
Pensatori, condottieri, artisti, scienziati, regnanti e statisti: quali sono stati i grandi protagonisti che hanno cambiato la storia, dando il proprio nome e volto a intere epoche? E quali i personaggi più influenti sulla società, la politica, l'arte, il costume, il sapere? In questo volume gli storici e documentaristi di History, ripercorrono oltre trenta secoli di storia raccontando le vicende di quaranta personaggi di ogni epoca e paese: da Ramses a Bill Gates, passando per Aristotele, Cleopatra, Marco Polo, Michelangelo, Napoleone e Gandhi. I trionfi e le sconfitte, le virtù e le passioni degli uomini e delle donne che hanno segnato il percorso dell'umanità vengono raccontati in ogni sfumatura: una lettura ricca di aneddoti sconosciuti e di interessanti riflessioni.
"La vita è un film a lieto fine, basta restare onesti e non mollare mai" amava ripetere Paolo Farinetti, il "comandante Paolo" che, a capo della XXI brigata Matteotti "Fratelli Ambrogio", combatté i nazifascisti sulle colline delle Langhe durante la Resistenza. E infatti, lui non ha mai mollato, né allora né dopo. Perché Paolo, quella scelta di battersi per la giustizia e per la libertà l'ha fatta una volta per tutte. Nato da poverissimi contadini su quelle colline della "malora" rese celebri da Fenoglio, il ventenne Paolo, colpito da una brutta peritonite, alla fine del 1943 rifiuta di tornare sotto le armi e sceglie di diventare un "ribelle" e di "salire in montagna". Dove l'iniziale avversione per la retorica guerrafondaia del fascismo matura presto in una coscienza politica chiarissima: lui e i compagni che hanno condiviso la sua scelta sono lì perché vogliono un'Italia diversa, più libera e giusta. Dapprima inquadrato nelle formazioni autonome del comandante "azzurro" Mauri, Paolo, con un'intuizione decisiva, sposta il teatro operativo del suo gruppo dalla montagna alle più familiari colline albesi e alla bassa Langa, dove può contare non solo sulla conoscenza del territorio ma soprattutto sul sostegno della "sua" gente pronta a offrirgli collaborazione, riparo, cibo, abiti, informazioni. Diventato il carismatico "comandante Paolo" grazie alla capacità di conciliare il coraggio indomito con la prudenza e l'umanità, compie gesta spericolate ed eclatanti.
Un giorno nel 1965 Johanna, una studentessa universitaria tedesca in cerca di un'occupazione a Roma, legge sul "Messaggero" un'inserzione: "Poeta tedesco ricerca segretaria tedesca". Poco dopo essere stata assunta, il sedicente poeta le detta una lunga lettera in difesa degli ebrei che sostiene di aver scritto e spedito a Hitler nel 1933, e le chiede di inviarla a centinaia di indirizzi tedeschi, fra cui quelli di alcuni giornali. Johanna è convinta di avere di fronte un millantatore, ma dovrà ricredersi quando, tornata in Germania, si metterà a indagare sul suo datore di lavoro, ripercorrendo così passo passo la vita di Armin T. Wegner, scrittore e strenuo difensore dei diritti umani, riconosciuto dagli armeni come "giusto" per essere stato uno dei primi a denunciare il dramma del loro popolo: il genocidio del 1915-16. Quello stesso riconoscimento Armin lo aveva ricevuto nel 1967 anche in Israele, con un albero nel giardino dei giusti di Yad Vashem, proprio per la lettera al Führer e la denuncia delle leggi antisemite. Gabriele Nissim ne ha ricostruito la straordinaria vita, anche sulla base delle tante lettere custodite negli archivi di famiglia. Dopo aver servito nell'esercito tedesco, alleato dei Giovani Turchi, come ufficiale medico durante la Prima guerra mondiale - e aver assistito come testimone diretto al genocidio degli armeni (sono sue le uniche fotografie esistenti dello sterminio) -, a metà degli anni Venti Wegner diventa comunista...
Chi è davvero Vladimir Putin? Un coraggiosso protagonista del nostro tempo, capace di condizionionare la politica internazionale, oppure l'ex colonnello del KGB non troppo avvezzo alla democrazia? Insomma, un "nuovo zar"? Per rispondere a questi e altri interrogativi, Gennaro Sangiuliano dedica al presidente della Federazione Russa, "l'uomo più potente dd mondo" secondo la rivista "Forbes", una biografia nella quale si ripercorrono le tappe più significative di una straordinaria avventura umana e politica. Personaggio enigmatico e complesso, Vladimir Vladimirovic Putin nasce a Leningrado (oggi San Pietroburgo) nel 1952, quando in URSS è ancora al potere Stalin. La sua è una famiglia di condizioni relativamente modeste: il padre è operaio specializzato, la madre presta servizio nella sede di un comando navale. Abitano in una kommunalka, una casa collettiva condivisa da più nuclei familiari. Biondiccio, piccolo di statura, gracile ma dotato di grande determinazione, "Volodja" cresce in piena Guerra fredda, lavorando per un lungo periodo nel KGB, il potente servizio segreto russo. Dopo la laurea in diritto internazionale, il matrimonio con la moglie Ljudmila nel 1983 e gli anni trascorsi a Dresda, nella DDR, la sua ascesa è rapida quanto sorprendente: già vicesindaco di Leningrado, dopo il crollo del Muro e la dissoluzione dell'Unione Sovietica diventa direttore dell'FSB, l'ex KGB, poi primo ministro della Federazione Russa, quindi Presidente...
Strano destino quello di Margherita Sarfatti, giornalista, scrittrice e primo critico d'arte donna in Europa. Ha fondato il gruppo del Novecento, ha progettato e allestito mostre in patria e all'estero, ha frequentato gli intellettuali all'avanguardia del suo tempo, per oltre vent' anni ha influenzato in modo profondo la cultura e l' arte italiane. Eppure, per una sorta di damnatio memoriae, la maggior parte del pubblico la conosce solo come "l'amante del duce". La sua figura è rimasta a lungo "appiattita" su quella di Mussolini. In realtà rivestì un ruolo da protagonista, soprattutto in campo artistico, ma anche in politica e nel forgiare l'ideologia del fascismo. Colta, elegante, raffinata, Margherita nasce a Venezia nel 1880 da una ricca famiglia ebrea, i Grassini. Fin da giovane frequenta Antonio Fogazzaro e Guglielmo Marconi, conosce la regina Elena e il patriarca Sarto, futuro papa Pio X. Intelligente, inquieta e curiosa, è decisa a occupare un posto in prima fila nella vita, in un tempo in cui le donne potevano dedicarsi tutt'al più alla filantropia. Il suo salotto di Milano, un vero laboratorio del pensiero artistico del tempo, è frequentato da futuristi come Marinetti e Carrà, Russolo e Boccioni - con cui intreccia una storia d' amore -, i pittori di Novecento (Sironi, Funi, Bucci), letterati e poeti come d' Annunzio e Ada Negri, e da un giovanotto trasandato ma ambizioso di nome Benito Mussolini...
"Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba, Garibaldi che comanda, che comanda il battaglion!" Non c'è adulto o bambino che non conosca questa canzone. Ma in pochi sanno chi fu a ferire davvero Garibaldi: si chiamava Luigi Ferrari ed è l'unico eroe del Risorgimento che non può vantare un posto di primo piano nella stagione che fece nascere l'Italia. Non solo, se per Garibaldi l'Aspromonte è sinonimo di gloria, per Ferrari ha rappresentato la più grande umiliazione della vita. Un'onta che il luogotenente dei bersaglieri si trascinò fino al suo paese natale, Castelnuovo Magra, dove tornò, ferito a sua volta e con un piede di legno, in veste di sindaco con il segno indelebile della sua poco onorevole impresa. Giovane volontario nell'esercito sabaudo, Ferrari è un tipo sveglio, agile, volitivo. Ottiene incarichi importanti, partecipa alla battaglia di Goito, viene inviato in missione segreta nel Ducato di Modena a fomentare le rivolte popolari, diventa sergente dei bersaglieri e partecipa all'assedio di Gaeta dove, dopo centotré giorni, Francesco II e Maria Sofia si arresero segnando la fine del Regno delle Due Sicilie e l'inizio dell'Italia unita. Per concludere la sua carriera militare sull'Aspromonte, dove, appunto, ferisce Garibaldi e viene poi colpito da un garibaldino. Le camicie rosse sono state fermate. Ferrari ottiene la medaglia d'oro, ma la motivazione rappresenterà il suo cruccio e la sua rovina...
L'ultimo giorno di maggio del 2013, Pierdante Piccioni, giovane primario in carriera all'ospedale di Lodi, finisce fuori strada con la sua macchina sulla tangenziale di Pavia. Lo ricoverano in coma, ma quando si risveglia, sei ore dopo, lui ha appena accompagnato i suoi figli a scuola, il 25 ottobre del 2001, dodici anni prima della realtà che gli si presenta di fronte. Una lesione alla corteccia della memoria non gli ha solo cancellato 12 anni della sua vita, ma l'ha riportato indietro nel tempo, quando nell'Italia c'era ancora la lira e non c'era Facebook. All'improvviso, Pierdante Piccioni è diventato un alieno che non riconosce più le sue cose, le sue passioni, e le abitudini di tutti i giorni. Attorno a lui, tutte le persone sono cambiate, e i figli non sono più due bambini ma due maschi adulti, con la barba e gli esami dell'università, mentre sua moglie sembra un'altra donna, con le rughe e i capelli corti che hanno cambiato colore. Come potrà riprendersi la sua vita? Nel suo diario, in questo viaggio incredibile che definisce i confini di un uomo che è obbligato a vivere due volte, dentro due esistenze parallele che non potrà mai riuscire ad avvicinare, Pierdante non racconta solo l'angoscia di un uomo che guarda ogni cosa con gli occhi di un estraneo, un marziano, ma la lunga e faticosa riconquista della sua identità, dei suoi rapporti con gli altri, del suo lavoro di primario e di tutto il tempo perduto che non potrà mai più riavere indietro.
In questa biografia di Indro Montanelli potente e suggestiva, Salvatore Merlo ha deciso di applicare alla storiografia la tecnica della letteratura, ed è riuscito nella difficile impresa di comporre un romanzo di formazione, cinematografico, movimentato, in cui il protagonista, imbevuto di letture e fantasie risorgimentali, si muove all'interno della Grande Storia, ci sbatte dentro, con incoscienza e ironia, con coraggio e infantilismo, a volte con iattanza, ma con un romantico gusto ottocentesco per l'avventura. Dall'esperienza coloniale (come volontario) in Africa Orientale alle corrispondenze di guerra per il "Corriere della Sera", dalle amicizie, non prive di scintille e contrasti, con Dino Buzzati, Curzio Malaparte, Galeazzo Ciano, ma soprattutto Leo Longanesi, fino al progressivo e tormentato distacco da Mussolini e dal regime, la prigionia a San Vittore e la fuga rocambolesca in Svizzera, Indro Montanelli ha condotto il suo lungo viaggio attraverso il fascismo (e la giovinezza) dimenandosi con la violenza e la voluttà di chi ce l'ha nel sangue di rompere e scuotere via ogni ceppo e catena. Il papà mazziniano lo voleva diplomatico, la mamma cattolica lo esortava all'autocontrollo, mentre il Regime e lo Stato volevano scandirgli l'esistenza e la giornata. Ma per lui la vita era una camera delle meraviglie, un teatro verso il quale bastava allungare un braccio per cogliere un'occasione. Prefazione di Ferruccio de Bortoli.
Chiamatemi Francesco è la storia della "chiamata" che trasforma Jorge Mario Bergoglio in papa Francesco. Il racconto di Giorgio Grignaffini traduce la vicenda umana e spirituale di un papa già quasi santificato in vita in una storia emozionante e romanzesca. Quella di una persona per cui la religione è stata motivo di vita, di speranza, di forza. E che l'ha comunicata agli altri. Per questo Francesco è un papa che sa trasmettere emozioni anche al mondo laico. Sin dai tempi precedenti alla sua "chiamata", ben prima del suo ingresso nella Compagnia di Gesù, papa Francesco si è sempre schierato dalla parte dei più umili, dei poveri, dei reietti. Il cammino di fede di Bergoglio lo ha portato a scontrarsi con le ingiustizie e ad affrontare i periodi cruciali e drammatici della storia del suo Paese: la dittatura di Videla, la piaga dei desaparecidos, le madri di plaza de Mayo, le calunnie secondo cui sarebbe stato connivente con il regime dei militari, il suo impegno quotidiano nelle bidonville di Buenos Aires. Tra le pagine più intense del romanzo, la scena di Ana Maria, figlia sedicenne e incinta di Esther Ballestrino – grande amica del papa, intellettuale marxista, tra le fondatrici delle Madri di plaza de Mayo, poi uccisa dal regime di Videla –, che, appena rilasciata dai militari, fa ritorno a casa, ferita e tremante. Si segue poi Bergoglio nel periodo in Germania e poi di nuovo in Argentina, con l'apostolato nelle villas miserias, fino al Conclave di due anni fa. In tutte queste circostanze, papa Bergoglio ha brillato per sobrietà, convinzioni salde, volontà di giustizia e persino senso dell'umorismo. Fidanzato con una ragazza lasciata per seguire la vocazione, perito chimico e insegnante di letteratura, buon amico del grande scrittore argentino Jorge Luis Borges, uomo tra gli uomini, la sua vita personale e pastorale è sempre stata votata al prossimo, senza mai dimenticare gli amici più cari e la famiglia. Chiamatemi Francesco è la storia di un papa che ha sofferto, lottato, ma soprattutto e sempre, vinto qualsiasi battaglia grazie all'amore e alla dedizione.
Per un quarto di secolo (1929-1953) Iosif Stalin è stato il padrone assoluto dell'Unione Sovietica. Dall'ufficio al Cremlino, o dalle dacie fuori Mosca dove spesso risiedeva, il dittatore gestiva con pugno di ferro ogni aspetto della vita sociale, sulla base di un'interpretazione estremistica e ultrasemplificata del marxismo. Ossessionato dall'idea di "nemici interni" pronti a tradirlo, Stalin instaurò un regime di terrore che non permise mai a nessuno dei suoi sudditi di sentirsi al sicuro. Si calcola che ben 60 milioni di persone incolpevoli abbiano subito i tragici effetti della discriminazione e repressione, fino alla pena capitale. Eppure, oggi in Russia sembra rifiorire il mito di Stalin quale figura storicamente "necessaria", che ha avuto quantomeno il merito di trasformare un paese arretrato in una superpotenza industriale in grado di affrontare e sconfiggere Hitler. Oleg Chlevnjuk, considerato il maggior esperto mondiale di Stalin e del suo tempo, si oppone a tale tendenza "giustificazionista" sfatando vari miti sul despota sovietico, da quelli celebrativi che lo dipingono come "amministratore eccelso", "stratega militare lungimirante", "vittima di ambiziosi e avidi collaboratori" agli altri, opposti, che lo vorrebbero "traditore del lascito di Lenin", o addirittura, e unicamente, "belva assetata di sangue" e "criminale sadico e paranoico".
"Mentre mia madre moriva, io piano piano perdevo, insieme a lei, anche le braccia e le mani che mi sostenevano e mi accompagnavano ovunque." La morte di un genitore segna per tutti un momento di passaggio e lascia un senso di vuoto. A maggior ragione nel caso di Simona Atzori, ballerina e pittrice nata senza le braccia. Con Cosa ti manca per essere felice? Simona ha dato emozioni e coraggio a moltissimi lettori, che hanno amato il suo libro e partecipato in massa ai suoi incontri pubblici. "Mamma Tonina" era una grande protagonista di quelle pagine, asse portante e motore di questa vita straordinaria. Dalla sua malattia e dal dolore della sua scomparsa, Simona ha saputo trarre una forza inattesa per andare avanti: "Il mio compito era capire che un altro modo sarebbe stato possibile, e dimostrarglielo". Simona Atzori racconta con parole profondamente toccanti le emozioni del distacco: "Adesso mi manca disperatamente raccontarle le cose. Se non lo faccio, è come se non mi succedessero realmente. Così, le ho scritte. E le ho scritte proprio a lei. Per dirle di come sono passata attraverso il mio dolore, cercando di essere all'altezza del suo esempio". Dopo di te è la risposta alla preoccupazione radicale dei genitori: "Cosa ne sarà di mio figlio dopo di me? Chi lo proteggerà?". E la perdita di Simona diventa il simbolo estremo di tutti i lutti, un insegnamento ad affrontare la mancanza, a trovare un equilibrio anche senza le braccia che ci hanno sostenuto.
Se c'era uno che difficilmente avrebbe potuto sfondare come DJ e musicista nei club newyorkesi a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, quello era Moby. Era la New York del Palladium, del Mars, del Limelight e del Twilo, un'epoca edonistica e sfrenata in cui la dance era ancora sostanzialmente un fenomeno underground, radicato soprattutto nella comunità operaia afroamericana e latinoamericana. E poi c'era Moby, che oltre a essere un ragazzino bianco pelle e ossa proveniente dal cuore del Connecticut era un cristiano devoto, vegano e astemio. Quello è stato forse l'ultimo periodo in cui un artista poteva vivere con nulla a New York: l'era dell'AIDS e del crack, ma anche di un sottobosco culturale provocatorio e festoso. Non senza complicazioni, Moby trovò la sua strada, una strada accidentata e lastricata di eccessi sciagurati – ma, col senno di poi, anche spassosi – che lo avrebbe portato a un successo quanto mai effimero. Ecco perché sul volgere del decennio Moby contemplava già la fine, della carriera come di altre dimensioni della sua vita, una sensazione che incanalò in quello che pensava sarebbe stato il suo canto del cigno, il suo addio, l'album che in realtà era destinato a segnare l'inizio di una nuova e sbalorditiva fase, il mega-bestseller «Play».
Generoso quanto inesorabile nel raccontare un mondo perduto e il ruolo che vi ricopre il suo protagonista, Porcelain è al contempo il ritratto di una città e di un'epoca e una riflessione profondamente intima sul momento più carico d'ansia della vita di ciascuno di noi, quello in cui siamo soli e scommettiamo su noi stessi senza avere la minima idea di come andrà a finire, con il terrore di essere a un passo dal venire scaraventati fuori dalla porta. La voce di Moby trasuda sincerità, ironia e soprattutto una passione incrollabile per la sua musica, una passione che lo ha aiutato a restare a galla in acque molto agitate.
Porcelain è la storia di un successo raggiunto e perduto, amato e odiato. È la storia di un artista che trova le persone giuste e il suo posto nel mondo, e che quando crede di averli persi riesce, in preda alla disperazione e convinto che sia finita, a creare un capolavoro. Il racconto acuto, tenero, divertente e straziante del percorso che porta da una vita di periferia povera e alienata a una di splendore, squallore e successo nella scena dei club newyorkesi. Una rara autobiografia musicale capace di raccontare un'intera epoca e persino una dimensione eterna della condizione umana. E allora play.
Moby è un cantante, autore, musicista, DJ e fotografo. Ha venduto venti milioni di dischi in tutto il mondo. Vive a Los Angeles.

