
Se una parola riassume in sé la singolarità di Venezia, evocandone gli splendori, questa è "Doge". Sorta nell'ambito del dominio bizantino, la città si ispira a Bisanzio anche nelle sue originarie forme di governo: il Dux, istituito intorno al 697, è un governatore generale a cui i Veneziani avrebbero poi dato il nome di "Doge". Dall'elezione alle funzioni pubbliche, dal cerimoniale al palazzo, il libro illustra la storia e il ruolo secolare di questa prestigiosa figura che incarna la straordinaria ascesa della Repubblica veneziana, fino al declino con l'arrivo di Napoleone nel 1797.
Fra il IV e il VI secolo la società antica subisce grandi cambiamenti, legati all'affermazione del cristianesimo, alla divisione definitiva dell'impero in due parti, con l'emergere della nuova città di Costantinopoli nella metà orientale, e infine alla caduta dell'impero romano d'Occidente, travolto dalle invasioni barbariche. Com'era la vita quotidiana in quella turbolenta epoca di transizione? Il libro ce la restituisce in tutta la sua ricchezza e in rapporto ai diversi strati sociali.
Venezia, che conserva ancor oggi un'evidente impronta bizantina, nacque bizantina nel VI secolo e tale rimase nell'alto Medioevo almeno fino al IX secolo. Poi il legame con Costantinopoli si fece via via più lento, ma all'interno di questo si scrisse la vocazione commerciale di Venezia. L'autore traccia la storia del rapporto millenario che nel corso del Medioevo ha unito la città lagunare all'impero bizantino fino alla caduta di questo, nel 1453. Dalla fondazione di Venezia sotto la pressione dell'espansione longobarda alla dipendenza da Bisanzio, all'indipendenza entro la sfera dell'impero all'aperta ostilità che condusse Venezia a partecipare, nella quarta crociata, alla conquista di Costantinopoli.
Giustiniano (482-565) è il più noto imperatore di Bisanzio. Originario dell’Illirico, percorse una brillante carriera pubblica fino a salire al trono nel 527 assieme alla famosa consorte, Teodora. Il nuovo sovrano di Bisanzio si sentiva profondamente romano e si ripropose di attuare alcuni obiettivi che cambiarono profondamente l’assetto del suo impero, riformandolo dall’interno, raccogliendo in modo sistematico il diritto romano ed eliminando ogni forma di dissidenza religiosa. Riconquistò poi almeno in parte i territori già appartenuti a Roma e caduti nel V secolo sotto il dominio dei barbari. Il libro restituisce la complessità della sua figura e del suo potere al centro delle crisi militari, demografiche, politiche e teologiche che agitarono l’Impero romano d’Oriente in età tardoantica.
Pochi personaggi storici, scriveva nel 1901 il bizantinista Charles Diehl, sono più difficili da giudicare dell'imperatore Giustiniano. Si può dire nello stesso tempo di lui assai bene e assai male e per giustificare il male come il bene le prove sembrano moltiplicarsi. Lo storico moderno è forse meno sensibile alle sue categorie morali, ma quanto afferma è indubbiamente vero. Se però è difficile giudicare Giustiniano, ancor più lo è con la moglie Teodora e ciò per due buoni motivi. Il primo è che Teodora imperatrice è assai diversa dalla giovane attrice che aveva condotto una vita sregolata a Costantinopoli, quasi come si trattasse di due persone diverse, anche se la storia annovera altri casi del genere. Il secondo, di ordine tecnico, consiste nel fatto che l'informazione sulla sua attività è piuttosto carente e fortemente contraddittoria. Quella poi che dovrebbe essere la fonte principale, la 'Storia segreta' di Procopio di Cesarea, sembra per molti storici presentare un quadro distorto della realtà dovuto all'odio viscerale che aveva l'autore per lei." (dalla premessa dell'autore)
"La storia spesso trascura di raccontare in modo adeguato la vita di uomini illustri che restano singolarmente sullo sfondo degli avvenimenti, e questo è il caso di Ezio, l'ultimo grande generale di Roma, la cui biografia può essere si ricostruita ma con forti lacune che ne lasciano spesso intravvedere soltanto un'arida successione di avvenimenti. Non esistono infatti per la sua epoca opere di ampio respiro, come ci saranno per il secolo successivo, e la maggior parte delle notizie è affidata a scarne cronache, che non ci consentono di conoscere più di tanto il personaggio. Ezio fu il generale più eminente della sua epoca travagliata e può sicuramente essere definito l'ultimo dei Romani, un «antico romano», come comunemente si dice, vissuto quando l'impero era ormai ridotto a una pallida ombra di ciò che era stato. Edward Gibbon scrisse di lui che era 'l'uomo celebrato universalmente come terrore dei barbari e baluardo della repubblica di Roma' e gli stessi giudizi elogiativi si colgono negli storici dell'antichità..." (Dalla prefazione)
Alla fine del Medioevo la società bizantina viene meno, ma ne sopravvive, oltre al mito, l'eredità culturale. La guida fornisce i dati necessari ad acquisire gli strumenti della ricerca, con una bibliografia che comprende oltre millequattrocento titoli sia sui temi generali che sui singoli aspetti del periodo storico.
Pirro è un bellicoso monarca greco che confidando nelle sue eccezionali doti militari concepisce progetti rischiosi, ma non privi di prospettive realizzabili: la creazione di un dominio personale e dinastico in Sicilia, il protettorato sulla Magna Grecia, la conquista del regno macedone, l'egemonia sulla Grecia. Nella sua storia sogno e miraggio del potere, visione e illusione di regalità si coniugano con la dimensione del possibile, e quando fallisce in Sicilia e in Grecia, fallisce per poco.
Un'accurata e accorata biografia di un autentico eroe civile. Non un poliziotto, non un militare, non un politico ma un imprenditore che osò sfidare la mafia e fu ucciso per questo, nel silenzio delle istituzioni e delle associazioni di categoria. Un libro che racconta, con la passione della grande narrativa e il rigore del giornalismo d'inchiesta, la vita di Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia nel 1991 per il suo ostinato, pubblico rifiuto di pagare il pizzo. "Libero Grassi non è più l'industriale che ha negato il suo consenso alla mafia, ma l'emblema di una ribellione possibile. I quotidiani ripetono ossessivamente gli stessi termini. Su tutte spiccano due parole: simbolo ed eroe. Il 29 agosto del 1991, secondo l'Eurispes, è nata una figura imprevista, destabilizzante per la mafia e per lo stato che la combatte: la figura dell'eroe. Un eroe diverso da quelli belli, prepotenti e rampanti celebrati nei film, nelle riviste patinate e persino dai partiti politici degli anni ottanta. Un eroe, privo di particolari superiorità, che smaschera la pochezza dei finti coraggiosi, paladini del lusso, cultori dell'immagine ed esperti della comunicazione di massa. Uomini e donne normali il cui rigore morale individuale diviene, nella latitanza di personaggi pubblici carismatici, punto di riferimento sostanziale a cui affidare la difesa del bene comune." Postfazione di Davide Grassi.
Il miracolo economico ha cambiato il destino di migliaia di italiani: famiglie con storie di sofferenza e marginalità hanno avuto per la prima volta accesso al benessere. Un passaggio epocale che viene ricostruito in un dialogo costante tra Storia, memoria e immaginario collettivo. L’autore intreccia la vicenda di una famiglia meridionale a quella di un’intera nazione stravolta e affascinata dalla “secolarizzazione dei consumi”. L’ascesa sociale del capofamiglia è l’emblema di un Paese in cui la retorica della povertà ha ceduto il passo al pragmatismo della ricchezza. Nel sogno americano all’italiana si coglie con nettezza una distanza tra le prospettive dei partiti e i desideri dei cittadini: i primi si scontrano sulle riforme strutturali e sulle manovre congiunturali, i secondi sono attratti dal benessere come conquista materiale e riconoscimento civile. Un’aspirazione che diventa visibilmente concreta analizzando le fonti audiovisive di quegli anni. Immagini, parole, canzoni e personaggi definiscono il magmatico divenire del boom economico: l’urbanesimo della speculazione edilizia e delle periferie dormitorio; i profili delle auto che mutano il paesaggio urbano; le ciminiere che lambiscono il cielo; la famiglia che modifica usi e costumi; i giovani e le donne che vogliono essere protagonisti della modernità; i braccianti che sciamano verso le città; gli operai che agognano il possesso della casa, dell’utilitaria, della televisione e degli elettrodomestici, senza dover rinunciare alla villeggiatura estiva. Il miracolo raccontato dai media è la storia di un’unificazione materiale, di una “comunità immaginata” in cui ognuno può identificarsi in una nazione moderna in cui sono saltate tutte le vecchie gerarchie di potere dell’Italia rurale. L’unica riforma strutturale possibile è accettare la nuova realtà.
MARCELLO RAVVEDUTO
Insegna Public and Digital History all’Università di Salerno. È componente del Comitato direttivo dell’Associazione italiana di Public History. Ha scritto diverse monografie tra le quali Libero Grassi. Storia di un’eresia borghese (2012), da cui è tratta la docufiction andata in onda su Rai Uno Io sono Libero (2016); per Castelvecchi ha curato l’antologia Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia (2012). È editorialista del gruppo «L’Espresso» e di Fanpage.it.
L'Inquisizione fu una delle armi più potenti e controverse impiegate dalla Chiesa per eliminare l'eresia e salvaguardare l'unità dei fedeli cattolici. Anche se in epoca medievale giudici della fede delegati dai papi furono già attivi in Boemia, in Francia e in Italia, l'Inquisizione spagnola - istituita nel 1478 sotto la regina Isabella I, e soppressa nel 1834 da Isabella II - ha lasciato un segno indelebile nella storia della civiltà occidentale. Sulla base di aggiornate ricerche il volume traccia una nuova, equilibrata storia di questa istituzione, di cui ci mostra un'immagine non scontata. Al di là del mito negativo l'Inquisizione spagnola non fu solo uno strumento di repressione e di controllo ideologico, ma svolse anche un ruolo nel rafforzare i legami tra lo Stato e la Chiesa di Roma e nell'uniformare e disciplinare il comportamento dei fedeli di una terra in cui avevano convissuto ebrei, mori e cristiani.