
L'uomo è l'unico essere vivente insoddisfatto della sua natura. Vibra in lui il presentimento di uno stato più perfetto e felice. Per lunghi periodi si adatta a vivere secondo regole prefissate, seguendo stanche abitudini, ma c'è un momento in cui decide di rompere ogni vincolo ed esplorare territori sconosciuti. E quello che Francesco Alberoni chiama lo "stato nascente ", una vera e propria morte-rinascita da cui si genera un nuovo modo di essere. Il grande studioso dei sentimenti umani e dei movimenti collettivi sostiene che questa forza primigenia ci è stata inculcata nell'anima dalla Natura, e non senza motivo. Essa ci costringe a creare sempre, a guardare al futuro, a sperare contro ogni speranza. E quello "stato di grazia", che in un bagliore di lucidità ci fa credere che il mondo può migliorare, che noi possiamo diventare persone migliori, e che tutto ciò che è stato finora, quella che chiamiamo vita reale, era, in realtà, una povera vita inautentica, dolorosa. Lo "stato nascente" è la passione che fa scorrere in noi una vita di estrema intensità, diventiamo infaticabili e tutte le nostre paure scompaiono. Scompare anche la paura della morte, perché non si ha paura di morire quando si ha l'impressione di muoversi verso ciò che è vero, giusto e bello.
Una donna sa della doppia vita del compagno ma finge di non sapere. Una moglie soffre per anni del matrimonio bianco imposto dal marito senza sospettare un'omosessualità nascosta. Una coppia cela a famigliari e amici la vera paternità del figlio. Una sorella si macera nel senso di colpa per non aver difeso il fratello da bambina. Quanti imbarazzi, omissioni, mezze verità o bugie palesi accompagnano la vita delle coppie. A volte innocenti, altre pesanti. Alcuni di questi sedimentano nel tempo e diventano segreti di famiglia che si tramandano come eredità silenti. Non sempre sono segreti tragici, spesso si tratta di cose di piccola entità, mai dette per vergogna, per dolore, o per quieto vivere. Cose che se rivelate potrebbero venire assorbite senza problemi nel fluire della quotidianità. In alcuni casi invece gli eventi, se portati a galla, distruggerebbero la serenità famigliare. Quasi sempre i non detti causano malessere, tristezza, senso di colpa, confusione. Il silenzio che doveva proteggere acuisce il disagio. Attraverso storie vere raccontate con piglio narrativo, la psicologa Anna Oliverio Ferraris illustra i mille modi in cui i segreti condizionano la vita di tutti, di chi lì mantiene e di chi li subisce.
"Il coraggio, uno non se lo può dare!" protestava il don Abbondio dei Promessi Sposi. Francesco Alberoni rovescia questa famosa massima rivendicando l'urgenza di un valore dimenticato e sostenendo che "il coraggio si può imparare". Audacia e timore sono legati a doppio filo. Chi non ha paura non sarà mai capace di atti di eroismo. Proprio per questo l'ardimento non va confuso con l'inconsapevolezza o l'incoscienza. La riflessione di Alberoni si concentra su una "virtù morale e sociale" che investe tutti gli aspetti dell'esistenza: amore, amicizia, lavoro, famiglia. E quel "coraggio quotidiano" che ci permette di plasmare il nostro destino è forza d'animo, rifiuto delle ipocrisie proprie e altrui, gesto che sovverte un sistema ingiusto, ricerca di ciò che innalza. La mediocrità, l'indifferenza e la vigliaccheria sono facili: basta lasciarsi andare, nascondersi e adagiarsi nella propria nicchia. C'è invece un gran bisogno di opporsi alla cultura della comodità, del disfattismo e della codardia. Partendo dal presupposto che ogni essere umano ha una missione da scoprire e da compiere nell'arco di una vita, il coraggio va esercitato per essere fedeli a se stessi, per non farsi confondere dalla complessità del reale e, a volte, per superare se stessi. Il presente volume è la nuova edizione rivista e aggiornata del titolo "Abbiate coraggio" (1998).
Se pensate che in fatto di rapporti con gli uomini, una volta lanciato l'amo, siano loro a essere in vantaggio e a condurre il gioco, vi sbagliate. È esattamente il contrario: a comandare nelle prime fasi di un incontro è lei. Dal corteggiamento ai primi appuntamenti, è la donna a dettare le regole, a dirigere la relazione e a darle la possibilità di crescere. Questo è uno dei dieci errori di valutazione che fanno le donne quando cercano l'amore. Come avere un atteggiamento prevenuto nei confronti dell'altro sesso, prendere un rifiuto come un fatto personale, o credere che gli uomini badino solo alla bellezza o all'età. In modo divertente, pratico ed empatico, l'autrice, psicologa esperta di relazioni uomo-donna, analizza uno per uno i meccanismi negativi, fornendo preziosi e schietti consigli su come smetterla di sabotarsi da sole e ricavare il meglio dai rapporti con l'altro sesso.
Vittorino Andreaoli, da non credente, ma non ateo, come ama definirsi, compie un viaggio attento e rispettoso fra gli "uomini di Dio" del nostro tempo. Un'inchiesta rigorosa in cui si raccontano la quotidianità, le gioie e le fatiche di tanti sacerdoti di oggi. Storie di preti anonimi, che vivono nelle periferie delle grandi città e nelle parrocchie di montagna. Uomini generosi, talvolta in crisi d'identità, di vocazione, di solitudine. Preti che a volte fanno audience, e altre suscitano scandalo. Preti di cui lo psichiatra si è occupato anche in veste professionale. Sono pagine ricche di umanità, che non tralasciano domande scomode: perché seminari sempre più vuoti? Perché tanti preti stanchi e infelici, che non riescono ad avvicinare la gente, e in particolare i non credenti? L'apparente indifferenza religiosa del nostro tempo nasconde in realtà una forte "domanda di sacro". E tutti, pur ammirando il coraggio di una "scelta estrema" come quella sacerdotale, constatiamo le difficoltà a viverla in rapporto alla modernità e la fatica della Chiesa a rispondere. L'inchiesta contemporanea è impreziosita da una ricca antologia di pagine della letteratura italiana del Novecento dedicate ai preti. Figure nate dalla penna di grandi scrittori, che restano memorabili per approfondire un universo complesso.
In questa riflessione affascinante - che non disdegna di soffermarsi anche sulle scelte radicali del monachesimo in tutte le religioni - lo psichiatra Vittorino Andreoli ci avverte che il silenzio è l'unica azione rivoluzionaria che può riportare equilibrio al nostro vivere. L'uomo è l'unico tra i viventi ad avere la peculiarità di "guardarsi dentro". E in questa sua capacità di "introspezione" giunge alla consapevolezza di essere lo straordinario frammento di una gigantesca realtà che sconfina nell'infinito. Si rende conto non solo di essere fragile, ma di essere «un frammento di polvere fragile». In tempi di ipertrofia dell'informazione e di spreco delle parole, «il silenzio parla, proprio perché non dice, e se in esso non si conosce tutta la verità, tuttavia si giunge alla certezza che la verità esiste». Solitudine e silenzio sono dunque necessari per un'igiene della psiche, per un'ecologia dello spirito, per nutrire una relazione feconda con se stessi, ritrovando così, nei rapporti con gli altri, quell'armonia spesso compromessa da aggressività e violenza, abusi e nevrosi. Andreoli denuncia il delirio delle metropoli contemporanee, mettendo in guardia dai danni dell'eccessiva mondanità, dell'ipocrisia delle relazioni, dell'iper-connessione virtuale. Ecco allora l'assoluta necessità di ritrovare una dimensione contemplativa della vita per riacciuffare il senso delle nostre esistenze e per dare spazio «a quel monaco che si nasconde nel profondo di ciascuno di noi, al suo bisogno di solitudine e di mistero, perché una vita pienamente umana non può fare a meno dell'invisibile».
Ha fatto scalpore la notizia delle quattordici donne tutte fidanzate, senza saperlo, con lo stesso ragazzo conosciuto su Facebook. Nessuna dubitava di lui. Tutte si sentivano amate e innamorate a loro volta di quest'uomo speciale. Dopo la rivoluzione sessuale, non è stato solo il web a stravolgere le dinamiche affettive, e molto c'è da comprendere sulle nuove modalità di formazione della coppia e dell'identità sessuale, sui processi del desiderio, sull'intimità e la costruzione di una storia amorosa durevole nel tempo. Molte aree oscure devono essere illuminate da uno sguardo libero da preconcetti ideologici e al contempo attento alle peculiarità di uomini e donne. Mentre per millenni si sono amplificate le differenze fra i due sessi, negli ultimi cinquant'anni si è diffusa l'ideologia dell'uguaglianza. Ma né l'uno né l'altro dei due concetti esemplificano una realtà complessa. Vi sono infatti domande che continuamente ritornano: uomini e donne sono più uguali o più diversi? Cercano nell'altro le affinità o le differenze? E queste affinità o differenze affondano nella natura o nella cultura? E la rivoluzione comunicativa di Internet e dei social come ha cambiato i processi dell'innamoramento e dell'amore? Con un apparato di coinvolgenti case-histories, Alberoni e la giovane ricercatrice Cristina Cattaneo ci portano nelle pieghe più profonde del più profondo e affascinante dei misteri umani.
Nei tanti momenti difficili che la vita ci riserva può capitare di essere sopraffatti da ansia, paure, pensieri e stati d'animo negativi. Come custodire, in queste situazioni, la pace del cuore, la passione, l'entusiasmo? Diversi anni fa Chiara Amirante ha elaborato un percorso interiore per i ragazzi accolti nella sua Comunità, giovani segnati da ferite in apparenza insanabili che sono stati aiutati a riconciliarsi con le loro storie e a riconoscere dentro di sé il bisogno fondamentale di amare e di essere amati. Sono nati così i corsi di Spiritherapy, incontri di conoscenza di sé sulla guarigione del cuore e l'arte di amare, che hanno permesso a migliaia di persone di scoprire le potenzialità immense racchiuse nello spirito e di svilupparle per costruire relazioni autentiche e appaganti e vivere in pienezza. Questo libro è il primo di una serie che seguirà tutte le tappe dell'itinerario per rafforzarsi interiormente. Vi si possono trovare molti suggerimenti, riflessioni ed esercizi per agire concretamente sulle proprie ferite interiori e migliorare in tutti gli ambiti più significativi della vita: la consapevolezza, l'affettività, la gestione delle emozioni, le scelte, il dialogo con gli altri. Un compagno di strada per chi vuole intraprendere un cammino di spiritualità, una guida amichevole che invita a impegnarsi per portare alla luce la meraviglia stupenda che siamo, la scintilla divina impressa nel nostro spirito che aspetta solo di essere liberata per risplendere in tutta la sua bellezza.
«Mi osservo di nuovo, mi sono separata da una parte di me che dovevo lasciar andare. Ora c'è una nuova leggerezza che prende spazio. Il mondo fuori è lo stesso, ma io sono diversa.» La vita è imprevedibile. Nel bene e nel male, non è mai dato sapere cosa succederà domani; quello che sembra un percorso già tracciato e sicuro può trasformarsi in una strada impervia, disseminata di ostacoli inattesi, di difficoltà che appaiono insormontabili. Ma non ci sono vie secondarie o scorciatoie: si può solo andare avanti, cadendo e rialzandosi, con la meta ben chiara in testa. Tutto questo Serena Banzato l'ha imparato sulla propria pelle e lo ha affidato a queste pagine, sperando che possano aiutare altri a superare i propri momenti bui. Il suo è un racconto autentico - e una riflessione profonda - sul viaggio di una giovane donna, mamma e atleta che realizza il sogno di partire per il cammino di Santiago, e su come questa esperienza le abbia cambiato la vita per sempre, nel modo più inaspettato. Sì, perché Serena è scampata alla morte per un sospiro: ciò che sembrava un infortunio da nulla, si è rivelato l'inizio di un incubo che mai avrebbe immaginato di vivere. Ma, nella tragedia, ha imparato che le seconde occasioni esistono e che le matite, anche se spezzate, possono colorare ancora. Tra aneddoti personali e pillole di saggezza appresa lungo il cammino, fisico e metaforico, l'autrice si libera passo dopo passo di quei pesi inutili - il senso di colpa, i rimorsi, l'ansia - che tutti ci carichiamo sulle spalle e che ci rallentano, impedendoci di apprezzare quanto abbiamo di più importante: la vita stessa, e le persone per cui vale la pena «allacciarsi le scarpe e ripartire da zero». Prefazione di Davide Banzato.
«Non sono un ministro di culto, non sono un medico o uno psicologo. Non ho delle certezze sulla morte e non leggerete niente che abbia a che vedere con degli insegnamenti. Faccio l'accompagnatore. Sono un uomo che, in modo scevro da dogmi, sta vicino alle persone che stanno per morire e alle loro famiglie. Sono incuriosito dalla vita: dalla nascita alla morte.» Se abbiamo una vita per prepararci alla morte perché, nella nostra società, arriviamo tutti impreparati quando si avvicina la fine? Ange Fey fa un lavoro particolare: accompagna le persone malate o anziane negli ultimi periodi della loro esistenza. Assiste, in una relazione di aiuto, non solo il moribondo, ma anche i familiari. E lo fa in una maniera sorprendente, perché non è un prete, non è propriamente uno psicologo, ma con un approccio rispettoso, profondo ed empatico si mette al servizio dell'essere umano, prepara e gestisce tutte le fasi che girano attorno al trapasso. "Alla fine si muore" è una testimonianza forte dell'intenso vissuto dell'autore, sin da quando le domande sulla morte hanno cominciato a far parte della sua vita. Un vissuto fatto di incontri struggenti e commoventi, pieni di significato, di domande appese, di constatazioni sconvenienti; un insieme di riflessioni per prepararsi non solo alla morte come evento naturale ma soprattutto per ragionare sulla vita, sulla sua complessità, sul senso biologico dell'esistenza e sul bagaglio personale che ognuno si porta appresso. Con la saggezza che deriva dall'esperienza, Ange Fey tratta un argomento universale, un grande tabù dei nostri tempi, un tema attorno al quale si muovono paure, dolori e incomprensioni.
Silvano Arieti, nato a Pisa nel 1914 e morto a New York nel 1981, divenne probabilmente il più famoso psichiatra americano dei suoi tempi, avendo pubblicato studi fondamentali sulla schizofrenia, la depressione, la cognizione e la creatività, e avendo diretto il monumentale American Handbook of Psichiatry, su cui sono formate almeno due generazioni di psichiatri. Il Convegno di cui sono qui raccolti gli Atti ha inteso non solo rendere a questo insigne studioso il giusto riconoscimento del ruolo ricoperto nella storia della psichiatria, ma anche offrire una meditata valutazione sulle prospettive di ulteriore elaborazione insite in tutta la sua opera.
Nel V secolo a.C. Ippocrate aveva già formulato una «ricetta» estremamente efficace e universale: solo «il tocco, il rimedio, la parola» possono davvero guarire. Sono passati più di due millenni, eppure gli insegnamenti del padre della medicina sembrano del tutto ignorati. Paradossalmente, gli enormi passi avanti in campo scientifico e tecnologico hanno fornito ai medici di oggi strumenti potentissimi dal punto di vista diagnostico, terapeutico e farmacologico, rendendo tuttavia il rapporto tra medico e paziente sempre più distaccato e frettoloso. L'iperspecializzazione e al tempo stesso la scarsa formazione agli aspetti relazionali della professione, i ritmi di lavoro sempre più stressanti e le lungaggini burocratiche non fanno che peggiorare la situazione. Le autrici affrontano numerosi meccanismi psicologici che entrano in gioco nella relazione tra medico e assistito - come ottenere la compliance del paziente, come sfruttare il celebre effetto placebo e insieme scongiurare l'effetto nocebo o il fenomeno dell'overdiagnosis, sintomo di una società sempre più ipocondriaca. L'approccio è di tipo strategico, con un'ampia casistica di accorgimenti linguistici e suggestivi utili per non incorrere nelle trappole che incidono negativamente sull'esito del trattamento. Una buona comunicazione influisce direttamente sull'efficacia e l'efficienza della cura, con ripercussioni positive sulla qualità della vita dei pazienti e del sistema sanitario in generale: il medico, quando veste i panni del «persuasore strategico», non solo fa sentire meglio il paziente, persino nei casi più gravi, ma si sente meglio a sua volta, evitando peraltro la sempre più diffusa sindrome del burnout. In tutti i sensi, quindi, «curare» significa prendersi cura della persona, prima ancora che della malattia. Prefazione di Giorgio Nardone.

