
Il Ministero per la Stampa e la Propaganda, diretto dal 1935 da Galeazzo Ciano, esercitò sui quotidiani una rigida supervisione attraverso i costanti ordini alla stampa, con cui il regime proiettò un'immagine serena e ottimistica della situazione italiana, censurando la cronaca nera e il dissenso, l'inflazione e persino i temporali, demonizzando gli ebrei e i comunisti, esaltando la Germania e tentando di occultare i preoccupanti sviluppi della guerra durante i primi anni quaranta. I testi raccolti in questa antologia sono presentati da un'introduzione di Nicola Tranfaglia, che analizza i meccanismi della propaganda fascista, e da quella di Bruno Maida, incentrata sulla direzione della Stampa e Propaganda fascista.
Vengono raccolti in questo volume i verbali degli incontri che ebbero luogo tra i ministri fascisti della Cultura Popolare (Alfieri, Pavolini e Polverelli) e i direttori dei quotidiani italiani dal 1939 al 1943, gli anni cruciali della disfatta fascista e della caduta di Mussolini. Un insieme di documenti preziosi, finora trascurati dagli storici, attraverso i quali è possibile ricostruire il funzionamento di una macchina organizzativa impegnata fino allo stremo nell'incessante pianificazione del "consenso" perseguita attraverso un'opera d'intimidazione dei giornalisti costretti a seguire le mutevoli e spesso grottesche parole d'ordine del regime di fronte alla tragedia che stava sconvolgendo l'Europa.
C'è stato un tempo nel quale l'aspirazione alla felicità non rimase semplicemente un'idea, ma venne considerata un diritto e inserita addirittura in molte costituzioni moderne. Gi americani la elencarono tra i diritti naturali e inalienabili dell'uomo, e così i rivoluzionari francesi dopo il 1789. Ancora oggi la ritroviamo solennemente citata nell'articolo 13 della Costituzione giapponese. Come mai la felicità è diventata un diritto costituzionalmente garantito? Da Tommaso Moro a Giacomo Casanova, dal Robinson Crusoe al buon selvaggio di Rousseau, dall'hobbesiana concezione della vita come corsa per l'accaparramento delle condizioni materiali che possono rendere l'uomo felice al rapporto tra ricchezza e felicità nelle democrazie più avanzate della contemporaneità, passando per l'eterno confronto tra fede e ragione, anima e corpo, che ha animato il lungo dibattito sulla moralità dell'essere felici, Antonio Trampus ripercorre le tappe della riflessione occidentale sul diritto alla felicità.
Da diversi anni un gruppo di studiosi ha avviato un'indagine sul rapporto fra i linguaggi, intesi come sistemi di comunicazione fra gli individui, la storia delle idee e le pratiche culturali nell'età moderna. Questo progetto si è posto l'obiettivo di comprendere in che modo i diversi contesti culturali hanno potuto condizionare le forme di comunicazione verbale e non verbale, creando infine linguaggi tipici di un'epoca o di un determinato ambito sociale. L'attenzione si è concentrata sulla cultura europea della seconda metà del XVIII secolo nel momento in cui è stato possibile individuare nell'opera di Filangieri il laboratorio per la nascita di una modernità espressa anche nel rinnovamento del lessico comune europeo. La consapevolezza che il linguaggio del tardo Illuminismo non è costituito solo da parole e da concetti ma anche da segni linguistici più antichi, ha spinto anche l'attenzione verso lo studio di simboli i cui significati vennero ripresi e rielaborati nell'età dei Lumi per essere infine consegnati al Romanticismo e alla cultura contemporanea.
Se le vicende politiche e militari della Sicilia durante la dominazione musulmana sono state oggetto di svariate indagini, poca attenzione si è finora prestata alle condizioni materiali e sociali del vivere quotidiano di quell'epoca. Grazie a una scrupolosa ricostruzione storica e un uso attento delle fonti, Salvatore Tramontana fornisce con questo libro un quadro complessivo dei diversi intrecci tra uomini e territorio nei secoli IX-XI. Per la Sicilia si tratta di un periodo di profonde trasformazioni, e il grande sviluppo urbanistico, strettamente collegato alle attività agricole, artigianali e del commercio, diviene in breve punto di coesione e di armonia fra religione, cultura, legislazione, economia e potere. Il lettore potrà così osservare da vicino la realtà antropologica e culturale della Sicilia musulmana, cogliendone ogni aspetto e percorso attraverso le profonde relazioni che legano il clima, la struttura geografica e gli eventi catastrofici alle vicende umane, economiche, sociali, religiose e politiche di una realtà e di un'epoca di grande fascino e originalità.
Tra XI e XIII secolo, nel Regno di Sicilia, in virtù di una realtà storica e culturale arricchita da una circolazione particolarmente intensa di uomini e idee, acquista evidenza esemplare il progressivo declino dell'antica concezione del mondo, che considerava l'armonia di uomo e natura come regolata da forze inviolabili, alle cui leggi ogni essere vivente doveva fatalmente soggiacere. Analizzando scrupolosamente la struttura fisica del territorio, degli impianti urbani, delle strutture edilizie, Tramontana va in cerca dei rapporti specifici che legano gli uomini del tempo all'ambiente, agli animali e alle piante. Ne risulta un vasto spaccato antropologico-culturale che indaga ogni aspetto della vita umana, ricostruita a partire da vicende e ruoli, mentalità, norme della convivenza quotidiana, bisogni e desideri, abitudini alimentari e sessuali, paure e strategie di sopravvivenza. Dominare la natura, infatti, non era più un peccato, ma un miracolo. E credere nei miracoli era il primo passo per renderli possibili, e per strappare il mondo dalla sua tradizionale immutabilità.
"Il nostro sarà un vero e proprio viaggio attraverso il mondo tardoromano, in un anno importante per la sua evoluzione politica. Ci muoveremo lungo uno di quei percorsi circolari cari ai compilatori degli 'inventari del mondo' tardoantichi. Partendo dall'evento politicamente più rilevante del 428 dopo Cristo - la caduta del regno d'Armenia - attraverseremo il Mediterraneo e l'Europa, per poi ripiegare verso Oriente, fino al primo tratto della Via della Seta, ai confini di altri mondi. Durante il viaggio incontreremo città e deserti, palazzi e monasteri, scuole pagane e santuari cristiani. E soprattutto vivremo insieme alle dramatis personae di questo lungo anno: gli imperatori Teodosio Il, Valentiniano III e Vahrâm V; generali romani come Flavio Dionisio; capi barbari come Censerico o signori della guerra come il saraceno al-Mundhir. E poi religiosi come Simeone Stilita, Paolino di Nola e Agostino; donne di potere come Calla Placidia e Pulcheria; intellettuali pagani come Macrobio o Plutarco di Atene; vescovi potenti come il siro Rabbula o il copto Scenute. Lo sfondo è il tramonto dell'impero romano. O, se si preferisce, l'alba del medioevo."
Il 9 giugno del 53 a.C., sulla pianura di Carre, nell'Alta Mesopotamia, un esercito di cavalieri venuti dall'Iran e dall'Asia centrale sbaraglia un'armata di oltre cinquantamila uomini, inviati da Roma a conquistare l'impero rivale dei Parti. Le frecce degli uomini arrivati da Oriente mettono in ginocchio i romani: oltre metà dei legionari trova la morte sul campo, molti altri sono presi prigionieri e deportati, e quel che è peggio i nemici si impossessano delle insegne militari, estremo disonore per anni nella coscienza collettiva romana. Il generale Marco Licinio Crasso, l'uomo che diciotto anni prima aveva sconfitto Spartaco e fatto crocifiggere sulla via Appia seimila tra schiavi e gladiatori ribelli, è massacrato poco dopo il combattimento e il suo cadavere oltraggiato rimane insepolto. La battaglia segna una battuta d'arresto per Roma: la sua avanzata verso la conquista del mondo, ritenuta fino ad allora inarrestabile, è bloccata da un'armata di cui erano state sottovalutate la perizia militare, la forza d'urto e, soprattutto, la capacità di resistere al temibile dispositivo della legione.
Giusto Traina racconta la storia avvincente e appassionante di una battaglia fra le più oscure nella storia militare dell'antichità, il primo grande scontro di una guerra continua, praticamente mai conclusa, fra Roma e l'Iran.
Il 9 giugno del 53 a.C, sulla pianura di Carre nell'Alta Mesopotamia, un esercito di cavalieri venuti dall'Iran e dall'Asia centrale sbaraglia un'armata di oltre cinquantamila uomini, inviati da Roma a conquistare l'impero rivale dei Parti. Oltre metà dei legionari trovano la morte sul campo, molti altri sono presi prigionieri e deportati, e quel che è peggio i nemici si impossessano delle insegne militari, estremo disonore per anni nella coscienza collettiva romana. Il generale, Marco Licinio Crasso, è massacrato poco dopo la battaglia, e il suo cadavere oltraggiato rimane insepolto. Lo scontro segna una battuta d'arresto per Roma: la sua avanzata verso la conquista del mondo, ritenuta fino ad allora inarrestabile, è bloccata da un'armata di cui erano state sottovalutate la perizia militare, la forza d'urto e, soprattutto, la capacità di resistere al temibile dispositivo della legione.
"Un anno, il 428 d.C, scelto volutamente perché un anno qualunque. Di quest'anno Traina costruisce un avvincente giro d'orizzonte, accompagnando il suo lettore dalla Siria all'Anatolia, dai Balcani all'Italia, dalla Gallia all'Inghilterra, dalla Spagna al Nordafrica sino all'Egitto, alla Palestina e alla Mesopotamia, attraverso le province formicolanti di popolo e di commerci, di soldati e di funzionari, di vescovi e di monaci. Ne emerge un impero assai più meridionale che nordico, più orientale e greco che occidentale. Un impero che si voleva eterno, ma che stava cambiando." (Alessandro Barbero, "Tuttolibri")
Secondo il Talmud, nella città di Roma vi sono 365 piazze, in ognuna delle quali vi sono 365 palazzi, e ognuno di essi ha 365 piani, di cui ognuno contiene di che nutrire il mondo intero. Andiamo allora alla scoperta di questa storia speciale, quella dei nostri antenati, gli antichi romani. Sui banchi di scuola, tutti abbiamo imparato a memoria i nomi dei 7 re di Roma. E li abbiamo immediatamente dimenticati. Tutti quanti abbiamo studiato a grandi linee la storia della lupa e dei due gemelli, Romolo e Remo; delle epiche battaglie contro Annibale, delle conquiste imperiali e delle invasioni barbariche. Ma ci siamo mai chiesti a cosa serve davvero conoscere la storia dei nostri antenati, gli antichi romani? Il libro vuole rispondere a questa domanda e lo fa rivendicando con orgoglio la connotazione di 'speciale' per la storia romana. Vedremo allora come Romolo fondò la Città Eterna accogliendo i migranti. Come Cesare sterminò più di 400.000 germani per scoraggiare i passaggi di frontiera. Come calpestare i tombini di Roma con la scritta SPQR equivalga a commettere un delitto di lesa maestà. Come il concetto di ius soli sia un'elaborazione dei giuristi medievali. E, infine, come siano state ipotizzate ben 210 cause diverse della caduta dell'impero.

