
Quale rilevanza ha il tempo, e la memoria, nella costruzione di una ragione giuridica? Su questa domanda si articola la prima parte del volume. Essa non considera solo il pensiero antico in alcuni momenti decisivi: il platonismo, per esempio, e la riflessione aristotelica, o la giurisprudenza romana; ma approfondisce il dialogo, ora solidale ora polemico, che la modernità intrattiene con la cultura classica: dalla critica umanistica della Compilazione giustinianea, e da Bacone, Hobbes e Leibniz, a Bentham e a Savigny, sino a Schmitt e a Kelsen. Nella seconda parte il libro compie anche un esame di coscienza e si interroga, ancora una volta, sugli intenti e i modi di una storiografia giuridica nella società contemporanea.
Quello del diritto è il campo in cui il mondo greco e quello romano si rivelano più lontani. Da una parte, la società greca, dove le città-stato organizzano la loro vita interna per lo più in base a leggi non scritte, tanto che si deve parlare di 'diritti' greci, piuttosto che di 'diritto' greco. Dall'altra parte, la società romana, con una legislazione e una scienza del diritto che hanno dato l'impronta alla cultura giuridica del nostro mondo. Le preziose ricostruzioni di Bretone e Talamanca restituiscono i due diversi modelli di interpretazione e regolamentazione dei rapporti tra individui e istituzioni.
Il volume esamina il processo che portò all'unificazione dei territori tedeschi sotto l'egemonia prussiana e alla proclamazione del Secondo Reich nel 1871. L'autore discute il contesto economico, culturale e politico del processo, tanto a livello europeo che nelle varie realtà tedesche. L'unificazione è seguita nel succedersi dei conflitti bellici con la Danimarca, la Francia e l'Austria, con un'analisi delle ragioni che hanno reso possibile alla Prussia la conquista dei territori e delle dinamiche che hanno portato a percepire quella conquista come una unificazione nazionale.
Per Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei, il «natural desiderio di sapere» corrisponde a un modo plurale di pensare la conoscenza e il suo ruolo sociale e politico di fronte all’incertezza innescata dall’allargamento del mondo, dal profilarsi di nuovi modi di comprendere i rapporti fra uomo e natura, dal confronto con una vita di corte, dominata dall’interesse individuale.
Centro della rivendicazione universalistica pontificia e spazio comunicativo fra vecchi e nuovi mondi, Roma emerge come teatro barocco di un progetto di capitalizzazione dei saperi, che mobilita appassionati virtuosi, filosofi “straccioni”, medici mediatori, agguerriti pittori, scultori in gara con la natura, missionari in cerca di legittimazione.
Attraverso il racconto dell’affascinante storia del Tesoro messicano – imponente volume tardivamente pubblicato nel 1651 – si ricostruisce un cantiere di produzione naturalistica, fra sconosciuti exotica e artefatti stranamente familiari, scambi e competizioni, conflitti e negoziazioni, individuando nei saperi una lente per comprendere la dinamica storica.
A partire dalla metà dell’Ottocento la storia di Roma è innanzi tutto la storia di una triplice capitale: dell’Italia unita, del cattolicesimo, degli amanti dell’arte e dell’antichità. Talvolta alleate, spesso rivali, queste tre capitali hanno contribuito a dare alla città eterna uno status unico al mondo, ma anche una cronica instabilità.
Roma è anche un cantiere permanente. A partire da Napoleone e fino alle grandiose risistemazioni del giubileo del 2000, i pontefici, i re d’Italia, il Duce e le varie amministrazioni comunali hanno senza sosta demolito, costruito, trasformato. Gli innumerevoli progetti urbanistici che si sono avvicendati nel tempo hanno creato nella città una profonda stratificazione architettonica, anche questa unica al mondo: in quale altro luogo potremmo trovare un intervento come quello compiuto da Richard Meier nel 2006 all’Ara pacis, edificata sotto l’imperatore Augusto, in una piazza restaurata da Mussolini, all’ombra di una chiesa barocca?
Con passo lieve, ma con rigore storico, Catherine Brice ci guida attraverso gli ultimi due secoli della storia di Roma, ricostruendone le vicende culturali, sociali, di costume, e restituendoci i colori, le luci, i rumori di una città sempre in bilico tra la conservazione del passato e le sfide di volta in volta poste dalla modernità.
Questo saggio, in controtendenza rispetto al conformismo ufficiale, completa la nuova critica storiografica sul Risorgimento, e si propone di dimostrare come l'Unità Piemontese, ben lungi da essere stata una unificazione, abbia invece prevaricato il pluralismo dei poteri istituzionali e la ricchezza delle prassi amministrative pre-unitarie. Forte dell'insegnamento di storici dell'amministrazione quali Gianfranco Miglio e Roberto Ruffilli, che fu assassinato dalle Brigate Rosse nel 1988, l'autore prende in considerazione la realtà burocratico-amministrativa degli Stati Italiani prima del 1861, con l'intento di proporne una visione oggettiva. Il fine dell'opera vuole essere il superamento delle polemiche a cui si assiste ancora, dopo centocinquant'anni, nel momento in cui questa pagina di storia viene affrontata in modo non convenzionale, dandone una lettura difforme da quella fatta proprio dai vincitori e indotta nei vinti, che ha teso ad imporsi più che a proporsi anche attraverso l'uso propagandistico della memorialistica e la reiterazione di racconti di comodo in migliaia di pubblicazioni e manuali scolastici.
Il 25 ottobre 1854, durante la guerra di Crimea, la Brigata leggera della Divisione di cavalleria britannica, in difesa della base di Balaklava, fu protagonista della più celebre carica della storia militare. Seicentosessantaquattro uomini si lanciarono per quasi due chilometri contro le bocche da fuoco dei cannoni russi, piazzati di fronte a loro e su entrambi i fianchi. Cavalcarono dentro la bocca di un vulcano. Molti di loro caddero, ma, come disse un ufficiale russo, "neppure un solo uomo si arrese". Nel resoconto particolareggiato della carica e della sanguinosa mischia che seguì, Terry Brighton si è basato su anni di ricerche per raccontare per la prima volta la drammatica vicenda attraverso le parole dei superstiti. E rivela che la carica non fu quel che avrebbe voluto Lord Raglan, comandante dell'esercito britannico in Crimea. Il suo ordine scritto fu portato da un aiutante di campo a Lord Lucan, comandante della Divisione di cavalleria, che lo trasmise poi a voce a Lord Cardigan, comandante della Brigata leggera. Nel passaggio da Raglan a Cardigan, il significato dell'ordine venne frainteso. L'autore sgombra il campo da molti miti popolari riguardanti l'evento, dimostrando come la carica sia stata in realtà uno stupefacente successo perché, pur "nelle mandibole della Morte, nella bocca dell'Inferno", secondo le parole di una celebre poesia di Tennyson, la Brigata leggera catturò infine la batteria e la cavalleria russa fuggì.
Sapevate che Pandora ha scoperchiato il celebre vaso perché era una maniaca della pulizia e voleva spolverarlo? E che Achille è stato un bambino cagionevole e si è preso tutte le malattie esantematiche, pure quelle che non esistono? Per non parlare di Ulisse, che per smascherare Achille e arruolarlo si è travestito da venditore ambulante di borse taroccate. La mitologia classica come non l'avete mai letta, rivisitata dal talento irresistibilmente comico di Enrico Brignano. Da quando sua figlia ha imparato a memoria le fiabe più conosciute, Enrico Brignano ha dovuto architettare nuovi modi per intrattenerla e per farla addormentare. Ha cominciato allora ad attingere dal serbatoio infinito di storie della letteratura greca, pescando tra le reminiscenze scolastiche e lavorando di fantasia per colmare le lacune ed evitare le domande scomode della sua piccola ascoltatrice. Nasce così questa divertentissima raccolta di miti classici reinventati, in cui la sua scatenata immaginazione ci mostra dèi, eroi e personaggi tragici in una veste inedita ed esilarante. «Può sembrare niente, ma l'Olimpo era il condominio divino con guardia alla reception h24, un luogo molto esclusivo dove non è che potessero entrare pizza e fichi, ma solo gente selezionata, un po' come nel backstage dei Maneskin! E a Zeus, il capoccia di tutto il cucuzzaro di divinità, stava talmente simpatico Prometeo che a un certo punto lo convocò e gli disse: Prome', senti, qui si sta bene per carità, il vicinato è ottimo, si mangia bene, le case sono belle e non ci manca niente. Però un po' ci si annoia. Allora avrei pensato, no?, perché non ti occupi di impastare degli esseri a nostra immagine e somiglianza, così li piazziamo sulla terra e vediamo un po' che combinano? Ci mischiamo a loro, gli mandiamo qualche maledizione... insomma, passiamo il tempo».
Impareggiabili mercanti di sogni, i viaggiatori hanno riportato dall'Oriente paesaggi abbacinanti di luce, architetture grandiose, abbigliamenti bizzarri e pittoreschi, fragranze di rarissime spezie, voluttuose figure femminili. Essi hanno stipato l'immaginario occidentale delle raffigurazioni di un mondo esotico ed intensamente erotico, dispotico e crudele, elusivo ed enigmatico: una profusione di forme e di immagini di cui si approprieranno l'arte, la letteratura, il melodramma, la moda. L'harem, il bagno turco, il serraglio sono diventati sinonimo di lussuria, di sensuale indolenza, di uso capriccioso e arbitrario del potere. In questo genere di viaggio trova inoltre espressione l'anelito dell'uomo moderno a liberarsi dalle spire del conformismo, a ricongiungersi con le proprie origini, a ritrovare la culla delle religioni monoteiste, e, in una ricerca della fase aurorale delle civiltà, a rigenerarsi a contatto con l'immenso emporio dei miti. Ma vi è implicita anche la violazione di un universo chiuso, interdetto agli occidentali dalle barriere culturali e dalla natura dei luoghi, che si tratti dei deserti dell'Arabia e delle inviolabili città sante della religione musulmana, oppure dell'intrusione voyeuristica nell'harem del sultano o nella comune intimità domestica. Nella sua affascinante ricostruzione il libro attinge ai racconti dei protagonisti, fonti tanto preziose quanto poco conosciute attraverso le quali si è formato nel mondo occidentale il sogno del favoloso Oriente.
Migrazioni, invasioni, esodi, anabasi, deportazioni: la storia dei popoli è segnata dal procedere collettivo dei viaggi. Al di là di questi cataclismi umani, sono singoli personaggi ad assumersi il compito di andare oltre l'orizzonte conosciuto. Nell'interminabile percorso terrestre di Marco Polo verso il Catai, in quello marittimo di Cristoforo Colombo che s'imbatte nel continente imprevisto, nelle peregrinazioni dei mercanti avventurieri veneziani, genovesi, fiorentini ritroviamo una stessa visionaria temerarietà. Ma proprio le loro vicende valgono a ricordarci che spirito ardimentoso di avventura e volontà di dominio nell'Europa dei potentati sono inscindibili. A Oriente come a Occidente con l'apertura delle grandi rotte oceaniche il viaggio d'esplorazione si fa subito viaggio di conquista, fatto di avidità e conoscenza, scoperta e sfruttamento, richiamo dell'ignoto e brama di ricchezze. E oggi? Oggi che i viaggi non offrono più i loro tesori, ripercorrere quelle avventure significa attingere alla formidabile risorsa dell'immaginario e, in compagnia di navigatori, pirati, cannibali, eruditi, sultani, gioiellieri e gesuiti, appassionarsi a inedite trame narrative, consapevoli delle irriducibili contraddizioni di quella eredità in divenire che chiamiamo civiltà.