
Due città rivali, Siena e Firenze. Due fazioni in lotta, guelfi e ghibellini. Due poteri che si scontrano, Impero e Chiesa. Tutti questi conflitti convergono il 4 settembre 1260 a Montaperti per dare vita a una battaglia che segna una svolta nella storia d'Italia. "Balestracci ricostruisce la battaglia di Montaperti basandosi su cronache e su storie, scavando nei vuoti documentali, analizzando gli antefatti, le astuzie, le contro astuzie e i tradimenti, gli intrecci sublimi, i presagi positivi e nefasti per entrambe le fazioni" (Sabina Minardi, "L'Espresso"). "Un libro godibile, ricco di informazioni e suggestioni riapre il dossier sulla battaglia di Montaperti. Duccio Balestracci utilizza in modo parallelo e quasi cinematografico le fonti di entrambe le parti: alcune, più vicine al tempo della battaglia; altre, più lontane, recuperate da quella memoria collettiva che nel corso dei decenni ciascuna delle città in causa ha coltivato" (Gianluca Briguglia, "Il Sole 24 Ore").
Il Palio di Siena non è una corsa di cavalli. O meglio: sì, è una corsa di cavalli, ovviamente, ma la galoppata che scatena la passione dei senesi e la curiosità di chi la segue è soprattutto un compendio, in poco più di un minuto, di una storia che non è fatta solo di cavalli che corrono e che non è neppure solo senese. Il Palio è un caleidoscopio attraverso il quale possiamo fare un viaggio nel tempo, in secoli di feste italiane. Il Palio di Siena nasce nel Seicento e solo nell'Ottocento prende la sua attuale veste 'medievale'. Paradossalmente diventa così ciò che nel Medioevo non era: una festa 'fatta' dal popolo, dal momento che fino al XVII secolo era una festa 'offerta' al popolo. Da questo punto di vista il Palio costituisce un esempio clamoroso di invenzione della tradizione. La festa senese, inoltre, non è mai stata sempre uguale a se stessa perché è stata ridefinita in tutte le sue componenti dalla storia dei tempi: quella nazionale e in qualche caso quella sovranazionale. La storia del Palio di Siena è, dunque, solo in parte storia che riguarda una singola città: per molti aspetti si tratta di una vetrina del modo in cui, nei secoli, si è trasformata la festa urbana e si è consolidato l'immaginario che essa ha suscitato. Ma come ha fatto una festa del tutto simile a una miriade di eventi analoghi a sopravvivere solo a Siena? Perché la contrada, il vero nucleo sociale aggregante del Palio, è riuscita qui a resistere e a costituire un modo di vivere che altrove si è perduto con il passaggio alla modernità? Una ricostruzione degli avvenimenti che contornano la corsa di cavalli più famosa al mondo insieme al racconto di quanto di vero, reale, semireale o totalmente fantasioso si è sedimentato intorno a questo evento, affascinando antropologi, giornalisti, scrittori, poeti, registi cinematografici e viaggiatori di ogni epoca.
A scrivere la Storia e le cronache, di norma, fra Medioevo e prima età Moderna, sono le persone acculturate: grandi ecclesiastici, notai, borghesi istruiti, uomini di lettere. Ma che succede - 'che Storia è' - quando a farlo sono un ex guardiano di porci senese del Trecento o uno speziale lunigiano del Quattrocento (entrambi, peraltro, per lungo tempo analfabeti)? O quando a raccontare la Bologna medievale è un muratore o a parlare della Firenze del Quattrocento un vinaio? Come si inserisce il racconto della monaca del Seicento nel coro dei testimoni della Storia della sua epoca, fatto di figure maschili, le sole legittimate a usare la scrittura? Per non dire di quei popolani che la Storia la raccontano cantandola in terzine o, più spesso, in ottava rima per un pubblico e un uditorio che non siedono in solitudine in pensosi studioli, ma ascoltano in una vociante piazza e che, la Storia, vogliono sentirsela cantare come si racconterebbero le imprese di Lancillotto o di Orlando. Una pattuglia di scrittori 'non autorizzati' che si muove nel territorio della storiografia, usando la scrittura alla meglio, esprimendosi in un volgare approssimativo, ma senza condizionamenti. Una Storia tutta da leggere.
All’inizio degli anni Settanta Nanni Balestrini fu, tra tanti, il sismografo più sensibile di un’Italia spaventata. La violenza teneva in scacco la penisola, in tutto il mondo si guardava con apprensione a quello che stava succedendo.
Gli anni di piombo erano solo la manifestazione di qualcosa di più sottile e più feroce che scorreva dentro le vene del nostro paese.
La violenza illustrata, nel 1976, segnò l’evidenza – anche linguistica – di tutto questo. Il linguaggio, così rapido, disarticolato, dava conto di un sistema minato nelle fondamenta. Quell’edificio che sembrava solido, dopo la ricostruzione postbellica, in realtà aveva buchi che erano come fori di proiettile. I testi febbricitanti di Balestrini raccontavano quei fori.
A distanza di oltre quarant’anni, e dopo l’ennesima sbornia di finto benessere, l’Italia e il mondo intero vivono il momento forse più violento dell’ultimo torno di secolo.
È parso drammaticamente naturale, a Nanni Balestrini, tornare a osservare quel sismografo impazzito. È così che nasce, per puro istinto civile, questo nuovo progetto: gli attacchi alla Siria, il ghigno di Trump, la violenza sorridente delle foto di gruppo dei G20, la caccia all’uomo per il colore della pelle, fino agli sbarchi non autorizzati. Balestrini saccheggia i giornali, mette insieme pezzi di discorso dei cosiddetti media per far sentire quanta violenza c’è dentro la retorica ufficiale.
La nuova violenza illustrata, che raccoglie in un unico volume quarant’anni di violenza, è il documento più lancinante su quella cosa così contraddittoria che chiamiamo pace.
Sulle guerre sotterranee che ne increspano la superficie, e su quelle che le deturpano la faccia.
Una vera e propria guida per chi dell'UE ha una conoscenza solo superficiale, ma che aiuta anche il lettore più esperto a fare chiarezza su molti punti importanti. Partendo dall'esposizione del quadro storico e istituzionale, "Gli Stati Uniti d'Europa spiegati a tutti" passa in rassegna tutti i temi oggi di grande attualità, dall'unione politica alla crisi dell'euro, dal tema dello sviluppo al cosiddetto deficit democratico europeo. La prospettiva è dichiaratamente quella federalista, ereditata dalla visione di Altiero Spinelli, che individua la possibilità di risolvere gli attuali problemi dell'UE e di tornare a crescere solo nel compimento di una vera e propria federazione di Stati. Qual e la differenza tra unione, cooperazione, federazione? Quali sono i rapporti tra unione politica e unione monetaria? Perché una vera federazione potrebbe garantire più democrazia e risolvere il rebus della crescita? Questo libro dà una risposta a queste e altre domande.
Concepito insieme a "Medioevo fantastico", "Risvegli e prodigi" completa in prospettiva temporale la straordinaria ricerca di Baltrusaitis sui temi del mostruoso, del grottesco, del demoniaco, del fantastico e la loro raffigurazione nell'età di mezzo. Lo stupore che coglie il lettore di "Medioevo fantastico" nello scoprire i più inaspettati apporti d'Oriente ai repertori iconografici occidentali si rinnova davanti alle sorprendenti dimostrazioni della ininterrotta sopravvivenza del fantastico e al suo speciale rifiorire in seno al gotico, in piena epoca di "realismo" medioevale. Ne risulta una sorta di carta fisica dell'arte medioevale europea.
Quando fu ravvisata la sorprendente affinità della scultura romanica con le immagini dell'antica arte mesopotamica, non pochi archeologi e storici si dedicarono con fervore all'esplorazione del nuovo, affascinante territorio di studi. Ma solo il giovane Baltrusaitis doveva individuare, con facoltà rabdomantica, il complesso e occulto reticolo di vie che aveva messo in contatto due mondi così distanti nel tempo e nello spazio. E il saggio in cui condensò i suoi studi, apparso nel 1934, non mancò di produrre un effetto dirompente nel mondo della storia dell'arte, rivelandosi subito, nella sua "prodigiosa rapidità", un'opera fondamentale. A quell'opera si accompagna qui il "Ritratto" tracciato da Jean-François Chevrier - che resta ancora oggi l'unica, preziosa fonte sulla vita di Baltrusaitis - in cui vediamo delinearsi con vividezza la "mitologia personale accuratamente nascosta, dissimulata nei libri", di uno studioso che seguì una linea audacissima di ricerca, dove si apriva la strada da solo. Una biografia intellettuale e al tempo stesso l'inaspettata apertura di un uomo elusivo, che per la prima volta ha accettato di svelarsi confidando "sceltissimi ricordi": per esempio di quando Pasternak, amico di famiglia, mimava buffe scenette davanti a lui bambino; o di quando, trovandosi a Milano con i genitori, a otto anni, "si smarrì in mezzo alla folla, ma come per miracolo riuscì a ritrovare l'albergo. "Un angelo è sceso da una guglia del Duomo e mi ha preso per mano" disse".
Il volume ricostruisce storia, società e cultura dell'antica Sparta dal X secolo al 146 a.C. La prima parte segue lo sviluppo storico della città dalla fondazione attorno al 900, con la creazione del sistema politico e militare attribuito a Licurgo, all'ascesa di Sparta come potenza egemone in Grecia. La seconda parte affronta tematicamente l'organizzazione della vita sociale di Sparta. Gli ultimi capitoli trattano gli anni della lega del Peloponneso e della guerra contro Atene e la successiva decadenza di Sparta come potenza indipendente. Il volume si chiude con un capitolo dedicato al mito di Sparta nella cultura europea.
Nella primavera del 1849 il popolo di Genova si ribella ai Savoia prima in nome di una generica aspirazione alla libertà e all'autonomia, e poi per risollevare l'antico vessillo della gloriosa Repubblica che si vuole ripristinare 35 anni dopo che il Congresso di Vienna aveva ceduto la Liguria ai Savoia contro la volontà del suo popolo. La feroce repressione e il saccheggio cui il La Marmora sottopone la città la prima settimana di aprile è la prova generale di tutte le successive "normalizzazioni" che il Regno unitario porterà a termine contro suoi cittadini ribelli, contro i "fratelli d'Italia". Nell'episodio genovese ci sono già tutti gli elementi che avranno sviluppo in futuro: la violenza della truppa, generali che si mostrano coraggiosi contro il popolo disarmato e vili davanti a eserciti veri, l'arroganza dei Savoia nel trattare i sudditi. C'è addirittura l'intervento della marina britannica come esperimento delle protezioni prestate negli anni a venire. Dalla vicenda di Genova, passando per la repressione della resistenza meridionale e delle rivolte padane, si arriva in un tripudio tricolore fino a Bava Beccaris. Per molto meno la storia "ufficiale" ha bollato Ferdinando II come "re bomba": chi ha fatto molto peggio è invece ricordato sui libri di scuola come il "re galantuomo", e il suo degno figliuolo addirittura come il "re buono".