
Nel 1961, dopo aver appreso la notizia dell'arresto di due studenti portoghesi che erano stati imprigionati per aver brindato alla libertà, l'avvocato inglese Peter Benenson cercò di trasformare in mobilitazione quel senso profondo di indignazione che aveva provato e, insieme ad altre persone, diede vita ad Amnesty International. Da 50 anni questa organizzazione difende i diritti umani fondamentali, chiedendo a ogni cittadino di schierarsi, di mettere la firma in fondo a un appello, di attivarsi in difesa di chi subisce violazioni. "Io manifesto per la libertà" racconta la storia incredibile di questo movimento attraverso 25 poster che percorrono nel tempo e nello spazio gli ultimi 50 anni di storia dei diritti umani, grazie anche alla voce particolare e personale di autori e autrici d'eccezione che hanno accettato di manifestare per la libertà al fianco di Amnesty International donando i loro preziosi contributi. Con la prefazione di Dario Fo e Franca Rame e l'introduzione di Valentina Maran.
Lo chiamano “bene comune” ma è appiattimento, soddisfazione di desideri, statalismo. La chiamano “sussidiarietà” ma è deregolamentazione e mano libera per poter fare quello che si vuole. Non esistono altri principi politici come quelli del bene comune e della sussidiarietà così fraintesi, deformati e strumentalizzati. Ne parlano anche i trattati europei, ma l’Unione li ha applicati alla rovescia; sono contemplati anche dalla Costituzione italiana ma sono nati nuovi centralismi operativi. Eppure, senza questi due principi, diventa impossibile fare la politica vera, quella che riconosce un ordine organico e finalistico di cui mettersi a servizio, quella che non rinuncia all’autorità ma nemmeno ai corpi intermedi e alle società naturali, quella che nello Stato vede solo uno strumento e non la sintesi della comunità politica. Riappropriarsi del vero significato di questi due principi vuol dire respirare politicamente, fare i conti con teorie contrattualiste e volontariste, vedere la comunità politica così come dovrebbe essere.
Una tavola rotonda in cui diversi Attori territoriali (sindacati, associazioni di categoria, diocesi, Istituzioni Pubbliche) si confrontano
per offrire un quadro “dinamico” della realtà e intervenire nel dibattito in corso sulla crisi economica-finanziaria in modo innovativo e costruttivo.
Lo sviluppo futuro passa attraverso un nuovo modo di fare politica e politiche
Una riflessione su una visione differente dell'attuale modello di sviluppo e ordine sociale. Bisogna chiedere al mercato non solamente di essere efficiente nella produzione di ricchezza e nell'assicurare una crescita sostenibile, ma anche di porsi al servizio dello sviluppo umano integrale, di uno sviluppo, cioè, che mantenga in armonia tutte le dimensioni dell'umano. Il volume, grazie anche alle interviste a importanti studiosi (Leonardo Becchetti, Francesca Corrao, Francesco D'Agostino, Jean Pierre Darnis, Paola Marion, Eugenio Mazzarella, Stefano Zamagni) fornisce chiavi di lettura su temi di stringente attualità. Prefazione di Gianfranco Ravasi e introduzione di Giuliano Amato.
È tempo di referendum. Anche sulle modifiche costituzionali imposte dal Governo Renzi e sul nuovo sistema elettorale. L'esito inciderà profondamente sulle regole della democrazia e sulla vita quotidiana dei cittadini. "Dire No" è un esercizio di sovranità consapevole, un gesto di resistenza contro l'autoritarismo, la prevaricazione, l'attacco ai diritti di tutti. È una scelta per una società migliore. I quattro autori, esponenti della società civile analizzano quali sono, fuori dagli slogan del governo, le vere implicazioni della riforma e quali sarebbero le conseguenze, nel lungo e nel breve periodo, sulla vita politica e sociale del Paese.
Bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa - Numero 4 anno IX, dedicato agli insegnamenti di Benedetto XVI sui temi legati alla Dottrina Sociale della Chiesa, e in particolare al rapporto tra impegno politico e coscienza religiosa.
La rivista Limes nasce nel 1993 e si impone rapidamente come prodotto di alto valore culturale. Frutto di varie e trasversali componenti intellettuali, e impreziosita da ricche cartine tematiche, Limes è un punto di riferimento imprescindibile per chi ha interesse per la geopolitica nazionale ed internazionale.
Questo numero di Limes si concentra, come suggerisce il titolo, sulla presenza islamica in Europa. Un universo estremamente variegato di cui vengono analizzati casi nazionali e locali specifici, per evidenziarne caratteristiche, risorse e problematicità in una fase di profondo ripensamento del multiculturalismo e dei modelli d'integrazione e convivenza storicamente perseguiti nel Vecchio Continente. Germania, Francia, Inghilterra, Polonia e, ovviamente, Italia sono alcuni dei contesti presi in esame in questa panoramica dell'islam continentale. La prima parte - "Migrazioni, terrorismo, identità: le (non) strategie europee" - si focalizza sui metodi, più o meno vaghi, adottati dai paesi europei per affrontare un insieme di fenomeni complessi, come quelli migratorio e terroristico appunto, e le loro conseguenze strutturali. La seconda parte - "Come (non) conviviamo con i musulmani nelle città europee" - analizza invece nel dettaglio alcuni casi locali, italiani ed europei, per carpire la natura del rapporto tra comunità islamiche e realtà urbane in cui dimorano. Nella terza parte - "Strategie degli Stati musulmani e dei jihadisti" - vi è un capovolgimento di prospettiva, incentrato su alcuni esempi tra i paesi di provenienza delle comunità musulmane del continente europeo e sulle componenti più radicali dell'islam politico.
Il numero di Limes 2/18 è dedicato a un paese grande e geopoliticamente cruciale, ma soprattutto ermetico ai più: il Giappone.Dalla struttura amministrativa alla figura dell’imperatore, passando per la politica estera, l’economia, la cultura, le alleanze internazionali e l’apparato militare, Limes si addentra nella realtà giapponese per spiegarne il funzionamento e il forte impatto strategico negli equilibri asiatici (e non solo).All’interno di uno scacchiere ingolfato dall’incontro-scontro tra alcuni dei principali attori geopolitici mondiali, il paese del Sol Levante sembra mostrare i segni di un incalzante ritorno sulla scena, determinante per il futuro dell’intera regione dell’Asia-Pacifico.Limes, rivista italiana di geopolitica, diretta da Lucio Caracciolo, è stata fondata nel 1993 e si è ormai affermata come uno dei più influenti e autorevoli luoghi di riflessione geopolitica in Europa.
Il numero 3/18 di Limes, intitolato La Francia mondiale (qui il sommario), è dedicato a un paese che troppo spesso pensiamo di conoscere a fondo. “Cugini francesi” è infatti espressione abusata e fuorviante.
La Francia, cerniera tra mondo latino e anglosassone, è tra le realtà più stereotipate ma forse meno conosciute in Italia. Tale visione ingannevole ci impedisce di cogliere aspetti fondamentali di un paese chiave, la cui interazione con la Germania orienta ancora oggi il cammino dell’Europa.
Le analisi proposte da questo numero di Limes tentano di andare oltre la comoda e rassicurante visione di una Francia a noi sostanzialmente affine, indagando gli aspetti culturali, economici, strategici e storici alla base della specificità nazionale francese e dell’orientamento geopolitico della nazione transalpina.
La Francia mondiale sarà disponibile in edicola e libreria da giovedì 12 aprile, mentre la versione online sarà già disponibile per gli abbonati qualche giorno prima
Il numero verrà presentato all’Ispi di Milano e al Mercato Centrale di Roma.
Introduce il numero l’editoriale, Giove all’Eliseo.
La prima parte – La potenza necessaria – tenta di decostruire il cuore e la struttura del potere di Parigi, provando a toccare gli elementi primi della sua strategia. Si segnalano qui i contributi di Pascal Gauchon (“Non c’è Francia senza grandeur“), Alessandro Aresu (“Sovranismo e macronia: come lo Stato profondo governa la Francia“), Alberto de Sanctis (“La Marina non vince quasi mai ma proietta la potenza francese“) e Olivier Kempf (“Giù le mani dalla force de frappe“).
La seconda parte – Con chi, contro chi (e noi?) – è imperniata sul ruolo francese nello scacchiere mondiale ed europeo, sui movimenti in aree e regioni a Parigi più affini (e non), con uno sguardo anche all’Italia. Qui si sottolineano le analisi di Fabrizio Maronta (“L’Europa sovrana senza Macron“), Pierre-Emmanuel Thomann (“La coppia franco-tedesca è una comoda illusione“), Jean Dufourcq (“L’Africa francese è sempre più stretta“) e Carlo Pelanda (“L’inutilità dello sforzo francese di dominare l’Italia“).
La terza parte – Alla riconquista della Repubblica – è infine dedicata alla condizione in cui si trova oggi uno degli emblemi distintivi della cultura d’Oltralpe: lo Stato. Si richiamano i contributi di Dario Fabbri (“La Sesta Repubblica può attendere“), Francesco Maselli (“Parigi, lo Stato città“), Patrizio Rigobon (“La Catalogna Nord sogna una sua autonomia“) e un’intervista al presidente del Consiglio esecutivo della Corsica, Gilles Simeoni (“‘La Francia non deve temere l’autonomia della Corsica e nemmeno di altre regioni‘”).
In conclusione la consueta rubrica curata da Edoardo Boria, La storia in carte.

