
Indipendenza delle Province Unite e "Gloriosa Rivoluzione" inglese: le prime rivoluzioni che caratterizzano l'età moderna tra Cinque e Seicento. La fase che va dal Trecento al Seicento è segnata in Europa da un alto grado di turbolenze, segno di trapasso di strutture religiose, politiche, economiche. Dopo aver percorso le più significative tra le rivolte minori del periodo, Tenenti si occupa delle due grandi rivoluzioni che hanno avuto successo. Entrambe frutto di ragioni religiose e politiche insieme, sono arrivate a creare l'una un nuovo stato, l'altra una nuova forma di monarchia costituzionale.
L'Italia dell'Umanesimo, dello splendore delle corti e del rigoglio delle città, dei grandi artisti e dei mercanti: un momento irripetibile, un equilibrio destinato a infrangersi ma talmente fecondo e significativo da divenire esemplare. Dalla penna di un grande storico, il profilo sintetico e complessivo di un'epoca aurea della storia italiana. Alberto Tenenti è stato dal 1965 Directeur d'Etudes all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi.
Tra il 1817 e il 1837 il mondo fu flagellato da una pandemia di colera, malattia fino a quel momento sconosciuta, che la scienza medica si rivelò impreparata ad affrontare. Morbo implacabile, dal decorso velocissimo, la sua diffusione fu favorita dall'organizzazione della società dell'epoca, caratterizzata da infrastrutture arretrate (servizi igienici, fognature, acquedotti) e dallo sviluppo dei traffici a livello mondiale. Subito interpretato come una nuova peste, il colera riaccese quella psicosi fatta di disperata volontà di resistenza, rassegnazione, rabbia e angoscia di fronte all'inesorabile aggressività della morte, che si era radicata nell'inconscio collettivo durante le pestilenze dei secoli precedenti, e che nell'Ottocento sembrava del tutto rimossa. Il libro ricostruisce gli eventi dell'epidemia che colpì violentemente Roma nel 1837, facendo ricorso ad autentici documenti del tempo: lettere, memorie, atti ufficiali delle istituzioni, cronache, articoli e testi letterari.
La storia degli Stati Uniti non è solo la brillante vicenda di una democrazia aperta, di una società ricca e all'avanguardia del mondo contemporaneo. Accanto all'America come luogo della libertà che amiamo, c'è un lato oscuro, dove le paure e le ossessioni hanno dato corpo negli ultimi due secoli a movimenti politici e sociali capaci di segnare un risvolto dell'identità nazionale. La storia degli Stati Uniti, allora, è anche quella dei nativisti - ossessionati dalla «supremazia bianca» -, dei populisti - cantori dell'America profonda custode delle virtù tradizionali in declino -, degli isolazionisti - che tra le guerre mondiali si rinchiusero nel nazionalismo dell'«America First» contro la guerra a Hitler -, e degli autoritari - che fiorirono in tutte le stagioni fino al Red Scare degli anni venti e al maccartismo degli anni cinquanta. Massimo Teodori descrive come nel tempo gli americani tradizionalisti con le loro ossessioni abbiano trasformato il patriottismo in nazionalismo e l'amore per la propria comunità in razzismo. Il libro conclude che, quali che siano i tentativi autoritari, l'America resta una società aperta che rispetta la democrazia e i diritti civili perché il suo sistema politico e costituzionale possiede gli antidoti per reagire ad ogni abuso di potere presidenziale.
Il totalitarismo nero e rosso sconfitto nel XX secolo è ricomparso nel XXI, se pure in altre forme. In Antitotalitari d'Italia Massimo Teodori si chiede come mai il termine "antitotalitario" sia stato bandito dal linguaggio storico e politico italiano mentre si parla molto di fascismo e antifascismo, elevati a concetti generali che pretendono di esaurire tutte le tendenze ideali. Con la pratica dello storico e la passione dell'intellettuale l'autore propone una memoria dei leader, dei gruppi e dei movimenti che nella Repubblica hanno animato la scena politica: liberali e socialisti, radicali e cristiani, conservatori e riformatori. Tra i precursori spiccano Croce, Salvemini e don Sturzo, tra i politici si incontrano De Gasperi, Einaudi, Sforza e Silone, quindi Saragat, Malagodi, Spinelli, Pannella e Craxi, e tra gli intellettuali Montale e Sciascia. Infine si ricordano Nicola Chiaromonte della Libertà della cultura e George Orwell di 1984, due tra le figure più significative dell'antitotalitarismo internazionale a cui durante la Guerra fredda furono rivolte le sprezzanti critiche di Togliatti.
"La Metafisica" di Teofrasto è un'opera unica per la complessità e l'ampiezza dei temi esaminati, che vanno da questioni al cuore dell'aristotelica filosofia prima alla fisica, alla matematica, all'astronomia, alla concezione della scienza e alla teleologia. E anche una testimonianza di prima mano delle modalità con cui la scuola nella sua fase più antica seppe accogliere e valorizzare l'insegnamento di Aristotele. L'andamento del testo non ha carattere sistematico, ma dialettico e problematico: di qui le molteplici interpretazioni di quest'opera, gravata da un'ipoteca di antiaristotelismo che tuttavia appare difficilmente sostenibile.
Questo libro conduce il lettore attraverso una caccia al tesoro materiale e spirituale. Ripercorre le teorie più diffuse, sostenute da chi ritenne di aver identificato il tesoro dei Templari in determinati luoghi della Francia, del Portogallo, sotto la Montagna del Tempio a Gerusalemme o a Cipro, dimostrando come costoro abbiano trascurato un sito che con ogni probabilità lo ospita. La ricerca delle incommensurabili ricchezze dei Templari porta alla luce ulteriori nuove tracce e prove dell'eresia segreta di questo ordine di monaci cavalieri, colpito a morte fra il 1307 e il 1314 dal re di Francia e dal papa, e coinvolge altri temi in bilico tra storia e leggenda come il Graal, il Bafometto, Rennes le Chateau e l'origine del rito massonico.
Stanziati fin dal VII secolo a.C, in una regione fra il Caucaso e la Mesopotamia, gli armeni subirono la dominazione prima araba e poi ottomana; erano considerati dai turchi responsabili di gravi colpe: professavano la religione cristiana, parlavano una lingua diversa e perpetravano le tradizioni di una propria cultura millenaria. Ma soprattutto impedivano con la loro presenza il ricongiungimento di Istanbul con i popoli turcofoni dell'Asia centrale. Fu così che tra la primavera del 1915 e l'autunno del 1916, per volontà del movimento ultranazionalista dei Giovani Turchi, quasi un milione e mezzo di cittadini armeni dell'Impero ottomano fu sterminato. Si trattò a tutti gli effetti del primo genocidio del Ventesimo secolo e prefigurò sinistramente gli altri a venire. Parlarne, però, è stato per decenni, se non proibito, considerato inopportuno, e l'ostinato negazionismo storico dei regimi turchi è stato affiancato dai contorsionismi dei governi europei volti a dissimulare l'accaduto. In questo libro Yves Ternon ricostruisce con passione civile la vicenda di un popolo perseguitato e racconta la pagina più tragica della sua storia, stimolando la riflessione su un tema di estrema attualità: la sopravvivenza delle etnie e delle culture di fronte a un nazionalismo segnato dall'intolleranza razziale e religiosa.
Fu un ragazzo di colore il più giovane soldato americano morto in combattimento in Vietnam. Il marine veniva da una famiglia povera di Brooklyn e aveva sedici anni. Questa storia è dedicata a quel ragazzo. È la storia del Vietnam nero. La storia, raccontata dalle loro stesse parole, del sacrificio, del coraggio, del patriottismo di ragazzi che hanno combattuto a diecimila miglia di distanza dalla loro povertà e dalla loro discriminazione. Per trovare un'ingiustizia peggiore, per combattere una guerra su due fronti: contro i vietcong e contro il razzismo di commilitoni e alte gerarchie dell'esercito statunitense.