
È solo negli ultimi decenni che l'azione umanitaria ha acquisito un ruolo evidente e primario nel corso dei conflitti. L'umanitarismo internazionale, però, ha una storia assai più lunga, che questo libro ricostruisce illustrando il percorso attraverso il quale soccorso e assistenza sono entrati a far parte dell'agenda delle istituzioni nazionali e sovranazionali, dei programmi delle organizzazioni non governative, influenzando il rapporto fra i paesi occidentali e il resto del mondo. La ricostruzione storica si snoda intorno ad alcuni momenti ed eventi cruciali - le conquiste coloniali, le due guerre mondiali, l'emergere del terzo mondo - e mette in luce il profilo dei diversi protagonisti delle operazioni di soccorso - la Croce rossa, Save the children, le agenzie delle Nazioni Unite, Medici senza frontiere - mostrando come ha preso forma nel corso del tempo il significato attribuito ancora oggi all'umanitarismo internazionale.
Un cittadino svedese, di nome Nobel Alfred Bernhard (1833-1896), in data 27 novembre 1895, con un testamento, istituì una fondazione per distribuire annualmente cinque premi a coloro che avrebbero reso “maggiori servigi all’umanità”, tenendo però conto non soltanto dei meriti strettamente artistici o letterari, ma anche degli intenti morali e umanitari che erano alla base della loro iniziativa. Uno di questi premi – detto “della pace” – avrebbe dovuto essere assegnato unicamente a quanti si sarebbero distinti nell’attività di promuovere relazioni amichevoli tra i popoli, nell’abolizione degli eserciti, o, comunque, nel promuovere la causa della pace. Se queste erano le aspirazioni diAlfred Bernhard Nobel, è lecito domandarsi se, anche nei millenni precedenti, non siano esistiti individui particolarmente attivi nel pro-muovere le suddette “relazioni amichevoli” tra i popoli, nel “promuovere la causa della pace”, o, comunque, nel “creare nuovi strumenti di conoscenza”. La risposta non può essere che positiva. Segue ora la presentazione di taluni – o popoli – dell’antichità, particolarmente benemeriti per aver creato, in un tempo relativamente breve, delle strutture idonee a garantire un vero e proprio “progresso” per l’intera umanità.
Le "Lezioni di Harvard" furono redatte intorno al 1943 negli Stati Uniti, dove Salvemini aveva trovato stabile asilo sin dal 1933 e dove ricoprì presso la Harvard University la cattedra di Storia della civiltà italiana. Destinate a un pubblico di studenti americani, esse risentono naturalmente nella loro impostazione di uno sforzo per chiarificare il più possibile e rendere più facilmente comprensibili, a chi non abbia esperienza diretta di cose italiane, situazioni e fenomeni della nostra storia, senza tuttavia cadere mai in una schematica semplificazione dei fatti tale da privarli della loro profondità prospettica. Il risultato è una esposizione di straordinaria nitidezza, che fa di quest'opera uno strumento prezioso specialmente per tutti coloro che il fascismo non conobbero; i quali desiderino invece rendersi conto delle sue origini nel quadro complessivo della storia italiana, e conoscere attraverso quali vie esso riuscì ad affermarsi. Le seminali lezioni di Salvemini sulla nascita del fascismo sono oggi il miglior viatico anche per noi per conoscere effettivamente cosa accadde.
Nel 1922 Salvemini, che si è ritirato dalla politica attiva, prende a scrivere il diario per dar corpo alle sue riflessioni e per registrare quanto sta accadendo, sì da predisporsi il materiale per uno studio futuro sul fascismo. Il diario alterna così pagine di giudizi sferzanti e furibondi e la puntigliosa raccolta di notizie grandi e piccole sul clima politico italiano: notizie che vengono dai giornali ma soprattutto dalle conversazioni e dalle corrispondenze di una vasta cerchia di amici, da Sforza ad Amendola, da Albertini a Fortunato, da Ojetti a Modigliani.
Occultismo, astrologia, esoterismo e alchimia: questi gli elementi che hanno costituito la fissazione del nazismo e dato origine a una serie di simboli e rituali pagani in grado di innalzare il Terzo Reich alla gloria eterna. Nel 1935, il giovane Hugo, appartenente all'Ahnerbe, la divisione delle SS adibita alla ricerca dell'eredità ancestrale, viene inviato sulle tracce del Santo Graal, già cercato dai Cavalieri Teutonici e Templari e forse situato nella chiesa di Santa Maria Isana Vercellese; la paleontologa Eva invece, alla ricerca della Lancia di Longino, viene derubata del manoscritto originale de I Maestri Cantori di Norimberga di Richard Wagner, contenente un segreto capace di sovvertire l'ordine del mondo. Ma un gesuita, zio di Himmler... Prefazione di Paolo Gulisano.
Come ricordare lo Sterminio e i Lager senza confinarli nella memoria soltanto?
Come collocarli dentro una storia che, pur trascorsa, interroga il presente e ogni futuro possibile?
Queste pagine guardano a uno dei crimini maggiori della storia europea proponendosi la questione di comunicarla per le generazioni a venire; cercano di collocare l’insieme di quegli eventi, a tutta prima “incredibili”, nei suoi contesti, soprattutto quotidiani di quegli anni Trenta e Quaranta del ’900 nei quali davvero l’inferno poté “ridere” in terra d’Europa – il titolo è da Bonhoeffer – perché in precedenza, nel Reich nazista tedesco e nell’Italia del regime fascista, la vita quotidiana, i mondi vitali del giorno per giorno e tutte le relazioni sociali erano state invase da ideologie e visioni del mondo in cui ciascuna diversità era indicata come colpa e ogni diverso parere si considerava come reato. L’itinerario del libro ricostruisce contesti e parallelismi, interpreta in sede storica per mettere in evidenza i meccanismi banali e la perversione quotidiana di quelle visioni, ricostruisce, anche nel mondo dei media (dalla radio alle sperimentazioni della “radiovisione”) e in quelli della burocrazia amministrativa, i percorsi di una discesa agli inferi.