
Pubblicato nel 1997 e tradotto in venticinque paesi, questo studio ha avviato un vasto dibattito a livello internazionale, accompagnato da inevitabili polemiche. Questa nuova opera collettiva, curata da Stéphane Courtois, approfondisce e completa il lavoro di bilancio e di analisi inaugurato allora, prendendo in considerazione i crimini del comunismo in Europa. Affermati storici e studiosi europei e americani mettono in luce tragedie che troppo spesso sono state sottovalutate o deliberatamente ignorate, per fare emergere la verità. Scopriamo così come in Estonia i "battaglioni di distruzione" comunisti abbiano avuto, durante l'ultima guerra mondiale, diritto di vita e di morte su quanti cadevano nelle loro mani; come la popolazione bulgara abbia conosciuto per decenni il terrore di massa; come nel famigerato carcere rumeno di Pitesti i detenuti venissero costretti a torturare i loro stessi compagni. Per non parlare delle angherie perpetrate con il massimo zelo dalla Stasi nella Repubblica democratica tedesca. Questo libro indaga su uno degli interrogativi più sconcertanti della storiografia novecentesca: perché il comunismo, nonostante i fallimenti e le tragedie che ha provocato per quasi un secolo, possa ancora rappresentare per moltissime persone un ideale di giustizia e di progresso.
Pubblicata per la prima volta nel 1977, la Guida alla storia romana di Guido Clemente ha formato generazioni di studenti e studiosi di antichità, ma soprattutto ha conquistato, con il suo stile narrativo fluido e scorrevole, tantissimi lettori "profani" appassionandoli alla materia. In questa nuova edizione completamente rivista l'autore affronta da diverse angolature l'evoluzione della società romana, tenendo conto dei più recenti indirizzi storiografici e affrontando in primo luogo la questione della documentazione disponibile. Molto spazio è dato agli elementi non "classici" che hanno contribuito alla formazione della civiltà latina, dalla componente italica arcaica a quella orientale, fino al variegato mondo delle province. L'intera civiltà romana, gli eventi, le strutture sociali ci appaiono così come un mondo composito, multiforme, non più monolitico, capace di offrire ancora oggi molte suggestioni per la riflessione politica e per la formazione culturale senza farci tuttavia cadere nell'abusato mito della presunta "perennità" del mondo e dei valori classici.
L'Armata Rossa è uno dei più importanti eserciti nazionali della storia. Non solo per essere stato l'esercito della Repubblica dei Soviet, ma anche, e forse soprattutto, per aver conseguito, durante la Seconda guerra mondiale, le prime e decisive vittorie contro le armate hitleriane. La storia del fronte russo dal 1939 al 1945 è una storia terribile e sanguinosa, nata dal confronto, dapprima impari, ma poi via via più equilibrato (per le durezze del clima e le difficoltà di una campagna militare disastrosa) fra un esercito tedesco perfettamente organizzato e un'Armata Rossa dalle sterminate risorse in termini di uomini, ma poverissima di mezzi e di guide capaci. Dell'Armata Rossa l'autrice racconta non solo la struttura e la strategia, ma anche la vita di chi ne faceva parte.
Un resoconto a tinte fosche dei vari aspetti, diplomatici e politici, delle guerre del Vietnam - contro Francia prima e USA poi - e delle loro conseguenze. Per la prima volta si dà eguale peso agli Americani e ai Vietnamiti, sconfessando l'idea che tutte le azioni compiute dai "buoni" americani contro i "cattivi" comunisti siano state lecite, concezione ribadita in molti interventi degli USA in politica estera (dal Libano a Panama). L'autrice analizza in queste pagine il più noto conflitto del Vietnam, i suoi molto sanguinosi precedenti e le pesanti conseguenze da un'ottica totalmente nuova per la storiografia americana, fornendo inoltre una buona mole di dati storici, molti dei quali inediti, sui conflitti stessi.
Mario Moretti è stato l'anima delle Brigate Rosse, il principale artefice del sequestro Moro, l'uomo che nei cinquantacinque giorni di prigionia è stato più vicino allo statista, colui che gli ha sparato. In carcere dal 1981, nell'estate del 1993 incontra per sei giorni le giornaliste Carla Mosca e Rossana Rossanda e risponde alle loro domande. Il risultato è questo eccezionale libro-intervista che ripercorre la storia delle BR: la scelta della lotta armata, le prime colonne, la lotta contro lo Stato, il sequestro Moro, la fine.
Racchiudere la storia della Russia in un unico volume significa raccontare, in poche centinaia di pagine, il passato e il presente di una zona vasta un sesto della superficie terrestre; un territorio multietnico in cui si parlano oltre cento lingue; una civiltà che ha prodotto una cultura sfaccettata, di straordinaria ricchezza e di grande influenza; una struttura militare e politica di primo piano sullo scacchiere mondiale. È quello che Roger Bartlett riesce a fare in quest'opera che dalle lontane origini perse nell'Alto Medioevo giunge fino a oggi, offrendo un'ampia prospettiva sullo sviluppo storico della Russia, e concentrandosi sulle origini della cultura politica della nazione e sul ruolo della grandissima maggioranza contadina nell'impero prima russo e poi sovietico.
Tra il 1941 e il 1945 Adolf Eichmann fu uno dei principali componenti della macchina di sterminio progettata da Hitler per la liquidazione degli ebrei d'Europa, e diretto responsabile del trasferimento nei campi della morte di oltre due milioni di persone. Eppure, fino alla clamorosa cattura in Argentina nel 1960 da parte del Mossad, la sua figura e la sua attività rimasero oscure, tanto che, per lo stato israeliano, il proceso Heichmann divenne lo strumento per far conoscere gli orrori della Shoah a un mondo ancora in gran parte ignaro. In questa biografia David Cesarani smentisce i due stereotipi più diffusi sulla figura di Eichmann: genio del male, geneticamente predisposto allo sterminio di massa, o uomo comune, zelante esecutore di ordini superiori o semplice ingranaggio del meccanismo totalitario. Grazie a una nuova documentazione, l'autore ripercorre la vita di Eichmann, ricostruendo la dimensione storica dell'uomo che gestì il genocidio con asettica efficienza e gettando nuova luce sulla catena di comando nazista.
I Medici sono un simbolo del Rinascimento italiano: grandi patroni delle arti e delle scienze, creatori di un mito per fama e ricchezza artistica. Ma cosa ha reso possibile la costruzione di una corte così tanto sfarzosa? La risposta è semplice: il prestito di denaro. I Medici sono stati prima di tutto una grande famiglia di banchieri, che ha accumulato fortune immense grazie a una professione, quella del prestatore di denaro contro interesse, che all'epoca era bollata dalla Chiesa come un peccato gravissimo.
Valerio Evangelisti, il celebre creatore del personaggio dell'inquisitore Eymerich, e Antonio Moresco, una tra le voci più innovative della letteratura italiana contemporanea, hanno unito i loro talenti per esplorare l'evento storico che è stato l'atto di fondazione di un paese, l'Italia, che sembra averlo dimenticato se non tradito: il Risorgimento. Nelle due storie (una ambientata negli ultimi giorni della Repubblica Romana del 1849, l'altra che si svolge durante il cruciale anno 1848) Evangelisti e Moresco fanno rivivere il rumore e il colore delle lotte risorgimentali. Eroismi folli, lampi di ferocia, lunghe attese nelle barricate, feriti rantolanti, malinconia, paura, amore: una verità fatta di carne e sangue che lo storico non può permettersi, e che solo la narrativa può far rivivere.
La storia degli ebrei russi è stata, rispetto a quella delle altre comunità ebraiche presenti in Europa, la più ricca di sfumature, suggestioni e contraddizioni, in quanto caratterizzata da intense fiammate di partecipazione rivoluzionaria alla vita politica e culturale dalla quale abitualmente erano esclusi. Confinati nei villaggi della cosiddetta "zona di residenza", una sorta di enorme ghetto a cielo aperto che si estendeva dall'Ucraina alla Lituania, gli ebrei vissero per secoli in condizione di isolamento, con una propria lingua e una propria fede, fino a raggiungere, all'inizio del XX secolo, la considerevole cifra di 5 milioni di individui. Di fronte al diffondersi dell'antisemitismo, fomentato dal regime zarista, e la tolleranza nei confronti di pogrom sempre più cruenti, gli ebrei non solo andarono a ingrossare le file dei maggiori gruppi politici d'opposizione, ma fondarono un proprio partito, il Bund, che per primo in Russia difese energicamente gli interessi e i diritti di larghe masse di diseredati. Poi si avverò la previsione di un cinico ministro zarista: un terzo degli ebrei russi emigrò in America, un terzo morì sui campi di battaglia della Grande Guerra e un terzo finì per assimilarsi, gettandosi nelle fauci del leone sovietico. Il libro ripercorre le tappe fondamentali dell'ancora poco noto itinerario degli ebrei in Russia e nell'Unione Sovietica, e rivisita il dibattito sulla "questione ebraica" in seno al marxismo, da Marx ed Engels a Kautsky e Lenin.
La battaglia di Mosca, tra l'ottobre 1941 e l'aprile del 1942, fu il punto di svolta nella Seconda guerra mondiale, la prima sconfitta strategica della Germania. Nel giugno del 1941 Hitler ha conquistato quasi tutta l'Europa continentale: l'unica potenza in grado di contrastarlo, con l'Inghilterra sottoposta a un bombardamento martellante, è l'Unione Sovietica, con cui è stato stipulato un trattato di non aggressione. Per eliminare ogni minaccia alla sua supremazia, il Fuhrer prende la decisione fatale: occupare i territori sovietici. In pochi mesi la Wehrmacht arriva alle porte di Mosca, in una campagna fulminea e vittoriosa, ma quello che sembra il culmine della gloria si trasformerà nell'inizio della sconfitta. In una lotta dove sette milioni di uomini e donne si trovarono impegnati a combattere, e in cui morirono circa novecentomila soldati russi, l'esercito sovietico e il popolo di Mosca riuscirono in quella che sembrava un'impresa impossibile: fermare l'esercito di Hitler. Il diplomatico inglese Rodric Braithwaite, ambasciatore in Russia dal 1988 al 1992, ricostruisce i fatti di quei mesi dal punto di vista dei sovietici, raccontando le storie di soldati e intellettuali, contadini e politici, e offrendo il ritratto di Stalin e dei suoi generali mentre gettano le basi per la vittoria finale, che arriverà solo dopo altri quattro anni di guerra.
Pubblicato nel 1930, al termine della repubblica di Weimar e poco prima dell'avvento del nazismo, "Bollettino di guerra" è un romanzo di forte impatto. Con l'immediatezza della testimonianza diretta, ma nello stile impartecipe della Nuova Oggettività, mostra come nessun altro gli orrori della Prima guerra mondiale. Il giovane studente Adolf Reisiger, partito volontario per il fronte francese come artigliere, impara a conoscere la carneficina che avviene sul fronte, dal fuoco in trincea agli attacchi col gas, dai bombardamenti aerei agli assalti dei carri armati. Il giovane lotta con tutto il suo ardore contro la forza devastante di una guerra disumana, "moderna". Gettato letteralmente in un bagno di sangue scopre che eroismo, abnegazione, trionfi sono parole vuote, dietro le quali resta solo il cieco, brutale, insensato obbligo di "obbedire all'ordine di uccidere". Proibito dai nazisti, dimenticato per decenni in Germania e inedito in Italia, questo romanzo, giudicato dai critici contemporanei il migliore sull'esperienza della Grande guerra, regge senza timore il confronto con altri assai più noti, come "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di Erich Maria Remarque. Nato nel 1893 Köppen partì per il fronte francese nel 1914. Più volte ferito e promosso sul campo, al termine della guerra fu rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Congedato nel 1918, divenne redattore e traduttore lavorando per la prima radio di Berlino. Licenziato con l'avvento del nazismo, morì nel 1939.