
"I testi raccolti e presentati in questo volume dovrebbero offrire al lettore un panorama di come il fascismo è stato visto e giudicato dai suoi contemporanei immediati prima e dagli studiosi delle più varie discipline e formazioni poi, sia come fenomeno soprattutto italiano sia come fenomeno europeo, per alcuni addirittura mondiale, epocale persino. Chi scrive è convinto che, per giungere a una spiegazione in termini effettivamente storici del fenomeno fascista in genere e dei vari fascismi in particolare, sia necessario tenere presenti e contemperare tra di loro tutte le interpretazioni sin qui prospettate." Questa antologia, pubblicata per la prima volta nell'ottobre 1970, riuniva tutte le interpretazioni del fascismo - dalle sue origini fino al 1970 - che Renzo De Felice reputava indispensabili per comprendere, a partire da diversi punti di vista, il fenomeno storico che aveva sconvolto la storia d'Italia e del mondo. L'antologia raccoglieva testi italiani degli anni Venti e Trenta, la grande storiografia tedesca e anglosassone degli anni Quaranta-Cinquanta (da Meinecke e Ritter a Peter Viereck e Hans Kohn), teorici marxisti come Dobb e Sweezy, esponenti del pensiero cattolico (Maritain, Del Noce), insieme alla più recente letteratura sociologica e politologica da Hannah Arendt a Erich Fromm, Mannheim, Organskij e Germani.
Qual è stato il rapporto tra l'Italia fascista e la Germania nazista? Quali differenze e quali somiglianze fra i due totalitarismi? L'Asse e il Patto d'acciaio erano insiti nella logica di una comune natura dei due regimi o furono solo atti politici, rispondenti a esigenze particolari, sostanzialmente tattiche e contingenti? Renzo De Felice scopre documenti inediti in archivi italiani mentre lavora alla sua biografìa di Mussolini. Sono dispacci secreti, lettere, relazioni fra il duce e Hitler, dalla marcia su Roma alla salita al potere del nazionalsocialismo. Alla loro luce, è inequivocabile - i documenti di questo libro lo dimostrano - che l'Italia fascista fu il primo regime totalitario al mondo e la strategia con la quale i fascisti arrivarono al potere servì da significativo punto di riferimento per l'emergere e l'arrivo al potere dei nazisti. I documenti sono introdotti da Renzo De Felice. II volume accoglie un'importante prefazione di Christian Goeschel destinata a suscitare un ampio dibattito.
Qual è stato il rapporto tra l'Italia fascista e la Germania nazista? Quali differenze e quali somiglianze fra i due totalitarismi? L'Asse e il Patto d'acciaio erano insiti nella logica di una comune natura dei due regimi o furono solo atti politici, rispondenti a esigenze particolari, sostanzialmente tattiche e contingenti? Renzo De Felice scopre documenti inediti in archivi italiani mentre lavora alla sua biografìa di Mussolini. Sono dispacci secreti, lettere, relazioni fra il duce e Hitler, dalla marcia su Roma alla salita al potere del nazionalsocialismo. Alla loro luce, è inequivocabile - i documenti di questo libro lo dimostrano - che l'Italia fascista fu il primo regime totalitario al mondo e la strategia con la quale i fascisti arrivarono al potere servì da significativo punto di riferimento per l'emergere e l'arrivo al potere dei nazisti. I documenti sono introdotti da Renzo De Felice. II volume accoglie un'importante prefazione di Christian Goeschel destinata a suscitare un ampio dibattito.
Era la sera del 9 novembre 1989 quando fu abbattuto il muro di Berlino. In quella stessa sera, durante la conferenza stampa, Günter Schabowski, il ministro della Propaganda, venne colto impreparato dalla domanda sulla concessione di permessi di viaggio ai tedeschi dell'Est. Rispose ab sofort, cioè "da subito-, con effetto immediato, e con due sole parole annunciò così la caduta del muro. I berlinesi lo presero alla lettera e si riversarono nei pressi del muro. Le guardie, lasciate senza ordine, non fecero altro che aprire i varchi. Le immagini dell'abbattimento del muro fecero il giro del mondo e in poco tempo l'euforia, lo spirito di riunificazione e libertà si diffuse in tutta Europa. Sono passati trent'anni e altri muri sono comparsi nel mondo. In occasione di questo anniversario, Giorgio Ferrari ripercorre le tappe del muro più tristemente famoso della storia attraverso i personaggi e gli eventi che ne hanno determinato prima l'edificazione e poi l'abbattimento: dalla Guerra Fredda alla crisi economica della Ddr allo storico discorso di John Kennedy, a Gorba?ëv, alla decisiva opera di Giovanni Paolo II. La prigionia psicologica, morale e fisica di Berlino è durata ventotto anni, nel mondo però non si è cessato di costruire barriere, confini e cortine di ferro che ancora separano e umiliano individui, popoli e culture. Dalla "Barrera" fra il Messico e gli Stati Uniti alle mura che avvolgono Gaza e cingono la Cisgiordania, ai confini interni della stessa Europa, dove risorgono muraglie e distese di filo spinato laddove dovrebbe esserci lo spazio libero della circolazione delle persone e delle cose, un viaggio fra le democrazie (liberali e autoritarie) accomunate dalla grande paura dei migranti.
Per il movimento risorgimentale il Mezzogiorno rappresentò sino al 1848 una terra dal forte potenziale rivoluzionario. Successivamente, la tragedia di Pisacane a Sapri e le modalità stesse del crollo delle Due Sicilie trasformarono quel mito in un incubo: le regioni meridionali parvero, agli occhi della nuova Italia, una terra indistintamente arretrata. Nacque così un'Africa in casa, la pesante palla al piede che frenava il resto del paese nel proprio slancio modernizzatore. Nelle accuse si rifletteva una delusione tutta politica, perché il Sud, anziché un vulcano di patriottismo, si era rivelato una polveriera reazionaria. Si recuperarono le immagini del meridionale opportunista e superstizioso, nullafacente e violento, nonché l'idea di una bassa Italia popolata di lazzaroni e briganti (poi divenuti camorristi e mafiosi), comunque arretrata, nei confronti della quale una pur nobile minoranza nulla aveva mai potuto. Lo stereotipo si diffuse rapidamente, anche tramite opere letterarie, giornalistiche, teatrali e cinematografiche, e servì a legittimare vuoi la proposta di una paternalistica presa in carico di una società incapace di governarsi da sé, vuoi la pretesa di liberarsi del fardello di un mondo reputato improduttivo e parassitario. Il libro ripercorre la storia largamente inesplorata della natura politica di un pregiudizio che ha condizionato centocinquant'anni di vita unitaria e che ancora surriscalda il dibattito in Italia.
Tra il 1776 e il 1804 il tempo della rivoluzione unì le due sponde dell'Atlantico. La nascita degli Stati Uniti fu d'esempio alla Francia per la svolta del 1789. La rivolta degli schiavi neri a Santo Domingo nel 1791 portò nel 1794 all'abolizione della schiavitù nelle colonie francesi. Di lì a breve l'ascesa di Bonaparte segnò la ripresa del ruolo dell'uomo d'armi rivoluzionario. Le similitudini tra i due lati dell'Atlantico neppure si interruppero con la presa del potere, il 18 Brumaio, del generale còrso: a Santo Domingo, Toussaint Louverture, un ex schiavo divenuto governatore della colonia, parve imitarlo. La reintroduzione della schiavitù nelle colonie francesi, voluta da Bonaparte nel 1802, portò però all'insurrezione finale dei neri di Santo Domingo, che nel 1804 fondarono la repubblica nera di Haiti. Il libro, che ripercorre le vicende qui riassunte, evidenzia il legame tra le due grandi rivoluzioni di fine XVIII secolo che le storiografie nazionali e l'influenza del portato politico-ideologico hanno a lungo nascosto. Queste pagine insistono invece su una storia comune tra Europa e America, prima che, nel XIX secolo, le loro strade si dividessero.
L'arte, gli stili, il gusto sono concetti che si trasformano nel tempo, concepiti diversamente in ogni età; conoscerli significa intraprendere un viaggio nella vita delle forme artistiche attraverso la storia. Una breve storia non vuole tuttavia essere una mera semplificazione ma il frutto di un'elaborazione, di una riduzione culturale che consenta una conoscenza della storia dell'arte distinta dalle ricerche specialistiche e dalla divulgazione informatica e televisiva. Se «l'arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte» e la realtà presenta opere diverse, uniche e irripetibili, è indubbio altresì che la natura del nostro pensiero intenda e apprenda solo ciò che è, o appare, riconducibile a un denominatore comune. La periodizzazione, le teorie, le note di costume sono pertanto assimilabili all'unica categoria presente in tutti i periodi dell'arte: lo stile. Questo generale principio si traduce nel costruire «ad arte» una serie di linee omogenee che tendono a unificare le diversità proprie degli artisti e delle opere. E il risultato è questo libro in cui le idee dell'autore si snodano comprensibili e memorizzabili dal maggior numero di lettori possibile e la complessità dell'arte viene presentata come un racconto sulla storia della nostra civiltà.