per l'ingresso dei "liberatori" e la fine della guerra fa seguito un periodo di incertezza, violenza, disillusione e grande penuria. Le infrastrutture sono state distrutte dai bombardamenti, le condizioni igieniche precarie scatenano epidemie, mancano il cibo e l'acqua, prospera il mercato nero, impera l'arte del sopravvivere, e persino le relazioni sociali assumono un carattere spesso commerciale: la prostituzione offre vie di fuga dalla miseria, annunci privati offrono matrimoni a condizioni economiche vantaggiose.
Chi non ha mai sentito parlare dei cavalieri templari, della loro tragica fine, dell'inesauribile leggenda e del loro favoloso tesoro? Eppure, l'esuberante bibliografia sui "Poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone", nati a Gerusalemme nel 1120, ha pressoché tralasciato la storia della loro nascita. Attraverso gli indizi storici, filologici, codicologici, testuali che si trovano nei nove manoscritti superstiti della regola del Tempio, Simonetta Cerrini ricostruisce l'ideale che animò la prima comunità templare, con l'obiettivo di sfatare le leggende fiorite nel corso dei secoli, di abbandonare i luoghi comuni storiografici e soprattutto di intraprendere nuove vie di ricerca. Proprio quando si era ormai affermata la separazione tra chierici e laici, e i chierici avevano assunto il monopolio del sacro, i templari sostennero la loro piena appartenenza al mondo dei chierici pur restando assolutamente laici. Al di là dell'impegno militare nell'esercito crociato, questa loro autonomia spirituale - di cui ancora non si sapeva nulla - si attuerà nella diffusione della cultura religiosa in lingua volgare e nel confronto con altre esperienze religiose, come l'islam o il cristianesimo d'Oriente.
Tra il 1945 e il 1989 si è consumato uno dei più lunghi e tormentati conflitti della storia: la guerra fredda. Se alla fine della seconda guerra mondiale le intenzioni comuni di Stalin, Truman e Churchill erano orientate alla realizzazione di un sistema internazionale pacifico e cooperativo, nei fatti i diversi orientamenti di fondo e gli interessi divergenti produssero una situazione completamente diversa: un mondo instabile e sempre sull'orlo di una catastrofe. Le posizioni opposte di USA e URSS rispetto alle grandi crisi internazionali, la nascita della NATO e del Patto di Varsavia, la corsa agli armamenti e lo sviluppo di sempre più sofisticate tecnologie nucleari fecero sì che l'intero pianeta si trovasse diviso tra due poli di uguale forza e potere, in una paradossale situazione di precaria ma in fondo durevole stabilità: la concreta minaccia di uno scontro apocalittico tra due forze di peso analogo rese, infatti, necessarie alcune forme di cooperazione e aiutò a consolidare una linea di continua negoziazione. Con questo libro Lewis Gaddis ricostruisce nei dettagli un'epoca di grandi tensioni e di spaventosi rischi che si è conclusa improvvisamente nel 1989, lasciando dietro di sé un mondo senza equilibrio.
Quello della Lega Lombarda è un mito recente: è stato il Risorgimento romantico a inventarne la leggenda che avrebbe ispirato pittori e letterati. Ma, ora che le battaglie politiche le stanno regalando una nuova giovinezza, vale la pena anche di chiedersi quale sia stata la sua "vera" storia. Fu un moto patriottico? Una precoce manifestazione di nazionalismo avant la lettre? O piuttosto un patto nato dalla volontà di proteggere il benessere economico e le libertà politiche conquistati a spese dell'autorità imperiale? Fu il prodotto di una volontà rivoluzionaria oppure della necessità di difendere antichi e recenti diritti acquisiti? In questo saggio uno dei più autorevoli medievisti italiani ricostruisce quell'appassionante vicenda in una prosa semplice e piana, "giornalistica", grazie a un paziente e minuzioso lavoro di documentazione storica. La brillante penna di Cardini restituisce in un racconto limpido gli avvenimenti, i personaggi, lo scenario sociale ed economico che fu sfondo e motore dei fatti. Come ha scritto Indro Montanelli: "Non è vero che i documenti parlano da sé. Bisogna farli parlare. Franco Cardini ne ha il dono, conferendo forza e vita ad avvenimenti cui nel passato la storiografia volle dare accenti agiografici".
Dai presagi del primo conflitto mondiale alle scosse di assestamento della guerra fredda, il Novecento è stato forse il secolo più sanguinoso della storia. Eppure, grazie alle innovazioni tecnologiche e ai progressi scientifici il tenore di vita di buona parte dell'umanità era notevolmente migliorato e l'economia sembrava aver imboccato la via della crescita costante e inarrestabile. C'erano tutte le premesse perché si potesse auspicare una diffusione della pace e della democrazia in un mondo "globalizzato". Come spiegare l'incredibile portata e intensità delle ondate di violenza che hanno messo a ferro e fuoco i cinque continenti, trasformando gli ultimi cento anni in una tragica stagione di massacri, genocidi e innumerevoli conflitti etnici e religiosi che si protraggono, con immutata ferocia, anche nel Terzo millennio? Questo studio è una riscrittura dell'età contemporanea in cui l'autore ricerca le radici dei conflitti e delle esplosioni d'odio che hanno sconvolto il ventesimo secolo, fino a individuare alcuni tratti comuni a tutte le guerre del Novecento. "La guerra del mondo narrata in queste pagine conclude Ferguson - si ostina a non finire: finché gli esseri umani si prefiggeranno la distruzione dei propri simili, finché temeremo, e nel contempo desidereremo, di vedere devastate le nostre metropoli, questa guerra è destinata a continuare, abbattendo le frontiere della cronologia."
l 27 aprile 1937, nella clinica Quisisana di Roma, si spegneva dopo anni di prigione e di malattia Antonio Gramsci, il più nobile e amato dirigente del Partito comunista italiano. Arrestato dalla polizia fascista nel 1926, era stato condannato a vent'anni di reclusione, da scontare presso il carcere di Turi, in provincia di Bari.
Pensatore marxista, intellettuale e giornalista (fu lui a fondare "l'Unità" nel 1924), Gramsci, a distanza di decenni, continua a essere al centro del dibattito storiografico. Attorno alla sua tragica vicenda personale si addensano ancora nubi, sospetti, interrogativi. Quale fu il vero ruolo di Palmiro Togliatti nella gestione dell'"affaire" Gramsci? Perché l'autore delle Lettere e dei Quaderni, a un certo punto, cominciò a diffidare dei suoi stessi compagni di partito? A dubitare che si stessero attivando concretamente per ottenere la sua liberazione?
A settant'anni dal disperato esposto a Stalin con il quale i familiari avevano chiesto di fare piena luce sul "caso Antonio Gramsci", il cammino diretto all'accertamento della verità non è ancora compiuto e Lehner ci propone una ricostruzione attenta e scrupolosa di un calvario personale e familiare, il ritratto nitido e dolente della banalità del Male realizzato a misura d'uomo.
Nell'Europa del diciannovesimo e ventesimo secolo gli ebrei vissero in modo contraddittorio - talvolta drammatico - ma anche straordinariamente fecondo il conflitto fra il rispetto della tradizione e le sempre più pressanti esigenze di integrazione poste dall'avvento della società moderna. In questo libro, che chiude idealmente la trilogia composta da "Destini e avventure dell'intellettuale ebreo" e "Passione e tragedia", Riccardo Calimani ricostruisce la tormentata storia della comunità ebraica in due paesi chiave nel panorama culturale del Novecento europeo, la Francia e l'Ungheria, e analizza la personale "inquietudine" e le trame esistenziali dei suoi esponenti più famosi. Con questo libro Calimani completa la mappa dell'intellighenzia ebraica europea, raccontando come ogni suo membro affrontò il problema del rapporto con le proprie origini nel sempre più fosco scenario in cui si stavano creando le premesse della Shoah.
Perché, dopo l'irresistibile ascesa, il duce mancò l'obiettivo più ambizioso del suo progetto politico: la "fascistizzazione" della società e la costruzione dell'"uomo nuovo fascista"? Richard J.B. Bosworth cerca di rispondere a questa domanda indagando la vita quotidiana degli italiani di ogni status sociale e culturale, nelle città e nelle campagne, sotto la dittatura, e offrendo al lettore l'immagine di un paese così variegato e frammentato in una miriade di reti clientelari e centri di potere locali da trasformare l'imposizione del totalitarismo in un fallimento. Le tante storie di eminenti gerarchi e di semplici cittadini raccolte nel libro, frutto di una ricerca capillare condotta negli archivi dei comuni e delle prefetture di ogni parte della penisola, testimoniano che gli italiani, a dispetto del formale ossequio al fascismo e di una generica ammirazione per Mussolini, conservarono il senso della propria identità, fondata su valori estranei, se non antitetici, all'ideologia fascista: il cattolicesimo, la famiglia, il particolarismo regionale, l'orgoglio campanilistico.
Antonia Fraser analizza in queste pagine la figura di Luigi XIV come figlio, padre, marito ma soprattutto amante, sullo sfondo di una corte al massimo del suo splendore. E ci offre il ritratto di un uomo fortemente dominato dalla personalità materna, dedita ai piaceri della vita e al tempo stesso profondamente devota. Ma mentre Anna trascorse la propria esistenza in linea con i dettami della Chiesa cattolica, Luigi decise di assecondare soprattutto la prima inclinazione. Ecco allora avvicendarsi, tra Fontainebleau e Versailles, splendidamente trasformata nella corte più elegante d'Europa, donne argute e affascinanti, che la legittima consorte, Maria Teresa, sposata per questioni di Stato, mai avrebbe eguagliato. Gli amori del Re Sole è un viaggio alla scoperta di questo grande monarca attraverso i personaggi femminili che hanno popolato la sua galassia, restituendo loro il giusto riconoscimento: perché, se lui rappresentò la luce che irradia gli astri, a loro volta, furono quelle stelle, le donne della sua vita, a illuminarne la corte.
Fossoli, frazione di Carpi, fu lo scenario "inconsapevole" di una delle pagine più cupe della nostra storia: qui fu attivo, tra il dicembre 1943 e i primi giorni dell'agosto 1944, un campo di concentramento in cui vennero reclusi 2844 ebrei arrestati in tutta l'Italia centrosettentrionale sotto l'occupazione nazista.
In quel periodo nel nostro paese giunse al culmine l'offensiva fascista contro gli ebrei che, iniziata con le leggi razziali del 1938, conobbe una brutale accelerazione con la Repubblica sociale. I governanti italiani scelsero infatti di adeguare la propria politica antiebraica a quella dell'alleato-occupante, che aveva già messo in atto autonomamente una serie di retate in diverse città nell'autunno del 1943. Il 30 novembre emanarono dunque un provvedimento che prescriveva l'arresto degli ebrei, cui sarebbe stato confiscato ogni bene, e il loro trasferimento in un unico luogo, individuato nel complesso di Fossoli, in precedenza utilizzato come campo per prigionieri di guerra e destinato anche ad altri internati, come i detenuti politici.
Le autorità di Salò e quelle del Terzo Reich definirono una sorta di divisione dei compiti: gli italiani si occuparono dell'arresto e dell'internamento degli ebrei; i tedeschi, che dal marzo 1944 assunsero anche formalmente il comando del campo di concentramento, ne organizzarono la progressiva deportazione verso i lager in Germania e Polonia, attuata con modalità disumane.
Liliana Picciotto, studiosa della persecuzione antiebraica, avvalendosi di un ricco apparato di documenti, in parte inediti, fa rivivere questa terribile vicenda attraverso le voci delle vittime, dei carnefici e degli "spettatori". Alle testimonianze angosciate dei prigionieri fanno da contrappunto l'impassibilità burocratica dei funzionari italiani e l'indifferenza interessata dei fornitori di autobus e vettovagliamento, che non si fanno scrupoli nel concludere affari persino in occasione di quello che per la maggior parte dei deportati sarà il viaggio senza ritorno verso le camere a gas.
L'alba ci colse come un tradimento, oltre a rendere un omaggio ai deportati di Fossoli, di cui si ricordano tutti i nomi e la sorte, mette in risalto una tragica verità: nella persecuzione degli ebrei italiani le autorità della Repubblica sociale non ebbero il ruolo di riluttanti comprimari, ma quello di consapevoli e zelanti protagonisti.

