
Spesso dire di no è molto difficile, ma il rifiuto è in realtà parte fondamentale delle relazioni tra genitori e figli. Il libro si rivolge, sia per il tipo di scrittura utilizzato, sia per la casistica scelta per illustrare le diverse tappe evolutive dell'età infantile, al più vasto pubblico di genitori e psicoterapeuti. Ogni capitolo prende in esame una determinata fascia d'età che individua le possibili situazioni in cui "dire no" provoca un significativo cambiamento positivo nello sviluppo della personalità infantile, evitando al bambino di infilarsi in una dinamica autocentrata e "onnipotente". Presentazione di Giovanni Bollea.
I servizi di psichiatria vedono crescere il numero di giovani che accusano forme di disagio psichico. Un fatto allarmante, che più che il segnale di un aumento delle patologie, è il sintomo di un malessere generale che permea la società. Un fenomeno che costringe a interrogarci su che cosa si basi la nostra società, su quali siano le cause delle paure che ci portano a rinchiuderci in noi stessi. I problemi dei più giovani sono il segno visibile della crisi della cultura occidentale fondata sulla promessa del futuro come redenzione laica. Si continua a educarli come se questa crisi non ci fosse, ma la fede nel progresso è sostituita dal futuro cupo, dalla brutalità che identifica la libertà con il dominio di sé, del proprio ambiente, degli altri.
Edipo e Narciso sono due personaggi centrali del teatro freudiano. Il figlio-Edipo è quello che conosce il conflitto con il padre e l'impatto beneficamente traumatico della Legge sulla vita umana. Il figlio-Narciso resta invece fissato sterilmente alla sua immagine, in un mondo che sembra non ospitare più la differenza tra le generazioni. Le nuove generazioni appaiono sperdute tanto quanto i loro genitori. Questi non vogliono smettere di essere giovani, mentre i loro figli annaspano in un tempo senza orizzonte. Telemaco, il figlio di Ulisse, attende il ritorno del padre; prega affinché sia ristabilita nella sua casa invasa dai Proci la Legge della parola. In primo piano una domanda inedita di padre, una invocazione, una richiesta di testimonianza che mostri come si possa vivere con slancio e vitalità su questa terra. Il processo dell'ereditare, della filiazione simbolica, sembra venire meno e senza di esso non si dà possibilità di trasmissione del desiderio da una generazione all'altra e la vita umana appare priva di senso. Eppure è ancora possibile, nell'epoca della evaporazione del padre, un'eredità autenticamente generativa: Telemaco ci indica la nuova direzione verso cui guardare, perché Telemaco è la figura del giusto erede. Il suo è il compito che attende anche i nostri figli: come si diventa eredi giusti? E cosa davvero si eredita se un'eredità non è fatta né di geni né di beni, se non si eredita un regno?
Contare qualcosa per qualcuno. Un programma per la vita, apparentemente elementare, il cui perseguimento determina la qualità delle nostre giornate, eppure spesso così difficile da trasformare in una reale risorsa per sé e per gli altri. Vi sono delle precise ragioni che sostengono delusioni, tradimenti, sofferenze, fallimenti emotivi ed esistenziali. Le stesse che sovente ci impediscono di raggiungere una vita affettiva e sentimentale gratificante. Nulla accade per caso in questo delicato dominio. L'autore mette a nudo i meccanismi che stanno alla base della nostra capacità di costruire relazioni stabili, vitali e non distruttive, a partire dalle impressioni acquisite nel corso dell'infanzia, quando prendono corpo le linee fondamentali dello stile di vita. Da lì, mostra il dipanarsi del filo rosso che intesse la storia delle nostre relazioni, aiutandoci a riconoscere i nodi che ne bloccano la carica vitale.
L'ombra e la grazia si possono considerare categorie esistenziali, metafore, per esprimere la dignità ferita e quella salvata. L'ombra è l'altra faccia della luce, come la pesantezza lo è della grazia. Vi è qualcosa di misterioso in tale intrinseca relazione tra lacrime e sorrisi, tra tristezza dell'anima e apertura alla speranza, a cui Eugenio Borgna presta attento ascolto e dà voce, riflettendo sulla dignità della persona, sul suo valore, nelle sue varie declinazioni, umbratili e luminose. La dignità è un valore etico fondamentale ed è la fonte dei diritti umani, tuttavia è stata crudelmente lacerata nel corso della storia, non ultima da quella psichiatria che ha distinto le vite degne di essere vissute da quelle che non lo sarebbero. Il problema del rispetto dell'altro si ripropone nell'ambito della cura, al centro della quale sta la fragilità del malato, fisico o psichico, esposto alla sofferenza della malattia e all'angoscia della morte. Il discorso sulla dignità non concerne solo l'aspetto doloroso dell'ombra, riguarda anche l'attesa del futuro e dell'ignoto. Le attese altrui vanno riconosciute e rispettate, per non fare al prossimo quanto non vorremmo fosse fatto a noi. Siano esse le attese di chi sta male o di chi per qualche ragione sia vulnerabile, occorre rispettarne la fragilità e la sensibilità, le quali non potranno proteggere la dignità dai colpi inferti dalla vita, ma consentono una più acuta e umana comprensione del lato oscuro dell'essere, della parte invisibile delle cose...
È facile dire o sentirsi dire: "Stabilisci dei limiti!", ma farlo non lo è affatto, soprattutto se si è persone sensibili e attente ai bisogni degli altri. Rolf Sellin, apprezzato autore di "Le persone sensibili hanno una marcia in più", spiega finalmente le ragioni per cui spesso non riusciamo a riconoscere i nostri limiti e a fissare giusti confini nella pratica: farlo, infatti, non è solo questione di volontà. Richiede allenamento! È una convinzione: "Buone recinzioni fanno buoni vicini". Sellin propone metodi concreti e di comprovata efficacia, a livello mentale, comunicativo, fisico e soprattutto energetico, che aiutano a sviluppare la nostra capacità di autodeterminazione senza sensi di colpa. Perché rispettare i nostri limiti e saper dire no serve a noi, ma spesso anche agli altri.
La psichiatria è disciplina medica che si occupa della diagnosi, della comprensione e delle strategie terapeutiche necessarie per avvicinare ciò che convenzionalmente chiamiamo "disturbo psichico". Ma essa non può sfuggire a certe scelte etiche che richiamano i grandi temi del senso della vita, della libertà, della responsabilità verso le esistenze deboli ed emarginate. La psichiatria ha a che fare soprattutto con la cura, ma la cura non può essere soltanto farmacologica: è anche psicologica e sociale e dipende soprattutto dalla capacità di ascoltare, per cogliere quel colloquio interiore che ognuno di noi intrattiene con le voci e i silenzi della propria anima, anche quando ci si trova persi nelle pieghe più profonde della sofferenza psichica. Questo libro affronta il grande tema della psicopatologia e della sua modernità. Descrive alcune fondamentali condizioni psicopatologiche e le loro strutture portanti mettendo in luce come, tra gli aspetti cruciali della sofferenza mentale, vi siano i modi soggettivi di essere nell'angoscia e nella tristezza, nella disperazione e nella dissociazione, nell'ossessività e nell'euforia, vale a dire i vissuti emozionali di ogni esperienza neurotica o psicotica.
Malinconia, inquietudine, irascibilità, nostalgia, tristezza, disperazione, instabilità attentiva, pensieri ossessivi, paura... miscuglio sottile di emozioni e pensieri, i nostri stati d'animo sono il cuore palpitante del nostro legame con il mondo. Sempre presenti, sempre influenti, ci accompagnano in ogni momento della giornata e, quando sono costantemente caratterizzati da un polo negativo, possono rovinare la qualità della vita ancor più dei disturbi acuti. È importante perciò mantenere un equilibrio emotivo e prenderci cura del nostro aspetto mentale e psicologico non solo quando siamo agli estremi e ci troviamo costretti a ricorrere a psicologi, psichiatri e farmaci. In ogni epoca e in ogni civiltà il guaritore è portatore di saggezza, conoscenza, esperienza, ma anche di ascolto e intuizione. Questo medico abita anche in noi, talvolta vigile, il più delle volte addormentato, ignorato. Risvegliarlo è uno dei nostri compiti e possiamo farlo con l'aiuto di questo libro. Solo noi infatti possiamo essere gli artefici del nostro benessere emotivo. Attraverso i saperi che derivano sia dalla nostra medicina sia da quella tradizionale cinese, da sempre fondata sull'unità inscindibile tra psiche e soma, comprenderemo gli squilibri dell'umore, a modularli e, se debordano, a curarli prima che diventino vere patologie.
"L'ipersensibilità non è una malattia, né una carenza, né un difetto. Nessun terapeuta è in grado di 'eliminare' l'ipersensibilità di un bambino. L'ipersensibilità è una caratteristica ereditata, un elemento distintivo e, più propriamente, un talento." Dopo "Le persone sensibili hanno una marcia in più" e "Le persone sensibili sanno dire no", Rolf Sellin torna con un nuovo libro per comprendere a fondo l'ipersensibilità nell'infanzia e dare a genitori e insegnanti le chiavi per farne un eccezionale punto di forza. Tra i temi trattati: riconoscere quando un bambino è ipersensibile, evitare gli errori tipici con i bambini sensibili, definire limiti, regole e aspettative per trasformare la sensibilità in un vantaggio, scegliere la scuola più adatta a un bambino ipersensibile.
La malinconia è analizzata e descritta qui come esperienza psicopatologica: come esperienza clinica che abbia non una connotazione neurotica o reattiva, ma una sua connotazione psicotica che la contrassegni come esistenza radicalmente altra dalla nostra. Il discorso riportato in queste pagine non intende essere un discorso clinico: un discorso incentrato sugli aspetti sintomatologici della depressione come realtà clinica; ma intende essere un discorso incentrato sugli aspetti psico(pato)logici e antropologici della depressione che insorge al di fuori delle quotidiane modalità di esperienza, ma mantendo una sua radicale dimensione psicologica e umana.
Il libro esplora il rapporto tra i nove differenti tipi di personalità dell'enneagramma e l'intelligenza emotiva. La sintesi fra questi due strumenti costituisce il metodo Awareness to Action, una tecnica innovativa che i due autori propongono per diventare più efficienti nel lavoro e più flessibili nelle relazioni e nella vita. Quando proviamo ad attuare un cambiamento, in ambito professionale, personale e relazionale, dobbiamo sormontare un fattore essenziale, vale a dire i nostri pensieri e comportamenti abituali. Questi derivano dal nostro tipo di personalità, influenzano le nostre competenze emotive e si consolidano in specifiche forme di resistenza. Il metodo Awareness to Action esamina le strategie che adottiamo per affrontare la vita e l'impatto che le stesse hanno sulla nostra realizzazione. Affrontando temi come la costruzione delle relazioni, la risoluzione dei conflitti e lo sviluppo personale, il libro si rivolge non solo a chi vuole raggiungere una più profonda conoscenza di sé e incrementare il proprio potenziale, ma anche a manager responsabili delle risorse umane. «La vostra personalità è la faccia che indossate in pubblico, è un modo per semplificare e organizzare la vita».
Al centro di questo libro c'è il rapporto della vita umana con l'esperienza traumatica della perdita. Un'esperienza che ci accomuna tutti, tanto che potremmo dire che non si può pensare la vita senza avere contezza del suo opposto, la morte. Ma, quando perdiamo qualcuno che abbiamo profondamente amato, ci sembra che si apra davanti a noi un vuoto dentro cui è impossibile ritrovare coordinate e direzioni. Quanto lavoro serve per tornare a vivere? E cosa succede quando non ci riusciamo? Ragionare su queste domande significa iniziare un percorso dentro noi stessi. Attraverso un vero e proprio "lavoro del lutto", Recalcati si addentra nello squarcio che la perdita apre tra il mondo dei vivi e quello di chi non c'è più, e ne tira fuori una serie di riflessioni che di quel dolore fanno una risorsa. Infatti, mentre il nostro tempo esalta il futuro, il progetto e l'intraprendenza, il lutto e la nostalgia ci invitano invece a guardarci indietro. Ma non è un gesto di impotenza. Come la luce delle stelle che vediamo la notte appartiene a corpi celesti esplosi milioni di anni fa, così anche il dolore per la perdita dei nostri cari può continuare a illuminare la nostra strada, alimentando le risorse che ci servono per non smettere mai di nascere, ancora e ancora. "Può la luce arrivare dal passato? Può esserci luce nella polvere?".