
Approfondito e di facile lettura, intenso e puntuale, il volume sgombra il campo da tanti stereotipi sulla biografia di una delle personalità più tragicamente inquietanti del XX secolo: Adolf Hitler.
Il volume fa ricorso a una vasta messe di diari e memorie. Molti ebrei hanno infatti scritto della propria esperienza e lasciato minute cronache degli accadimenti. Rielaborando questo materiale Corni ha ricostruito tutti gli aspetti della vita quotidiana nei ghetti e le reazioni dei singoli e delle comunità alla persecuzione. Ne esce un libro terribilmente eloquente sugli indicibili disagi materiali (il sovraffollamento, la fame, il caroviveri), sulle violenze naziste, ma anche sull'autogoverno dei ghetti e la funzione spesso equivoca che lo Judenrat e la polizia ebraica esercitavano, sui tentativi di resistenza, infine sulla difficoltà, talora insuperabile, di preservare la propria dignità in condizioni estreme.
Storia del nazismo significa storia del Führer, ma anche storia della Germania e del popolo tedesco, che, usciti sconfitti e umiliati dalla Grande guerra, dal 1933 precipitano in una dittatura che li avrebbe portati, in un forsennato sogno di dominio, al disastro di una guerra europea. Una chiara sintesi sulla parabola del nazionalsocialismo: dall'ascesa politica di Adolf Hitler alla guerra e alle sue drammatiche conseguenze.
Docente di Storia contemporanea presso la Facoltà di Sociologia dell'Università di Trento, Gustavo Corni esamina in questo libro le diverse forme di occupazione nazista. Ne analizza le specifiche motivazioni, che talvolta cambiavano nel corso del tempo, i modi in cui le invasioni si espressero, gli effetti che ebbero sulla popolazione. L'Europa del tempo si presenta quindi come un caleidoscopio di comportamenti, di intrecci non privi di ambiguità fra occupati e occupanti.
Il presente volume cerca di capire la dimensione drammatica delle relazioni tra gli arabi e l'occidente aperta dal massiccio dispiegamento militare degli Stati Uniti e dei suoi alleati nella penisola arabica e nel Golfo Persico, in seguito all'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq. Il libro procede con il bloccarsi del processo di pace tra israeliani e arabi, con gli attentati dell'11 settembre 2001 e l'invasione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti, che verosimilmente si configurano come risultanze dello sviluppo delle tensioni generate nell'ultimo mezzo secolo nella regione.
Perché le donne artiste sono state così poche? Alla fine degli anni ottanta la storica dell'arte Linda Nochlin, accesa militante femminista, formulava questa domanda provocatoria. Quel punto di vista ormai storico è solo la base per ripercorrere le vicende della creatività al femminile dagli ultimi decenni dell'Ottocento ai nostri giorni, considerando attraverso le figure più importanti (tra cui Berthe Morisot, Käthe Kollwitz, Natalja Goncarova, Meret Oppenheim, Georgia O'Keeffe, Louise Nevelson, Eva Hesse, Carla Accardi, Shirin Neshat) le tendenze e i problemi specifici dell'arte prodotta da donne.
"Il non aver riconosciuto la propria colpa porta il popolo dei carnefici non pentiti a continuare a odiare i discendenti delle vittime, a cercare di cancellarli ancora, perché la loro memoria è ciò che determina il disturbo profondo della sua identità, ne sporca la storia e la memoria", (dalla Presentazione di Ugo Volli) Dopo il genocidio, quindi, il negazionismo: ancora oggi prosegue la volontà di annientare il popolo armeno, la sua storia, la sua cultura, perfino i suoi monumenti e le sue ultime tracce. Ma se alle vittime è negato dalle autorità turche anche solo il riconoscimento della sofferenza patita, spetta a chi non ha subito quello spaventoso crimine, a una parte terza, fare un atto di memoria e ricordare a tutta l'umanità l'urlo senza fine che arriva dal Metz Yeghérn, il Grande Male. Questo libro è un momento di tale testimonianza, presentato da un gruppo di intellettuali, che vogliono ricordare cosa accadde agli armeni e perché, negando così ai carnefici la vittoria del silenzio.
Per la prima volta abbiamo un libro che affronta di petto e senza pregiudiziali la questione del ruolo giocato dal beato don Gnocchi durante gli anni della Resistenza. Un periodo storico dell’Italia per molti versi eroico, ma anche controverso. Anni nei quali le migliori intelligenze del Paese e i cuori più generosi hanno posto le premesse, pagando anche con la vita, per una migliore Italia, quella che ha ispirato una delle più moderne Carte costituzionali dell’Occidente. Tra questi certamente i resistenti cattolici, che hanno speso la loro vita per restituire libertà, dignità e senso dello Stato ai cittadini oppressi e umiliati da una feroce dittatura. Basterebbe solamente ricordare i partigiani “bianchi” della rete OSCAR, l'organizzazione Visconti di Modrone, le Fiamme Verdi e i carabinieri fedeli al governo legittimo, tra i quali si è spesa l’attività resistenziale di don Carlo Gnocchi, “ribelle per amore”, e che gli è costata l’arresto e il carcere a San Vittore da parte delle SS germaniche. Il suo fu un antifascismo non dichiarato e non esibito, ma vissuto come ambito di testimonianza in nome dell’umanesimo evangelico e della fede cristiana. Un antifascismo vissuto come direzione spirituale e scevro da ogni ideologia, nato dall’idea di vivere un sacerdozio non separato, attento alle vicende sociali e istituzionali del suo popolo compartecipandole. Questo prezioso libro rende giustizia di molti contraddittori giudizi, espressi spesso senza adeguata conoscenza, su questo delicato ma importante periodo della vita di don Carlo Gnocchi, che invece ha fatto da premessa alla creazione dell’Opera di carità che oggi porta il suo nome.