
Come si sviluppa la personalità gay? Perché gay non è solo una sessualità particolare, ma è un mondo affettivo, un bisogno di relazionarsi sentimentalmente ed emotivamente con persone del proprio sesso. Questo libro sostiene una visione antideterministica dell'omosessualità, spiegandola in termini di normali dinamiche di sviluppo affettivo, il cui esito è guidato dal significato attribuito alle emozioni che il bambino prima, l'adolescente poi, elabora nel corso del suo sviluppo interagendo con le figure significative. I problemi, le vicissitudini e le scelte di questo percorso di vita aperto e non determinato vengono descritti nel libro dal punto di vista interiore della persona, raccontata seguendo la sua storia evolutiva.
L'argomento è il linguaggio parlato, esaminato nell'ambito delle discipline psicologiche. Che cos'è il linguaggio, come nasce nella nostra specie e nei bambini, come funziona, a che cosa serve, com'è strutturato e organizzato, come comunica, cosa comunica. Il libro tratta inoltre il tema della comprensione linguistica (come "capiamo" il linguaggio) e il problema generale del significato (come riconosciamo che una parola corrisponda a un dato oggetto o pensiero), fornendo una serie di informazioni sui disturbi del linguaggio scritto e alcune riflessioni sui linguaggi artificiali.
Cosa sono le emozioni, quali forme assumono nelle loro manifestazioni psicologiche e umane, come si trasformano nel tempo, quali rischi nascono dal loro attenuarsi e appassire, dal loro incendiarsi o spegnersi, ma anche dal loro deformarsi in modelli inautentici di espressione. Il tema delle emozioni, della loro fenomenologia e del loro significato psicologico, era già stato precedentemente trattato dall'autore. "L'arcipelago delle emozioni" allarga la riflessione ai temi della vergogna, della nostalgia, dell'inquietudine, della noia, dell'odio, della gioia e dell'allegria, portando alla luce alcune situazioni psicologiche e umane emblematiche e delineando le basi emozionali della cura come premessa ad ogni possibile terapia.
Sono gli anni caldi del dibattito antipsichiatrico, della rivoluzione manicomiale di Franco Basaglia e degli esperimenti di Thomas Szasz e della londinese Kingsley Hall, uno dei primi centri di accoglienza non segregativi. Foucault riprende il tema della "Storia della follia", a partire da un interesse per le strategie, gli stratagemmi e i rituali che hanno permesso agli psichiatri di assumere il controllo dei corpi. Nell'uso degli strumenti di contenzione riconosce la messa a punto di una serie di tattiche di assoggettamento dell'altro di cui l'ospedale psichiatrico è solo un laboratorio. Una storia dell'istituzione ospedaliera che studia i meccanismi di definizione del potere psichiatrico.
Che cosa occorre per modificare un'opinione politica, una preferenza per un certo prodotto, un'idea di bello o una teoria scientifica? Le possibilità di riuscirci in modo apprezzabile sono piuttosto ridotte. Non sappiamo bene come una certa idea si fissi né come sia possibile modificarla. In questo libro Howard Gardner utilizza la sua teoria delle intelligenze multiple e le sue ricerche sull'apprendimento e sulla creatività per mettere a fuoco gli aspetti di questo affascinante enigma e indicarne gli elementi costitutivi, aiutandoci a capire come modificare il nostro modo di interagire con gli altri nei rapporti di lavoro, nell'ambiente familiare e in ogni altro aspetto della nostra vita.
L'uomo soffre per "l'insensatezza" del suo lavoro, per il suo sentirsi "soltanto un mezzo" "nell'universo dei mezzi", senza che all'orizzonte appaia una finalità prossima o una finalità ultima in grado di conferire senso. Sembra infatti che la tecnica non abbia altro scopo se non il proprio autopotenziamento. Di fronte a questa diagnosi, la psicoanalisi rivela tutta la sua impotenza, perché gli strumenti di cui dispone, se sono utilissimi per la comprensione delle dinamiche emotivo-relazionali, per i processi di simbolizzazione sono inefficaci. Qui occorre la pratica filosofica perché, fin dal suo sorgere, la filosofia si è applicata alla ricerca di senso.
Omicidio, infanticidio, abuso sessuale, anoressia, suicidio: ecco come gli adolescenti possono fare male a sé e agli altri. Una serie di casi letti nella prospettiva inconsueta del colpevole, vittima a sua volta di se stesso, per comprendere cosa si cela dietro la maschera del "mostro".
La psicoanalisi ha modificato in maniera permanente il modo in cui in tutto il mondo gli uomini e le donne interpretano se stessi e gli altri. Una storia della psicoanalisi non può accontentarsi della biografia di Freud o della storia della psichiatria o della cultura viennese, ma deve spiegare, innanzitutto, l'intensità dell'attrazione esercitata e l'ampiezza della sua influenza. Zaretsky indaga gli effetti della psicoanalisi sui modi di concepirsi degli individui che le si rivolgono o ne intercettano gli strumenti o, ancora, ne accolgono e ne ricavano, in un'eco magari lontana, un certo "stile" di approccio a se stessi e al mondo. La psicoanalisi è "la prima grande teoria e pratica della vita personale": un'esperienza di singolarità e di interiorità collocabile in uno specifico momento storico e fondata nei moderni processi di industrializzazione e urbanizzazione, oltre che nella storia della famiglia. Zaretsky non manca di interrogarsi sul "dopo", sul destino della psicoanalisi oggi e ancor più sul destino di quelle forme di esistenza individuale che essa aveva accompagnato, talvolta creato.
Questo libro si confronta con gli enigmi dei diversi modi di essere, femminili e maschili, che si colgono nelle regioni della interiorità lacerata dalla sofferenza psichica; e analizza questi modi di essere in alcune dissonanti esperienze anoressiche, depressive e dissociative, e in alcune emblematiche esperienze poetiche e artistiche divorate da alte tensioni emozionali: quelle, fra le altre, di Emily Dickinson e di Georg Trakl, di Vincent Van Gogh e di Camille Claudel. Il libro si apre con una umbratile rievocazione degli anni di lavoro nell'ospedale psichiatrico di Novara, e si chiude con una meditazione sulla fragilità delle parole e dei gesti che ci avvicinano agli abissi della sofferenza: senza cancellarla nel silenzio e senza negarle una luce possibile. L'immagine tematica del libro è, così, quella della follia, sfortunata sorella della poesia nella scintillante metafora di Clemens Brentano, come specchio incrinato nel quale oscuramente si riflettano le angosce e le agostiniane inquietudini dell'anima, la tristezza e la fragilità, le attese e le speranze infrante, la nostalgia e il desiderio di dialogo, della condizione umana nei suoi dilemmatici, femminili e maschili, orizzonti di senso e nel suo mistero.
Così come produciamo la storia collettiva, veniamo da essa modellati. La fondatrice della "psicologia geopolitica clinica" sviscera questo assunto nei conflitti che segnano il nostro tempo e dispiega il metodo per curare le patologie provocate dagli scontri tra etnie, culture e civiltà. Si tratta di disturbi che non sono riducibili alle abituali problematiche della prima infanzia ma legati alla dimensione politica. Per esempio, nella Prima guerra mondiale la percentuale di civili sul numero totale dei feriti e dei morti fu del 5 per cento. Mentre nella Seconda guerra mondiale questa percentuale era salita al 50 per cento. E nel 1996 il numero di civili feriti o uccisi nelle guerre e nei conflitti contemporanei aveva raggiunto il 96 per cento del totale. La psicologia geopolitica clinica, nata dall’etnopsichiatria, analizza e costruisce soluzioni concrete relative alle patologie che emergono nei luoghi di interfaccia o collisione fra i mondi. Pensare e trattare i disturbi psicologici, culturali, politici e sociali direttamente legati alle violenze collettive, alle nuove migrazioni planetarie, alle trasformazioni ideologiche e tecnologiche e alle recalcitranze che esse inevitabilmente generano, diventerà una delle principali sfide delle pratiche cliniche contemporanee.
"Ho scritto questo libro perché mi sentivo come un granello di sabbia in balia del vento. Alla mia età, avevo paura di non resistere. Ma prima di cedere volevo capire perché spesso nella mia vita avevo avuto paura. E volevo capire le ragioni non solo della mia paura, ma anche della paura degli altri. E desideravo infine comprendere perché così spesso la paura mi rendeva aggressivo e perché l'aggressività mia e la prepotenza degli altri erano strettamente intrecciate. Mi domandavo, in sostanza, qual era il rapporto fra la paura, l'aggressività e la violenza scatenata dai miei simili nel corso dei millenni." Un libro scritto da Danilo Zolo per capire dove e quando nasce la paura, se la lotta per l'esistenza comporta sempre e comunque scontro e conflittualità, qual è il posto occupato dalla politica nella gestione della paura e dell'insicurezza degli uomini, e infine il ruolo della paura nel mondo globalizzato, con le sue guerre e la diffusione in ogni angolo della terra di una crescente precarietà e della sopraffazione dei ricchi e potenti sui poveri e deboli. Ma lo sguardo di Zolo non è di rassegnazione, di resa, bensì di "pessimismo attivo": ci insegna che fino all'ultimo non bisogna rinunciare a lottare contro l'universo sconfinato della follia umana.