
Quattordici secoli di rapporti tra l'Europa e l'Islam in una sintesi di straordinaria ricchezza e vigore espositivo. Bernard Lewis, tra i maggiori storici dell'Islam, è professoreemerito di Studi del Vicino Oriente nell'Università di Princeton.
Un'ampia e articolata trattazione di grande leggibilità, quasi come un romanzo; un'introduzione al mondo arabo e alla sua storia. Bernard Lewis è professore emerito di Studi del Vicino Oriente nell'Università di Princeton. Molte delle sue opere sono state tradotte in italiano.
Nel 1940, Theresienstadt (Terezìn in ceco), la città-fortezza costruita verso la fine del diciottesimo secolo a una sessantina di chilometri da Praga, fu adibita a carcere dai nazionalsocialisti e successivamente trasformata in un lager-ghetto destinato in parte agli ebrei cechi, in parte agli ebrei anziani o famosi provenienti dalla Germania e da altri paesi occupati. Nel febbraio del 1944, vi venne internato anche Kurt Gerron, negli anni fra le due guerre uno degli attori e registi tedeschi più famosi: in occasione della prima dell'"Opera da tre soldi" brechtiana era stato il cantastorie della celeberrima "Quanti denti ha il pescecane", aveva recitato accanto a Marlene Dietrich ed Emil Jannings nell'"Angelo azzurro", partecipato, come attore e regista, a una serie innumerevole di film e spettacoli teatrali. Un'autentica star. Poi erano arrivati al potere i nazisti e un'intera generazione di artisti, scrittori, musicisti, uomini di spettacolo aveva scelto la via dell'esilio. Fra questi lo stesso Gerron, che, essendo ebreo, era subito stato estromesso da qualsiasi lavoro. Dopo varie tappe, si era fermato in Olanda. Ma le truppe tedesche erano arrivate anche qui, con la Gestapo al seguito. Il romanzo di Lewinsky prende lo spunto dal momento in cui Karl Rahm, il responsabile del lager-ghetto, incarica Gerron di girare un documentario di propaganda, inteso a magnificare la situazione in quella che il nazionalsocialismo voleva presentare al mondo come un'istituzione modello...
Nella loro espansione nel bacino del Mediterraneo i Romani conquistarono la Giudea a partire dal 63 d.C. Un dominio a cui le popolazioni locali reagirono con insofferenza, mettendo in atto - fra il 66 e il 132 d.C. - una serie di aspre rivolte durante le quali si ebbero tra l'altro la distruzione del Tempio e l'impoverimento di Gerusalemme. Il libro ne dà conto in modo sintetico, fornendo nel contempo uno scorcio sui caratteri della società giudaica antica.
Hanna Lévy-Hass scrisse il suo diario a Bergen-Belsen quando ancora sperava in un mondo migliore. «Si scrivono così tanti libri», diceva spesso, «se non si ha nulla di veramente eccezionale da dire, non ha senso scrivere». Il suo scrivere aveva un senso – documentare e ricordare avevano un ruolo nella costruzione di un mondo «che sarà bello». Il suo successivo silenzio fu una costante ammissione che il mondo del dopoguerra non era affatto nuovo. Hanna, di famiglia ebrea sefardita, nata e cresciuta a Sarajevo nella ex Jugoslavia (oggi Bosnia-Erzegovina), fu internata nel campo di Bergen-Belsen nel 1944 e, per una serie di coincidenze, fu tra le poche persone a sopravvivere. Il suo diario sulla prigionia, che venne pubblicato per la prima volta in Italia solo all’inizio degli anni Settanta, è una testimonianza unica e perciò ancor più preziosa sulle fasi finali del sistema concentrazionario nazista.
Prigioniera di una leggenda eroica quando non di fuorvianti schemi ideologici, Sparta non sempre è stata oggetto di autentiche indagini storiche. L'autore, con questo saggio, cerca di fornire risposte scientificamente fondate a interrogativi che si rincorrono da secoli sulla vera storia di Sparta. Che tipo di potere veniva esercitato? Che tipo di società era quella spartana? Come vivevano le donne di Sparta? L'autore dimostra come la grande città greca, chiusa su se stessa o imperialista, nonostante tutte le tensioni, godette di una sostanziale stabilità, incapace però di riformare le sue istituzioni. In realtà, prigioniera del suo passato, Sparta fu la prima vittima del suo mito.
I teoremi matematici interessano solo gli scienziati e le aule universitarie? La risposta di questo libro è: no! E infatti chi leggerà queste pagine si troverà a fare un viaggio appassionante nella storia delle teorie matematiche che hanno cambiato il mondo e che interessano chiunque. Spesso è stata l’esigenza umana di risolvere un problema apparentemente impossibile a dare l’impulso alla formulazione di alcuni dei più celebri teoremi matematici. Altre volte la loro scoperta è stata del tutto casuale o accidentale. La matematica, poi, grazie all’aiuto di altre discipline – la filosofia per prima – è stata in grado di dare un ordine al mondo, così come lo conosciamo, fornendo una spiegazione teorica a tutti i fenomeni che ci circondano. Si può quindi comprendere la bellezza con la teoria dei frattali, misurare la distanza di punti irraggiungibili con il teorema di Talete, o, ancora, calcolare in modo esatto il numero delle perdite riportate dopo una battaglia con il teorema cinese dei resti. Tramite questo libro chiunque lo voglia potrà avvicinarsi a teorie che riteneva distanti e astruse, alle curiosità che le riguardano e alle vite di chi le ha rese note.
Nel cuore del Messico, Montezuma, sovrano azteco orgoglioso e potente, onorato come un dio e profondamente temuto, a capo di un impero di 15 milioni di persone, aspetta, con curiosità e trepidazione, l'arrivo preannunciato di un misterioso straniero sbarcato da poco sulle coste del Continente. È Hernán Cortés, l'avventuriero spagnolo audace e ambizioso che passerà alla storia come il Gran Conquistador. Partito da Cuba con una piccola armata di furfanti e mercenari in cerca di oro e potere, superando vulcani ancora attivi e immense montagne, aridi altipiani e intricate foreste, imbattendosi in tribù indigene da soggiogare e convertire in nome del re di Spagna, Cortés raggiunge la Valle del Messico sul finire del 1519, varcando infine le maestose porte della capitale fino ad allora inviolata, la città dei sogni, Tenochtitlán. Il condottiero spagnolo e l'imperatore azteco si fronteggiano, protagonisti di un epocale incontro fra culture, affascinati e sconvolti dalla loro stessa diversità. Che quello straniero barbuto, dallo sguardo arrogante e dalla parola suadente, rappresenti il profetico ritorno del dio Quetzalcoatl? Dall'alto del piramidale Templo Mayor, luogo di preghiere e sacrifici umani, Montezuma interroga àuguri e sacerdoti per scoprire il destino del suo impero. Due anni dopo, di quella civiltà ricca ed evoluta non sarà rimasto più niente.
La Shoa è l'apice di una lunga storia di discriminazione e persecuzione che, alla fine del XIX secolo, raggiunge un cruciale punto di svolta: per l'Europa lacerata da crisi e tensioni l'antisemitismo svolge la funzione di perfetta "soluzione politica" di comodo o, se si preferisce, di individuazione di un naturale capro espiatorio. Questo volume analizza la genesi e il funzionamento della retorica antisemita nell'Europa moderna e contemporanea. Levis Sullam descrive il formarsi nel tempo di un "archivio" antiebraico di luoghi discorsivi e concettuali, di miti e di simboli periodicarnente riattivati e interpretati a seconda dei contesti storici, sino al definitivo passaggio con l'avvento di nazismo e fascismo - dal piano ideologico a quello politico di persecuzione e sterminio. L'analisi si concentra particolarmente sugli sviluppi che vanno dall'antigiudaismo religioso alle ideologie antiebraiche nella modernità: da Voltaire a Marx, dall'antisemitismo francese dell'affare Dreyfus al caso internazionale del noto falso dei Protocol dei Savi Anziani di Sion, fino ai tragici esiti della "soluzione finale". La questione ebraica d'altra parte ancora oggi non può dirsi conclusa e continua a costituire per l'Occidente una efficace metafora di autorappresentazione.
La sera del 5 dicembre 1943, il giovane pianista Arturo Benedetti Michelangeli suona al Teatro La Fenice di Venezia. In quelle stesse ore, polizia, carabinieri e volontari del ricostituito Partito fascista - i carnefici italiani - compiono in città una delle maggiori retate di ebrei nella penisola dopo quella condotta dai tedeschi a Roma il 16 ottobre. Sulla base del censimento della popolazione di "razza ebraica" condotto a partire dal 1938, oltre centocinquanta tra uomini, donne, vecchi e bambini vengono stanati dalle loro case e tradotti alle locali carceri. Nei giorni successivi i loro beni vengono sequestrati, gli appartamenti sigillati o destinati ad altri italiani. I prigionieri saranno poi trasferiti a Fossoli di Carpi, il principale campo di transito degli ebrei nella Repubblica sociale, gestito da forze italiane. Qui saranno detenuti in condizioni precarie e, quindi, caricati su vagoni piombati - dopo la consegna in mani tedesche - su cui verranno condotti alla morte nel campo di sterminio di Auschwitz. Questi eventi si ripeterono in modo analogo, tra l'autunno del 1943 e la primavera del 1945, nelle principali città e in una miriade di piccoli paesi del centro-nord della penisola italiana. Perché si tende ancora a rimuovere il ricordo di queste vicende, mentre prevale quello dei "salvatori" e dei "giusti"? Perché raramente si ricorda che almeno metà degli arresti di ebrei fu condotta da italiani, senza ordini o diretta partecipazione dei tedeschi?
La sera del 5 dicembre 1943, il giovane pianista Arturo Benedetti Michelangeli suona al Teatro La Fenice di Venezia. In quelle stesse ore, polizia, carabinieri e volontari del ricostituito Partito fascista - i carnefici italiani - compiono in città una delle maggiori retate di ebrei nella penisola dopo quella condotta dai tedeschi a Roma il 16 ottobre. Sulla base del censimento della popolazione di "razza ebraica" condotto a partire dal 1938, oltre centocinquanta tra uomini, donne, vecchi e bambini vengono stanati dalle loro case e tradotti alle locali carceri. Nei giorni successivi i loro beni vengono sequestrati, gli appartamenti sigillati o destinati ad altri italiani. I prigionieri saranno poi trasferiti a Fossoli di Carpi, il principale campo di transito degli ebrei nella Repubblica sociale, gestito da forze italiane. Qui saranno detenuti in condizioni precarie e, quindi, caricati su vagoni piombati - dopo la consegna in mani tedesche - su cui verranno condotti alla morte nel campo di sterminio di Auschwitz. Questi eventi si ripeterono in modo analogo, tra l'autunno del 1943 e la primavera del 1945, nelle principali città e in una miriade di piccoli paesi del centro-nord della penisola italiana. Perché si tende ancora a rimuovere il ricordo di queste vicende, mentre prevale quello dei "salvatori" e dei "giusti"? Perché raramente si ricorda che almeno metà degli arresti di ebrei fu condotta da italiani, senza ordini o diretta partecipazione dei tedeschi?