
Con questo nuovo libro Ricci ritorna a un tema di cui, in maniera diversa, si era occupato nel precedente "Ossessione turca". Là si trattava di misurare la presenza, reale o immaginata, della minaccia turca in una città italiana del Rinascimento, Ferrara, relativamente tranquilla e defilata. Qui al centro del quadro stanno invece le concretissime incursioni che i "turchi" effettuarono sul finire del Quattrocento sul bordo orientale del territorio italiano: in Friuli con cinque successive scorrerie, e in Puglia con la sanguinosa presa di Otranto. Da questi eventi traumatici, di cui con la consueta finezza rilegge e interpreta le antiche cronache, Ricci allarga poi l'osservazione ai ritornanti discorsi e progetti di crociata che la minaccia turca prolunga ancora nell'età moderna, e a quegli aspetti (come i travestimenti) che mettevano in gioco le identità dei due mondi contrapposti rendendone permeabili i confini.
L’‘apocalisse’ come interpretazione della storia e strumento politico, e la necessità del governo mondiale, furono le istanze di Tommaso Campanella.
La vocazione filosofica gli aprì la strada alla riflessione politica, che gli costò la carcerazione più che ventennale, per un preteso disegno di congiura anti-spagnola, fino alla riconquistata libertà, prima nel seguito infido di papa Urbano VIII, e poi nella Francia di Richelieu. Mentre la storiografia ha nei suoi confronti enormi meriti: pazienti edizioni di opere, decisive scoperte di inediti, illustrazione puntuale di documenti, precisazione di fonti. Nel dibattito interpretativo predomina l’accusa di ‘ambiguità’ che ritiene inconciliabili il Campanella machiavellico ‘ateo devoto’, e il cattolico medievalizzante; il cospiratore e il cortigiano.
In questo profilo biografico l’autore individua un filo conduttore nell’insofferenza verso il disordine del mondo, inteso come falsità, sperequazione, spreco, carestia, malattia, conflitto, e il programma di porvi rimedio una volta per tutte, attraverso un governo universale, risposta politica a quella prima globalizzazione, che parve essere a fine Cinquecento un mondo più unito da navigazione, economia e diffusione della fede cristiana, ma pieno di ingiustizia.
Campanella individuò nel cristianesimo e nella Chiesa cattolica, l’ideologia e la guida di questa trasformazione; mentre l’allarme per l’imminente apocalisse, suonato da calamità naturali e segni celesti, avrebbe dovuto persuadere dell’urgenza della trasformazione, dettarne i ritmi emergenziali, imporne le misure straordinarie: un linguaggio che in fondo ci è oggi piuttosto familiare.
Sono passati più di nove secoli da quando papa Urbano II bandì la crociata che avrebbe riversato sulle strade d'Oriente decine di migliaia d'uomini giunti da ogni parte d'Europa. Il prezzo che la cristianità pagò per questa prima spedizione fu pesante, ma l'espansione turca fu arrestata, Costantinopoli liberata e il Santo Sepolcro sottratto agli infedeli. Da allora le crociate ebbero un altro obiettivo: la difesa di quegli Stati latini carichi di memorie bibliche, dove accorrevano i pellegrini d'Occidente. Le sconfitte non fecero vacillare l'attenzione per la Terra Santa e, attratti dalle indulgenze e dai privilegi spirituali legati alla liberazione dei luoghi santi, i cristiani continuarono a rispondere all'appello dei papi. Epopea esaltante d'autentica fede ed eroismo secondo alcuni, tempi di tenebre secondo altri, che videro in esse operazioni spregiudicate, frutto di ipocrisia, crudeltà e cinismo, le crociate furono uno degli episodi salienti della storia. Al di sopra di tutte le polemiche, Jean Richard ci offre una narrazione magistrale di questa avventura che per due secoli mise in contrasto Occidente e Oriente, offrendo loro anche l'opportunità di conoscere un mondo diverso.
I carolingi sono fortemente strutturati nel gruppo, nella comunità: l’aristocrazia ricca, laica ed ecclesiastica, i contadini, liberi o schiavi, i mercanti. Un classico della storiografia medievale.
La più moderna e ampia storia della Rivoluzione: una vivace narrazione condotta secondo i metodi della nuova storiografia francese. Collocata in un ampio arco storico, la Rivoluzione viene articolata nelle diverse rivoluzioni che i vari ceti sociali condussero al suo interno. E assume una nuova fisionomia: il Terrore passa in secondo piano rispetto all'Assemblea Costituente e al Direttorio; Marat e Robespierre cedono il passo ai protagonisti del nuovo corso "borghese". François Furet (1927-1997) è stato direttore del Centro di ricerche storiche all'Ecole Pratique des Hautes Etudes. Denis Richet (1927-1989), dopo aver insegnato alla Sorbona e all'Università di Tours, è stato Directeur d'études all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi.
Cornelius Castoriadis e Paul Ricoeur si incontrano davanti alle telecamere della trasmissione «Le bon plaisir» di France Culture il 9 marzo 1985. Tutto sembra opporli. Del primo si potrebbe dire che è diretto, incisivo, che non concede nulla agli avversari; l'arte della digressione e della ricomposizione dei contrari, un'argomentazione più aporetica che affermativa caratterizzerebbero invece il secondo. Ma, se una descrizione del genere può valere per i loro scritti, è molto meno pertinente, soprattutto nel caso di Ricoeur, quando la filosofia è espressa in un dialogo dal vivo, il quale ruota attorno alla domanda; «è possibile creare storicamente qualcosa di nuovo?». Da qui l'importanza data dai due pensatori alla nozione di funzione simbolica o immaginaria come facoltà collettiva di produrre trasformazioni sociali. Così immaginario e storia vengono a intrecciarsi.
Una ricostruzione della storia della scuola (e dell'università) italiana: dalla legge Casati alla riforma Gentile, dalla Carta della Scuola fascista al dibattito nella Costituente, dalla stagione del centro-sinistra ai Decreti delegati, dalla scuola dell'autonomia alle speranze (e alle incognite) della "buona scuola". Una riflessione sul cammino di una istituzione caratterizzata dalla prolungata assenza di un progetto riformatore che consideri, come è avvenuto solo in qualche tratto della vicenda politica nazionale, il diritto allo studio come un atto costituzionale che si compie ogni giorno, una costruzione della cittadinanza come cultura, una parte essenziale di una sfera pubblica comune. "Forse scuola, università e ricerca sono anche l'anima di appartenenza non solo mia, ma anche di quanti ho formato e, soprattutto, di quanti ho visto, ogni giorno, salvare la scuola come atto costituzionale colto e competente, fieri di farlo senza essere del tutto riconosciuti".
Dal reperimento delle materie prime per le armi, alla fabbricazione delle stesse, al pagamento e alla manutenzione dell'esercito e delle attrezzature militari, combattere le guerre è sempre stato un affare costoso. Agli albori dell'Impero romano, Cicerone (106-43 a. C.) sottolineava che il nerbo cruciale della guerra è, ed è sempre stato, un "flusso infinito di denaro". Così fu anche per il Terzo Reich di Hitler che per fare fronte a questo tipo di esigenze dovette ricorrere inizialmente alla confisca delle riserve auree di Austria e Cecoslovacchia, per poi predare l'oro di tutti i paesi occupati dopo il settembre 1939 e infine sequestrando quanto oro poteva alla popolazione ebraica sottoposta allo sterminio di massa. L'Autore esplora i metodi di riciclaggio e la complicità di alcuni Stati, come la Svizzera, ancora oggetto di studi e controversie, e si interroga anche sul ruolo di altri paesi, in particolare il Portogallo, nel riciclaggio dell'oro rubato ai nazisti, nonché sulla partecipazione della Santa Sede nel trasferire l'oro in Sud America. Nell’ultima parte del volume il libro pone lo sguardo sul dopoguerra, analizzando l'istituzione di una commissione per il recupero e la restituzione dell'oro alle vittime del Reich, così come il successivo ritrovamento di svariati depositi, l'ultimo dei quali forse in Polonia, di quattro tonnellate d'oro. Uno studio ricco di notizie inedite e denso di riflessioni originali.
La storia e le memorie della nostra Repubblica necessitano di narrazioni e linguaggi capaci di coinvolgere cittadini di diverse generazioni nella riappropriazione di un percorso comune. Aldo Moro (1916-1978) fu tra i protagonisti più autorevoli e discussi, un leader e uno statista che faceva politica attraverso la cultura, nello sviluppo di una consapevole pedagogia civile. All'iniziale concentrazione sul "caso Moro" e sulla sua morte violenta al culmine della stagione terroristica, sta seguendo una riconsiderazione della sua figura complessiva, che permette di evidenziare le connessioni molteplici tra la biografia politica e morale dello statista pugliese e le vicende dell'Italia repubblicana. I contributi compresi nel volume contemplano piani diversi: la conoscenza dei risultati più accreditati degli studi storici con l'attenzione ad alcuni degli snodi più problematici ed attuali di questa "storia", nonché ai linguaggi tramite cui la figura di Moro - uomo e intellettuale, leader politico e statista - è entrata nell'immaginario repubblicano (tramite la televisione e il cinema, le inchieste parlamentari e le indagini processuali, la toponomastica urbana e le rappresentazioni simbolico-rituali).

