
Nel dicembre del 1944, in una vera e propria scommessa per costringere gli Alleati a chiedere la pace, Adolf Hitler ordinò la più grande controffensiva tedesca della Seconda guerra mondiale nello scacchiere europeo occidentale. Un'iniziativa spericolata e pericolosissima con obiettivo Anversa, passando attraverso le Ardenne. Messi duramente alla prova, molti soldati americani disertarono o si arresero, altri resistettero eroicamente rallentando l'avanzata del nemico, in un teatro di guerra in cui uomini e natura rivaleggiarono in ferocia e crudeltà. Avvalendosi degli studi più recenti e obiettivi, Antony Beevor ricostruisce in queste pagine appassionate una delle battaglie simbolo della Seconda guerra mondiale, il colpo di coda di Hitler.
Nel settembre del 1944 l'esercito del Terzo Reich sta lentamente arretrando verso la Germania, mentre gli Alleati avanzano in Belgio puntando ai Paesi Bassi. Intanto, sul fronte orientale, anche l'Armata rossa mette pressione ai generali tedeschi, ormai in balia di Hitler sempre più ansioso e delirante. Per il feldmaresciallo britannico Bernard Montgomery è l'occasione perfetta: vuole mettersi al comando delle operazioni alleate nel continente, una risposta alla nomina - a suo parere ingiusta - di Dwight Eisenhower come comandante supremo. "Monty" sostiene con vigore un piano a dir poco ambizioso: l'operazione Market Garden, con la quale prendere il controllo dei ponti che attraversano il basso Reno e sfondare in territorio nemico. Una prima ondata di truppe paracadutate oltre le linee tedesche aprirà la strada all'avanzata trionfale della fanteria. Ma gli alti ufficiali stanno dimenticando una massima fondamentale della strategia militare: nessun piano sopravvive intatto all'incontro con il nemico. Troppe cose devono andare lisce perché l'operazione riesca. Quel piano avventato si tradurrà in un disastro costato la vita a migliaia di soldati, costretti a giorni di scontri incessanti circondati dai nemici, fino alla tragica e disperata ritirata. Ma il prezzo più alto lo pagheranno i civili olandesi, schierati da subito al fianco dei liberatori e presto schiacciati dalla terribile rappresaglia nazista. Antony Beevor, utilizzando fonti inedite o trascurate, conduce il lettore nel cuore degli scontri, mostrandoci la terribile realtà dei combattimenti che il generale tedesco Kurt Student definì «l'ultima vittoria tedesca».
La sera del 23 agosto 1942 la Sedicesima divisione corazzata tedesca si attestava sulle rive del Volga, a breve distanza dalla città di Stalingrado. Era l'avanguardia dell'armata che poco più di un anno prima Hitler aveva lanciato a sopresa contro l'Unione Sovietica. L'esercito russo pareva in rotta. L'unica resistenza degna di nota fu opposta da un gruppo di studentesse che manovravano pezzi di artiglieria antiaerea. Gli uomini della Wehrmacht credevano di avere vinto. Ma la città assediata sarebbe diventata un baluardo insuperabile, una trappola per le ambizioni del Reich e la tomba di migliaia di suoi soldati.
Nella primavera del 1941, dopo il fallimento del tentativo d'invasione da parte dell'esercito italiano, la Grecia continentale fu occupata dalla Wehrmacht. Il 20 maggio, i tedeschi scatenarono un'imponente offensiva per conquistare anche Creta, fondamentale per il controllo del Mediterraneo orientale. Dopo dodici giorni di accanita battaglia, in cui ebbero un ruolo decisivo i paracadutisti, i tedeschi sconfissero le truppe inglesi, australiane e neozelandesi. Il duro regime di occupazione che instaurarono scatenò la resistenza degli abitanti che, aiutati dagli infiltrati britannici, fecero di tutto, a rischio della vita, per sabotare le attività militari tedesche.
Un viaggio nella stregoneria attraverso il tempo e le culture. Perché si crede alle streghe? A quali paure e speranze danno corpo? Fra antropologia e storia, un itinerario attraverso il tempo e le culture per identificare i tratti comuni della stregoneria, della caccia alle streghe e della lotta alla superstizione.
Chi sa quanto sia variabile il clima e quanto sia elastica la reazione culturale dell'uomo ai suoi mutamenti, sarà in grado di comprendere meglio il dibattito che si sta svolgendo in questi anni sul Riscaldamento globale. Gli uomini sono figli dell'Era glaciale: solo quando il freddo intenso dell'ultima glaciazione cominciò a stemperarsi, oltre 10 000 anni fa, iniziò la coltivazione, e con questa l'urbanizzazione e - in definitiva - l'inizio della storia. Può apparire paradossale, ma è stato il riscaldamento del clima a crearci. Nel corso di tutta la storia umana, d'altra parte, il clima non è certo rimasto stabile e i suoi effetti sulle culture sono stati enormi. Non si può prescindere dalle condizioni climatiche nello studio delle civiltà, dei popoli, delle guerre, delle migrazioni, delle carestie, delle religioni e persino dell'arte e della letteratura. Diventa sempre più chiaro che il clima della Terra è parte integrante e motore inconsapevole dello sviluppo storico, politico e culturale dell'uomo.
Gli uomini sono figli dell'Era glaciale: solo quando il freddo intenso dell'ultima glaciazione cominciò a stemperarsi, oltre 10000 anni fa, apparve la coltivazione, e con questa l'urbanizzazione e l'inizio della storia. Può apparire paradossale, ma è stato il riscaldamento del clima a crearci. Nel corso di tutta la storia umana, d'altra parte, il clima non è certo rimasto stabile e i suoi effetti sulle culture sono stati enormi. Non si può prescindere dalle condizioni climatiche nello studio delle civiltà, dei popoli, delle guerre, delle migrazioni, delle carestie, delle religioni e persino dell'arte e della letteratura. Diventa sempre più chiaro che il clima della Terra è parte integrante e motore inconsapevole dello sviluppo storico, politico e culturale dell'uomo e Wolfgang Behringer lo dimostra per la prima volta in forma estesa, con chiarezza e abbondanza di esempi.
È solo negli anni Venti e Trenta che in Italia il sostantivo "intellettuale" diventa d'uso comune, anche grazie al fatto che gli intellettuali vengono largamente coinvolti dal fascismo nelle attività culturali e di propaganda. La straordinaria fioritura di riviste, testimonianza dei rapporti particolarmente stretti tra il regime e gran parte della cultura; il famoso testo del 1932, sulla Dottrina del fascismo, apparso nell'Enciclopedia italiana e lo scontro con la Santa Sede che ne seguì; la nascita e l'evoluzione del mito della romanità; ma anche tre figure intellettuali di spicco, Gioacchino Volpe, Delio Cantimori, Antonio Gramsci. Su questi fatti, personaggi e aspetti del Ventennio, Belardelli presenta una ricostruzione generale.
La celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia è occasione propizia per meditare sul cammino storico compiuto dalla nazione. Di tale percorso viene offerta in questo volume una narrazione puntuale ed esauriente, utile a comprendere in profondità come si sia giunti a formare la comunità nazionale. L’analisi dei sistemi sociali, delle visioni del mondo e delle relazioni internazionali che hanno reso possibile l’Unità, nonché l’esame dei tempi e dei modi che governarono l’equilibrio tra l’impulso delle minoranze e la partecipazione popolare, si affiancano ad un’attenta descrizione delle personalità che, dalla fine del Settecento sino alla Grande Guerra, hanno dato il loro contributo ideale e concreto alla realizzazione del sogno risorgimentale. Un’ampia bibliografia arricchisce tale narrazione ripercorrendo tutte le tappe del pensiero storiografico sul nostro “passato fondante”.