
Nella fitta trama di genealogie stilistiche, di analisi iconografiche e iconologiche, di rinvii alla ricezione del pubblico e alle esigenze della committenza che danno corpo allo studio della produzione artistica, la dimensione territoriale risulta spesso decisiva: viaggi di artisti e di opere, mutuazioni di modelli, scambi culturali e materiali agevolati dalle grandi vie di pellegrinaggio o dalle rotte marittime, frontiere permeabili che, al di là della percezione corrente, agevolano le reciproche relazioni. E questo lo scenario, suggestivo e in gran parte inatteso, che prospettano i saggi qui riuniti di Liana Castelfranchi - tra i maggiori studiosi di arte medievale in Italia. Facendo perno sul concetto di "gotico internazionale" e sulla de-gerarchizzazione tra arti "maggiori" e cosiddette "minori", Liana Castelfranchi propone una rivisitazione dei nodi fondamentali della cultura figurativa tra Medioevo e Rinascimento nella quale l'Italia dialoga proficuamente con l'Europa e in particolare le Fiandre nel delicato momento di passaggio fra Tre e Quattrocento. A testi che hanno segnato in profondità gli studi recenti di storia dell'arte ne sono stati affiancati di inediti e poco noti che delineano figure fondamentali come Giovannino de' Grassi, Masaccio, Beato Angelico, Jan van Eyck, Hans Memling e Antonello da Messina, con importanti puntualizzazioni filologiche e critiche.
Negli anni della guerra fredda Washington mise in campo un ampio spettro di strumenti per contrastare l'espansione del blocco sovietico. La "guerra fredda economica" condotta dagli Stati Uniti, fatta di misure come sanzioni economiche e controlli sugli scambi commerciali est-ovest, nonché di aiuti ad alleati e a paesi terzi, coinvolse direttamente anche l'Italia orientandone in maniera decisiva i flussi degli scambi. Adriana Castagnoli mette in luce le complesse relazioni politiche ed economiche tra Stati Uniti e Italia che contraddistinsero la nostra collocazione nel blocco occidentale e determinarono, anche per questa via, un modello di sviluppo anomalo e segnato da una forte dipendenza dalle multinazionali americane nei settori tecnologicamente più avanzati. Un effetto a lungo termine che continua ancora oggi a manifestare le sue conseguenze.
Dalla fine della guerra fredda, le frizioni fra USA e Unione europea sono emerse in modo sempre più evidente e le due coste dell'Atlantico si sono progressivamente allontanate, arrivando a mettere a rischio un'alleanza che dura da settant'anni. Fino a quando a Washington e a Bruxelles si è privilegiato un approccio multilaterale, la crescente tensione è stata tenuta in qualche modo sotto controllo. Ma l'aggressivo unilateralismo di Trump sta scavando un solco incolmabile. E l'Europa si trova spinta a rafforzare i rapporti d'interesse con Mosca e Pechino. Per il Vecchio Continente questa frattura ha delle conseguenze di lunga portata e lo costringe a ridefinire la sua identità proprio quando si trova diviso da risorgenti tendenze nazionalistiche, da nuovi contrasti d'interesse e da uno scontro di sistemi di valori.
"Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?": alle soglie del Medioevo, questo monito evangelico sembra risuonare nell'intimo di Cassiodoro, che nel culmine della sua carriera pubblica ha visto fallire l'ambizioso disegno di fondere in una nuova civiltà i Romani e i Goti, dopo aver lungamente operato e sofferto per quell' utopistica sintesi politica dei due popoli. L'anima gli appare dunque un tema carico di richiami spirituali e meritevole di meditazione in un'epoca in cui lo sfacelo degli effimeri ideali politici si rifletteva nel mondo dei valori morali. Anche in virtù del decisivo influsso esercitato su di lui specialmente dalla figura e dall'opera di sant'Agostino, il concetto di anima come "luce sostanziale" gli serve per costituire una connessione tra ciò che è "corporeo e caduco" e ciò che è "spirituale ed eterno". Di conseguenza acquistano particolare risalto l'uomo e la sua corporeità: il corpo umano, infatti, se può essere di ostacolo all'anima, inducendola al peccato e comunque rendendola mutevole, tuttavia possiede una grande dignità, sia perché Cristo si è "rivestito" di esso, sia perché la sua struttura richiama simbolicamente quella cosmica. Letto e interpretato secondo questa prospettiva esegetica, come documento di una crisi di valori, o di una "conversione" intesa nella sua accezione più ampia, il "Liber de anima" acquista un complementare interesse autobiografico.
Nel presente volume sono stati raccolti quattro studi, fra loro strettamente connessi da un fondamentale motivo unificante, l'analisi dello spazio extraurbano in un settore specifico della penisola anatolica, le regioni 'storiche' di Ponto e Cappadocia, e in un arco temporale compreso fra il III ed il VI secolo d.C. La raccolta sistematica e l'analisi delle fonti letterarie, epigrafiche, archeologiche e numismatiche su queste aree dell'Asia Minore tardoantica, hanno permesso di evidenziarne non solo strutture produttive e dinamiche insediative, ma anche problemi amministrativi e aspetti socio-culturali. L'indagine si è così concentrata sulle divinità pagane e sulle figure carismatiche ritenute capaci di allontanare insetti voraci dai terreni agricoli, sui luoghi cristiani di accoglienza, sostegno e cura dislocati fuori dalle città e destinati a tutti i bisognosi, sul complesso rapporto fra "vescovi di campagna" e "funzionari dei distretti rurali", sulla significativa convergenza di infermità e ospitalità, povertà e medicina monastica intorno alle miracolose reliquie di un santo.
Il destino dei tiranni è quello di doversi guardare dall'ombra che il potere proietta alle loro spalle: il tirannicidio. Non c'è tiranno che non sia stato esposto alla possibilità di essere rimosso con la forza, come se la tirannide implichi la possibilità dell'omicidio non solo di fatto, ma anche di diritto. Per questo la tradizione politico-giuridica occidentale si è interrogata sin dalle sue origini, in Grecia, se, quando e in quali termini fosse lecito uccidere il tyrannus. Da allora ogni epoca ha affrontato la questione con appassionati dibattiti, accese polemiche, esplosive (in senso figurato e non) dimostrazioni, lungo un fil rouge che questo saggio segue fino ai giorni nostri, ripercorrendo colpi di Stato, attentati e brutali linciaggi. Perché, se la tirannia è una costante dell'esperienza politica - pur con modalità e forme diverse, da Cesare a Gheddafi, da Ipparco a Luigi XVI - lo sarà sempre anche la necessità di rovesciarla, e come recita il motto dei tirannicidi: Sic semper tyrannis!