
I fallimenti personali e i successi politici, le folli ossessioni e il freddo pragmatismo del più temuto dittatore del Ventesimo secolo.
«Abbiamo cercato di considerare Hitler un condensato, o se si preferisce come il catalizzatore di forze che si sprigionano dalla vertiginosa mutazione di quei sistemi economici, sociali e cognitivi che costituiscono l’Europa – in particolare l’Europa di mezzo – tra la fine dell’Ottocento e la Grande Guerra e che hanno trasformato il continente, le sue modalità di ‘gestire’ le masse umane, di nutrirle, guidarle, controllarle e di pensare la dimensione politica. Ciò che si delinea è quindi la storia di un uomo, di un destino, ma anche, per suo tramite, di un oggetto che abbracciò l’Europa e che si autodenominò ‘Terzo Reich’. Nel destino di quest’uomo si mescolano infatti militantismo frenetico, speranza imperiale, conquista dell’Europa, guerra ripugnante, inaudito genocidio.»
Secondo il filosofo tedesco Ernst Cassirer, essere storico vuol dire prima di tutto imparare a leggere. A leggere una lingua, a decifrare un mondo, a mappare un universo mentale: quello degli uomini e delle donne del passato. Contrariamente ai luoghi comuni, dunque, la storia non è solo una questione di date, ma è anche una questione di parole. Johann Chapoutot ne ha selezionate un centinaio per sensibilizzare il grande pubblico nei confronti di una disciplina che sta al cuore del dibattito d'idee contemporaneo, e che si è costruita come una scienza, con la sua epistemologia (la storiografia), ma una scienza molto letteraria, il cui oggetto non è nulla di meno che il tempo.
Qual è la differenza tra un regime autoritario e uno totalitario? Come spiegare la progressiva crisi della democrazia liberale nell'Europa occidentale e il processo di brutalizzazione della politica conseguente alla fine della prima guerra mondiale? Quali strategie consentirono a Hitler, Mussolini, Franco e Salazar di sedurre le popolazioni suscitando la loro adesione? In questo libro, che rifiuta ogni scorciatoia deterministica - per cui ogni dittatura sarebbe da considerarsi un arcaismo, una tragica e mostruosa parentesi, superata da un ineluttabile processo di civilizzazione che sfocerebbe nella democrazia - Johann Chapoutot, basandosi sulle più recenti acquisizioni della storiografia, rintraccia le principali ragioni sociali, economiche e culturali che hanno consentito ai diversi regimi totalitari l'occupazione dello spazio politico europeo, in Germania, Italia, Francia, Spagna e Portogallo, tra il 1919 e il 1945 e oltre.
«Non abbiamo un passato», diceva Hitler, rammaricandosi che gli archeologi SS si ostinassero in ricerche nei boschi della Germania, per poi trovarvi soltanto delle brocche orrende. Il passato della razza, quello che doveva riempire d'orgoglio i tedeschi, era da rintracciare in Grecia e a Roma. Cosa c'è di meglio di Sparta per costruire una società e un uomo nuovo? Quale miglior esempio di Roma per costruire un Impero? E quale più efficace avvertimento delle guerre che opposero la razza nordica agli assalti della Persia e di Cartagine? L'Antichità greca e romana insegnava come perpetuarsi attraverso una memoria monumentale ed eroica, quella del mito. Il Reich succedette ad Atene e Roma in questa lotta millenaria, nella quale dovette fronteggiare gli stessi nemici e pericoli. Dai canoni dell'ideologia nazista, a partire dal Mein Kampf, agli edifici di Norimberga, passando attraverso i manuali scolastici, il cinema e le arti plastiche, l'Antichità greca e romana venne riletta e riscritta per fornire al lettore, alunno, studente, spettatore e suddito del nuovo Impero, un paradigma ideologico saldamente impiantato sulle due grandi civiltà del mondo classico. Johann Chapoutot esplora il cuore del progetto totalitario nazista: annettersi non solo gli spazi fisici del mondo, ma impadronirsi, per forgiare l'uomo nuovo, anche del passato, assegnandogli una funzione di esaltazione, modello e profetico avvertimento.
L'omicidio di un operaio comunista avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 agosto 1932 a Potempa, in Slesia, significa l'assassinio di Weimar? Non esageriamo: non fu certo l'unico delitto di quegli anni. La storia della Repubblica di Weimar è segnata da centinaia e centinaia di omicidi. Forse per assassinio di Weimar s'intende quello di una repubblica? Ci verrà ribattuto che vi sono molte altre date possibili per identificarne la fine: prima fra tutte il 30 gennaio 1933, il giorno in cui Hitler assunse la funzione di capo del governo. Che cosa avrebbe, allora, l'omicidio di un modesto operaio comunista avvenuto nella provincia più profonda e periferica, per poter competere con l'evento per eccellenza, con i suoi flash, le edizioni straordinarie e le sfilate alla luce delle fiaccole, vale a dire l'ascesa di Adolf Hitler alla cancelleria? Di fatto questo assassinio alimentò la cronaca giudiziaria e il dibattito politico: se ne parlò, molto, e non immotivatamente. Questo semplice atto di violenza fu percepito come un evento e lo storico può leggervi, sotto la superficie, le correnti profonde di molte storie.
In principio c'era solo la natura, con le sue leggi severe e ineluttabili. C'era solo la lotta per la sopravvivenza destinata a premiare i più forti e i più spietati. Per questo gli uomini hanno onorato e ossequiato alberi e torrenti, si sono nutriti e hanno combattuto come ogni altro animale. La cultura non era altro che la semplice trascrizione della natura, la difesa del suo unico ordine e del suo codice. Lo snaturamento dell'uomo avviene, secondo l'ideologia nazista, con 1'insediamento dei semiti in Grecia, quando l'evangelizzazione introduce in Occidente il giudeo-cristianesimo. Un traviamento completato dalla Rivoluzione francese con le sue costruzioni ideologiche umanistiche e anti-naturali (uguaglianza, compassione, astrazione della legge). Per salvare la razza nordico-germanica, nell'ottica nazista, era dunque necessario operare una vera e propria `rivoluzione culturale' che ristabilisse il modo di essere degli antichi e facesse di nuovo coincidere cultura e natura. Una battaglia che imponeva all'uomo germanico di rifondare la legge e la morale per rendere lecito e addirittura un diritto sopraffare e uccidere. Con questo libro Johann Chapoutot, uno dei maggiori storici francesi, porta alla luce le forme attraverso le quali i nazisti hanno progettato una completa riscrittura della storia dell'Occidente e il modo in cui queste idee sono state attuate dai criminali nazisti.
Settant'anni orsono, la mattina del 19 maggio 1944, veniva rinvenuto nella casermetta di via Frutaz, ad Aosta, il corpo senza vita del notaio Émile Chanoux, impiccato alle sbarre della finestra della cella dove era stato rinchiuso la sera precedente dai suoi aguzzini. In quel momento Chanoux, leader del movimento resistenziale valdostano, diventava l'eroe delle non mai sopite istanze di autonomia politica e amministrativa della Valle d'Aosta. In realtà, dietro l'eroe si nascondeva uno scrittore politico di assoluto rilievo nel paesaggio del federalismo del Novecento, che individuava nella vocazione all'autonomia e all'autogoverno propria delle comunità territoriali dell'arco alpino l'elemento essenziale per guardare con fiducia all'Europa dei popoli e non degli Stati. Ripubblicare oggi il suo testo "Federalismo e autonomie" rappresenta il modo migliore per rendere omaggio alla sua figura.
Pechino, marzo 1852: durante la selezione delle consorti imperiali, lo sguardo dell'imperatore Xianfeng si posa su una sedicenne dai tratti non belli, forse, ma senza dubbio affascinanti. Di lì a poco, il cenno di approvazione del Figlio del Cielo schiuderà le porte della Città Proibita alla donna che, ammessa a corte come semplice concubina, si ritroverà in breve a reggere le redini dell'ormai morente dinastia Qing con il titolo di Imperatrice vedova Cixi. Considerata in Cina una despota dalle vedute ristrette, Cixi intraprese invece una coraggiosa politica di modernizzazione che, ispirandosi ai metodi occidentali, scosse il Paese dal suo immobilismo millenario: a lei si devono infatti l'introduzione del telegrafo e della ferrovia, la costruzione di una flotta moderna e l'avvio della pratica di estrazione mineraria, la riforma del sistema legale (con l'abolizione di pratiche quali la fasciatura dei piedi) e l'istituzione di scuole e università di livello. Il tutto mentre affrontava le rivolte dei Taiping prima e dei Boxer dopo, le "guerre dell'oppio" e le mire espansionistiche di russi e giapponesi, sventando i complotti orditi alle sue spalle. Questa biografia, avvalendosi di materiali fino a poco tempo fa inaccessibili, ribalta gli stereotipi per tracciare il ritratto di una figura ancora poco nota agli storiografi occidentali: quella di una donna energica e lungimirante che, in un contesto tutt'altro che favorevole, governò per quarant'anni le sconfinate terre del Celeste Impero.
La casata dei Borgia è senza dubbio la più nota di tutta la storia. Leggende di avvelenamenti e incesti, corruzione e crudeltà crebbero rapidamente attorno a quel nome. I membri di questa famiglia dominarono la scena italiana tra il XV e il XVI secolo, grazie anche allo sfrenato nepotismo prima di papa Callisto III e poi di suo nipote, papa Alessandro VI, che cercò di favorire con ogni mezzo figli e parenti. Numerosi episodi caratterizzarono il pontificato di Alessandro, fornendo materiale per una sterminata letteratura nei secoli a venire: dal libertinaggio nel palazzo Apostolico ai presunti amori incestuosi, dai delitti verso gli oppositori e i più ricchi cardinali della Curia romana fino al supposto fratricidio di Giovanni da parte di Cesare. Ombre che si addensarono anche nelle campagne militari del Valentino, temuto per la sua ferocia, o nella turbolenta vita matrimoniale di Lucrezia. Cosa c'è di vero dietro a tutto questo? Chamberlin ci presenta il profilo di personaggi straordinari: dalla violenta ambizione di Alessandro alla turbolenta vita dei suoi figli, Cesare e Lucrezia, attraverso le alleanze e le guerre di cui si servirono per consolidare il proprio potere, inseguendo il loro destino che li vide innalzarsi a tal punto da tenere il mondo nel terrore per poi finire, invece, nella totale rovina. Importante quanto i personaggi è l'Italia dell'epoca: un paese fatto di città in lotta e di macchinazioni dinastiche dove alta cultura e grande crudeltà marciavano di pari passo.
«Dire senso di nazionalità, significa dire senso di individualità storica. Si giunge al principio di nazione in quanto si giunge ad affermare il principio di individualità, cioè ad affermare, contro tendenze generalizzatrici ed universalizzanti, il principio del particolare, del singolo. Per questo, l'idea di nazione sorge e trionfa con il sorgere e il trionfare di quel grandioso movimento di cultura europeo, che ha nome Romanticismo.» (Federico Chabod)