
La rivoluzione "anti-comunista" dell'estate del 1991, imposta dall'alto per volontà di Boris Eltsin e del suo entourage al fine di abolire l'industria di Stato, privatizzare le infrastrutture e consentire alla Russia l'ingresso a pieno titolo nell'economia di mercato, era sostenuta da gran parte dell'opinione pubblica, delusa dagli scarsi risultati della perestroika. Sette anni più tardi l'intero sistema economico russo crollò. Non vi fu nessun complotto; il peso stesso degli errori e delle scelte approssimative causò una generale bancarotta. Roj Medvedev cerca di far luce su un decennio complesso e drammatico dove interessi economici e sociali si sono spesso incrociati con quelli della malavita.
Trenta volontari del Cuamm - dalle provenienze e dalle aspirazioni più disparate - raccontano in formato epistolare la propria esperienza. Sono lettere che parlano di viaggi importanti, che disegnano traiettorie, tutte diverse, di andate e ritorni. Da un piccolo paese della provincia sarda o veneta, dalle grandi città di Roma e Milano, fino al più sperduto villaggio in Uganda, in Sud Sudan o in Mozambico. In tutti questi viaggi, l'Africa smette di essere poco più di un luogo comune e brilla nel prisma delle sue differenze culturali e regionali. Nel racconto sincero e a tratti duro dei giovani volontari a volte la distanza di opportunità e risorse appare difficile da colmare, eppure ogni giorno si possono spalancare spazi di incontro e di condivisione. Succede a chi ha raccolto l'appello di partire per curare i più fragili. Perché il cambiamento è possibile sempre.
Federico II fu una grande e complessa figura, radicato nel medioevo per la sua concezione sacrale dell'Impero ma già aperto alla modernità per la visione dello Stato monarchico, per la sua tolleranza religiosa, per la sua versatilità culturale, per la sua magnificenza di costruttore e di mecenate. Principe coltissimo egli stesso compose uno dei più celebri trattati di falconeria del medioevo, "De arte venandi cumavibus". La sua lotta col Papato accreditò la fama che fosse eretico e la leggenda che incarnasse nella sua persona l'Anticristo. A questa si oppone quella più accreditata di Stupor Mundi, "meraviglia del mondo".
"Sono cose che ancora non si possono dire". Questa affermazione di Cesare Luporini, una delle teste pensanti del PCI nel secondo dopoguerra, risale a un'intervista radiofonica sull'"affaire Gentile" rilasciata nel 1989, a quasi cinquant'anni di distanza dai fatti. Bene, chi vive in Italia è abituato a delitti politici preparati, eseguiti e poi coperti in un'atmosfera acquitrinosa, dove nessuno per certo è innocente, ma un colpevole sicuro non esiste. Eppure, l'assassinio di Giovanni Gentile in quel freddo aprile del 1944 rimane un cold case diverso da tutti gli altri - che l'indagine di Luciano Mecacci, condotta anche su documenti inediti, riapre in modo clamoroso. Tutto, in questa ricostruzione, è perturbante. I moventi, molto meno limpidi - o molto più umani - di quanto fin qui si è tentato di far credere. La scena del delitto, cioè la Firenze cupa e claustrofobica occupata dai tedeschi. E naturalmente gli attori. Qualcuno ha discusso, deciso, agito: ma come, fino a che punto, perché? Le figure che appaiono sul palcoscenico sono numerose, e molto diverse fra loro. Oscuri gappisti. Feroci poliziotti. Informatori. Doppiogiochisti. E al centro di tutto, il meglio dell'intellighenzia italiana di allora: Luporini, certo, ma anche Eugenio Garin, Antonio Banfi, Mario Manlio Rossi, Guido Calogero, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Concetto Marchesi.
Tra gli orrori di cui la storia del Novecento è stata prodiga, pochi sono paragonabili alla condizione dei besprizornye, come venivano chiamati nella Russia postrivoluzionaria gli innumerevoli bambini e ragazzini rimasti orfani in seguito alla guerra, alla guerra civile o alla carestia. Stimati tra i sei e i sette milioni nel 1921, sporchi, vestiti di stracci, vagavano da soli o in gruppi per le città e le campagne in cerca di cibo, spostandosi nel paese aggrappati alle balestre sotto i vagoni dei treni, trovando riparo dal gelo negli scantinati delle stazioni o dentro i cassonetti, spinti dalla fame a un crescendo di aggressività e violenza che arrivava fino al cannibalismo. Né potevano offrire un'alternativa a quella vita gli orfanotrofi pubblici: strutture, in tutto simili ai lager che di lì a poco sarebbero sorti per altri scopi, dove bambini scheletrici giacevano ammassati in condizioni spaventose. E se negli anni Venti il problema viene studiato sul piano sociale, politico, giudiziario, psicologico ed educativo, in seguito saranno imposti il silenzio e la censura da parte di uno Stato che non può certo ammettere un simile sfacelo nel 'paradiso' della società sovietica. Negli ultimi trent'anni il fenomeno è tornato oggetto di analisi e rigorose ricerche storiche. Ma solo Luciano Mecacci è riuscito, grazie a testimonianze dirette e documenti dell'epoca spesso trascurati, a offrirne una ricostruzione completa anche dall'interno, calandosi - e calandoci - nell'abisso psicologico e umano dei protagonisti di vicende che possono sembrare, oggi, semplicemente inverosimili.
"Ho cercato di esprimere col rosso e col verde le terribili passioni degli uomini", ha scritto Vincent Van Gogh. Nei suoi quadri l'elemento del colore vibra infatti autonomamente, costruisce lo spazio in tessiture fitte e preziose, con una violenza che dà spessore psicologico e simbolico all'espressione; la luce penetra ogni cosa, le forme sono solide e potenti, ma al tempo stesso amalgamate nell'unità sensibile della materia. In questa monografia analitica l'autrice esplora tutti gli aspetti della vita e dell'opera di Van Gogh, senza tuttavia assecondare i miti e le leggende che lo circondano e soprattutto il luogo comune che vorrebbe inscindibilmente connessi la follia, l'isolamento e la creatività.
Nel 9 d.C. Publio Quintilio Varo, legato imperiale in Germania, varcò il Reno con tre legioni e si addentrò nella Germania Magna, occupata oltre vent'anni prima dai soldati romani. Varo e i suoi uomini non sarebbero mai più tornati indietro: furono massacrati da guerrieri germanici nel Teutoburger Wald, l'area coperta da dense foreste in cui oggi sorge il centro di Kalkriese. Attirati in una trappola dal nobile cherusco Arminio, i legionari si trovarono attaccati su ogni lato da una coalizione di tribù germaniche, insorte contro il dominatore straniero. In seguito i Romani compirono varie spedizioni punitive contro i Germani e recuperarono le loro aquilae, ma la tragica fine di Varo e delle sue legioni li indusse ad abbandonare l'idea di trasformare la Germania Magna in una provincia romana e a stabilire lungo il fiume Reno il confine fra il mondo romano e quello delle tribù germaniche.
Dal periodo immediatamente successivo alla Grande Guerra, sotto le restrizioni imposte dal Trattato di Versailles, attraverso la riforma militare di Hans von Seeckt che portò alla costituzione della Reichswehr, fino agli anni del consolidamento al potere di Hitler e del perfezionamento del Blitzkrieg, la Germania creò gradualmente un'organizzazione militare che non aveva pari agli inizi del Secondo conflitto mondiale. Questa formidabile macchina da guerra ebbe la sua punta di lancia nelle forze di terra agli ordini del Führer, in particolare la Wehrmacht e le unità ad essa collegate. Il volume ne ripercorre l'evoluzione, dai vittoriosi esordi degli anni 1939-40, esaminando le tappe chiave della sua esistenza: la folgorante campagna occidentale, la guerra in Africa settentrionale e l'imponente quanto devastante sforzo bellico profuso nell'invasione dell'Unione Sovietica, fino all'annientamento finale nel 1945. Il libro, con il supporto di un vasto e puntuale apparato iconografico, si propone di dimostrare in che modo esso si guadagnò la propria reputazione.
Nell'immaginario collettivo, le SS rappresentano la più famigerata formazione militare della storia. Dalla sua nascita negli anni Venti del secolo scorso come guardia del corpo di Hitler composta da pochi elementi, il reparto si espanse rapidamente sino a un'organizzazione che comprendeva centinaia di migliaia di uomini, con un potente esercito (le Waffen-SS, SS combattenti) costituito da armate, corpi d'armata e quasi 40 divisioni, senza contare le unità minori autonome - e una componente politica e razziale (Allgemeine-SS, SS generiche). Le attività passavano dalle imprese eroiche a quelle orribili, dai successi offensivi e difensivi in battaglia sui fronti della Seconda guerra mondiale alla gestione dei campi di concentramento e sterminio, fornendo il personale necessario agli Einsatzgruppe (gruppo da Impiego speciale) colpevoli dell'omicidio di intere popolazioni. Documenta la storia completa delle SS a livello individuale, di unità e dell'intera organizzazione, fornendo un quadro generale prima delle complesse origini sociali e dell'espansione all'Interno della Germania nazista, poi della storia militare tra il 1939 e il 1945 e infine della traccia negativa lasciata dopo il termine della guerra. Chris McNab affronta anche temi come l'ideologia, il reclutamento, l'inserimento di personale straniero, l'addestramento, l'equipaggiamento.
La figura del legionario romano ci è familiare oggi quanto lo era ai cittadini - e ai nemici - dell'Impero romano duemila anni fa. Questo libro, superando gli stereotipi più diffusi, vuole mettere in evidenza ciò che l'esercito di Roma fu dal costituirsi della prima milizia cittadina, all'inizio della Repubblica, fino all'eccellenza della legione imperiale, e ancora oltre, nel momento delle mortificanti sconfitte subite per mano dei Goti e degli Unni nel Basso Impero. Ricostruendone l'evoluzione di tattiche, armamento e addestramento, l'opera ci permette di conoscere a fondo le forze che consegnarono a Roma il più grande impero che la storia ricordi. Il volume, tuttavia, non si limita a ripercorrere i mutamenti di questo formidabile apparato militare attraverso i secoli, ma si sofferma anche sull'eccezionalità degli uomini che condussero quei soldati in guerra, in particolare nella rievocazione delle grandi battaglie, quali Canne, Farsalo, Adrianopoli. Corredato di illustrazioni, fotografiche e mappe dettagliate, il volume è un fondamentale testo di riferimento sulle forze armate romane dall'VIII secolo a.C. fino al V secolo d.C., dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente.