
Inviato speciale ed editorialista per il quotidiano "La Repubblica", Guido Rampoldi firma questo libro, insieme racconto e reportage, saggio e cronaca che ha lo scopo di smascherare l'innocenza del male, quello degli esecutori materiali e quello dell'indifferenza di chi dovrebbe condannare. Tesi di fondo del libro è che quasi tutte le società stigmatizzano lo sterminio come il male assoluto, il crimine contro l'umanità, ma al tempo stesso lo utilizzano come una tecnica politico-militare di grande efficacia e successo.
Quarant'anni fa, il 27 giugno del 1980, un aereo di linea in volo da Bologna a Palermo si inabissava misteriosamente al largo dell'isola di Ustica. Ottantuno persone perdono la vita in una strage i cui autori, nonostante innumerevoli indagini e processi, restano ancora 'ignoti'. Una ricostruzione storica per andare oltre le verità giudiziarie.
Noi italiani abbiamo davvero chiuso i conti con l'Africa? Molti fatti ci dicono di no: i nostri libri di storia non fanno giustizia sui crimini che abbiamo commesso, in particolare in Libia e in Etiopia. Crimini gravissimi: uso di armi di sterminio, apertura di campi di concentramento, deportazioni di massa. Alcune produzioni cinematografiche sono state censurate e mai proiettate in Italia (Il Leone del deserto di Moustapha Akkad, Fascist Legacy di Ken Kirby prodotto dalla BBC). Il libro è corredato da più di 150 immagini d'epoca che illustrano, oltre all'occupazione italiana, anche gli usi delle popolazioni africane.
In questo volume vengono raccontate le figure femminili che hanno occupato un ruolo di primo piano nella storia dinastica di Roma. Sono esistenze attraversate da complotti, guerre, contrasti familiari, apici di fama e abissi di dolore, lungo un arco di tempo - dal I sec. a. C. al III d. C. - in cui è l'Oriente a caratterizzare l'inizio e la fine di queste storie: l'Egitto di Cleopatra e la Siria di Giulia Domna. I loro profili biografici, accanto a quelli di Livia, Agrippina Minore, Giulia Soemia e Mamea, descrivono le trasformazioni di Roma, i cambiamenti nella politica, nella società, nell'arte, nelle mode. Insieme, compaiono altre donne, vittime di condanne ingiuste o coinvolte in cospirazioni: Ottavia, sorella di Augusto e moglie di Marco Antonio; Agrippina Maggiore, sposa prolifica e ribelle del valoroso generale Germanico; Messalina, scandalosa consorte di Claudio. Gli uomini del loro tempo hanno nomi altisonanti: da Giulio Cesare a Caracalla e Severo Alessandro, sfilano in queste pagine tutti i detentori del massimo potere politico fino all'avvento dell'anarchia militare. Li potremo conoscere meglio attraverso le donne che gli furono accanto, come interpreti di ruoli pubblici, come pedine indispensabili per la successione e la propaganda.
Vincendo la guerra civile il generale Franco ha imposto alla Spagna la sua dittatura modellata sui regimi fascisti che lo avevano sostenuto. Per molti anni dopo la fine della guerra ha continuato, con una spietatezza senza pari, a uccidere un enorme numero di oppositori, tenendone molti altri in carcere o in campi di concentramento. Poiché per tutto questo il regime franchista è restato il simbolo della più oscura e longeva antidemocrazia nella storia dell'Europa occidentale, la Repubblica che egli ha abbattuto è rimasta il simbolo della democrazia. È noto che la Spagna repubblicana all'avvio della guerra è stata immediatamente travolta da un'ondata rivoluzionaria, e solitamente si considera questo fenomeno come un contraccolpo al tentativo di golpe militare, per far fronte al quale era occorso armare il popolo. Ma è veramente così? I generali golpisti vollero affossare la Repubblica per la loro ostilità verso le riforme che essa stava attuando nell'ordine e nel rispetto delle norme e dell'etica di una democrazia liberale? Oppure essi poterono contare sull'attivo sostegno, o quanto meno sulla sconcertata passività, di un'ampia parte della cittadinanza, perché diversi eventi e segnali diffusero la paura che il paese stesse imboccando la via di un'irreversibile rivoluzione?
Questo volume sostiene che la mancata condanna del regime franchista ha impedito alla Spagna democratica, emotivamente succube di quell'ingiustizia, di prendere le dovute distanze dal proprio passato repubblicano e di individuare in modo obiettivo le responsabilità anche repubblicane nel precipitare della guerra civile. Il senso di colpa nei confronti delle vittime del regime, mai risarcite dalle istituzioni, si è intrecciato al risentimento verso una oligarchia mai veramente costretta a pagare per i propri misfatti e ha prodotto non già la rilettura critica di quello scomodo passato, bensì un'abbondanza di luoghi comuni consolatori e di visioni parziali o edulcorate della parte repubblicana.
Sebbene Alleati e Resistenza romana avessero gli stessi nemici, combatterono due guerre quasi parallele con scarsi punti di contatto. La loro distanza è ben rappresentata dai modi diversi con cui designarono il fine immediato che volevano conseguire: la 'caduta della prima capitale dell'Asse' per gli Alleati, la 'liberazione di Roma' per le forze resistenziali. La presa della città per gli angloamericani fu solo un momento saliente del loro sforzo per impedire, a prezzo di altissime perdite, che si avverasse l'orrendo disegno hitleriano di un'Europa nazista, ed è in questa cornice che si può valutare il tentativo della Resistenza romana di enfatizzare, attraverso la lotta armata in città, l'esistenza di un'Italia antifascista pronta a battersi per concorrere alla propria liberazione. Un tentativo quasi eroico a fronte di una popolazione che per la maggior parte odiava quasi in egual misura tedeschi e fascisti, Alleati e partigiani, come portatori di una guerra di cui non si sentiva responsabile. Questo libro, sulla base di un'ampia documentazione di fonti archivistiche, ripercorre in una visione d' insieme, con le vicende belliche, i fatti - e gli episodi controversi - relativi alla storia di Roma nei nove mesi dell'occupazione tedesca.
In molti scritti sulla Resistenza sono indicati come autori di attacchi ai tedeschi o vittime dei loro rastrellamenti 'i partigiani', senza altra specificazione. Ma in gran parte dei casi si trattò di partigiani comunisti, la cui connotazione politica in seguito è rimasta spesso sotto traccia. Nel dopoguerra fu il loro stesso partito a inglobarli nella sua visione della guerra di Liberazione come 'guerra di popolo' combattuta da un ampio fronte antifascista quasi indifferenziato. E questo è accaduto ancora di più dopo il crollo dell'URSS, quando la forte impronta comunista sulla lotta armata antitedesca apparve una macchia capace di cancellarne i meriti. Questo non è un libro di semplice rivendicazione di quei meriti. Ne illustra alcuni, tra cui soprattutto la creazione dal nulla del nucleo essenziale dell'?esercito partigiano', le Brigate Garibaldi, opera di pochi militanti, capaci però di attrarre tanti volontari disposti a battersi contro i nazifascisti. Accanto alle loro imprese ne vanno però considerati anche i limiti, riconducibili agli obiettivi politici del loro gruppo dirigente, deciso ad attribuirgli, nonostante il loro carattere guerrigliero, compiti di un vero esercito regolare capace di presidiare vaste 'zone libere'. Ma dopo le dure prove dell'ultimo inverno di guerra, le formazioni comuniste diedero il principale contributo alla liberazione delle città del Nord prima dell'arrivo degli Alleati, importante obiettivo simbolico condiviso da tutte le forze della Resistenza. Un libro né encomiastico, né denigratorio, dove predominano i chiaroscuri, quanto mai presenti nella storia della transizione italiana verso la democrazia.
Il tema della felicità conosce nel XVIII secolo una vera e propria esplosione nell'editoria e nella riflessione degli scrittori in tutti i campi della vita associata e delle conoscenze umane: filosofia, politica, letteratura, storiografia, famiglia e relazioni di genere, diritto, arti, economia... In particolare si impone al centro dell'attenzione il rapporto tra felicità pubblica e felicità privata: la sfida del mondo dei Lumi è quella di riuscire a orientare lo sviluppo economico, le pratiche di governo, il diritto, verso l'obiettivo della felicità per tutti. Si moltiplicano interrogativi cruciali: se il sapere e/o la ricchezza diano felicità, se possano essere felici i pochi nell'infelicità dei più, se i governi o la fede assicurino la felicità, fino alla piena affermazione di un vero e proprio diritto alla felicità. I saggi raccolti in questo volume ripercorrono questi dibattiti in maniera pluridisciplinare, fornendo un contributo innovativo alla storia di un dilemma che periodicamente, e soprattutto oggi, si ripropone nel dibattito politico sulla democrazia, sulle crisi economiche e sui rapporti tra individuo e collettività.
La morte di Mikis Mantakas, lo studente ucciso dopo una giornata di guerriglia metropolitana, è l'innesco di una spirale di violenza che sembra inarrestabile. Vittime e assassini sono giovanissimi, mossi da motivazioni ideologico-politiche, mescolate spesso con l'istinto criminale. Dalle macerie nasce un'ondata di terrorismo animato da un furore omicida scambiato per ansia di liberazione. Da parte nera si teorizza e si mette in pratica lo spontaneismo armato, che ha nei Nar di Fioravanti l'avanguardia più aggressiva e non pochi punti di contatto - nella strategia e negli obiettivi da colpire con il terrorismo di estrema sinistra. I giovani e carismatici "capi" esercitano un fascino torbido e la guerra di strada diventa una sorta di rito di iniziazione per una generazione di ragazzi, bruciata - con il senno di oggi - senza un perché. Questo libro, ultimo atto della "trilogia della celtica", si addentra negli antri più oscuri degli anni Settanta e Ottanta, dando la parola alle vittime, ai testimoni, alle forze dell'ordine e persino agli agenti dei servizi: a tutti i protagonisti di quella che passerà alla storia come una lunga, epica e folle avventura criminale.

