
Perché a volte riusciamo a condizionare gli altri e a volte invece veniamo ignorati? Che cosa succede nel nostro cervello quando ascoltiamo l'opinione di un'altra persona? Che cosa determina il fatto che altri modifichino ciò in cui crediamo e come ci comportiamo? Che cosa alimenta la fiducia reciproca? Ogni giorno - dalle mura di casa all'aula scolastica, dalla sala riunioni ai social media - tutti cerchiamo di influenzare chi ci circonda. Tuttavia, molto di ciò che mettiamo in atto per condizionare gli altri è privo di efficacia, se non controproducente, perché non è compatibile con il modo in cui funziona la nostra mente. Tali Sharot, basandosi sui risultati delle ultime ricerche in neuroscienze, economia comportamentale e psicologia, scava sotto la superficie dei principi che comunemente guidano la nostra attività di influenzamento, ne dimostra l'infondatezza e ci dà una nuova comprensione del comportamento umano. Finalmente, svelando le insidie e le potenzialità che si nascondono nel nostro cervello, ci metterà al riparo dai pifferai magici in giro per il mondo.
Avete rimandato di nuovo quel lavoro importante? Siete andati su tutte le furie e avete litigato come dei matti con il vicino? Non riuscite a staccare mai e vi sentite sull'orlo di una crisi di nervi? Non riuscite proprio a rinunciare a un bicchierino di vino tutte le sere? Vi ripetete "vorrei, ma..." e alla fine non osate mai? Probabilmente vi starete chiedendo se sia normale tutto ciò o se avete effettivamente qualcosa che non va. In quanto psicologa, Kristina Fisser è costantemente in contatto con persone che sembrano avere perso il controllo su alcuni aspetti della loro vita. Ma lei lo sa bene: il confine tra normalità e patologia, tra sano e malato, non è così netto come si pensa. Anche noi "normali", infatti, ogni tanto entriamo in paranoia, abbiamo qualche fissa o perdiamo la testa. È normalissimo dubitare di sé, a volte arrivare pure a disperarsi. Non dobbiamo tuttavia ignorare questo nostro atteggiamento, bensì vederlo per quello che realmente è: un segnale che ci mette in guardia e ci ricorda che non possiamo andare avanti così, anche se ciò non significa dovere entrare in terapia il giorno dopo. L'importante è capire cosa fare, una volta che ne abbiamo preso atto. Con un approccio chiaro e pragmatico, esercizi pratici e consigli, Kristina Fisser ci riappacifica con la parte di noi un po' fuori dalle righe e ci indica inoltre come riprendere il controllo della situazione o quando, invece, sia il caso veramente di preoccuparci della nostra salute psichica e rivolgerci a un terapeuta.
"Ho scritto questo libro perché mi sentivo come un granello di sabbia in balia del vento. Alla mia età, avevo paura di non resistere. Ma prima di cedere volevo capire perché spesso nella mia vita avevo avuto paura. E volevo capire le ragioni non solo della mia paura, ma anche della paura degli altri. E desideravo infine comprendere perché così spesso la paura mi rendeva aggressivo e perché l'aggressività mia e la prepotenza degli altri erano strettamente intrecciate. Mi domandavo, in sostanza, qual era il rapporto fra la paura, l'aggressività e la violenza scatenata dai miei simili nel corso dei millenni." Un libro scritto da Danilo Zolo per capire dove e quando nasce la paura, se la lotta per l'esistenza comporta sempre e comunque scontro e conflittualità, qual è il posto occupato dalla politica nella gestione della paura e dell'insicurezza degli uomini, e infine il ruolo della paura nel mondo globalizzato, con le sue guerre e la diffusione in ogni angolo della terra di una crescente precarietà e della sopraffazione dei ricchi e potenti sui poveri e deboli. Ma lo sguardo di Zolo non è di rassegnazione, di resa, bensì di "pessimismo attivo": ci insegna che fino all'ultimo non bisogna rinunciare a lottare contro l'universo sconfinato della follia umana.
Massimo Recalcati lavora sulla fisionomia psichica dei figli nel mondo di oggi e indica la possibilità di un superamento dell'Edipo, a partire dalla parabola evangelica del figliol prodigo, che apre una possibilità invisibile al mito greco: quella del ritorno alla legge del padre e della capacità del padre di festeggiare quel ritorno. Perché i nostri figli vivono immersi in un mondo che mai come oggi è quello del godimento cieco e vuoto, e a volte sembrano lontani, forse perduti. Tuttavia, come Recalcati indica, attingendo alla sua esperienza clinica, ma anche lavorando su figure di figlio come Amleto o Isacco, c'è sempre la possibilità che un figlio si ritrovi, e venga ritrovato.
Il volume è un manuale che tratta i vari aspetti delle relazioni umane. Da un lato vengono riprodotti alcuni corsi terapeutici selezionati, così che il lettore possa partecipare alla ricerca delle soluzioni come se egli stesso fosse presente e può scoprire, per quanto lo riguarda, come uscire dalle crisi. In secondo luogo, vengono presentati e spiegati importanti procedimenti terapeutici, non solo per le rappresentazioni delle costellazioni familiari, ma anche per il recupero del movimento interrotto verso il padre o la madre. In questo modo vengono guariti o attenuati i danni e le paure, partendo dal modo in cui si sono instaurati a causa di una perdita o di una separazione avvenute nella prima infanzia.
La parola anima, nell'attraversare i più svariati sistemi di pensiero (filosofico, religioso, antropologico, psicologico), genera una serie di equivoci in cui si nascondono vertiginose variazioni di significato. Percorrendole è possibile scorgere gli spostamenti di volumi di senso e le migrazioni linguistiche da cui dipendono le epoche storiche e gli scenari da esse dischiusi. L'analisi di Galimberti muove da Platone, che gioca l'anima su un doppio registro, coniugandola da un lato con la costruzione della ragione e il governo di sé, dall'altro con l'abisso della follia e la dissoluzione dell'individuo. Da allora in poi, questi due registri non hanno cessato di condizionare la costruzione dei saperi, sempre insidiata sul piano teorico dalle oscillazioni delle opinioni e sul piano pratico dalla vertigine delle passioni, in quel gioco di maschere, assunte e dismesse dall'anima, a cui non sfugge che ogni nuova parola della ragione non è possibile se non liberando a ogni istante i frammenti di una segreta follia. Prima e dopo Nietzsche, Plotino e la Gnosi, Schopenhauer e il romanticismo, Freud e la psicoanalisi, Husserl e la fenomenologia, Heidegger e l'ermeneutica hanno tentato di liberare l'anima dal giogo dell'idea ma la loro opposizione al platonismo si è rivelata di segno uguale anche se contrario.
Che cosa caratterizza la "mente" di coloro che, nel bene o nel male, hanno cambiato le sorti dell'umanità? Nel gettare un ponte tra lo studio della leadership e quello della creatività, Gardner dimostra la stretta affinità tra le personalità tradizionalmente riconosciute come creative (artisti e scienziati) e i leader politici, i grandi condottieri, i capitani d'industria. La chiave per spiegare la leadership è "la capacità di raccontare una storia". Non è tanto il saper comunicare, quanto l'avere un messaggio da trasmettere che fa il vero leader. E questa capacità risiede potentemente nella mente infantile, prescolare, e nelle teorie sul mondo che essa elabora. È a partire da questa dote o dalla sua assenza che possiamo meglio capire perché i nostri tempi, che pure li richiedono a gran voce, siano così avari di leader autentici.
Se di fronte a qualcuno indossiamo il naso rosso, anche solo per gioco e per pochi minuti, ci accorgiamo subito del suo effetto. Abbandonando la nostra identità per un po', possiamo scoprire nuove forme di comunicazione e una diversa immagine di noi, forse meno entusiasmante, ma più vera, e con la stessa spontaneità dei bambini riusciamo ad avvicinare gli altri senza aspettative e pregiudizi. Erede del buffone e del giullare, il clown ne mescola sapientemente gli intenti e ne purifica il messaggio. Egli esprime una sua psicologia ed è in grado di suscitare una pedagogia che può prendere la forma del gesto terapeutico nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri e persino nelle aziende. Perché talvolta, rinunciare a prendersi troppo sul serio può risultare un esercizio molto utile per diventare più leggeri.
L'universo delle relazioni con se stessi e con gli altri arricchisce o impoverisce le nostre vite? Dona senso o inaridisce? Guida alla libertà o rinchiude in prigioni invisibili? Il volume cerca risposte costruttive al crescente senso di disagio, di isolamento, di separazione dagli altri che affligge molte persone rivestendo le relazioni di passività. I cinque capitoli in cui si articola il testo prendono spunto dalla storia di san Francesco d'Assisi e del primo francescanesimo per approfondire temi che riguardano la sfera emotiva; esercizi di auto ascolto e schede di lavoro articolate in domande completano la riflessione. "Ci dimentichiamo che l'essere umano è un essere relazionale e non può prescindere dalla responsabilità verso l'altro", spiega l'autore. "Solo orientandoci al "noi" possiamo compiere l'io. Abbiamo bisogno di ridare vita a due termini: "innocente" e "ingenuo". Tornare come bambini non nella inconsapevolezza, ma nella capacità di accogliere e di stupirsi, di orientarci al positivo dopo avere tutto considerato, almeno per quanto ci è possibile. Abbiamo bisogno di assumere lo sguardo non di bambini dipendenti da tutto e da tutti, ma di adulti-bambini che sanno meravigliarsi, vedere oltre e godere la vita".
Educazione di genere e identità di genere sono espressioni che stanno entrando nell'uso comune. Ma di quale genere si parla? E come coinvolge l'identità della persona e l'educazione all'affettività? Quale significato può assumere in relazione alla sessualità umana? Si tratta di una scelta? Oggi la corrente culturale del gender contesta alcuni stereotipi sociali connessi con il genere maschile e femminile e sostiene la legittimità di altri generi, che rappresentano delle varianti e possono essere connessi a condizioni particolari dal punto di vista biologico o psicologico. Si afferma così una distinzione tra identità di genere e sesso biologico e si rivendica a ciascun individuo la scelta dell'identità di genere che vuole avere. Anche l'idea di orientamento sessuale si presta a ogni interpretazione soggettiva, tanto che il range si fa amplissimo e su Facebook si contano fino a 55 varianti diverse.
Arriva un momento in cui si è convinti che non ci sia più bisogno di imparare. Ma basta un attimo per capire che le nostre sicurezze, spesso, sono solo un modo per far tacere la paura. Perché vivere intensamente è questo che fa: paura. E sono proprio i giovani a metterci davanti agli occhi una simile verità. Sono loro a rendere chiaro e lampante ciò che nella vita si è sempre saputo, ma non si sapeva di sapere. O ci si rifiutava di sapere. Capitolo dopo capitolo, Enrico Galiano ci porta a scuola di felicità. Una scuola in cui le lezioni sono piccole e grandi allo stesso tempo - sull'amore, il coraggio, la libertà - e impartite non da chi siede dietro la cattedra, ma dai ragazzi stessi. Scopriremo così che hanno ragione loro, quando ridono fino alle lacrime mentre gli adulti li osservano seri. Hanno ragione, quando amano fino a stare male mentre gli adulti li guardano con un sorriso accondiscendente. Hanno ragione, quando cadono, quando non capiscono, quando tartassano di domande finché ottengono una risposta chiara. Quando si arrabbiano perché non si sentono ascoltati. Grazie ai ragazzi, ci si rende conto che, per quanta strada si sia fatta, per quanta esperienza si sia accumulata, si è sempre eterni ripetenti. Eterni ripetenti alla scuola della felicità. Dopo "L'arte di sbagliare alla grande", Enrico Galiano torna con un saggio che è come una giornata di sole dopo mesi di pioggia. Ci fa entrare nella sua classe ad ascoltare le voci e le storie di ragazze e ragazzi, e ci trasmette un'inaspettata leggerezza: leggendo queste pagine, nasce, spontanea, una voglia improvvisa di cominciare a vivere davvero.