
Il libro offre al lettore italiano il testo di partenza della collana francese Les Guides Belles Lettres des Civilisations. Guide scritte per viaggiare nel tempo e nello spazio, indirizzate studiosi, curiosi di storia e civiltà, viaggiatori... Sono opere pratiche e ragionate di cultura generale sulle civiltà che hanno lasciato tracce affascinanti nella storia, che si propongono di offrire al lettore le chiavi per avvicinarsi a testi antichi o approfondimenti storici, aiutando a decifrare allusioni e a chiarire le incertezze. Roma. Si pensa di sapere molto della civiltà romana, ed è senza dubbio vero. Si crede di conoscerla perché è alle origini della nostra stessa società. Ma è qui che sta l'errore: è necessario riscoprire come gli antichi romani guardassero uomini e cose, ed è quanto il libro intende chiarire. La concezione pratica della guida rende possibile leggerla come un libro tradizionale dall'inizio alla fine, ma anche scorrere liberamente i capitoli in base alle proprie curiosità, o utilizzare l'indice per risalire a una specifica informazione d'interesse. Disegni, mappe e schemi consentono di arrivare subito all'essenziale, mentre la bibliografia può avviare a una ricerca più approfondita.
Anno 166 della nostra era: primi nella storia, alcuni cittadini romani entravano in Cina dopo un lungo viaggio per mare dall'impero dell'Occidente alle coste annamite dove sbarcarono. Avevano percorso l'Egitto, attraversato il mare Eritreo, erano approdati in India da dove si erano diretti verso la penisola malese, avevano costeggiato l'Indocina per gettare infine l'ancora a nord del Vietnam e percorrere la via terrestre che doveva condurli fino all'Impero Celeste. Questo straordinario episodio, ricordato dagli storici cinesi, costituisce il punto di partenza per l'affresco di Jean-Noël Robert, che racconta la storia affascinante della ricerca di un contatto tra i due più grandi imperi dell'antichità. Un viaggio nel tempo e nello spazio che parte da Alessandro Magno e, concentrandosi sul II e III secolo dopo Cristo, tocca non solo l'Impero romano e quello cinese, ma tutto l'intreccio delle civiltà tra Europa e Asia. Gli scambi economici, culturali e religiosi, insieme ai contatti politici e agli scontri militari, diventano legami profondi tra Roma, la Persia dei Parti, l'India e la Cina, senza dimenticare i popoli nomadi dell'Asia Centrale. Una storia profonda quanto nascosta rispetto alle narrazioni usuali, ricca di suggestioni e significati, per illuminare alcune pagine del progresso dell'umanità, sulle tracce di quei viaggiatori guidati dalla loro vocazione a diventare i cittadini del mondo.
"Il 18 luglio del 386, al primo assalto dei Galli, l'esercito romano si sbandò. L'ala sinistra venne respinta nel fiume. In preda al panico, in una gigantesca rotta, molti affogarono, altri caddero schiacciati dai compagni in fuga. Metus Gallicus: il terrore per le orde galliche penetrò nella coscienza più profonda dei Romani, senza mai dissolversi, e riemerse nei momenti di maggiore emergenza". Dal nero giorno dell'Allia, i barbari evocano antichi incubi e sopite angosce. Funesti fantasmi che tornano realtà nell'agosto 410. Roma rivive la violenza terribile di un Sacco che umilia la città per secoli signora sulle genti. È solo l'inizio: nel 455 i Vandali entrano a Roma e la devastano indisturbati; passano meno di vent'anni e nel 472 di nuovo un Sacco dopo un lungo assedio. Infine la guerra greco-gotica, che annienta lo splendore della città antica: tra il 535 e il 552 Roma è per cinque volte sotto assedio. Dal racconto dei fatti, al mito, alla memoria: il libro segue le trasformazioni che la sequenza dei Sacchi per oltre un secolo provocò nell'immagine della città, nei comportamenti e nei pensieri dei suoi cittadini. Alla fine del mondo antico, il travaglio di una civiltà si esprime nella tormentata rovina della sua capitale. E il disastro riecheggia spaventoso nei secoli; fino al Sacco del 1527, quando il mito della Roma che rinasce si rovescia nel più drammatico epilogo: di nuovo eserciti che calano sulla città per devastarla, di nuovo distruzioni.
L'interpretazione cristiana della storia universale, dalla Creazione alla resurrezione del Cristo e oltre, si sviluppa come sintesi tra la riflessione sulle Sacre Scritture e l'eredità del pensiero storico ellenistico-romano ed ebraico. Sesto Giulio Africano è il primo storico cristiano a noi noto che realizza tale impresa. La sua opera (Chronographiae) è una rappresentazione "sinfonica" della storia umana che concilia diverse tradizioni attraverso sincronismi e conferme incrociate degli eventi. Il volume vuole comprendere l'opera di Africano inserendola nell'atmosfera culturale e spirituale della sua epoca, l'impero dei Severi tra Caracalla e il terzo anno di Elagabalo (221 d.C., anno di pubblicazione dell'opera); e approfondendo l'identità complessa dell'autore, orgoglioso cittadino romano, di cultura greca, cresciuto ad Aelia Capitolina, a contatto con il sostrato ebraicoaramaico, e aderente alla fede cristiana.
"Il 18 luglio del 386, al primo assalto dei Galli, l'esercito romano si sbandò. L'ala sinistra venne respinta nel fiume. In preda al panico, in una gigantesca rotta, molti affogarono, altri caddero schiacciati dai compagni in fuga. Metus Gallicus: il terrore per le orde galliche penetrò nella coscienza più profonda dei Romani, senza mai dissolversi, e riemerse nei momenti di maggiore emergenza". Dal nero giorno dell'Allia, i barbari evocano antichi incubi e sopite angosce. Funesti fantasmi che tornano realtà nell'agosto 410. Roma rivive la violenza terribile di un Sacco che umilia la città per secoli signora sulle genti. È solo l'inizio: nel 455 i Vandali entrano a Roma e la devastano indisturbati; passano meno di vent'anni e nel 472 di nuovo un Sacco dopo un lungo assedio. Infine la guerra greco-gotica, che annienta lo splendore della città antica: tra il 535 e il 552 Roma è per cinque volte sotto assedio. Dal racconto dei fatti, al mito, alla memoria: il libro segue le trasformazioni che la sequenza dei Sacchi per oltre un secolo provocò nell'immagine della città, nei comportamenti e nei pensieri dei suoi cittadini. Alla fine del mondo antico, il travaglio di una civiltà si esprime nella tormentata rovina della sua capitale. E il disastro riecheggia spaventoso nei secoli; fino al Sacco del 1527, quando il mito della Roma che rinasce si rovescia nel più drammatico epilogo: di nuovo eserciti che calano sulla città per devastarla, di nuovo distruzioni.
Tutto ha inizio con la conquista romana, alla fine del primo secolo avanti Cristo. L'assoggettamento delle popolazioni indigene, lo sfruttamento delle risorse, la costruzione di insediamenti nelle remote regioni del Nord. Ma i Germani non si arresero alla sottomissione. Un'improvvisa insurrezione capeggiata da Arminio sbaraglia i Romani nella foresta di Teutoburgo, costringendoli a una precipitosa fuga oltre il Reno. La vendetta romana, a opera di Germanico, ebbe una dimensione epica: agguati, tradimenti, flotte lanciate ai limiti del mondo conosciuto, fino alla completa vittoria celebrata in un trionfo sui barbari in catene. Poi, inaspettata, giunge la decisione di Tiberio. Il principe abbandona i Germani al loro destino e riporta il confine sulle rive del Reno. Queste vicende hanno dato vita a un mito potente: quello dei Germani ribelli e indomabili, tenaci custodi della loro libertà, capaci di umiliare uno degli imperi più potenti della storia, ostili a una piena integrazione nella civiltà latina. Un mito che evoca una frattura nel cuore dell'Europa, un dissidio che attraversa tutta la nostra storia fino a oggi.
Oppresso dai suoi mali interni e minacciato dalle aggressioni dei barbari, alla metà del terzo secolo il mondo romano era un organismo invecchiato e sull'orlo del collasso. Diocleziano salì dal nulla ai vertici della carriera, si impadronì dell'impero con la violenza, governò con feroce determinazione per più di venti anni, dal 284 al 305. Ma i fasti del potere non cambiarono la sua natura: rimase sempre un soldato. Diocleziano non fu un rivoluzionario, come Augusto o Costantino. Seguendo il suo istinto di soldato, pensava che la rifondazione dell'impero dovesse procedere nel rispetto supremo della tradizione, della religione dei padri. Alla fine trionfò su tutti i suoi nemici: usurpatori, barbari, Persiani. In segno di riconoscenza agli dei scatenò durissime persecuzioni contro i dissidenti, gli empi seguaci di religioni lontane dalla tradizione: i manichei, che arrivavano dalla Persia sasanide; e, avversari ancora più insidiosi, i cristiani. Al culmine della gloria, al momento di godere di una pace finalmente riconquistata, Diocleziano abdicò. Fu una scelta inaudita, inaspettata, unica nella storia dell'impero romano. Perché abdicò? Malattia, stanchezza, delusione? O, piuttosto, volontà di applicare un progetto politico teorizzato negli anni? La scelta di Diocleziano è un enigma che continua ad affascinare gli storici. Sicuramente contò il desiderio di congedarsi dai duri impegni della sua missione. Diocleziano si ritirò lontano, in un grande palazzo...
Nel marzo 1807, lontano dalla Francia, Napoleone Bonaparte scriveva alla moglie Giuseppina: "So fare altre cose oltre a condurre guerre, ma il dovere viene per primo". E nell'arco di vent'anni appena, dall'ottobre 1795, in cui era un giovane capitano di artiglieria mandato a sedare tumulti a Parigi, fino al giugno 1815 e alla sconfitta finale di Waterloo, Napoleone ebbe modo di mostrare in quante forme questo senso del dovere poteva manifestarsi: conquistato il potere con un colpo di stato, pose fine alla corruzione e all'incompetenza in cui si era arenata la Rivoluzione, e se da una parte reinventò l'arte della guerra in una serie di battaglie folgoranti, dall'altra ricreò dalle fondamenta l'apparato legislativo e amministrativo, modernizzò i sistemi di istruzione e promosse la fioritura dello "stile impero" nelle arti. Poi l'impossibilità di sconfiggere il suo nemico più ostinato, la Gran Bretagna, lo spinse verso campagne estenuanti e alla fine fatali in Spagna e Russia, fino all'epilogo in sordina della sua vita avventurosa, in esilio a Sant'Elena. Andrew Roberts ha attinto al corpus completo delle 33000 lettere napoleoniche e ha visitato quasi tutti i campi di battaglia e i luoghi della sua vita, mostrandoci "l'imperatore dei francesi" com'era davvero: incredibilmente versatile, ironico, ambizioso, ferocemente determinato ma anche disposto al perdono, ossessionato dalla discendenza e scostante in amore...
Si racconta che nel 1899 un giovane Winston Churchill, corrispondente del "Morning Post" durante la seconda guerra boera, abbia incoraggiato un uomo appena ferito di striscio al grido di: «Nervi saldi, ragazzo! Nessuno viene colpito due volte lo stesso giorno». È solo uno degli infiniti aneddoti sul suo conto, ma mette in luce lo strano mix di ironia e cinismo, decisione e combattività che lo portò a essere uno degli uomini più importanti del Novecento. Sono talmente celebri le sue battute, la sua risolutezza, il suo acume, da far venire il dubbio che in qualche modo Churchill abbia sfruttato le sue doti narrative per costruire in vita un monumento a se stesso: è pur sempre l'unico statista ad aver vinto un premio Nobel per la letteratura. Ma è stato davvero l'uomo del destino, che l'Occidente liberale ha contrapposto ai più bui totalitarismi? Reduce da "Napoleone il Grande", lo storico Andrew Roberts accetta questa nuova sfida e attinge a una sterminata documentazione (fra cui i diari privati di re Giorgio VI, usati per la prima volta) per redigere anche di Churchill la biografia definitiva. Ne rievoca l'infanzia all'interno dell'aristocrazia inglese, fino all'apprendistato militare in India, segue poi i primi incarichi politici e i compiti assegnatigli durante la prima guerra mondiale. Qui Churchill impara a risollevarsi dalle sconfitte, facendo tesoro dei suoi stessi errori: come stratega militare fallisce la campagna di Gallipoli, così che all'indomani del conflitto mondiale si trova progressivamente estraniato dal cuore della politica inglese. Eppure, con l'acume e la verve del polemista, è fra i primi a scorgere il pericolo dei totalitarismi. Così, quando il Regno Unito chiama, è pronto a rispondere: torna alla ribalta durante la seconda guerra mondiale, dimostrando di saper trattare alla pari con Unione Sovietica e Stati Uniti, e nell'ora più buia diviene la voce della nazione, l'uomo risoluto ma fiducioso nel futuro della democrazia attorno a cui si stringe un intero popolo e forse l'intero continente. Lontano dall'agiografia ma non immune al fascino del personaggio, "Churchill, la biografia" restituisce tutte le luci dell'intelligenza e le ombre del carattere (tra sospetti di alcolismo, cronica umoralità e crolli depressivi) di un uomo che non fu un predestinato, ma un fabbro del proprio, e del nostro, destino.
I grandi personaggi, le civiltà, le idee, le religioni,l'arte, le grandi scoperte: in questo volume l'autore riassume l'avventura umana dalla preistoria alla fine del secondo millennio attraverso le tappe cruciali nei cinque continenti.
Fra il luglio del 1943 e la primavera del 1945 lungo la penisola cominciò lo scontro tra le truppe tedesche e quelle alleate, mentre si svolgeva una spietata guerra civile tra fascisti e partigiani. In questo libro l'autore ripercorre, raccontando tutti i suoi dolorosi risvolti, la storia del secondo conflitto mondiale.