
In mezzo all’enorme mare degli scritti di Péguy, qual è il punto essenziale? Péguy ha lasciato pagine memorabili di sofferta partecipazione al dramma degli esclusi, di penetrante critica dell’uso ridotto della ragione tipico del «mondo moderno», di veemente ribellione di fronte alla «mistica» rimpicciolita in «politica», di partecipata immedesimazione con passi del Vangelo, di passione per la propria patria: che cosa privilegiare? Péguy ci ha inoltre parlato in modo indimenticabile della «piccola speranza», della nobiltà del «lavoro ben fatto», della grazia che buca le corazze più dure ed è impotente di fronte alle «anime abituate», del padre che è «il più grande avventuriero della storia» e del bambino che è «l’innocenza» che non si recupererà mai più, di Dio quasi imbarazzato di fronte alla libertà umana. Tutto questo ruota attorno al punto infuocato riassunto dalla parola «avvenimento». Péguy, infatti, ci ha aiutato a ricordare che la dinamica dell’avvenimento è essenziale per ogni autentica conoscenza. Alain Finkielkraut lo aveva scritto anni fa e lo ha approfondito nell’intervista che ci ha concesso in occasione della mostra e che pubblichiamo integralmente in questo catalogo. Péguy ci ha anche ridetto, con splendore di parole taglienti, che il cristianesimo stesso è, supremamente, avvenimento e che ridurlo a qualsiasi altra cosa – discorso o morale, organizzazione o devozione, ricordo o utopia – significa immiserirlo fino al punto di soffocarlo.
È un romanzo breve sulla vita della moglie di Ottaviano Augusto, madre di Tiberio, nonna di Claudio, bisnonna di Caligola, trisavola di Nerone, anima della dinastia dei Cesari, signora di Roma per 67 anni: dal matrimonio con Ottaviano Augusto, nel 38 a. C., fino alla morte, avvenuta nel 29 d. C. Il libro si compone di 12 capitoli che rappresentano altrettanti "quadri" della vita di Livia. Il testo è costruito con continui richiami - espliciti e non agli autori della Roma augustea. Tutti i riferimenti a fatti e persone hanno agganci storici, seppur romanzati, e si può trovare per ciascuno di essi almeno una fonte. Nella finzione del racconto viene evocato un antico codice latino degli inizi del III secolo d. C., il cui testo (che avrebbe anche utilizzato Machiavelli come fonte per il suo Principe) sarebbe stato scritto per confutare la descrizione negativa che di Livia danno Tacito e altre fonti dell'epoca di Tiberio, interessate a denigrare Livia.
Nella seconda metà del ‘900 la posizione della donna nella società e nella chiesa è profondamente mutata. Protagoniste di questo processo di cambiamento sono state le stesse donne che hanno avuto la capacità la costanza di ribellarsi in modo non violento alle discriminazioni che le colpivano, di cogliere ogni occasione per affermare i propri diritti e di realizzare punti di convergenza al di sopra delle differenze politiche o ideologiche. Di questo cammino una delle protagoniste più significative è stata Maria Eletta Martini.
Anche al suo impegno si devono leggi fondamentali del nostro ordinamento giuridico quali la riforma del diritto di famiglia ed il diffondersi della logica di solidarietà che fa del volontariato uno dei più significativi fattori di sviluppo civile e sociale del Paese.
ROSA JERVOLINO RUSSO, laureata in diritto sindacale e del Lavoro, avvocato. Ha lavorato all’ufficio studi del C.N.E.L. e all’Ufficio legislativo del Ministero del bilancio e della programmazione economica. Impegnata fin da giovanissima nelle organizzazioni cattoliche è stata vicepresidente nazionale del C.I.F. Ha fatto parte del comitato organizzatore del Convegno Ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana” del quale ha presieduto la commissione famiglia. Vice delegata nazionale del movimento femminile della D.C., Presidente del Consiglio nazionale di quel partito, reggente nel delicato periodo di transizione dalla D.C. al P.P.I. del quale ha presieduto l’Assemblea costituente. Senatore dal 1979 prima del Collegio di Roma e poi di quello di Vasto Lanciano fino al 1992 anno nel quale è stata eletta alla Camera dei Deputati nel Collegio di Napoli. Ministro degli affari sociali e della Pubblica Istruzione nonché prima donna in Europa Ministro dell’Interno. Sindaco di Napoli dal 2001 al 2011.
Non è possibile considerare la vicenda politica di Maria Eletta Martini, figura di prima grandezza della nostra storia repubblicana, senza tenerne presenti i legami con la sua città: la sua vicinanza alla rete resistenziale, mediata dal padre Ferdinando, che sarà il primo sindaco eletto a Lucca nel dopoguerra; la sua battaglia per entrare in consiglio comunale, nel 1951, dopo che il primo consiglio, nel 1946, era rimasto a composizione esclusivamente maschile; i collegamenti sempre mantenuti con il tessuto associativo femminile cattolico e con gli umori del partito democristiano locale; il suo rientro, dopo una intensa attività a livello nazionale, come capogruppo, sui banchi di Palazzo Santini nel 1990, nell'ultimo consiglio della prima repubblica. In quell'occasione fu sindaco un'altra figura di rilievo nazionale della Dc lucchese, quell'Arturo Pacini alla cui biografia questa collana ha dedicato il suo ultimo titolo. Per questi motivi abbiamo accolto con piacere questo studio dedicato ad un capitolo di storia nazionale di cui la parlamentare lucchese è stata protagonista: la riforma del diritto di famiglia portata a conclusione nel 1975. Quella di Maria Eletta è una battaglia dalla parte delle donne e con le donne. Ricca è la documentazione relativa al confronto che ella intrattiene con il suo mondo, in specie femminile, e con quella parte di esso, antidivorzista e antiabortista, con cui consente. Interessante è anche l'interazione che, pur nell'incomunicabilità, si apprezza con il femminismo mainstream di quegli anni: un universo che, in nome della sottolineatura della differenza di genere, vede forse con sufficienza una battaglia per l'uguaglianza dei diritti giudicata arretrata; ma che certo non può considerare indifferente un risultato legislativo che, tra l'altro, difficilmente sarebbe sortito senza la spinta dei movimenti...
Questo libro nasce dall'incontro di Francesca Scopelliti e della Fondazione Enzo Tortora con l'Unione delle Camere Penali Italiane e si propone come uno strumento utile a continuare la straordinaria battaglia politica che un uomo retto e coraggioso ha combattuto fino all'ultimo insieme al suo Partito radicale per l'affermazione della responsabilità civile dei magistrati, della terzietà del giudice, della separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante nonché della cultura di un processo penale che non venga inquinato dal circo mediatico-giudiziario. Prefazione di Giuliano Ferrara.
Una pericolosa estremista di sinistra; il braccio politico delle corporation americane; una donna cinica, fredda e bugiarda, pronta a tutto pur di conquistare il potere. Pochi personaggi mondiali hanno suscitato opinioni così fortemente contrastanti. Sulla scena da decenni, da sempre discussa, per molti versi Hillary Clinton resta una figura ambigua ed enigmatica. Questo volume ne ripercorre le tappe fondamentali: dall'infanzia in un sobborgo bianco e conservatore di Chicago alla maturazione nei turbolenti anni Sessanta, tra università d'elite e attivismo; dall'incontro "fatale" con Bill al trasferimento nel remoto Arkansas; dal lavoro come corporation lawyer alla costruzione di una carriera politica intrecciata a quella del marito, che la porterà a essere la prima first lady con ruolo attivo di governo, fino alle polemiche per l'affare Whitewater, gli scandali, il caso Lewinsky. E poi il percorso "oltre Bill": senatrice di New York, candidata alla presidenza sconfitta da Obama, sua Segretario di Stato, e ancora candidata alla Casa Bianca, sempre tra accuse e polemiche. Ma la ricostruzione di Bergamini analizza anche la Hillary Clinton politica, la sua visione della società e il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, i suoi rapporti con le lobby economiche e il suo operato nell'arco di decenni, dal tentativo fallito di riformare la sanità al voto per la guerra in Iraq e alle sue battaglie per i diritti femminili.
Il volume Luigi Valadier e la sua famiglia. 1720-1798 è stato scritto direttamente in italiano da Alvar González-Palaciòs e tradotto in inglese per la lussuosa edizione della Frick Collection del 2018 che accompagnava la mostra curata dall’autore e da Xavier F. Salomon. È la prima monografia su Luigi Valadier, il più famoso argentiere, fonditore di bronzi, disegnatore e ornatista del Settecento in Italia, celebre in tutta Europa. Fra i suoi clienti spiccavano vari regnanti, principi e pontefici: Gustavo III di Svezia, Pio VI, l’erede al trono di Russia, l’Elettore Palatino. A Roma, le più grandi famiglie papali (Chigi, Odescalchi, Borghese, Rezzonico) furono sue protettrici. Luigi Valadier era a capo di una bottega che contava poco meno di cento lavoranti; ma nonostante la gloria, si trovò talmente indebitato per la mostruosa morosità dei suoi ricchissimi committenti che finì col togliersi la vita, nel settembre del 1785. Nel volume vengono esaminate tutte le sue opere note, molte delle quali inedite – come due importanti argenti del padre Andrea. E si scopre infine anche il ruolo che ebbe il figlio di Luigi, Giuseppe, nella direzione della bottega. Giuseppe era architetto di fama, ma intervenne saltuariamente nella progettazione di opere preziose. Tutti questi oggetti sono illustrati anche dai disegni provenienti dai fondi grafici della bottega, custoditi in vari musei e collezioni private. La monografia si compone di undici capitoli, seguiti da una cronologia dell’attività di Luigi Valadier, del padre francese Andrea, e del figlio Giuseppe, a partire dalla nascita di Andrea in Francia nel 1694 fino alla morte di Pio VI nell’esilio a Valance nel 1799.
Giorgio del Giglio (ca. 1520-1579), originario della piccola isola dell'arcipelago toscano, fu di volta in volta soldato, ambasciatore, negoziatore, spia, interprete, mercante di schiavi e persino schiavo lui stesso. Catturato sette volte dai pirati barbareschi, rinnegò la fede cristiana due volte. Trascorse più di dieci anni nell'Impero ottomano, dove affermò di aver svolto molte missioni per il sultano Solimano il Magnifico e più tardi per il duca di Firenze, Cosimo de' Medici. Percorse in lungo e in largo il Vicino e il Medio Oriente, e si dice che si sia spinto fino alla Cina. I suoi favolosi diari di viaggio sono in parte autobiografia, in parte enciclopedia, in parte cartografia, in parte controversia religiosa. Proprio come Carlo Ginzburg aveva tratto dall'oblio il suo mugnaio del XVI secolo ne "Il formaggio e i vermi", Florence Buttay ridona vita a questa figura di impostore, che vendeva i suoi servizi di spia al migliore offerente e sognava la concordia religiosa in piena Controriforma. Ci racconta le tribolazioni di un frontaliere del Rinascimento, sempre in cerca di una identità tra le due sponde del Mediterraneo, tra Oriente e Occidente, che non manca di evocare Leone l'Africano di Natalie Zemon Davis.
Michelangelo Merisi detto Caravaggio, con il suo stile così rivoluzionario e distante dai modi di dipingere di tutto il Cinquecento, conclude la lunga stagione della cultura umanistica e rinascimentale. Le sue tele, ammirate, acquistate e imitate, con lui in vita o dopo la sua morte, accendono i bagliori di uno stile pittorico che si può dire tranquillamente europeo, una costruzione spaziale e compositiva della tela che è già moderna, nel senso novecentesco del termine, e una libertà nell'interpretare temi dell'iconografia classica e religiosa che non ha eguali in nessun autore a lui contemporaneo. Caravaggio è un artista pieno di contraddizioni, ed è la sua stessa vita a confermarcelo: sacra e profana, colta e umile, sofisticata e bestiale a un tempo. Quale miglior modo, dunque, per cominciare una collana di guide d'artista, se non quello di raccontare, attraverso la selezione di opere custodite solo in collezioni italiane, l'arte di un genio ribelle e fuori dagli schemi quale il pittore lombardo? Sfogliando questo volume il lettore si accorgerà con stupore che spesso la metà o più di un catalogo d'opere attribuite a un grande dell'arte italiana è visibile nel nostro paese, contrariamente a quanto si crede, e si trova all'interno di chiese, edifici pubblici, musei civici o collezioni private (pur tuttavia accessibili).
Annibale, come Alessandro Magno e Napoleone, è tra i pochi comandanti che hanno allargato il concetto di civiltà. Baker, oltre a raccontare la vita e le battaglie di uno dei più straordinari condottieri della storia, colloca la sua figura nel contesto socioeconomico del periodo, restituendo a Cartagine il suo ruolo mercantile e il suo interesse primario nei commerci del Mediterraneo, non nell'arte della guerra. Figlio di Amilcare Barca, che gli fece giurare in tenera età odio eterno nei confronti dei Romani, e cresciuto in Spagna, da dove partì per la conquista della penisola italica e di Roma, Annibale era un cosmopolita, cittadino della grande civiltà mediterranea, che vedeva rigorosamente identica nella sua essenza, nonostante le varietà e le differenze locali. Il suo genio di stratega e lo spirito dei suoi discorsi infiammarono l'animo delle sue turbolente truppe mercenarie, che tanto avevano fatto penare Amilcare alla fine della Prima guerra punica, e suscitarono vivo terrore e ammirazione nei suoi avversari, tra cui il celebre Scipione "l'Africano" che, secondo Baker, fu una vera e propria "creazione diretta, per quanto involontaria" del cartaginese. Il racconto della straordinaria vita di Annibale è nel contempo la narrazione della lotta epica tra Roma e Cartagine, una vera battaglia disperata, piena di casi imprevedibili e di ingannevoli capovolgimenti di fortuna; un duello terribile che contrapponeva due avversari risoluti e determinati, e che non poteva finire se non con la distruzione.